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24 giugno 2024

0015 [WILFING] Dove eravamo rimasti?

di Salvatore D'Agostino
Che cos’è un blog per un architetto è evidente dalla stasi di queste pagine.
Come ho scritto più volte* * * *, un blog per un architetto è un'estensione del tavolo di disegno, un luogo per annotare idee, riflettere su quelle altrui, e avviare dialoghi con altri architetti, scrittori, fotografi, artisti e commentatori. Essendo un blog senza redazione, la frequenza degli articoli/post dipende dal tempo disponibile dell'autore, sia fisico che mentale.
Wilfing Architettura è nato anche con l'intento di esplorare il cambiamento della scrittura architettonica nel passaggio dal cartaceo al digitale. Ho interrogato i protagonisti di questo periodo non per 'tassonomizzare' o 'almanaccare', né per 'dimostrare una tesi' su un processo, ma per stratificare la storia raccontandola mentre avveniva.
Il silenzio di Wilfing Architettura in questi anni è stato causato dal trasloco fisico da Leonforte, un piccolo paese della provincia di Enna, a una città quasi metropolitana come Milano. Ricreare uno studio di architettura e fare casa non è stato semplice, ma ora che ho 'una stanza tutta per me', posso rendere nuovamente pubblico il mio tavolo di disegno.
Dunque, dove eravamo rimasti?
Dopo quasi otto anni, riprendere queste pagine significa riconnettersi con un altro mondo, dato che il blog sembra ora archeologia informatica, almeno nel modo in cui era usato nei suoi anni più attivi.

5 agosto 2014

0015 [WILFING] Come leggere l'architettura transnazionale e vivere felici

di Salvatore D’Agostino

Pubblico l'introduzione eliminata dal post 0015 Colloquio Italia ---> Inghilterra con Davide Del Giudice, come promesso a @aRCHIfETISH autore del blog Archifetish.
È arrivato il momento di cambiare il punto di osservazione (ndr per l’aporia/rubrica fuga di cervelli) e scrutare le dinamiche del nostro paese osservando la vita dei cittadini che abitano il pianeta terra, oggi, nel 21° secolo. Una dilatazione di prospettiva che da subito si rileva complicata perché è impossibile semplificare le infinite culture abitative esistenti nel nostro pianeta. Per orientare questo dialogo ci aiutiamo delle analisi del sociologo Leslie Sklair e le usiamo come linea guida:
«In architettura, come in altri ambiti - scrive Sklair -, la classe capitalistica transnazionale è transnazionale perché: gli interessi economici dei suoi membri sono sempre più collegati a livello globale, piuttosto che di origine esclusivamente locale e nazionale: la TCC (ndr Transnational Capitalist Class) cerca di esercitare il controllo economico nei luoghi di lavoro, il controllo delle politiche interne e internazionali, e il controllo ideologico - culturale nella vita quotidiana attraverso forme specifiche di retorica e pratica del consumo e della concorrenza; i membri della TCC tendono a condividere l'alto livello di istruzione e il consumo i beni e servizi di lusso. Infine, i membri della TCC vogliono dare un'immagine di se stessi come dei cittadini del mondo, oltre che dei propri luoghi di nascita».1

Da quest’angolazione ipotizziamo un uomo nato sul suolo inglese o italiano o cinese o emirato arabo e consideriamo che faccia parte della classe capitalistica transnazionale TCC (come ipotizzato da Leslie Sklair) per domandarci: che abitante è?

11 novembre 2010

0084 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Errata Corrige di Nicola Montuschi

Pubblico un’errata corrige di Nicola Montuschi.
Dopo più di un anno la sua vecchia risposta gli è sembrata frettolosa e svogliata.
Nicola, non solo ha cambiato idea, ma anche blog e adesso si trova a Guimaraes in Portogallo per completare il suo percorso di studi.

Presto, ma non so quando, uscirà la versione cartacea di quest'inchiesta.

