di Salvatore D'Agostino
Un dialogo con Franco La Cecla camminatore e architetto smarrito. Autore del libro Contro l’architettura, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.
Un dialogo con Franco La Cecla camminatore e architetto smarrito. Autore del libro Contro l’architettura, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.
Salvatore D’Agostino Appena ho finito di leggere il tuo libro1, ho avvertito un fastidio nei confronti del titolo. Questo mi sembrava una furbata editoriale per fare più clamore e quindi vendere di più con il conseguente redditizio marketing. Infastidito, sono ritornato sulla pagina interna del titolo e, a matita, ho appuntato:
Franco La Cecla In realtà più ci penso e più sono contento del titolo. L'architettura è diventata la giustificazione ideologica di una certa trasformazione del mondo in brand, di quello che a Palermo è successo con il "cool" di quel triste figuro che è Cammarata (Diego, sindaco di Palermo ndr), ma che a Barcellona è successo con il MACBA, a Bilbao con Gehry e a Pechino con koolhaas....
Dai Salvatore, sono un po’ stanco di parlare del mio libro. L'ho scritto e credo di aver detto lì tutto quello che era necessario dire. Oggi cercare di aggiungere qualcosa è un po’ inutile, perché i libri hanno una loro coerenza, le interviste no.
«Perché 'Contro l'architettura'? Non era meglio: consigli per gli architetti per non credere più nell'architettura mediatica?».Il titolo sminuisce l'importanza delle tue esperienze. Perché questo titolo modaiolo?
Franco La Cecla In realtà più ci penso e più sono contento del titolo. L'architettura è diventata la giustificazione ideologica di una certa trasformazione del mondo in brand, di quello che a Palermo è successo con il "cool" di quel triste figuro che è Cammarata (Diego, sindaco di Palermo ndr), ma che a Barcellona è successo con il MACBA, a Bilbao con Gehry e a Pechino con koolhaas....
Qui si tratta davvero di prendere in blocco la pratica dell'architettura e sottoporla ad una critica feroce, radicale. Non è un caso che il libro ha fatto tanto casino. Gli architetti, attaccati con dettagli, riescono solo a rispondere alle mie critiche che ho ragione, ma che loro sono diversi dalle archistar. Invece la colpa non è del sistema mediatico, ma della trasformazione della città in spettacolo alla Debord, di cui gli architetti sono i primi complici. Questa mania faceva dire ad uno dei migliori, come Miralles, che a lui non interessava la realizzazione, ma solo il progetto. Io ho avuto la fortuna di non dovere chiedere permesso o scusa a nessuno e di dire quello che in tanti sanno e cioè che il re è nudo, e, non è un caso, che sono i giovani architetti e gli studenti di architettura il mio pubblico, stufi di sentire l'architettura giustificata a destra e a manca. L'architettura è una delle poche discipline a non avere critica.
Eppure sono convinto che, questo impatto mediatico/verbale, si blocchi al suo effetto slogan 'contro l’architettura' e non venga approfondito nei suoi contenuti. Ritengo che alcune tue tesi siano importanti, elenco a mio parere le più rilevanti:
Eppure sono convinto che, questo impatto mediatico/verbale, si blocchi al suo effetto slogan 'contro l’architettura' e non venga approfondito nei suoi contenuti. Ritengo che alcune tue tesi siano importanti, elenco a mio parere le più rilevanti:
- l’architettura contemporanea deve prendere sul serio la catastrofe e non pattinarci sopra o ai margini;2
- proporre la sola soluzione architettonica in aree urbane complesse è imbarazzante;3
- è discriminante parlare dei quartieri periferici come se non facessero parte della città;4
- la forza della città sta nella sua capacità all'aggregazione come la gente riesce a tessere relazioni e impadronirsi degli spazi o parafrasando Rebecca Solnit, la città democratica è: «un poter passeggiare tra sconosciuti»;5
- ogni progetto ‘importante’ dovrebbe avere non solo la valutazione di impatto ambientale ma anche la valutazione di impatto sociale;6
- l’uso della polizia per eliminare tutto ciò che è imprevedibile e multifunzionale non serve per la gestione dell’urbanità.7
Dai Salvatore, sono un po’ stanco di parlare del mio libro. L'ho scritto e credo di aver detto lì tutto quello che era necessario dire. Oggi cercare di aggiungere qualcosa è un po’ inutile, perché i libri hanno una loro coerenza, le interviste no.
Sono d’accordo le interviste sono riduzioni di pensieri complessi, spesso resi banali dalla stupidità della divulgazione.
