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Visualizzazione post con etichetta Gianni Biondillo. Mostra tutti i post
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11 dicembre 2024

Errare a Milano

   di Salvatore D'Agostino

    In autunno del 2015 mi sono ritrovato a Milano, a riorientare un nuovo percorso di vita. In quei giorni complicati, in cui mi sentivo perso e con un futuro da ricostruire, ho avuto la fortuna di incontrare un compagno di viaggio: Gianni Biondillo, con cui avevo dialogato diverse volte sia su Nazione Indiana che su questo blog*. Praticamente, senza che lui ne fosse consapevole, mi ha "battezzato", indicandomi come intraprendere questo viaggio a Milano. Mi ha spronato, indirettamente, con la sua stessa erranza.
    L’occasione è stata un cammino di 24 ore intorno a Milano, organizzato in occasione dell’EXPO, il 24 ottobre 2015: Maratown.

10 luglio 2024

0062 [MONDOBLOG] Il web log tra diario e zilbadone

di Salvatore D'Agostino
    Fin dall‘inizio del Web, il tema della scrittura è stato predominate: il Web nasce come pagina bianca digitale da riempire di contenuti e molti scriventi pionieri della rete immaginarono da subito la pagina digitale come un diario. Inizialmente fu il quindicenne Justin Hall, poi furono migliaia, poi ancora milioni gli scriventi che iniziarono a redigere i propri diari online interagendo tra di loro, popolando sempre di più il web, abitandolo con le proprie quotidiane riflessioni. I diaristi web hanno abitato e abitano tutte le diverse piattaforme che internet ha generato: web log, forum, My Space, Second life, Facebook, Twitter-X, e tante altre. Tra i diaristi convergono anche chi della scrittura ne fa un mestiere e usa il Web log per esercitare la propria capacità narrativa. Se i primi possiamo chiamarli diaristi; per i secondi, scrittori consapevoli del canone linguistico, il termine diarista potrebbe essere inopportuno. In questo caso, per comodità e disturbando Leopardi, il Web log dello scrittore lo chiameremo Zibaldone:
«Quaderno di appunti e abbozzi annotati senz‘ordine: l‘evoluzione del pensiero del Leopardi si può ricostruire dagli appunti del suo "Zibaldone".» (DEVOTO OLI)
    Tra gli zibaldoni Web, per citare esempi italiani, si ricordano quello dello scrittore Giuseppe Genna (con il suo storico blog omonimo, quello nuovo aperto in questi giorni letteratura e pensiero e la sua pagina facebook), Tiziano Scarpa (sul blog collettivo il primo amore), dell‘architetto scrittore Gianni Biondillo (sul blog collettivo nazione Indiana), Wu Ming (scrittore immaginario nato e creato da un collettivo di autori, attivi in diversi blog tra cui giap) o Michela Murgia (il primo blog Il Mio Sinis ormai non più visibile). Le loro scritture online, in parte, sono state editate da diversi editori.1
«Sono un blogger – scrive lo scrittore di fantascienza Bruce Sterling - e un entusiasta degli spezzoni di narrativa associati casualmente, ma mi è sempre stato chiaro che il contenuto di un blog ha una vita corta. È come recitare una stand-up comedy2

0062 [MONDOBLOG] The web log between diary and Zibaldone.

by Salvatore D'Agostino

    From the beginning of the Web, the theme of writing has been predominant: the Web was born as a digital blank page to be filled with content, and many pioneering network writers immediately envisioned the digital page as a diary. Initially, it was fifteen-year-old Justin Hall, then thousands, and later millions of writers began to create their own online diaries, interacting with each other, increasingly populating the web, inhabiting it with their daily reflections. Web diarists have inhabited and continue to inhabit all the different platforms that the internet has generated: web logs, forums, MySpace, Second Life, Facebook, Twitter-X, and many others. Among the diarists are also those who make a profession out of writing and use the Web log to exercise their narrative skills. If the first can be called diarists; for the second, writers aware of the linguistic canon, the term diarist might be inappropriate. In this case, for convenience and disturbing Leopardi, we will call the writer's Web log a Zibaldone:

«A notebook of notes and sketches recorded without order: the evolution of Leopardi's thought can be reconstructed from the notes of his 'Zibaldone'.» (DEVOTO OLI)

    Among the Web zibaldones, to cite Italian examples, we recall that of the writer Giuseppe Genna (with his historic eponymous blog, the new one opened these days letterutura e pensiero and his Facebook page), Tiziano Scarpa (on the collective blog il primo amore), the architect-writer Gianni Biondillo (on the collective blog nazione Indiana), Wu Ming (an imaginary writer born and created by a collective of authors, active on several blogs including giap) or Michela Murgia (the first blog Il Mio Sinis no longer visible). Their online writings, in part, have been edited by various publishers.1

«I am a blogger,” writes science fiction writer Bruce Sterling, “and a fan of snippets of narrative associated randomly, but it has always been clear to me that the content of a blog has a short life. It's like performing stand-up comedy2

10 luglio 2012

0011 [WILFING] Una pausa prima di un’altra modernità

di Salvatore D’Agostino

   Dopo più di quattro anni ho deciso di prendermi una breve pausa per ritornare in autunno, almeno spero, con un Wilfing Architettura rinnovato sia nella grafica che nei contenuti. Durante questa sospensione estiva vorrei condividere con voi tre letture urbane, molto milanesi, che anticipano il prossimo percorso di Wilfing Architettura ovvero il pensiero di un’altra modernità.