  • Qual è l’architetto noto che apprezzi e perché?
  • Qual è l’architetto non noto che apprezzi e perché?
Visionver di Nicola Montuschi

Premettendo che io al momento non sono un architetto, ma sono ancora uno studente. Di questi argomenti, ho avuto e avrò molto tempo per concentrare le mie energie nello scoprire aspetti, se vogliamo dire leggermente più poetici, dei conti economici, delle relazioni con i committenti, delle problematiche strutturali e di cantiere. Di tutte quelle situazioni più reali che non siano di andare e scoprire, se non sperimentare lo spazio ed il luogo. Se non altro anche il tempo d’ogni opera costruita ed idealizzata o concepita come utopistica visione propria del mondo.

Tutto questo lavoro che inconsciamente svolgo e spero, anzi sono sicuro che altri come me svolgono nel momento universitario è estremamente finalizzato al raggiungimento di un mio linguaggio, una mia morfologia dell'essere e dell'esternare l'emozione, il sentimento che io vedo e pretendo di vedere in ogni opera che è eretta al cielo od orizzontale come un parco lineare o a puntuali interventi costituenti un discorso più ampio.Tutta questa ricerca, e se vogliamo vedere questo come presa di posizione, mi porta a volere entrare più nel profondo, in quanto come sappiamo la relatività del bello e del brutto trascende la soggettività che l'artista-architetto introduce consapevolmente o inconsapevolmente nelle proprie "cose".

Ciò detto ritorniamo al mondo appartenente alle cose e agli uomini, il mondo del 2010, il mondo dove tutto ha un tempo, questo è quello che noi siamo, padroni del tempo e dello spazio?

Io non credo che noi siamo i padroni di questo, siamo utilizzatori, usufruitori per un tempo limitato del nostro tempo e del nostro spazio, quindi il concetto di monumentalità se non museo delle cere che talvolta idolatrato dal nostro bel paese è a mio avviso decaduto in un posticcio, pasticcio, di concetti arcaici ormai superati.

Il mondo che si viene prefiggendo con il pollice verde: riuso, riciclo, smontabilità, concetto di primo-secondo-terzo verde, auto sufficienza energetica, impatto nullo, vertical farm, idroponica, pareti e tetti verdi, edifici vivi che respirano, tutto questo discorso che in questo tempo sta superando la sua fase d’incubazione è tal volta troppo divinizzato anch’esso, dimenticando per comodità che non basta mischiare ovvi ingredienti del logico vivere verde per fare un buon organismo architettonico.
Quello che non vedo, oltre pochi casi, è il vero sentimento espressivo nell'arte, la vera emozione che viene fuori guardando una cascata d'acqua, o cogliendo un sasso da un percorso, o la sinuosa espressione dell'essere che tocca una vibrante creatura viva che è una costruzione, che vive e respira e si modifica in quanto la staticità non fa più parte del mondo.Apprezzo quindi molti artisti contemporanei che esprimono se stessi anche in maniere totalmente differenti, ma quello che molte volte manca in loro, anzi quello che abbonda è la freddezza, l'asetticismo, la mancanza di sentimento. Il voler troppo lasciare se stessi in quello che viene fatto come un libro, forse dimenticandosi la misura dell'uomo e della natura delle cose.

Come architetto contemporaneo apprezzo Renzo Piano, per la calma e la tranquillità con la quale svolge il suo compito, per l'attenzione al dettaglio, per la spinta ad andare oltre che cerca sempre di inserire nelle sue opere, per la sua vera umanità. Le sue architetture sono dei gioielli, delle macchine perfette, degli organismi vibranti che sempre danno qualche cosa al mondo senza assorbire e focalizzare il luogo dove esse si trovano, il monumentalismo in lui è poco accennato, non pecca di scellerato eclettismo.

Completamente opposti MVRDV, il loro macchinismo mi affascina, il pizzico utopico che vedo nei loro lavori è per me inno alla scoperta, una pagina che viene voltata e chiusa, un nuovo capitolo d’idealizzazione di un mondo che sempre di più si avvicina e si evolve, l'evoluzione che loro mostrano, il cambiamento.