L'archistar è veramente in crisi?
Direi che il problema è: Fulvio Irace non è in crisi. L'articolo era un esempio classico di opportunismo. Lui che ha sempre leccato il sistema delle archistar, adesso che il maestro koolhaas glielo permette, dice che c'è del marcio in Danimarca. koolhaas è un uomo intelligente e sa che passi fare per smarcarsi, ora, in tempo di crisi. Tra poco dirà che ha appiccato lui il fuoco. D'altro canto per ora è un coro di architetti che dicono: ah, avete ragione, bisogna cambiare strada...
Nell'ultimo libro di Vittorio Gregotti dal titolo antitetico al tuo "Contro la fine dell'architettura" scrive:
Non attacchi gli architetti e questo si deduce dalla lettera informale che scrivi a Renzo Piano,12 chiamato a costruire una nuova sede universitaria nel quartiere Harlem a New York. L’architetto genovese ha cercato, anche grazie al tuo aiuto, di progettare, evitando la mera gentrificazione e tentando una possibile integrazione tra culture abitative/architettoniche diverse. Un'idea che non è stata accettata, anzi è stata quasi sostituita da un altro progetto dall’enstabilishment della Columbia University. Hai creduto in quel progetto e ti rammarichi dell’arroganza con cui è stato, gentilmente ma parzialmente escluso, dall’iter progettuale. Concludi la tua lettera con un suggerimento di abbandonare definitivamente il progetto per coerenza. Nel libro apprezzi il lavoro di Carlos Ferrater a Barcellona, John Peterson con la sua idea di Public Architect e sei accusato dall’urbanista Josep Acebillo di pensare «à la de Carlo» (Giancarlo De Carlo ndr).13 Infine al direttore del TG1 Gianni Riotta alla sua domanda: «Qual è l’architetto contemporaneo che approva?» Rispondi Balkrishna Doshi e Oscar Niemeyer pensando al suo recente intervento per riqualificare la più grossa favela di Rio De Janeiro Rocinha.14 Possiamo fare a meno dell’architettura?
Possiamo fare a meno dell'architettura come sistema spettacolo, cioè il tipo di architettura che oggi è diventata una sorta di neomonumentalismo senza alcun senso del contesto. Ad esempio, qui a Berlino è impressionante il senso di accozzaglia di oggettini enormi a cui corrisponde il periodo di interventi degli ultimi dieci anni, ma quella che doveva essere la main street della città, Frederick Strasse è una cupa, insignificante serie di palazzi acciaio e vetro senza alcun senso dell'insieme.
A proposito del tuo ultimo libro, Marco De Michelis, su abitare scrive:
Sul Ponte sullo Stretto c'è ben poco da dire. Io vi ho dedicato uno studio che poi D di Repubblica17 ha pubblicato integralmente. È un'opera stupida, dubbia, che non serve perché oggi i veri flussi si spostano in nave sui container e in più il progetto migliore ammette una oscillazione centrale di cento giorni (con escursioni fino a venti metri) all'anno, tale da dovere in quei giorni chiudere il ponte al traffico.
Recentemente il governo ha comunicato la sua idea anticrisi per l’edilizia: “Piano dell’edilizia”.18 Possiamo definirla ‘libera superfetazione’, meno cemento-meno economia/più cemento-più economia. Gregotti, Aulenti e Fuksas urlano allo scempio e invitano a un «sussulto civile delle coscienze».19 Stefano Boeri analizza il provvedimento indicando tre assenze: incentivi per gli affitti di case sfitte, incentivi per chi costruisce edifici ecosostenibili e non sufficienti incentivi per gli investimenti delle famiglie.20
Tu pensi che sia una legge che rispecchia l’idea del ‘regime populista’ e purtroppo l’idea che i cittadini hanno di sé stessi.21
Anche qui la questione è che abbiamo al governo dei mediocri piccoli commercianti di spazzole e che il decreto promesso rovina quel che c'è, ma sopratutto non prende in considerazione per niente il settore edilizio nel suo insieme come occasione straordinaria di rivalutazione di tutto il patrimonio urbano che l'Italia possiede. Se pensiamo che il ministro al Turismo è la promessa Brambilla, abbiamo un'idea della cosa.
Riprendo due tue note:
Ma sì, tutto il settore dell'architettura sarà in preda ad una recessione peggiore di quella che c'è adesso. L'effetto è che resisteranno i grandi studi e per i giovani sarà ancora più difficile rinnovare la professione.
Chi è il sopralluoghista?