24 maggio 2012

0010 [WILFING] Ci vediamo per le strade | See you in the streets

di Salvatore D’Agostino

«Koolhaas ha segnato un periodo, ma il dibattito non può essere egemonizzato dalle stesse persone che hanno dominato la comunicazione negli ultimi vent'anni. Non si può andare avanti nei modi ancora di recente utilizzati da Winy Maas degli MVRDV: a ogni problema corrisponde una soluzione che, naturalmente, si incarna in un progetto di architettura. Molto spesso la soluzione è non fare niente. Il progetto più bello degli ultimi anni forse è stato quello di Lacaton e Vassalle per il concorso di «abbellimento» di place Léon Aucoc a Bordeaux. Dopo avere frequentato il posto e parlato con i passanti e gli abitanti, proposero di lasciare tutto così com'era, al di là di qualche intervento di manutenzione, perché la piazza non aveva bisogno di miglioramenti». (Mirko Zardini)1


Domenico Di Siena, leggendo le recenti indignazioni, via media generalisti e web, sulle vicende legate alla Biennale di Venezia e al museo MAXXI, ha scritto un post Architettura, Italia . Lo spettacolo è finito! sul suo urbanohumano, ricordando come l'importante premio dell’European Prize for Urban Public Space - dedicato allo Spazio Pubblico - sia stato dato a un progetto spontaneo e collettivo quale l’accampata della Puerta del Sol, l’insieme di persone e tende che diede inizio, un anno fa, al movimento degli indignados, con la seguente motivazione:
«il premio ha voluto evidenziare i nuovi “ruoli” di molti giovani architetti che stanno sviluppando il proprio lavoro professionale ricercando nuovi formati, attraverso incarichi o auto-incarichi, nuove formule di collaborazione di gruppo o di collettivi, attivismo sociale e partecipazione pubblica, urbanistica di azione, nuovi mezzi di comunicazione applicati all’architettura, oltre ad una nuova sensibilità riguardante la costruzione».



8 novembre 2010

0046 [SPECULAZIONE] L'architetto di base secondo Gianni Biondillo

di Salvatore D'Agostino

Gianni Biondillo, scrittore ed ex architetto.
È milanese. Figlio di padre campano e madre siciliana. I suoi noir non hanno un set o un ambientazione, ma raccontano - attraverso l'artificio del romanzo - storie di una parte della città di Milano. Il luogo dov'è cresciuto: Quarto Oggiaro.
Per il padiglione Italia di  Luca Molinari - Biennale di Architettura di Venezia in corso - è stato chiamato - mensile Wired - ad essere uno dei 14 visionari.
Più che una visione ha scritto un monito 'Cubatura zero adesso, subito'.*
Quest'intervista è iniziata ufficialmente il  17 giugno del 2009 dopo un suo commento in questo post.
Salvatore D'Agostino Il tuo libro 'Metropoli per principianti'1 inizia con un ammonimento a non far studiare più architettura ai propri figli, altrimenti non resta altro da fare che mandarli a lavorare all'estero.
Francesco Dal Co ha definito questo incipit 'una Boutade'
2, Stefano Boeri crede che le cattive architetture siano frutto anche degli insegnamenti errati delle università3, Renzo Piano - telefonicamente - ti ha ringraziato: «C'è bisogno che ogni tanto qualcuno mi venga a tirare le orecchie»4.
Nel libro proponi d'istituire l'architetto di base.
Che cosa intendi dire?

Gianni Biondillo Ti rispondo con un breve articolo scritto tempo fa che "riassume" la situazione: «Al professor Dal Co non è piaciuto il mio urlo di dolore che apre Metropoli per principianti, dove dico, provocatoriamente: "non fate studiare architettura ai vostri figli".
Intervistato da Stefano Bucci ha detto, un po' piccato, che gli pare "una boutade. Sarebbe come dire: 'non iscrivete i vostri figli a medicina, perché faranno solo i medici di base'."
"Magari!", mi viene da pensare caro professore. Magari fosse così, ci metterei la firma. Tra l'altro i medici di base hanno guadagni mensili non disprezzabili. Invece qui la cosa è assai più tragica. Sarebbe, per mantenere il suo esempio, come dire: "non studiate medicina, che poi vi tocca fare i lettighieri, gli uscieri d'ospedale, gli operatori del call center…"
Perché è questa la vera contraddizione. Siamo il paese col più alto numero di laureati in architettura d'Europa e, al contempo, col più basso numero di progetti realizzati firmati da architetti. La città moderna non ci compete, non l'abbiamo costruita noi. Ci si lascia ingannare dai casi estremi delle star dell'architettura, che sono poco più di specchietti per le allodole, ma lo zoccolo duro, il popolo degli architetti, le mani sul territorio non le ha messe mai. È una percezione falsata quella che ci danno i vari Fuksas, Piano, Gregotti: è un po' come credere che dato che c'è Faletti, tutti gli scrittori vendano ogni volta milioni di copie dei loro romanzi. Non è così: gli scrittori, in media, fanno la fame. Ma con la differenza che almeno pubblicano, mentre gli architetti, in media, non costruiscono affatto.
Anzi, fosse per me farei mie le parole di Dal Co per cambiarle di segno: "Studiate architettura, così diventate architetti di base." Con tutti i problemi che il nostro territorio ha, il patrimonio architettonico da salvaguardare, le questioni di riconversione anche di spazi minimi o irrisolti, l'abusivismo, la sostenibilità, non sarebbe da istituire, a livello governativo, come un dovere di sanità paesaggistica, la figura dell'architetto di base?»5 

Che cos'è la geometrizzazione dell'architetto?

È l'accettazione di una modalità non critica del progetto. L'abbassamento dell'asticella della complessità nel nome non della migliore fruibilità ma del lavoro per il lavoro (teniamo tutti una famiglia) e della banalizzazione della professione.
È disinteressarsi a qualificare il gusto generale per adeguarsi ai pregiudizi scontati della progettazione.

Su Nazione Indiana pubblichi alcuni articoli che raccogli sotto il titolo di Urbanità.
Che cos'è l'urbanità? 

Trovo affascinante che come sinonimo di cortesia si usi il termine urbanità. Insomma questa attenzione alle città, all'urbe (in fondo anche civiltà viene da "civitas") come luogo di scambio simbolico, dove le contraddizioni vengono al pettine e si risolvono. In modo politico (che viene, appunto, da "polis").

Per il quinto anno consecutivo si è svolto il convegno sull'identità dell'architettura italiana con i contributi dei maggiori insegnanti provenienti da tutte le università d'Italia.6
Secondo te qual è l'identità dell'architettura italiana degli ultimi vent'anni?

