di Salvatore D'Agostino
Geoff Manaugh è un critico statunitense, vive a Los Angeles ed è nato nel 1976.
Nel 2004 ha lanciato il blog BLDGBLOG. Nel 2007 ha ricevuto una telefonata da parte di Joseph Grima (1977) che lo invitava a partecipare al primo POSTOPOLIS! un evento dove quattro blogger, di quattro diverse città, si davano appuntamento per conversare di architettura, urbanistica, paesaggio e design allo Storefront for Art and Architecture.
Sino a questo momento il corso ha preso in considerazione le nozioni fondamentali del blogging, concentrandosi in particolare su questioni come contenuto e definizione: ci siamo per esempio chiesti quale sia l’estensione del campo dell’architettura oggi, quali siano le forme della scrittura più adatte a descriverlo, e infine come si opera per trasformare queste domande in un blog di architettura.
C’è tuttavia ancora un tema del quale non abbiamo parlato abbastanza, cioè il pubblico. È arrivato ora il momento di capire chi è oggi interessato a leggere di architettura, quali sono le sue aspettative, qual è la sua formazione culturale e infine quali sono i canali attraverso cui i blogger possono raggiungere questi nuovi potenziali lettori.
Insomma, a che tipo di pubblico può rivolgersi un blog di architettura?
In questa lezione vedremo come si fa a sottoporre scritti e immagini all'attenzione di persone che a noi sono quasi totalmente sconosciute, stimolando la loro curiosità al punto di farle poi ritornare a leggere il blog.
Bisogna iniziare dicendo sin dal principio che l’architettura ha un pubblico di dimensioni vastissime. L’architettura non è un settore di nicchia o una disciplina marginale e dimenticata.
Ci sono letteralmente milioni di persone che vogliono leggere di architettura – e questo non significa che vogliano leggere di Le Corbusier, di parametricismo o di Daniel Libeskind. Significa che vogliono leggere idee appassionanti e ragionare di spazio.
Nelle lezioni precedenti abbiamo avuto numerose occasioni di ricordare quanto sia aperta la definizione degli argomenti pertinenti all’architettura. Ormai possiamo affermare tranquillamente – e non abbiamo dunque bisogno di ripeterlo – che quando scriviamo di architettura possiamo scrivere della scenografia di un film, dei livelli di difficoltà di un videogioco, di un romanzo che narra di case stregate, di antiche città sepolte appena riportate alla luce, di guerriglia urbana, di disturbi neuro-motori, di sanità pubblica, e di altro ancora.
È chiaro, tuttavia, quanto contenuto e pubblico siano intimamente connessi. Il contenuto è in realtà spesso il modo più diretto ed efficace per raggiungere il pubblico dei lettori.
I blog di architettura devono parlare in maniera specializzata di progettazione e spazio, ma allo stesso tempo devono anche essere in grado di toccare questioni di economia, politica, geografia e letteratura. Anche se un blog di architettura non pubblicasse mai immagini di edifici e si occupasse solo del prezzo globale dell’acciaio o di tasse e assicurazioni applicate all'edilizia, rimarrebbe comunque un blog di architettura.
In ogni caso, bisogna assolutamente evitare di partire dal presupposto che i vostri unici potenziali lettori saranno altri architetti, designer o blogger che scrivono di arte. Scartate soprattutto l’idea che stiate scrivendo esclusivamente per gente che pratica l’architettura professionalmente. Un post su un nuovo parcheggio a pagamento a Miami può essere interessante per un economista come per un professore di economia aziendale, per un appassionato di motori come per un produttore televisivo. Allo stesso modo, un post sull'architettura dei planetari di metà Novecento sarà letto con lo stesso o forse con maggiore coinvolgimento sia da appassionati di scienze che da storici dell’architettura.
Questi lettori, appunto, non si occupano di architettura né come professionisti né come accademici. Tuttavia sono loro il pubblico di riferimento dell’architettura – anzi, arriverei a dire che loro sono la maggioranza, anche se non riconosciuta, di quel pubblico.
Dopo tutto, questi due semplici esempi già rivelano un aspetto eccezionale dello scrivere d’architettura in Rete, ovvero che il vostro pubblico più ampio e più entusiasta potrebbe in realtà non avere alcuna connessione professionale con il mondo dell’architettura. Questi blog hanno un’attrattiva molto ampia, e questo pubblico tanto vasto deve essere accolto e assolutamente non rigettato a priori solo perché non è esperto di teoria dell’architettura. Allo stesso modo, si può anche avanzare un’ipotesi forse azzardata ma davvero entusiasmante, cioè che gli autori della scrittura architettonica di migliore qualità in Rete oggi siano persone che non hanno alcuna connessione con quella che nostalgicamente ricordiamo come critica architettonica o con quello che ancora consideriamo giornalismo d’architettura.
Bisogna anche tenere sempre presente che qualsiasi cosa scriviate in Rete può trovarsi ad un solo click di distanza da potenziali lettori che non avevano mai sospettato di nutrire alcun interesse per la progettazione. Situazioni di inaspettata prossimità e diffusione trasversale di questo tipo sono molto più difficili da ottenere attraverso formati tradizionali come il giornalismo stampato e i libri. Questo è vero in particolare per quelli che non hanno facile accesso alle biblioteche, e in un momento come questo, in cui tante librerie chiudono i battenti.