Il sopralluoghista è un misto tra un antropologo e un architetto, qualcuno che fa dell'osservazione e dell'osservazione partecipata uno strumento fondamentale del suo lavoro di progettazione. Qualcuno che impara a vedere, a camminare, a sentire, ad ascoltare e che lo fa usando le tecniche più sofisticate che oggi abbiamo a disposizione, ma anche il suo lento e costante training e sopratutto qualcuno che ha visto, ascoltato e camminato molte città e quindi si serve della sua esperienza comparativa.
26 marzo 2009
«Sarà ricordato come l'11 settembre della super-architettura, il 9 febbraio 2009? Come il fuoco delle vanità dell'architettura iconica del nuovo millennio? Impazzano su Youtube i video dell'incendio che ha devastato parte di uno dei simboli della Pechino olimpica, il Cctv di Rem Koolhaas. Crollano le borse, crollano i consumi e neanche le archistar stanno tanto bene».Questo è l'incipit di un articolo di Fulvio Irace pubblicato sul Sole 24 Ore dal titolo L'archistar è in crisi, 15 febbraio 2009.8
L'archistar è veramente in crisi?
Direi che il problema è: Fulvio Irace non è in crisi. L'articolo era un esempio classico di opportunismo. Lui che ha sempre leccato il sistema delle archistar, adesso che il maestro koolhaas glielo permette, dice che c'è del marcio in Danimarca. koolhaas è un uomo intelligente e sa che passi fare per smarcarsi, ora, in tempo di crisi. Tra poco dirà che ha appiccato lui il fuoco. D'altro canto per ora è un coro di architetti che dicono: ah, avete ragione, bisogna cambiare strada...
Nell'ultimo libro di Vittorio Gregotti dal titolo antitetico al tuo "Contro la fine dell'architettura" scrive:
«L'incertezza culturale delle commissioni (dei concorsi di architettura ndr) finisce poi per affidarsi alle mode senza mettere in conto la relazione tra la loro transitorietà e la permanenza delle opere e soprattutto il loro valore urbano e contestuale. Naturalmente questo giudizio può derivare non tanto dalla fortuna di essere fuori moda, quanto dallo sperimentare che la moda in quanto immagine è diventata l'unico criterio di giudizio ridotto e diffuso sino alle provincie, dove la riproduzione dei successi delle idee di novità è diventata imitazione degradata nella vana speranza che la bizzarria, divenuta ormai consumo, possa ancora valere come elemento di successo mediatico.»9Le tesi dei due libri hanno in comune il discredito verso un'architettura fashion, ma divergono profondamente nell'azione propositiva. Vittorio Gregotti rivendica l'autonomia artistica del fare architettura contro l'interdisciplinarità omologante, tu invece non credi nell'azione autoreferenziale dell'architetto e proponi una rieducazione della disciplina che sappia:
«[...] inventarsi una capacità vera di intervento sul reale, sul bene della comunità e della città.»10Gregotti si è suicidato mediaticamente nell'intervista data alle Iene e diffusa su Youtube.11 Com'è possibile che non parli mai di quello che fa? Com'è possibile che non accetti la benché minima critica e che per giunta da magnate dica che lui non è un proletario e per questo allo ZEN non ci vivrebbe mai. Io ho letto il suo libro e devo dire che non capisco da dove prenda le sue tesi. Sembra che non abbia letto nulla dalla caduta del muro di Berlino in poi, la sua analisi è ancora quella di un iscritto al PCI che giustifica tutto in base a struttura e sovrastruttura e la sua idea di artista mi fa rabbrividire. L'arte oggi è molto più in crisi, contraddittoria, problematica di quello che lui anche vagamente pensa. Devo dire che mi verrebbe da aggiungere che le idee servono agli architetti a giustificare scelte già fatte, come una ideologia posticcia che si attacca a posteriori.Per finire, ti aggiungo quello che Stefano Boeri mi ha detto all'ultimo dibattito insieme due settimane fa a Urbania (29 gennaio 2009 ndr) a Bologna. Mi ha accusato di essere come Berlusconi, di attaccare gli architetti come Berlusconi attacca i giudici. Dalle ultime file del pubblico qualcuno ha urlato con una vocina: «Esagerato!».