È un'identità perduta, da ridefinire, liquida come è liquida la società in cui viviamo.
Sono molto curioso del padiglione italiano della biennale di quest'anno, curato da Luca Molinari, forse lui saprà darci una fotografia della nostra identità (ndr risposta: 26 aprile 2010). 

Liquida! Nel senso baumaniano? 

Certo. 

È possibile un'urbanistica attenta alle diverse sensibilità abitative? 

Non solo è possibile ma è doverosa.

Nella tua playlist, ovvero le architetture che ami del novecento italiano, includi le Vele di Scampia progettate dall'architetto Franz Di Salvo, poiché sostieni, che non sono diverse da alcune case per villeggianti della Costa Azzurra7.

Puoi spiegare meglio questo concetto? 

È esattamente così. Basta fare un giro in Costa Azzurra per accorgersene. Lì però nessuno vuole abbattere quegli edifici, anzi, molti li trovano graziosi e così "piccolo borghesi" da parigino in vacanza.
Confondere le condizioni sociali e il degrado con, banalmente, il progetto è facile e "scandalistico" ma non risolve il problema.

Su City life scrivi: «Tutta colpa di quella mia amica che mi ha detto (ah, il tagliente spirito lombardo) mentre guardava i redering di progetto: "Sembrano due amici che reggono il terzo in mezzo, mentre vomita, ubriaco!"»8.
Non credi che sia la naturale trasposizione - in grande scala - del pensiero imprenditoriale che chiami "Brianza Style"?

Sono due cose leggermente diverse ma non antitetiche.
Il "Brianza style" è una modalità che dalla provincia sta invadendo il gusto della città. Un desiderio di una ipotetica autenticità formale che è sostanzialmente trash, i grattacieli della ex-fiera sono una mera operazione di speculazione edilizia che si copre utilizzando la foglia di fico dei nomi roboanti e internazionali.
Operazione provinciale anch'essa e in questo speculare alla microarchitettura del Brianza style.

«Roma è il paradiso del palazzinaro piccolo borghese. […] le singole, autonome, palazzine paiono una civettuola sfilata di autoreferenti bellezze, indifferenti l'una all'altra. Singoli pezzi, mai davvero legati al contesto, incapaci davvero di fare urbanistica»9.
Non credi che sia necessario iniziare a capire questa storia urbana senza licenziarla come banale, rozza o antiurbanistica?

Sono d'accordo. Occorre guardare senza pregiudizi, né negativi e neppure positivi, ogni opera del passato. Quella storia urbana esiste e chiede di essere raccontata.
Ciò non significa farne un santino colmo di nostalgia.
 

«Nell'Italia meridionale non si leggono libri. La classe dirigente, la piccola borghesia, la classe produttrice, i politici locali, non leggono libri. Dove non si leggono libri non c'è architettura».10
Che cosa c'è?
 

La devastazione, il voto di scambio, il familismo amorale, il far west, lo spreco del territorio, l'abbrutimento sociale, il disincanto, il cinismo.
La resa.

Mi descrivi il tuo miglior progetto da architetto?

Mio?
Progettato da me?
Ma no, poca roba. Sono un architetto che ha fatto cose piccole, ha risolto problemi "privati". Abitazioni, appartamenti, sottotetti. Un paio di piccole piazze e un asilo nido fuori Milano, qualche concorso, ma in generale io sono (stato, ché ormai lo sono sempre meno) un "architetto di base", appunto.
 
Perché hai abbandonato la professione dell'architetto per quella di scrittore?

Perché le giornate sono di 24 ore e tutto purtroppo non si può fare.
E perché mi sono reso conto di avere molta più libertà critica con la scrittura, oggi, che con l'architettura.

Da Cratilo di Platone: «Pare che la parola "verità" (alétheia) indichi il vagabondare di Dio (ále theía.
Che cosa può succedere vagabondando con un compagno di viaggio per la tangenziale di Milano?11

Succede che ridefinisci, dai suoi confini frangiati e incongrui, la mappa di una metropoli immensa che ormai tracima oltre le sue tangenziali, che sono a tutti gli effeti, ormai, delle strade urbane.
Ma farlo a piedi, girare in 10 tappe a piedi la cintura ad alto scorrimento cittadino, è anche un atto politico, resistente, che vuole recuperare la mobilità leggera e pubblica, l'unica, oggi, che dovremmo davvero sviluppare, nel nome della sanità e igiene (anche mentale) collettiva.
E stato un viaggio alla scoperta di un panorama davvero unico. Un pellegrinaggio attorno alla mia città.

Per Michele Monina la città che scorre lungo la tangenziale non è Milano. Per te, Milano inizia dai questi bordi.
Per Carlo Emilio Gadda gli architetti pastrufaziani (spesso imprenditori brianzoli) avevano costruito: «… Di ville! di villule!, di villoni ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville rustiche, di rustici ville, gli architetti pastrufaziani avevano ingioiellato, poco a poco un po’ tutti, i vaghissimi e placidi colli delle pendici prenadine, che, manco a dirlo ‘digradano dolcemente’: alle miti bacinelle dei loro laghi».12
Dove sta andando Milano? 

Non ho la palla di vetro. Ma ho la sensazione che Milano stia camminando sulla lama di un rasoio. Se cade dalla parte giusta si riproietta, come è nella sua tradizione, nell'alveo delle città europee, dinamiche e innovative, se invece precipita dall'altra parte, chiude definitivamente il suo ciclo storico per tornare ad essere un villaggio come un altro.
La mia ansia è che la vedo sbilanciata, politicamente e amministrativamente, troppo da questa parte! 

8 novembre 2010
Intersezioni ---> SPECULAZIONE

Come usare WA----------------------------------------------------------------------------Cos'è WA

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Note:

* Visione in seguito elaborata dallo studio Metrogramma con il progetto Esperia 15.

