15 febbraio 2009

0028 [SPECULAZIONE] L'archistar è in crisi

di Fulvio Irace


Pubblico un articolo di Fulvio IraceL'archistar è in crisi, Domenicale del Sole 24 Ore, 15 febbraio 2009, p. 35.

   Sarà ricordato come l'11 settembre della super-architettura, il 9 febbraio 2009? Come il fuoco delle vanità dell'architettura iconica del nuovo millennio? Impazzano su Youtube i video dell'incendio che ha devastato parte di uno dei simboli della Pechino olimpica, il Cctv di Rem Koolhaas. Crollano le borse, crollano i consumi e neanche le archistar stanno tanto bene. Parafrasando Woody Allen, Rem Koolhaas - il profeta nero dell'iperarchitettura del supercapitalismo - ha annunciato la Götterdämmerung degli architetti nell’era della recessione globale e con una dose di autoironia al limite della faccia tosta ha annunciato al pubblico del Renaissance Theater di Berlino (sold out per l’occasione della sua Berliner Lektion ai primi di febbraio) il crollo dell’«YES regime», il regime dominato dallo yen, dall’euro, e dal dollaro e, come il presidente Obama, l'avvento di una nuova era.

   Brillante copywriter di termini che hanno sostituito Vitruvio nel gergo degli architetti - junk space, manhattanism, generic city -, il guru olandese: non ha rinunciato al piacere del colpo di scena, mettendo alla berlina i suoi colleghi più famosi. Libeskind, Gehry, Zaha Hadid, Paul Andreau, Calatrava. Dall'arma del ridicolo non si è salvato nessuno, con la sola eccezione dello stesso Koolhaas, che, con l'abile; mossa del cavallo, ha dato scacco matto cambiando la casacca e lanciando una nuova parola d'ordine generic architecture.

   Che cos'è l'architettura generica? Inutile rincorrere astrusi significati filosofici, basta rivolgersi alla esperienza di consumatori. Come i farmaci generici hanno sconfitto i medicinali griffati proponendo la funzionale semplicità della molecola di base, l’architettura generica è quella che riscopre la funzione e in fondo il buonsenso oltraggiato dalle stravaganze della moda e dalle pressioni del mercato. Una rivoluzione che sa di antico. Fa senso sentire il teorico dello shopping=urbanistica, teorizzare la necessità della funzione come negli anni duri del tanto vituperato modernismo del XX secolo e turba non poco il clamoroso voltafaccia del cantore della globalizzazione che ha voluto intitolare la sua lecture addirittura l’«Architettura delle differenze». Ripudiando lo slogan «fuck the context» cui negli anni 90 dedicò pagine e pagine di pensose meditazioni. Koolhaas ha sostenuto la necessità di ascoltare il passato affidando il commento visivo alle sue parole al progetto in corso per la sistemazione del complesso dell’Hermitage a San Pietroburgo. Certo il “generico” dell’olandese è ancora troppo esotico per il gusto del pubblico generico e alcune soluzioni pensate per il Museo sembrano solo la versione aggiornata di un’avanguardia che ricopre le sue radici formali. Meglio dei veli metallici di Perrault per il teatro Puskin, però e sicuramente più discreto nella scelta di operare solo all'interno, lasciando inalterati i contenitori storici e lo spazio urbano. Niente effetto Bilbao insomma e per una volta la città si prende la sua rivincita contro la logo-architecture.

   Forse ha ragione il critico del «Times» - Nikolai Ouroussoff (sic) – quando scrive che la recessione non ucciderà la professione. La renderà anzi più necessaria e veritiera, lasciandola in culotte e spogliandola delle inutili pailettes. La spingerà forse a ridefinire i suoi obiettivi rendendola consapevole del suo ruolo sociale, quindi dei suoi limiti e dei limiti delle risorse. La lezione di Koolhaas nella patria del Moderno può essere dunque un buon segnale: a patto però che si accompagni a un'autocritica evitando il rischio di un ennesimo escamotage intellettuale. Qualcosa simile al famoso paradosso di Maria Antonietta all'incontrario: «non hanno brioches, allora dategli il pane!»

15 febbraio 2009

Video incendio Cctv di Rem Koolhaas a Pechino:


Video progetto Cctv di Rem Koolhaas:

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Note:
E-mail di contatto:

Gentile Fulvio Irace,
ho letto il suo recente articolo sul 'Sole 24 Ore', L'archistar è in crisi.
Vorrei pubblicarlo sul mio blog dedicato all'architettura.
Le chiedo, a tal proposito, la sua autorizzazione.
Cordialmente,
Salvatore D'Agostino.
Inviato: Domenica 15 febbraio 2009 14.54 

si certo usalo pure.
saluti e auguri per il tuo blog.
Fulvio Irace
Inviato: Domenica 15 febbraio 2009 17.16

10 commenti:

  1. "... comunque ho perso il senso etico tra i colori del tuo pensiero."
    Grazie per il complimento: io cercherò di ravvivare il senso estetico (accetto anche l''estatico') tra i colori del tuo blog (il tuo è, comunque, un blog di architettura tout court - ma tutto è collegato... -, mentre il mio è 'pluriverso').
    In ogni caso, per ricollegarmi al tema dell''archistar', se non li hai già letti, ti rinvio ai miei ultimi interventi su 'architettura moderna', ripresi da 'Artonweb' e 'De Architectura' (v. tra i miei 'preferiti'), oppure, riguardo all'architettura in generale, a quelli sul mio stesso blog - in particolare: L'Architettura: così in alto così in basso - Architetto jolly o superstar... - e, per alcuni versi, uno dei miei primi post (il mio blog è 'freschissimo', per questo è ancora iconicamente 'crudo'), ossia: 'L'occhio indiscreto'.
    Grazie e a presto (primo o poi interverrò, se vorrai, con un mio 'articolo': l'amore per l'architettura è in fase di 'risorgiva'...
    Nicola Perchiazzi
    (dal caos la stella danzante)
    http://stelladanzante-nike.blogspot.com/