Non attacchi gli architetti e questo si deduce dalla lettera informale che scrivi a Renzo Piano,12 chiamato a costruire una nuova sede universitaria nel quartiere Harlem a New York. L’architetto genovese ha cercato, anche grazie al tuo aiuto, di progettare, evitando la mera gentrificazione e tentando una possibile integrazione tra culture abitative/architettoniche diverse. Un'idea che non è stata accettata, anzi è stata quasi sostituita da un altro progetto dall’enstabilishment della Columbia University. Hai creduto in quel progetto e ti rammarichi dell’arroganza con cui è stato, gentilmente ma parzialmente escluso, dall’iter progettuale. Concludi la tua lettera con un suggerimento di abbandonare definitivamente il progetto per coerenza. Nel libro apprezzi il lavoro di Carlos Ferrater a Barcellona, John Peterson con la sua idea di Public Architect e sei accusato dall’urbanista Josep Acebillo di pensare «à la de Carlo» (Giancarlo De Carlo ndr).13 Infine al direttore del TG1 Gianni Riotta alla sua domanda: «Qual è l’architetto contemporaneo che approva?» Rispondi Balkrishna Doshi e Oscar Niemeyer pensando al suo recente intervento per riqualificare la più grossa favela di Rio De Janeiro Rocinha.14 Possiamo fare a meno dell’architettura?
Possiamo fare a meno dell'architettura come sistema spettacolo, cioè il tipo di architettura che oggi è diventata una sorta di neomonumentalismo senza alcun senso del contesto. Ad esempio, qui a Berlino è impressionante il senso di accozzaglia di oggettini enormi a cui corrisponde il periodo di interventi degli ultimi dieci anni, ma quella che doveva essere la main street della città, Frederick Strasse è una cupa, insignificante serie di palazzi acciaio e vetro senza alcun senso dell'insieme.
Schizzo di Renzo Piano per il progetto Campus della Columbia University da Casabella, n. 738, novembre 2005, p. 28.
A proposito del tuo ultimo libro, Marco De Michelis, su abitare scrive:
«Che l’architettura di oggi sia noiosa è questione vera e di cui dovremmo imparare a discutere seriamente. Non lo fa, appunto seriamente, il nuovo pamphlet di Franco La Cecla, che accumula per 128 pagine luoghi comuni e insostenibili vaghezze e imprecisioni, come quelle su Mies van der Rohe per esempio: è infatti falso che avesse provveduto alla pulizia “etnica” del Bauhaus per compiacere i nuovi governanti nazisti, e non è ugualmente vero che Hitler gli avesse preferito Albert Speer come progettista della Nuova Berlino. Una simile idea, al Führer, neppure era passata per la mente! Appunto.»15A De Michelis non c’è bisogno di rispondere, basta dirgli di cominciare a leggere i libri, tipo: Elaine S. Hochman, Architects of Fortune: Mies Van Der Rohe and the Third Reich, New York, Weidenfeld & Nicolson, 1989.
«Poi restiamo un po’ sull'altra sponda, sulla Calabria o sulle Calabrie che, dice, hanno inventato l’espressione “lo stretto indispensabile” per dire che con la Sicilia e i suoi abitanti non vogliono avere nulla a che vedere.» 16La stessa espressione che in questi giorni viene utilizzata dal governo e dalla stampa, per indicare la priorità assoluta e quindi l’indispensabilità della costruzione del ponte sullo stretto. Un ponte che è stato concepito per analogia tecnologia: la campata unica più lunga del mondo. Un progetto che si fa beffa del luogo, concettualmente simile al Burj Dubai il grattacielo più alto del mondo, niente di più...
Sul Ponte sullo Stretto c'è ben poco da dire. Io vi ho dedicato uno studio che poi D di Repubblica17 ha pubblicato integralmente. È un'opera stupida, dubbia, che non serve perché oggi i veri flussi si spostano in nave sui container e in più il progetto migliore ammette una oscillazione centrale di cento giorni (con escursioni fino a venti metri) all'anno, tale da dovere in quei giorni chiudere il ponte al traffico.
Recentemente il governo ha comunicato la sua idea anticrisi per l’edilizia: “Piano dell’edilizia”.18 Possiamo definirla ‘libera superfetazione’, meno cemento-meno economia/più cemento-più economia. Gregotti, Aulenti e Fuksas urlano allo scempio e invitano a un «sussulto civile delle coscienze».19 Stefano Boeri analizza il provvedimento indicando tre assenze: incentivi per gli affitti di case sfitte, incentivi per chi costruisce edifici ecosostenibili e non sufficienti incentivi per gli investimenti delle famiglie.20
Tu pensi che sia una legge che rispecchia l’idea del ‘regime populista’ e purtroppo l’idea che i cittadini hanno di sé stessi.21
Anche qui la questione è che abbiamo al governo dei mediocri piccoli commercianti di spazzole e che il decreto promesso rovina quel che c'è, ma sopratutto non prende in considerazione per niente il settore edilizio nel suo insieme come occasione straordinaria di rivalutazione di tutto il patrimonio urbano che l'Italia possiede. Se pensiamo che il ministro al Turismo è la promessa Brambilla, abbiamo un'idea della cosa.