1 Gianni Biondillo, Metropoli per Principianti, Guanda, Milano, 2008.

2 Gianni Biondillo, Urnbanità 4, Blog Nazione Indiana, 15 ottobre 2008. Link

3 Stefano Bucci, 'Architetti, mancano i maestri', Corriere della Sera, 24 maggio 2008. Link

4 Circolo della Colonna, CENA del 23 febbraio 2009. Link

5 Pubblicato su Costruire n. 303, settembre 2008.

6 Link del programma.

7 Gianni Biondillo, op. cit., p. 44.

8 Gianni Biondillo, op. cit., p. 90.

9 Gianni Biondillo, op. cit., p. 63.


10 Gianni Biondillo, op. cit., p. 70.

11 Gianni Biondillo e Monina Michele, Tangenziali. Due viandanti ai bordi della città, Guanda, 2010.

12 Gianni Biondillo e Monina Michele, op. cit., 102.

28 ottobre 2010

0009 [BLOG READER] B-LOG

di Salvatore D'Agostino

Durante questa lunga pausa estiva (l’ultimo reader è datato 26 aprile 2010) ho archiviato diversi elenchi di post tematici: la critica di architettura, rassegna AILATI, l’accademia e i blog degli architetti.
Alla fine senza soluzione di continuità ho scelto di ritornare a parlare delle scritture blog.
In questo ultimo anno i blog aiutati dai social network facebook, twitter e similari si sono svuotati dai bla, bla, bla perditempo, trasformandosi in appunti - spesso ben strutturati - condivisi.
Per la prima volta, dopo due anni e mezzo, inizio a percepire un cambiamento in positivo.

Vi propongo una variante. Considerate questo Blog reader come l’indice di una rivista di architettura: B-LOG.

Il nome B-LOG è stato ideato da Cristian Farinella durante una discussione su facebook 'Che nome dareste a una rivista di articoli tratti dai blog?'.
Cristian Farinella (26 ottobre alle 12.58): B.log B. sta per B side, lato b e di poco valore, rarità e cose che non hanno mai visto la pubblicazione altrove. Si può leggere distrattamente come Blog (emblematico ma riassunto di quel che contiene)
Come scrivevo in un vecchio post: «L'atto di annotare o registrare in inglese è tradotto con 'to log'. 
Il log, cioè prendere nota o registrare in una pagina Web per comunicare ad altri dei contenuti è l’idea originaria del Web. 
Da qui la nascita del Web Log».

Il B-LOG si lega al concetto di B-side e alla definizione degli appunti in rete 'Web log', prima di essere contratta in BLOG.

Vi presento B-LOG una rivista di architettura attraverso i post tratti dalla blogosfera.
Buona lettura:

EDITORIALE

I blog tendono a diventare giornali
Luca De Biase


ARCHITETTURA

Il Miserabile intervista Italo Rota
Giuseppe Genna



CITTA'
 
I like air…
Luca Diffuse#2

FantaExpo
Gianni Biondillo














DESIGN
 
Intervista a Paolo Ulian
Nicoletta Gemignani
LIBRI 

Ugo Rosa#3 Aleandro Berganzi




28 ottobre 2010

Intersezioni --->BLOG READER

Come usare WA ---------------                                    -----------------------Cos'è WA
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Note:
#1 Giorgio Santilli capisco l'approccio pragmatico del gruppo del Sole 24 Ore.
Condivido - in parte - l'idea di proporre l'architettura (edilizia) italiana ma l'assenza di critica, ovvero l'apporto comparativo, ha da tempo appiattito il dibattito architettonico a favore della promozione 'architettonica'.
A mio avviso serve iniziare a recuperare un minimo di profondità analitica.

#2 Luca strabiliante la tua recente eteronomica attività blog.
Un appunto sulla versione on-line della rivista Abitare.
Per le latenti  potenzialità creative dell'equipe che gravita intorno alla rivista, trovo che sia letteralmente malata da sindrome da 'mainstream'.
Come dichiarato in uno dei suoi primi post: «Per chi non se ne fosse accorto Abitare è un blog, e siccome siamo blogger una delle cose che facciamo di più è guardare altri blog».
Quindi, Abitare on-line è un blog.
Un blog che miscela sia i contenuti trasposti dalla rivista sia le news quotidiane dei vari redattori.
Con la tendenza all'interazione con gli utenti (concezione primitiva dell'uso del Web): inviate le vostre foto fatte alla biennale, promuovete i vostri studi...
Inoltre totalmente privo di senso - ripeto per la qualità della rivista - l'idea del videoblog  affidata a Fabio Novembre della passata Triennale. Una narrazione artefatta dallo stato gassoso dell'intervistatore.
Ho trovato più interessanti i contro report del blog 'architetti senza tetto' a mio avviso più incisivi e critici.
Sinossi: Novembre il Morgan del design - ossessionato da una frase di Newton: "Ho visto così lontano perché sono salito sulle spalle dei giganti" - è stato sguinzagliato dalla rivista Abitare in veste di inviato speciale al Salone del Mobile di Milano 2010.
L'equipe di Architetti senza tetto - dopo un approfondito studio filologico - scopre il gigante su cui è salito il designer leccese per ideare la sedia HER: l'architetto 'Andrea Soldani' interpretato da Teo Teocoli nel film di Sergio Martino 'Spaghetti a mezzanotte' (1981)
.



P.S.: per favore ti fai dare un tuo personale feed per DIFFUSE OUTTAKES.
:-)

#3 Ugo sarei curioso di leggere un racconto - da fermo - del tuo intorno visivo.

29 marzo 2010

0002 [CON GIUSTIZIA] Next Palermo

di Salvatore D'Agostino

Wilfing Architettura torna a discutere con chi gestisce le dinamiche amministrative delle città.

Parleremo con un amministratore atipico, poiché Maurizio Carta è anche un importante ricercatore (nel 2009 ha aperto a Praga il Forum sull’”Europa creativa” nell’ambito dell’Anno Europeo della Creatività e dell’Innovazione).
Ecco spiegate le strategie urbane della prossima Palermo.

Salvatore D'Agostino Da poco sei stato nominato 'Assessore del Comune di Palermo con delega al piano strategico, al centro storico, alla riqualificazione urbana della costa e ai rapporti con l’università'. Che cosa significa concretamente?