Oggi ci sono sempre più voci che invitano ad abbandonare i blog e a ritornare a una situazione ormai obsoleta, in cui i critici d’architettura potevano vantarsi di essere gli unici interpreti adeguati della materia, e in cui gli esperti riconosciuti del mondo accademico controllavano di generazione in generazione gli argomenti di cui discutere. A questa tendenza regressiva bisogna opporre una decisa resistenza: è arrivato il momento per una contro-riforma. Se è vero, come sembra, che i blog ancora non sono riusciti a produrre un nuovo discorso architettonico organico, io sono convinto che in realtà questo sia dovuto al fatto che c’è necessità di aprire ulteriormente le porte. Bisogna espandere il pubblico dei lettori di scrittura architettonica ancora di più. Non c’è alcun motivo o necessità di smettere di sperimentare, di soffocare nuove voci nascenti, e di ritornare a quelle comunità isolate in cui si scriveva per gruppi piccoli e specifici, spesso legati strettamente al mondo accademico.
C`è un’altra cosa da dire. Anche se finora ho cercato di convincervi che il pubblico della scrittura architettonica è ampio e in crescita, ho tuttavia considerato questi sviluppi solo in termini quantitativi.
Un argomento forte e convincente che potrebbe essere usato per controbattere le mie tesi è quello che il semplice numero dei lettori, per quanto grande, è in sé privo di significato. Infatti, abbiamo bisogno di un migliore dibattito, e non solo di più persone che parlano. Abbiamo bisogno di qualità, non di popolarità. Per questa contro-argomentazione si può trovare abbondante evidenza in Rete, specialmente in quelle sequenze di commenti nei blog che spesso si spengono nella loro superficialità, quando non decadono addirittura in pure battaglie, con insulti che volano da un campo all’altro.
Inoltre, se diamo uno sguardo rapido a qualche blog di architettura, un elemento tipico che troviamo dappertutto è rappresentato da quei gruppi di lettori ingenui che non hanno alcun senso della storia e continuano a riscoprire l’acqua calda, promuovendo con entusiasmo concetti o idee che sono state pensate, discusse e rigettate per buone ragioni decenni e decenni fa. La cosa peggiore in questi cicli di amnesia è che si ha la sensazione che il pensiero architettonico non possa mai progredire, ma che sia condannato a ripetere se stesso perpetuamente.
È importante tenere bene a mente questi rischi. La situazione che delineano non solo è negativa per lo sviluppo intellettuale dell’architettura, ma anche noiosissima. Non ha senso invitare chiunque a prendere parte ad una conversazione sull’architettura se questo semplicemente degenera in una fine ingloriosa della discussione, senza né nuove idee rappresentate, né risposte a vecchi quesiti, né soluzioni per problemi emergenti.
Devo dire però che queste contro-argomentazioni sono anche molto allarmiste. In effetti, il vero rischio non è semplicemente connesso alla creazione di blog aperti a tutti. Non dobbiamo rispondere abbandonando completamente il progetto di una scrittura architettonica rivolta ad un pubblico generale, ma semplicemente impegnarci a scrivere bene i nostri blog.
Infatti è vero che oggi è facile trovare nei blog ripetizioni prive di interesse di idee abbandonate, che vengono sostenute in vita in maniera acritica. Si possono trovare concetti e progetti messi in circolazione da Hans Hollein, Buckminster Fuller, Archigram, perfino da bizzarre figure del ventesimo secolo come Ayn Rand. Ma è anche vero che nei blog si trovano alcuni esempi davvero notevoli di idee sullo spazio in forma tanto radicalmente re-contestualizzata, anche se per ignoranza o per caso, che comunque qualcosa di criticamente nuovo ne emerge come risultato.
Questi cortocircuiti, per così dire, all’interno dell’archivio, per cui strane combinazioni di idee e di approcci fanno incontrare platee precedentemente lontane, con un diverso sostrato culturale, diverse esperienze dello spazio e diverse cose da insegnarsi reciprocamente, stanno portando a un livello superiore l’essenza di cosa sia veramente interessante in architettura.
Sarebbe un errore che avrebbe effetto su un’intera generazione se arrivati a questo punto dovessimo fermarci e accettare i richiami sempre più frequenti che ci chiedono di tornare alla critica architettonica tradizionale e al suo pubblico di nicchia, invece di andare avanti e difendere l’idea che l’architettura vada portata ovunque. Bisogna scrivere di qualsiasi cosa riguardi lo spazio, di qualsiasi cosa sia appassionante per l’immaginazione di lettori nuovi ed emergenti.
Si deve accogliere favorevolmente il fatto eccezionale che le idee di architettura abbiano oggi un enorme pubblico di lettori – un pubblico molto più ampio di quello che hanno gli stessi edifici. Dobbiamo solo ricordarci di usare il linguaggio giusto quando scriviamo per loro.
8 marzo 2011
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Note:
* Pubblicazione autorizzata da Abitare.
Geoff Manaugh, Blogging 101 - La storia Abitare n. 510, marzo 2011, pp. 150-153