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  2. Nicola,
    ho letto i tuoi post/articoli che ho trovato forbiti e non banali.
    Wilfing è aperto, quindi puoi accomodarti quando vuoi, basta spedire una semplice mail.
    Una piccola avvertenza che si parli, pure, di 'archistar' senza (s)cadere nel 'luogo comune', la critica militante (attualmente quella commerciale da non confondere con quella ideologizzata che in questo periodo è sbiadita) ci sta abituando a un linguaggio ‘slogan’ da titoli (a effetto) da prima pagina o nel contesto web facilmente linkabili, privati spesso dei contenuti.
    Questo blog ama il racconto, la lentezza e gli approfondimenti.
    Saluti,
    Salvatore D'Agostino

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  3. E' molto interessante questo articolo.
    A mio parere siamo (finalmente) giunti ad un nuovo "crepuscolo degli idoli".
    Penso che l'architettura debba tornare ad avere i "piedi per terra" ed attenersi ai problemi concreti

    che si profilano all'orizzonte.
    Complimenti per il tuo blog: è vero, si trovano pochi blog in cui qualcuno racconti qualcosa o dica la

    sua opinione, ma quando questo accade, è sempre un piacere.

    Ciao.

    Matteo
    http://arching.wordpress.com/

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  4. Matteo,
    benvenuto ho dato un’occhiata al tuo neo blog.
    Coniugare l’architettura=ingegneria=arte è veramente una missione.
    Apprezzo il tuo commento perché introduce una parola che spesso manca agli architetti ‘concretezza’ sperando che quest’ultima sia mediata dall’intelligenza non esclusivamente autoreferenziale.
    Ciò che non trovo nei blog italiani (salvo alcune eccezioni) è l’autonomia dagli schemi accademici/editoriali/infettivi io credo che un blog abbia una sua specifica identità ancora non del tutto compresa dai blogger/architettonici italiani.
    Grazie per i complimenti.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  5. ---> Errata corrige,
    lapsus non infettivi ma invettivi.
    Saluti,
    Salvatore D'Agostino

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  6. Beh...infettivi era comunque bello e pregnante come aggettivo ;)
    Quello che più mi inquieta nei blog italiani (a parte ciò che giustamente hai ricordato)è la mancanza assoluta di una linea programmatica a fondamento degli stessi.
    Ad esempio, lo scopo del tuo (posso darti del tu?) blog è ben esplicato qui http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2007/12/cos-wilfing-architettura.html.
    Lo scopo del mio (piccolo) blog è quello di cercare di riconfluire in un'unica linea di pensiero discipline che - purtroppo - spesso viaggiano per compartimenti stagni. Purtroppo il tempo è poco e i pensieri tanti...

    Saluti.

    Matteo
    http://arching.wordpress.com/

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  7. Non sono molto daccordo con l'articolo Salvatore. È vero che l'architettura delle grandi commesse entrerà in crisi, ma non per colpa loro. Come se il linguaggio potesse essere causa della crisi! Il fatto è che gli stessi edifici, se supportati da tecnologie adeguate, possono supportare prezzi più "popolari". E proprio gli olandesi lo dimostravano solo una ventina di anni fa, e continuano a farlo. Se i media si sono occupati di altro, non vuol dire che tutto ciò che indicano con "archistar" (odio questo termine troppo di moda)sia per forza spese senza contegno, no?

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  8. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  9. ---> Matteo,
    certo che puoi darmi del tu, di solito è obbligatorio in un blog.
    Credo che soprattutto manca la consapevolezza di utilizzare questo strumento per la sperimentazione. La totale libertà che è offerta purtroppo si perde nelle solite beghe di bottega.
    Ti faccio un esempio di un blog (non di architetto) che a mio parere è innovativo “The Sartorialist”: http://thesartorialist.blogspot.com/
    Come puoi notare l’idea è semplice e ha saputo coniugare il linguaggio innovativo del blog con il suo (credo) lavoro. Questo, a parte qualche eccezione, nel nostro piccolo mondoblog di architetti italiani manca.
    Infine il vero problema è che per gestire un blog ci vuole tempo.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  10. ---> Emmanuele,
    il termine ‘archistar’ è utilizzato dai qualunquisti che non avendo argomenti devono semplificare/imbarbarire il dialogo architettonico. Ma chi sono gli archistar? Non certo una corrente di pensiero, sono tutti gli architetti famosi/ricchi e quindi nessuno.
    Gli architetti Herzog & De Meuron, durante la progettazione dello stadio olimpico a Pechino, sono stati accusati di collaborare con un governo non democratico. Per discolparsi sostennero che il loro progetto era come un cavallo di Troia, dava inizio alla democratizzazione del paese lottando dall’interno.
    Italo Rota, contemporaneamente rifiutava l’incarico per la progettazione di un museo in Cina, perché non tollerava il loro sistema politico antidemocratico.
    Questi due esempi ci ricordano che l’architettura è spesso simbolo di potere.
    Alla luce della recente ‘recessione’ causata da un eccesso di enfasi economico/potere, l’architetto si deve porre una domanda: quest’avida bulimia fa del bene all’architettura? Io credo di no e che ci sia qualcosa da correggere.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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