Maurizio Carta Significa impegnarsi in una responsabilità amministrativa che tiene insieme l'opportunità di programmare lo sviluppo della città (attraverso il piano strategico) e la necessità di intervenire su due dei fattori più importanti per la riqualificazione della città: il centro storico e la costa.
È una delega complessa che mi onora e che naturalmente mi consente di mettere a disposizione della città le mie competenze di professore e studioso di pianificazione strategica e urbanistica.
Una ulteriore componente della delega al piano strategico riguarda la necessità di mettere in campo azioni concrete per intercettare i fondi europei o fondi privati per la realizzazione di grandi interventi capaci di imprimere una svolta importante all'economia e, quindi alla qualità, della città.

SD Mi fai qualche esempio di fondi già investiti o da investire per risollevare l’economia palermitana?

MC Nel recupero del centro storico dal 2001 ad oggi sono stati mobilitati più di 230 milioni di euro tra contributi ai privati e interventi sugli edifici pubblici per un totale di più di 450 interventi che hanno attivato importanti economie dirette e indirette nel settore delle costruzioni, del restauro, del commercio e della cultura.
L'immissione nel centro storico di queste risorse pubbliche ha attivato ulteriori 2000 interventi interamente finanziati dai privati. Solo negli ultimi sei mesi sono stati stanziati circa € 1.000.000 per ulteriori interventi sugli edifici comunali e sugli spazi pubblici in centro storico, di cui:
  • € 50.000 per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sugli edifici comunali;
  • € 200.000 per manutenzione ordinaria e straordinaria sugli spazi aperti;
  • € 240.000 per l’illuminazione stradale;
  • € 400.000 per l’edilizia pericolante.
L'ulteriore intervento di stimolo all'economia riguarderà l'utilizzo di economie per circa 18 milioni di euro che con una delibera ho reso disponibili per utilizzarne circa 6 milioni per interventi pubblici e 12 milioni per ulteriori contributi ai privati.
Per quanto riguarda lo stimolo all'economia che può derivare dal complessivo piano di sviluppo portato avanti con il Piano Strategico stiamo elaborando un parco progetti per circa 400 milioni di euro di cui almeno 40 milioni cantierabili entro un anno.
Le risorse già mobilitate o da spendere sono ingenti, ma insufficienti a risolvere tutti i problemi e a rilanciare la città. Serve infatti che queste risorse costituiscano la base per un "moltiplicatore degli investimenti" che ne triplichi la portata.
Per raggiungere questo importante obiettivo è necessario che tutto il sistema economico e sociale collabori con il sistema istituzionale e le forze congiunte siano focalizzate verso obiettivi comuni con il gusto della sfida piuttosto che restare protetti entro le proprie singole criticità.

SD Come intendi stimolare il dialogo sinergico tra amministrazione, cittadino e imprenditore?

MC In questi mesi ho ascoltato molto la città, sia i suoi abitanti che i suoi imprenditori, gli studiosi e le associazioni, i colleghi assessori e i consiglieri comunali, proprio per capire al di là delle singole questioni e problemi quali fossero gli obiettivi comuni, le sfide da vincere tutti insieme, incrementando la capacità dell'Amministrazione di "governare il mutamento".
I dati sulla situazione economica della città mostrano che non siamo di fronte ad una criticità strutturale, ma a quella che definirei una “crisi di sfilacciatura”, derivata da un ripiegamento su se stessi degli attori istituzionali ed economici, preoccupati più a consolidare la propria efficacia d’azione, di contenere i costi e di mantenere i propri profili di redditività piuttosto che rischiare su obiettivi di sviluppo e di competitività.
È una sorta di “letargo economico” in attesa della bella stagione in cui si potrà tornare a cacciare.
In casi del genere, invece, altre esperienze di città con caratteristiche simili a Palermo dimostrano che bisogna agire per imprimere un impulso forte al modello di sviluppo, non solo con interventi cosiddetti “anticiclici”, ma con un vero e proprio piano di sviluppo che consenta di riannodare il tessuto degli attori istituzionali ed economici e di utilizzare come “leve” le disponibilità e le capacità dei diversi attori, a patto che siano concentrate sui medesimi obiettivi e mirino nella stessa direzione.
È quella che gli anglosassoni chiamano "co-opetition" cioè una cooperazione finalizzata ad essere più competitivi, a contare di più sui tavoli negoziali, ad essere maggiormente presenti sugli scenari sovralocali nei quali si giocano le partite dello sviluppo in un mondo sempre più interconnesso.
È per questo che l’Amministrazione Comunale ha avviato da qualche anno il Piano Strategico per Palermo Capitale con l’obiettivo di definire una vision di futuro che sia capace di agire contemporaneamente sulla competitività, sulla coesione e sulla proiezione internazionale della città.
Il piano è un importante strumento per dare un impulso concreto a quello stimolo del sistema socio-economico non solo perché individua alcuni grandi progetti di sviluppo, ma anche perché costruisce attorno ad essi un forte partenariato che agevola la costituzione del moltiplicatore degli investimenti, oggi assolutamente necessario per ridare ossigeno all’economia della città.
Lo schema generale del piano è stato presentato nei giorni scorsi alle associazioni delle imprese e ai sindacati non solo per una loro condivisione, ma soprattutto per individuare quali sono i progetti attuativi che ogni partner si farà carico di realizzare sotto la regia dell’Amministrazione.
Un altro strumento messo in campo per rafforzare le sinergie tra i diversi attori è stata l’istituzione della Cabina di regia tecnica tra gli Assessorati con il compito di monitorare le sinergie tra i rami tecnici dell’Amministrazione per avere costantemente sotto controllo le priorità entro un quadro generale di coerenza e prospettive di sviluppo, passando da un modello di governo settoriale ed emergenziale ad uno integrato e strategico.

SD Da chi è stato o sarà redatto, il piano integrato e strategico?

MC Il Piano Strategico è redatto da un apposito ufficio di staff della Direzione Generale sotto la mia responsabilità politica come Assessore e in diretta connessione con il Sindaco. L'Ufficio si avvale dell'assistenza tecnica di un raggruppamento di imprese la cui capogruppo è Ecosfera SpA di Roma, una delle più accreditate società nazionali. Le redazione si è anche avvalsa di alcuni contributi scientifici prodotti dall'Università di Palermo e delle idee e proposte provenienti dai numerosi forum e tavoli tematici svoltisi nei mesi precedenti. Per la parte attuativa l'Ufficio del Piano Strategico si avvale delle competenze tecniche dell'Ufficio politiche europee.