Vedo nelle loro espressioni il tempo che muta, l'unica pecca è a mio avviso una morfologia troppo serrata e scatolare, semplice ed economica nella concezione, ma troppo forse rigida e complicata diviene contrastante con una linea più calda della terra.

BaumRaum, è la progettazione non nota che apprezzo. Una vera simbiosi con il mondo che ci circonda, nel quale noi facciamo parte, l'abitazione ed il vivere diviene insito di un rapporto di vera coesione con la vita, con le piante, con il terreno, approfondire queste tematiche con sistemi d’impatto zero quali fitodepurazione, trattamento acque piovane per usi domestici, indipendenza dalle reti tradizionali rendono affascinante il foglio bianco che si viene creando.

Ampliare le proprie vedute e rompere la canonizzazione delle cose è indispensabile per una comprensione del mondo più completa e meno sistemistica in chiave economica, che emozione vogliamo trasmettere?
Che cosa siamo?
Cosa vogliamo lasciare al futuro?
Il nostro piccolo può ancora cambiare le cose?

L'importante è non piegarsi mai a ideali futili e facili ma seguire il proprio cuore e non sempre la testa.

11 novembre 2010
Intersezioni --->OLTRE IL SENSO DEL LUOGO

Come usare WA ----------------------------------------------------------------Cos'è WA
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L'indice dell'inchiesta:

Prologo: Maledetti imbianchini


Gli interventi:

Gli architetti dell’inchiesta

  • 3XN [1]
  • Aadrl [1]
  • Abcarius & Burns [1]
  • AKT (Adams Kara Taylor) [1]
  • Alberti, Emilio [1]
  • Alles Wird Gut [1]
  • Altro Modo [1]
  • Altro_studio (Anna Rita Emili) [1]
  • Amatori, Mirko [1]
  • Antòn Garcìa-Abril & Ensamble Studio [1]
  • Aragona, Guido [1]
  • Aravena, Alejandro [1]
  • Archingegno [1]
  • Architecture&Vision [1]
  • Architecture for Humanity (Cameron Sinclair) [1]
  • Archi-Tectonics [1]
  • Asymptote Architects [1]; [2]
  • Atelier Bow Wow [1]
  • Ban, Shigeru [1]
  • Barozzi-Veiga [1]
  • Baukuh [1]
  • Baumschlager & Eberle [1]
  • Blogger donne (Lacuocarossa, Romins, Zaha, LinaBo, Denise e tante altre) [1]; [2]
  • Bollinger+Grohmann [1]
  • BM [1]
  • C&P (Luca Cuzzolin e Pedrina Elena) [1]
  • C+S (Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini) [1]
  • Calatrava, Santiago [1]; [2]; [3]; [4]
  • Campo Baeza, Alberto [1]
  • Carta, Maurizio [1]
  • CASE (David Fano) [1]
  • Catalano, Claudio [1]
  • Cirugeda, Santiago [1]
  • Clément, Gilles [1]
  • Cogliandro, Antonino [1]
  • Contemporary Architectural Practice - Ali Rahim [1]
  • Contin, Giulio [1]
  • Coppola, Dario [1]
  • Cosenza, Roberto [1]
  • Critical garden [1]
  • Cucinella, Mario [1]; [2]; [3]
  • Dal Toso, Francesco [1]
  • De Carlo, Giancarlo [1]
  • Decq, Odile [1]
  • Design Institute Cinesi [1]
  • Diffuse, Luca [1]; [2]
  • Diller Scofidio+Renfro [1]; [2]
  • Dogma [1]
  • Douglis, Evan [1]
  • Duminuco, Enzo [1]
  • Eifler, John [1]
  • Eisenman, Peter [1]; [2]
  • Elastik (Igor Kebel) [1]
  • EMBT | Enric Miralles - Benedetta Tagliabue | Arquitectes associats [1]; [2]
  • Emergent Architecture (Tom Wiscombe) [1]
  • Ferrater, Carlos [1]
  • Florio, Riccardo [1]
  • FOA [1]
  • Galantino, Mauro [1]
  • Garzotto, Andrea [1]
  • Gehl Architects [1]
  • Gehry, Frank Owen [1]; [2]
  • Gelmini, Gianluca [1]
  • Grasso Cannizzo, Maria Giuseppina [1]; [2]
  • Graziano, Andrea [1]; [2]
  • Graypants (Seth Grizzle e Jon Junker) [1]
  • Gregotti, Vittorio [1]
  • Guidacci, Raimondo [1]
  • Hadid, Zaha [1]; [2]; [3]: [4]
  • Hensel, Michael [1]
  • Herzog & De Meuron [1]; [2]
  • Holl, Steven [1]
  • Hosoya Schaefer architects [1]
  • Ingels, Bjarke [1]
  • Ishigami, Junya [1]
  • Kahn, Louis [1]
  • Kakehi, Takuma [1]
  • Knowcoo Design Group [1]
  • Kokkugia [1]
  • Koolhaas, Rem [1]; [2]; [3]
  • Kudless, Andrew [1]
  • Kuma, Kengo [1]; [2]
  • Lacaton e Vassal [1]
  • Lancio, Franco [1]
  • Libeskind, Daniel [1]
  • Le Corbusier [1]
  • Lomonte, Ciro [1]
  • Lynn, Greg [1]
  • MAB [1]
  • Made In [1]
  • Mau, Bruce [1]
  • MECANOO [1]
  • Melograni, Carlo [1]
  • Menges, Achim [1]
  • Moodmaker [1]
  • Morphosis [1]
  • Munari, Bruno [1]
  • Murcutt, Glenn [1]; [2]
  • MVRDV [1]
  • Najle, Ciro [1]
  • Njiric, Hrvoje [1]
  • Notarangelo, Stefano [1]
  • Nouvel, Jean [1]
  • Ofis [1]
  • Oosterhuis, Kas [1]
  • Oplà+ [1]
  • Oxman, Neri [1]
  • Palermo, Giovanni [1]
  • Pamìo, Roberto [1]
  • Parito, Giuseppe [1]
  • Park, Sangwook [1]
  • Piano, Renzo [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]
  • Piovene, Giovanni [1]
  • Pellegrini, Pietro Carlo [1]
  • Pizzigoni, Pino [1]
  • Porphyrios, Demetri [1]
  • R&Sie(n) (Francois Roche) [1]; [2]; [3]; [4]
  • RARE office [1]
  • Raumlabor [1]
  • Rogers, Richard [1]
  • Ruffi, Lapo [1]
  • Salmona, Rogelio [1]
  • SANAA (Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa) [1]; [2]; [3]; [4]
  • Sandbox [1]
  • Sanei Hopkins [1]
  • Sauer, Louis [1]
  • Schuwerk, Klaus [1]
  • Servino, Beniamino [1]
  • Siza, Alvaro [1]; [2]; [3]; [4]; [5];[6]
  • Soleri, Paolo [1]
  • SOM [1]
  • Sottsass, Ettore [1]
  • Souto de Moura, Eduardo [1]; [2]; [3]
  • Spacelab Architects (Luca Silenzi e Zoè Chantall Monterubbiano) [1]
  • SPAN (Matias Del Campo+Sandra Manninger) [1]
  • Spuybroek, Lars [1]
  • Studio Albanese [1]
  • Studio Albori [1]
  • Studio Balbo [1]
  • StudioMODE + MODELab [1]
  • Supermanoeuvre [1]
  • Tecla Architettura [1]
  • Tepedino, Massimo [1]
  • Terragni, Giuseppe [1]
  • Tscholl, Werner [1]
  • Tschumi, Bernard [1]
  • Uap Studio [1]
  • Uda [1]
  • UN Studio (Ben Van Berkel) [1]; [2]
  • Vanelli, Nildo [1]
  • Vanucci, Marco (Open System) [1]
  • Verdelli, Roberto [1]
  • Vulcanica Architettura [1]
  • Wiscombe, Tom [1]
  • Zoelly, Pierre [1]
  • Zordan, Filippo [1]
  • Zucca, Maurizio [1]
  • Zucchi, Cino [1]
  • Zumthor, Peter [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]