Riprendo due tue note:
«Ad una triennale di Milano del 1994 l’idea che le future case popolari dovessero essere pensate prevalentemente per gli immigrati sembrava una bestemmia ai professionisti presenti, nel 1998 l’idea che il piano regolatore per il comune di Prato, affidato a Bernando Secchi, dovesse prevedere un quartiere per la nuova grande immigrazione cinese nella zona ha suscitato l’ilarità del progettista.»22 (Negli anni 90 a Prato si stimavano circa 7000 cinesi oggi ne vivono 30.000 ndr)e
«Permettermi di dire a questo punto che da una recessione dell’architettura abbiamo tutti da guadagnare, compresi, purtroppo, gli architetti. È ormai abbastanza chiaro che imbrigliati come sono nel tentativo di partecipare al Casino Capitalism hanno perso da un bel po’ il senso dello spazio pubblico, l’intuizione e la visione necessaria per pensare il futuro con le sue varie opzioni senza dovere per forza attuarlo subito, la capacità utopica di concepire la convivenza umana come una dialettica tra identità e luoghi.» 23Adesso che siamo in piena recessione, in Inghilterra si parla di ‘bagno di sangue degli architetti’ quali sono le tue speranze e, soprattutto, non credi che possa prevalere l’architettura del controllo, della sicurezza e della polizia?
Ma sì, tutto il settore dell'architettura sarà in preda ad una recessione peggiore di quella che c'è adesso. L'effetto è che resisteranno i grandi studi e per i giovani sarà ancora più difficile rinnovare la professione.
Chi è il sopralluoghista?
Il sopralluoghista è un misto tra un antropologo e un architetto, qualcuno che fa dell'osservazione e dell'osservazione partecipata uno strumento fondamentale del suo lavoro di progettazione. Qualcuno che impara a vedere, a camminare, a sentire, ad ascoltare e che lo fa usando le tecniche più sofisticate che oggi abbiamo a disposizione, ma anche il suo lento e costante training e sopratutto qualcuno che ha visto, ascoltato e camminato molte città e quindi si serve della sua esperienza comparativa.
26 marzo 2009
Intersezioni ---> SPECULAZIONE
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Note:
1 Franco La Cecla, Contro l’architettura, Bollati Boringhieri, Torino, 2008
2 Franco La Cecla, op. cit., p. 42
3 Franco La Cecla, op. cit., p. 53
4 Franco La Cecla, op. cit., p. 56
5 Franco La Cecla, op. cit., p. 83
6 Franco La Cecla, op. cit., p. 103
7 Franco La Cecla, op. cit., p. 113
8 Fulvio Irace, L'archistar è in crisi, Sole 24 Ore, 15 febbraio 2009
9 Vittorio Gregotti, Contro la fine dell'architettura, Einaudi, Torino, 2008, p. 84
10 Franco La Cecla, op. cit., p. 117
11 Video, 'L'architettura dello ZEN, Enrico Lucci intervista Vittorio Gregotti', tratto dal programma le Iene, Italia Uno del 27 aprile 2006. [Link]
12 Franco La Cecla, op. cit., pp. 102-103
12 Franco La Cecla, op. cit., pp. 102-103
13 Franco La Cecla, op. cit., p. 82
14 Programma Rai Uno, 'Benjamin' condotto da Gianni Riotta, del 15 giugno 2008 (ed. delle 13.30)
14 Programma Rai Uno, 'Benjamin' condotto da Gianni Riotta, del 15 giugno 2008 (ed. delle 13.30)
16 Franco La Cecla e Piero Zanini, Lo stretto indispensabile, Bruno Mondadori, Milano, 2004, p. 211
18 Al. S., Il piano per l'edilizia avrà effetti straordinari e non ci saranno abusi, Corriere della Sera, 7 marzo 2009 [Link]
19 Gae Aulenti, Massimiliano Fuksas, Vittorio Gregotti, Una legge contro il territorio, Pagina del giornale della Repubblica dov'è possibile firmare l'appello. [Link]
21 Franco La Cecla, Casa. Se passa la nuova legge nel paese del "fai da te", La Repubblica, 17 marzo 2009 [Link]
22 Franco La Cecla, Perdersi, Laterza, Bari, 2000, p. 135