(P.S.: i materiali finora prodotti possono essere scaricati dal sito: www.pianostrategico.comune.palermo.it)

SD Come riesci a conciliare questa tua doppia veste di assessore e progettista del masterplan dell’area portuale?

MC Non credo che oggi le due posizioni siano conflittuali. Il progetto per il Masterplan dell'area portuale è stato concluso nel luglio 2008 ed oggi l'Autorità Portuale ne sta portando avanti l'approfondimento e l'approvazione in autonomia e con le responsabilità che le compete in funzione della sua chiara giurisdizione sull'area portuale.
Oggi io sono più interessato e sento maggiormente la responsabilità di guidare gli inevitabili processi di trasformazione delle aree di interfaccia città-porto e delle aree urbane immediatamente a ridosso dell'area portuale. E' importante che l'Amministrazione Comunale proceda con celerità nella pianificazione integrata delle parti di città che si pongono a complemento delle nuove funzioni portuali, prevenendone le pressioni, mitigandone i rischi di una trasformazione che ne degradi l'identità.
La città che si affaccia sul mare è densa di stratificazioni storiche e di aree in dismissione, che, se non correttamente pianificate, rischiano di subire trasformazioni non coerenti con la loro natura, con la loro sensibilità e con le loro reali opportunità. Per questo motivo ritengo che sia un errore spogliarsi di un atto di indirizzo verso le aree di rigenerazione urbana legate alle parti "liquide" e "spugnose" del porto, in un'ottica progettuale che abbracci l'intera costa e non solo quella legata al porto. Aver approfondito le questioni progettuali della riqualificazione di un'area portuale, aver studiato e interpretato numerosi casi di studio internazionali mi consente, come amministratore pubblico, di sapere quali siano le criticità in agguato e quali possano essere le soluzioni per risolverle in anticipo piuttosto che inseguire le emergenze o seguire i tempi dettati dagli operatori economici.
Nelle trasformazioni dei waterfront è indispensabile che la regia sia saldamente nelle mani pubbliche, accompagnata da capacità di visione.

SD Che cosa intendi per identità che non deve essere degradata? Mi fai qualche esempio concreto?

MC Le aree di contatto tra costa e città posseggono caratteristiche storiche e identità consolidate nel tempo che costituiscono un "vincolo" agli scenari di trasformazione.
Ad esempio il Borgo Vecchio, o le borgate marinare di Sant'Erasmo, dell'Acquasanta e dell'Arenella possono proficuamente essere riqualificate attingendo alle opportunità offerte dal miglioramento dei porti antistanti a patto che il loro processo di trasformazione non ne eroda l'identità prevalente, che non vengano sottoposte a processi di "gentrification" tali da farne oggetto di una pressione insostenibile del mercato immobiliare. La loro identità storica deve invece essere preziosa risorsa per il progetto, offrendosi come un complemento dell'esperienza turistica. Come sta avvenendo con il parco archeologico del Castello a Mare il cui restauro è oggi un formidabile attrattore per il porto della Cala.
Altre aree delicate in cui il progetto di valorizzazione dovrà tenere conto dell'identità sono la Foce dell'Oreto o i Mandamenti Tribunali e Castello a Mare del centro storico che richiedono un piano di recupero che non perda il fondamento della conservazione pur agevolando alcuni processi di trasformazione verso la contemporaneità degli usi.

SD Come sono o saranno affidate le progettazioni di carattere pubblico?

MC La questione della progettazione è sempre un nodo delicato degli interventi pubblici perché si incrocia con le difficoltà di finanziamento autonomo da parte del Comune e la necessità di ricorrere a fonti finanziarie regionali, statali o comunitarie.
Inoltre le nuove norme sugli appalti pubblici rendono più difficile ricorrere a professionalità esterne in assenza di una copertura di spesa della progettazione.
Per questo motivo per quanto riguarda gli interventi pubblici in centro storico negli ultimi anni si è progressivamente potenziato l'Ufficio che ha ormai una esperienza quasi ventennale nella progettazione delle opere pubbliche e nella sensibilità dell'approccio ai temi del restauro architettonico, spesso collaborando con l'Università di Palermo.
Per il futuro il mio auspicio è quello di poter ricorrere per alcune grandi opere di riqualificazione alla partnership pubblico-privato in modo da allargare i soggetti professionali coinvolti nella progettazione, portando e scambiando esperienze, ma soprattutto vorrei inaugurare una stagione di concorsi di progettazione che consentano di far sperimentare su Palermo le migliori professionalità locali, nazionali e internazionali in un mix di energie, di competenze e di scambio generazionale.
Tuttavia, va ricordato che anche per i concorsi esistono le criticità di finanziamento di cui ho parlato prima, le quali potrebbero essere superate utilizzando una sorta di "fondo di rotazione" per la progettazione che andrebbe rimpinguato man mano che le opere vengono finanziate. Anche la collaborazione con l'Università di Palermo e gli Ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri porterebbe sicuramente buoni risultati creando un milieu professionale di alta qualità e alimentando la nascita di atelier di progettazione dedicati ai grandi interventi pubblici a Palermo.