Epilogo: Il massimo di diversità nel minimo spazio

Note conclusive sull'inchiesta:

8 novembre 2010

0046 [SPECULAZIONE] L'architetto di base secondo Gianni Biondillo

di Salvatore D'Agostino

Gianni Biondillo, scrittore ed ex architetto.
È milanese. Figlio di padre campano e madre siciliana. I suoi noir non hanno un set o un ambientazione, ma raccontano - attraverso l'artificio del romanzo - storie di una parte della città di Milano. Il luogo dov'è cresciuto: Quarto Oggiaro.
Per il padiglione Italia di  Luca Molinari - Biennale di Architettura di Venezia in corso - è stato chiamato - mensile Wired - ad essere uno dei 14 visionari.
Più che una visione ha scritto un monito 'Cubatura zero adesso, subito'.*
Quest'intervista è iniziata ufficialmente il  17 giugno del 2009 dopo un suo commento in questo post.
Salvatore D'Agostino Il tuo libro 'Metropoli per principianti'1 inizia con un ammonimento a non far studiare più architettura ai propri figli, altrimenti non resta altro da fare che mandarli a lavorare all'estero.
Francesco Dal Co ha definito questo incipit 'una Boutade'
2, Stefano Boeri crede che le cattive architetture siano frutto anche degli insegnamenti errati delle università3, Renzo Piano - telefonicamente - ti ha ringraziato: «C'è bisogno che ogni tanto qualcuno mi venga a tirare le orecchie»4.
Nel libro proponi d'istituire l'architetto di base.
Che cosa intendi dire?

Gianni Biondillo Ti rispondo con un breve articolo scritto tempo fa che "riassume" la situazione: «Al professor Dal Co non è piaciuto il mio urlo di dolore che apre Metropoli per principianti, dove dico, provocatoriamente: "non fate studiare architettura ai vostri figli".
Intervistato da Stefano Bucci ha detto, un po' piccato, che gli pare "una boutade. Sarebbe come dire: 'non iscrivete i vostri figli a medicina, perché faranno solo i medici di base'."
"Magari!", mi viene da pensare caro professore. Magari fosse così, ci metterei la firma. Tra l'altro i medici di base hanno guadagni mensili non disprezzabili. Invece qui la cosa è assai più tragica. Sarebbe, per mantenere il suo esempio, come dire: "non studiate medicina, che poi vi tocca fare i lettighieri, gli uscieri d'ospedale, gli operatori del call center…"
Perché è questa la vera contraddizione. Siamo il paese col più alto numero di laureati in architettura d'Europa e, al contempo, col più basso numero di progetti realizzati firmati da architetti. La città moderna non ci compete, non l'abbiamo costruita noi. Ci si lascia ingannare dai casi estremi delle star dell'architettura, che sono poco più di specchietti per le allodole, ma lo zoccolo duro, il popolo degli architetti, le mani sul territorio non le ha messe mai. È una percezione falsata quella che ci danno i vari Fuksas, Piano, Gregotti: è un po' come credere che dato che c'è Faletti, tutti gli scrittori vendano ogni volta milioni di copie dei loro romanzi. Non è così: gli scrittori, in media, fanno la fame. Ma con la differenza che almeno pubblicano, mentre gli architetti, in media, non costruiscono affatto.
Anzi, fosse per me farei mie le parole di Dal Co per cambiarle di segno: "Studiate architettura, così diventate architetti di base." Con tutti i problemi che il nostro territorio ha, il patrimonio architettonico da salvaguardare, le questioni di riconversione anche di spazi minimi o irrisolti, l'abusivismo, la sostenibilità, non sarebbe da istituire, a livello governativo, come un dovere di sanità paesaggistica, la figura dell'architetto di base?»5 

Che cos'è la geometrizzazione dell'architetto?

