18 febbraio 2013

0051 [SPECULAZIONE] Raffaele Cutillo | Parole sparse, per un Visionario del nostro Tempo: Beniamino Servino

di Raffaele Cutillo
«La più nobile specie di bellezza è quella che non trascina a un tratto, che non scatena assalti tempestosi e inebrianti (una tale bellezza suscita facilmente nausea), ma che s’insinua lentamente, che quasi inavvertitamente si porta via con sé e che un giorno ci si ritrova davanti in sogno, ma che alla fine, dopo aver a lungo con modestia giaciuto nel nostro cuore, si impossessa completamente di noi e ci riempie gli occhi di lacrime e il cuore di nostalgia.» (Friedrich Wilhelm Nietzsche)* 
Come Vitruvio, Francesco di Giorgio, Filarete

L'ultimo libro di Beniamino Servino non è una raccolta di disegni ma un Trattato di Architettura e, per molti versi, biblico nella sua strutturazione fisica e teorica.

Attraverso una scrittura densa e stringata (che si fa aforisma) e la potenza visiva di 402 disegni_immagine (tutti maniacalmente sostenuti dal fermo controllo della Geometria, necessità genetica del Progetto) supera la manualistica consolidata, definitiva e normalmente conclusa in sé, per aprire e dilatare lo sguardo verso le frammentate incertezze del Contemporaneo.

La necessità monumentale risiede in questa Complessità e nell'invito generoso, apparentemente provocatorio, a indagarne il senso attraverso l'Architettura facendo conoscere/ri_conoscere l'intimità della Composizione e la bellezza catartica del suo essere Forma.

Le singole pagine, fatte di fatica e disciplina, sono strati su strati: materici, policromi, tematici, linguistici, concatenati o divergenti, osmotici o ludicamente sfuggenti. Tutte insieme restituiscono un pensiero concreto che si distacca dallo stato onirico del disegno approdando, infine, alla Rivelazione.

Ma solo attraverso la piena e totale Conoscenza dei campi del Sapere, l’Architettura si rende tale, proprio come avviene qui.

Rinascimentale.

Arte e scrittura, teatro e gioco, sociale e poesia, cinema e tecnica, comico e tragedia, musica e danza, sono solo alcune delle Muse (della Grecia e di questo tempo) che lasciano dischiudere la loro verginità nel candore della copertina.



14 febbraio 2013

0024 [CITTA’] Fabrizio Gallanti | Recuperare il progetto dello spazio pubblico tra polis e urbs

di Fabrizio Gallanti

L’intenso processo di urbanizzazione che ha caratterizzato la modernità e che continua a essere alla base dello sviluppo mondiale attuale ha visto una sostanziale modifica degli attori coinvolti. Nel corso della storia dell’umanità, la forma concreta delle città è stata la conseguenza delle azioni delle comunità che le abitavano. A diverse organizzazioni della sovranità e delle forme di governo sono coincisi diversi tipi di urbanità. Per gli storici della città è sempre stato complesso costruire delle letture che potessero districare tra il peso dell’iniziativa spontanea individuale, l’azione di corpi strutturati quali le gerarchie religiose o le consorterie produttive, l’intenzione simbolica degli interventi dettati dai poteri di governo (l’Imperatore, il Re, il Comune, la Repubblica), le condizioni geografiche e climatiche, le preoccupazioni di efficienza e igiene pubblica, l’attenzione alle questioni di strategia militare, le tradizioni costruttive e artigianali. Lo sviluppo capitalista e l’espansione della rendita fondiaria hanno modificato lo scenario complessivo dello sviluppo urbano, accompagnato da un rafforzamento dello stato come regolatore principale del controllo sul territorio e sulle sue trasformazioni. In Europa e nelle colonie la crescita spontanea e auto-regolata delle città, è stata sostituita, già a partire del XVII secolo, da una gestione affidata a specialisti, inquadrati e diretti dalle strutture di governo (stati e municipi). Alla fine del XIX secolo l’apparizione di una nuova disciplina, l’urbanistica, sancisce definitivamente il fatto che la città diventa un progetto.

11 febbraio 2013

0010 [SQUOLA] Whoami e Tam Tam due non scuole

La parola scuola è spesso un inciampo, il suo suono trae in inganno.
Non di rado viene scritta sbagliata.
Squola è un errore ed è il nome di questa rubrica.
di Salvatore D’Agostino

Secondo The New York Times, il 2012 è stato l’anno dei MOOC, le università libere e gratuite online. I MOOC (Massive Open Online Course), rispetto alle scuole e-learning, hanno potenziato l’offerta formativa assumendo tra i propri docenti i migliori professori delle università classiche e migliorato la struttura online con applicazioni simili ai social media che permettono un contatto diretto tra insegnanti e studenti. La storia delle offerte formative a distanza, come ricorda Nicholas Carr, ha quasi cento anni, inizia nel 1920 grazie all'efficienza del nuovo sistema postale. Oggi, osserva Carr, i grandi investimenti e le campagne pubblicitarie dei MOOC, come Udacity, Cousera o edX, impongono agli amministratori universitari di rivedere le forme e il significato del proprio insegnamento: «Nel bene e nel male, le forze dirompenti della Rete sono arrivate ​​alle porte del mondo accademico.»
  
dal sito edX
Nello stesso periodo in Italia si sono aperte due nuove scuole, Whoami e Tam Tam, con dinamiche opposte alle vicende statunitensi. Scuole un po’ anomale poiché non strutturate, non obbligatorie, libere dalle istituzioni, senza fissa dimora, sperimentali, che utilizzano la tecnologia ma anche tante altre cose, con una forte autonomia di pensiero e che hanno pensato d’infischiarsene delle università sia fisiche che on-line?

4 febbraio 2013

0015 [POINTS DE VUE] Pietro Motisi | Cemento

di Salvatore D'Agostino

«Le sembrerà strano», raccontava* Paul Cézanne all'amico scrittore Joachim Gasquet, ma i contadini che ho incontrato nelle camminate nei paraggi di Sainte-Victoire, «sanno che cosa è stato seminato qui, là, lungo la strada, che tempo farà domani», ma non sanno «che gli alberi siano verdi, e che questo verde è un albero, che questa terra è rossa e che questi rossi franosi sono colline», non hanno nessuna percezione dei colori del territorio, non vanno «al di là del loro inconscio utilitario.» 

«Ti sembrerà strano», sembra dire Pietro Motisi nel suo lavoro fotografico ‘Cemento’, «gli abitanti non sanno che cosa sia un paesaggio, sono più preoccupati a vivere, a provvedere del necessario».

Pietro Motisi | Cemento

Text by Sam Laughlin - photographs by Pietro Motisi

In
 an unforgiving landscape the land is not forgiven, instead the concrete spreads like a plague. In place of the Gattopardo came a new roar, of machines churning material for landscape crimes. The shape of Sicily is now molded in concrete. In a map of images forms are set and order given to a chaos of flux, in each location the land bears the weight of man’s impact and strains under the effort. The map is a mirror, showing Sicily a face it can no longer see through cemented eyes.