SD «Nell’Italia meridionale non si leggono libri. La classe dirigente, la piccola borghesia, la classe produttrice, i politici locali, non leggono libri. […] Perché dove non si leggono libri non c’è architettura. C’è la barbarie. Le mani sulla città, l’abusivismo fatto norma, la convivenza fatta gesto quotidiano, la speculazione fatta guadagno. C’è una città bellissima, Palermo, che ha demolito negli anni Sessanta, nel giro di pochi giorni, molte fra le più belle ville liberty italiane, risparmiando quasi per caso alcune rare opere di Ernesto Basile, l’ultimo architetto siciliano che dava del tu all’Europa, per costruire quartieri e quartieri identicamente aberranti, distruggendo la mitica Conca d’Oro in nome (e su incarico) della sua media borghesia. Che non legge libri. Al Sud, nel mio Sud che mi scorre nelle vene, dobbiamo dirlo, il Novecento non è arrivato. S’è fermato a Basile. Il suo popolo il Novecento l’ha conosciuto emigrando: a Milano, a Genova, a Torino. Al Lingotto, nella fabbrica mostro della FIAT». Gianni Biondillo [1]

MC Rispondo alle domande da Amsterdam, città dove si è sempre letto molto e dove l'architettura di qualità è panorama quotidiano, dove i quartieri vengono costruiti dall'intreccio fecondo tra competenza professionale degli architetti e capacità creativa degli abitanti. Un intero quartiere della nuova isola di IJburg è in costruzione in questo modo, con la consapevolezza dei suoi abitanti di vivere la contemporaneità, di abitare una società liquida che miscela invece di separare, rendendoli capaci di apportare una visione personale al masterplan.
La lettura, la conoscenza in generale, è un formidabile strumento del progetto di architettura, ma anche del miglioramento dei committenti, necessaria componente per la qualità della città.
«Dall'origine delle cose fino a tutto il quindicesimo secolo dell'era cristiana, l'architettura è il grande libro dell'umanità. (...) Fu anzitutto alfabeto. Si metteva una pietra dritta, ed era una lettera, e ogni lettera era un geroglifico e su ogni geroglifico poggiava una serie di idee come il capitello su una colonna». Così inizia uno dei capitoli più intensi di "Notre Dame de Paris" di Victor Hugo, vera apologia della funzione comunicativa dell’architettura.
La città, le sue architetture e le sue opere d’arte sono sempre state l’espressione di una volontà comunicativa con evidenti finalità didascaliche. La città occidentale si ricopre di segni, gli edifici si caricano di sculture, si arricchiscono di colori, producendo un ritmo urbano che offre una potente struttura comunicativa e che trasforma la città in un organismo semiotico capace di creare nuovi modi di viverla, di attraversarla, di utilizzarla in funzione dei messaggi emanati dalle sue componenti architettoniche ed artistiche.
È questa fitta rete di relazioni tra conoscenza, formazione ed urbanistica che tiene saldo il legame tra la mia attività di studioso, di docente, di professionista e di amministratore: ognuno di questi punti di vista arricchisce gli altri e ne tempera gli assolutismi.

SD «L’Italia è uno strano paese in cui si sperimentano bizzarre onorificenze, per le quali cavaliere del lavoro invece di essere un bracciante, anche analfabeta, che per trent’anni si è spaccata la vita in una miniera tedesca pur di riuscire a costruirsi una casa a Palma di Montechiaro, è invece un appaltatore che riesce a trovare fantasia e modo di moltiplicare la sua ricchezza. Tutto questo in un paese dove la gestione e la moltiplicazione della ricchezza, la grande fortuna economica o finanziaria, per struttura stessa della società politica, deve fatalmente passare attraverso un compromesso costante con il potere, con i partiti che sostanzialmente amministrano la nazione, con gli uomini politici o gli altissimi burocrati ai quali i partiti delegano praticamente tale funzione, lo spirito di nuove leggi e decreti, la scelta delle opere pubbliche, l’assegnazione degli appalti. Chi afferma il contrario è candidamente fuori dal mondo oppure è un amabile imbecille». Giuseppe Fava [2]

«Giornalista: Cos’è la mafia, per i figli di colui che è all’ergastolo quale capo della stessa mafia, accusato di stragi d’innocenti e di giudici oltreché di mafiosi?
Angelo Provenzano figlio del boss mafioso Bernardo: Cos’è la mafia? Bella domanda... Sono ancora oggi alla ricerca di una risposta definitiva. Di primo acchito mi verrebbe da dire che è un atteggiamento mentale. La mafia viene dopo la “mafiosità” che non è comportamento solo ed esclusivamente siciliano. La mafiosità si manifesta a cominciare dalla raccomandazione per arrivare prima a fare una lastra o ad avere un certificato in Comune. Ancora mi chiedo dov’è il limite, tra mafia e mafiosità. Tra l’organizzazione criminale, per come la intende il codice penale, e l’atteggiamento mentale, per come la intendono i siciliani. È il vecchio discorso dell’uovo e della gallina. Secondo me la mafia è un magma fluido che non ha contorni definiti. Per il codice la mafia è un’associazione per delinquere, e su questo non discuto e non entro nel merito. Ma non si può ridurre tutto a persone che sparano. Piuttosto, a proposito di mafia, mi chiedo quale ruolo ha ricoperto lo Stato. Che ruolo ha avuto in avvenimenti inquietanti come la strage di Ustica o Bologna, o per restare in Sicilia con la morte del bandito Giuliano. Per sapere una versione diversa da quella letta sui libri di scuola su Giuliano abbiamo dovuto aspettare 50 anni, per conoscere quella su mio padre quanto tempo ci vorrà?» [3]

Nei tuoi libri affermi che la città del futuro sarà sempre più una ‘città della cultura’
[4] c’è una strategia nel tuo assessorato per cambiare quello che la regista Emma Dante chiama il ‘sud dell’anima’?