È l'accettazione di una modalità non critica del progetto. L'abbassamento dell'asticella della complessità nel nome non della migliore fruibilità ma del lavoro per il lavoro (teniamo tutti una famiglia) e della banalizzazione della professione.
È disinteressarsi a qualificare il gusto generale per adeguarsi ai pregiudizi scontati della progettazione.

Su Nazione Indiana pubblichi alcuni articoli che raccogli sotto il titolo di Urbanità.
Che cos'è l'urbanità? 

Trovo affascinante che come sinonimo di cortesia si usi il termine urbanità. Insomma questa attenzione alle città, all'urbe (in fondo anche civiltà viene da "civitas") come luogo di scambio simbolico, dove le contraddizioni vengono al pettine e si risolvono. In modo politico (che viene, appunto, da "polis").

Per il quinto anno consecutivo si è svolto il convegno sull'identità dell'architettura italiana con i contributi dei maggiori insegnanti provenienti da tutte le università d'Italia.6
Secondo te qual è l'identità dell'architettura italiana degli ultimi vent'anni?

È un'identità perduta, da ridefinire, liquida come è liquida la società in cui viviamo.
Sono molto curioso del padiglione italiano della biennale di quest'anno, curato da Luca Molinari, forse lui saprà darci una fotografia della nostra identità (ndr risposta: 26 aprile 2010). 

Liquida! Nel senso baumaniano? 

Certo. 

È possibile un'urbanistica attenta alle diverse sensibilità abitative? 

Non solo è possibile ma è doverosa.

Nella tua playlist, ovvero le architetture che ami del novecento italiano, includi le Vele di Scampia progettate dall'architetto Franz Di Salvo, poiché sostieni, che non sono diverse da alcune case per villeggianti della Costa Azzurra7.

Puoi spiegare meglio questo concetto? 

È esattamente così. Basta fare un giro in Costa Azzurra per accorgersene. Lì però nessuno vuole abbattere quegli edifici, anzi, molti li trovano graziosi e così "piccolo borghesi" da parigino in vacanza.
Confondere le condizioni sociali e il degrado con, banalmente, il progetto è facile e "scandalistico" ma non risolve il problema.

Su City life scrivi: «Tutta colpa di quella mia amica che mi ha detto (ah, il tagliente spirito lombardo) mentre guardava i redering di progetto: "Sembrano due amici che reggono il terzo in mezzo, mentre vomita, ubriaco!"»8.
Non credi che sia la naturale trasposizione - in grande scala - del pensiero imprenditoriale che chiami "Brianza Style"?

Sono due cose leggermente diverse ma non antitetiche.
Il "Brianza style" è una modalità che dalla provincia sta invadendo il gusto della città. Un desiderio di una ipotetica autenticità formale che è sostanzialmente trash, i grattacieli della ex-fiera sono una mera operazione di speculazione edilizia che si copre utilizzando la foglia di fico dei nomi roboanti e internazionali.
Operazione provinciale anch'essa e in questo speculare alla microarchitettura del Brianza style.

«Roma è il paradiso del palazzinaro piccolo borghese. […] le singole, autonome, palazzine paiono una civettuola sfilata di autoreferenti bellezze, indifferenti l'una all'altra. Singoli pezzi, mai davvero legati al contesto, incapaci davvero di fare urbanistica»9.
Non credi che sia necessario iniziare a capire questa storia urbana senza licenziarla come banale, rozza o antiurbanistica?

Sono d'accordo. Occorre guardare senza pregiudizi, né negativi e neppure positivi, ogni opera del passato. Quella storia urbana esiste e chiede di essere raccontata.
Ciò non significa farne un santino colmo di nostalgia.
 

«Nell'Italia meridionale non si leggono libri. La classe dirigente, la piccola borghesia, la classe produttrice, i politici locali, non leggono libri. Dove non si leggono libri non c'è architettura».10
Che cosa c'è?
 