MC La mafia, al di là dei profili inequivocabilmente illeciti e penalmente perseguibili, è spesso stata paragonata ad un cancro della società, ad un tumore che attacca il tessuto civile delle comunità meridionali (anche se la globalizzazione ha interessato anche la criminalità mafiosa) e che ne indebolisce il “patto di cittadinanza”. Come ogni tumore, la mafia non solo è un’orrenda escrescenza nella società civile e nelle istituzioni, fagocita il tessuto professionale, annerisce quello culturale e annienta quello economico, ma produce metastasi che invadono l’organismo, ne attaccano altri organi fino al buio della morte, nel nostro caso civile, culturale ed economica. La cura – sempre difficile, costantemente sperimentale e testardamente quotidiana – deve essere contemporaneamente la rimozione chirurgica (attraverso la persecuzione dei reati), la radioterapia (attraverso il controllo costante e l’innalzamento delle soglie di attenzione), ma soprattutto dobbiamo essere in grado – noi amministratori – di utilizzare la più innovativa e creativa “terapia staminale”, immettendo cellule di qualità nel corpo per renderlo resistente all’insorgenza della cancero-mafia. Cellule staminali che abbiano nel loro Dna sano una potente etica pubblica, un rigoroso senso della responsabilità, un espansivo senso della cooperazione e una protettiva innalzamento della soglia di qualità.
Non si tratta solo quindi di “curare” o “prevenire”, ma soprattutto di fortificare l’organismo, forse anche modificarlo geneticamente in senso positivo, per renderlo più resistente, auto-immune all’accettazione dell’insorgenza della prima cellula impazzita, fosse anche l’accettazione di una scorciatoia, di un regalo o di una facilitazione non dovuta.
E non dimentichiamo che le prime cellule con il Dna di qualità vengono innestate attraverso la scuola e l'università, nei confronti delle quali massimo deve essere il nostro impegno per la sua efficacia educativa.
Per quanto riguarda il potenziamento di “Palermo città della cultura” sto mettendo in campo alcune strategie che ne potranno facilitare la realizzazione.
Una prima strategia è la collaborazione con la Regione Siciliana e la Fondazione Banco di Sicilia per la recente presentazione della Candidatura del percorso tematico arabo, bizantino e normanno come Patrimonio dell’Umanità della World Heritage List dell’Unesco. Un percorso culturale che coinvolge 10 siti a Palermo, oltre al Duomo di Monreale e quello di Cefalù.
I vantaggi dell'eventuale inserimento nella lista sono indiscutibili: la Sicilia salirebbe al primo posto, insieme con la Toscana, per numero di siti Unesco, e si moltiplicherebbero quindi i flussi turistici legati alla certificazione dell’Unesco e si attiverebbero i processi gestionali di qualità che l'Unesco impone nei siti riconosciuti, tra cui la creazione di una sorta di “distretto culturale” con standard da rispettare anche nella ricettività e nella comunicazione, oltre che nella gestione.
Infine, per Palermo, il riconoscimento mondiale di un patrimonio culturale indissolubilmente connesso con l’identità culturale del centro storico accelererebbe i processi di rigenerazione urbana che l’Amministrazione ha avviato da tempo e che ha deciso di rilanciare ulteriormente con la revisione del Piano particolareggiato, il quale costituirebbe un documento preliminare di forte impatto per la redazione del “Piano di gestione” del sito Unesco, oggi presupposto indispensabile per l’inserimento nella lista.
Una seconda strategia è sintetizzata in un progetto che ho presentato all’Assessorato regionale dei beni culturali per il finanziamento, e che mira a realizzare in una parte del centro storico un “distretto culturale integrato”, mettendo a sistema la realizzazione di alcuni restauri e la presenza di alcuni spazi che oggi si offrono come centralità culturali (la Fonderia, il Castello a Mare, lo Steri, i Crociferi, l’Oratorio dei Bianchi, lo Spasimo, etc.) ma che necessitano di agire in filiera, non solo con un palinsesto comune di attività, ma soprattutto accogliendo tutte le funzioni di una efficace filiera culturale: valorizzazione, comunicazione, educazione, servizi, produzione.
Ritengo che la realizzazione di un distretto culturale possa facilitare la concretizzazione di quel “moltiplicatore” che è indispensabile per accelerare il recupero del centro storico, non solo stimolando i privati, ma incrementando la sinergia di tutti i micro e medi operatori culturali già presenti che nelle loro eroiche solitudini non riescono a produrre gli esiti desiderati. In questa direzione va l’accompagnamento che il mio Assessorato sta attuando nei confronti della nascita e potenziamento del Consorzio “Piazza Marina e dintorni”, nato come centro commerciale naturale e oggi rapidamente evolutosi in un’associazione di interessi culturali prima che commerciali, sociali prima che produttivi: un agente integratore importante per la realizzazione della città della cultura.

SD Com'è andata a finire con i ponti di Dominique Perrault?

MC La realizzazione dei ponti di Perrault, sia per la loro funzione che per il loro ruolo di landmarks, è sempre un obiettivo dell’Amministrazione e il Sindaco ha dato mandato alla Cabina di regia degli Assessori tecnici di mettere in atto tutte le sinergie per ottenere il loro finanziamento.
Recentemente sono stati inseriti nella programmazione dei fondi CIPE e dei fondi comunitari dell’Asse VI del PO-FESR in modo da verificare le condizioni concrete per la loro progettazione definitiva e realizzazione.

SD Qual è la tua speranza?

MC La mia speranza è che Palermo, oltre che tornare ad essere “felicissima” e “splendida” (due degli attributi storici della città) ambisca con decisione ad essere “orgogliosa”: una città vitale, creativa ed attiva che sappia competere con grande capacità e qualità nello scenario delle città europee più dinamiche e sostenibili. Nei mesi scorsi ho fatto inserire Palermo nel gruppo istituzionale europeo per la sperimentazione dei principi della Carta di Lipsia sulle città sostenibili, processo che ci permetterà di migliorare la nostra azione e di confrontarci con altre esperienze più virtuose da cui imparare.
Infine della speranza posso dire quello che Thomas A. Edison diceva della genialità: essa è 1% ispirazione e 99% traspirazione. Per ricordarci sempre che solo se la speranza sarà accompagnata dal sudore quotidiano per la sua concretizzazione essa abbandonerà la fragilità di un desiderio per assumere la forza del progetto.

28 marzo 2010

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Note:
[1] Gianni Biondillo, Metropoli per principianti, Guanda, 2008, p. 70 e p. 72

[2] Giuseppe Fava, I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa, pubblicato originariamente nella rivista "I Siciliani", n. 1, nel gennaio 1983. Un anno dopo Giuseppe Fava fu assassinato dalla mafia.

[3] Gian Marco Chiocci, "Noi, figli di Provenzano, assolviamo il papà", Il Giornale, 1 dicembre 2008

[4] Maurizio Carta, 'Next city: culture city, Meltemi, Roma, 2004