La devastazione, il voto di scambio, il familismo amorale, il far west, lo spreco del territorio, l'abbrutimento sociale, il disincanto, il cinismo.
La resa.

Mi descrivi il tuo miglior progetto da architetto?

Mio?
Progettato da me?
Ma no, poca roba. Sono un architetto che ha fatto cose piccole, ha risolto problemi "privati". Abitazioni, appartamenti, sottotetti. Un paio di piccole piazze e un asilo nido fuori Milano, qualche concorso, ma in generale io sono (stato, ché ormai lo sono sempre meno) un "architetto di base", appunto.
 
Perché hai abbandonato la professione dell'architetto per quella di scrittore?

Perché le giornate sono di 24 ore e tutto purtroppo non si può fare.
E perché mi sono reso conto di avere molta più libertà critica con la scrittura, oggi, che con l'architettura.

Da Cratilo di Platone: «Pare che la parola "verità" (alétheia) indichi il vagabondare di Dio (ále theía.
Che cosa può succedere vagabondando con un compagno di viaggio per la tangenziale di Milano?11

Succede che ridefinisci, dai suoi confini frangiati e incongrui, la mappa di una metropoli immensa che ormai tracima oltre le sue tangenziali, che sono a tutti gli effeti, ormai, delle strade urbane.
Ma farlo a piedi, girare in 10 tappe a piedi la cintura ad alto scorrimento cittadino, è anche un atto politico, resistente, che vuole recuperare la mobilità leggera e pubblica, l'unica, oggi, che dovremmo davvero sviluppare, nel nome della sanità e igiene (anche mentale) collettiva.
E stato un viaggio alla scoperta di un panorama davvero unico. Un pellegrinaggio attorno alla mia città.

Per Michele Monina la città che scorre lungo la tangenziale non è Milano. Per te, Milano inizia dai questi bordi.
Per Carlo Emilio Gadda gli architetti pastrufaziani (spesso imprenditori brianzoli) avevano costruito: «… Di ville! di villule!, di villoni ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville rustiche, di rustici ville, gli architetti pastrufaziani avevano ingioiellato, poco a poco un po’ tutti, i vaghissimi e placidi colli delle pendici prenadine, che, manco a dirlo ‘digradano dolcemente’: alle miti bacinelle dei loro laghi».12
Dove sta andando Milano? 

Non ho la palla di vetro. Ma ho la sensazione che Milano stia camminando sulla lama di un rasoio. Se cade dalla parte giusta si riproietta, come è nella sua tradizione, nell'alveo delle città europee, dinamiche e innovative, se invece precipita dall'altra parte, chiude definitivamente il suo ciclo storico per tornare ad essere un villaggio come un altro.
La mia ansia è che la vedo sbilanciata, politicamente e amministrativamente, troppo da questa parte! 

8 novembre 2010
Intersezioni ---> SPECULAZIONE

Come usare WA----------------------------------------------------------------------------Cos'è WA

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Note:

* Visione in seguito elaborata dallo studio Metrogramma con il progetto Esperia 15.

1 Gianni Biondillo, Metropoli per Principianti, Guanda, Milano, 2008.

2 Gianni Biondillo, Urnbanità 4, Blog Nazione Indiana, 15 ottobre 2008. Link

3 Stefano Bucci, 'Architetti, mancano i maestri', Corriere della Sera, 24 maggio 2008. Link

4 Circolo della Colonna, CENA del 23 febbraio 2009. Link

5 Pubblicato su Costruire n. 303, settembre 2008.

6 Link del programma.

7 Gianni Biondillo, op. cit., p. 44.

8 Gianni Biondillo, op. cit., p. 90.

9 Gianni Biondillo, op. cit., p. 63.


10 Gianni Biondillo, op. cit., p. 70.

11 Gianni Biondillo e Monina Michele, Tangenziali. Due viandanti ai bordi della città, Guanda, 2010.

12 Gianni Biondillo e Monina Michele, op. cit., 102.