24 dicembre 2011

0022 [CITTA'] Vitaliano Trevisan | Tristissimi giardini

di Salvatore D'Agostino
«… Di ville! di villule!, di villoni ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville rustiche, di rustici ville, gli architetti pastrufaziani avevano ingioiellato, poco a poco un po’ tutti, i vaghissimi e placidi colli delle pendici prenadine, che, manco a dirlo ‘digradano dolcemente’: alle miti bacinelle dei loro laghi1».
Oggi, dopo quasi quarant'anni, le declinazioni delle ville costruite dagli architetti pastrufazi di Carlo Emilio Gadda formano, senza soluzione di continuità, il tessuto urbano che cinge le nostre città. Sappiamo anche che non sono state progettate solo dagli architetti ma trasversalemente da ingegneri, geometri o spesso sono state auto-costruite.
La casa con giardino è un sogno abitativo che non può essere racchiuso nell'epiteto gaddiano 'del pastrufazio' poiché ha cambiato sia l'assetto urbano che il senso dell'uso collettivo delle nostre città. La casa con giardino non è una villa e la sua serialità non forma una città. Poiché la prima implica una casa immersa nel giardino e la seconda un rapporto con la strada e gli spazi aperti della città. 
Vitaliano Trevisan, citando un libro di Simona Vinci, ci racconta del suo rapporto con questi spazi abitativi pieni di 'Tristissimi giardini'2. A seguire ho riportato un capitolo del suo libro, evidenziato in granata troverete una bella sintesi su come curare un giardino spontaneo.

Buon tutto e buon racconto di Natale. Ci rileggiamo il 9 gennaio per parlare di Domus cartacea e Web*.

19 dicembre 2011

0048 [SPECULAZIONE] Milano 2

di Salvatore D'Agostino

Nelle mie camminate per le città resto sempre affascinato dall'edilizia fuori dai clamori delle riviste di settore e spesso mi perdo in queste 'città latenti'* molto ambite dai nuovi abitanti.
Resto affascinato dall'abilità degli imprenditori nel creare veri e propri esodi di massa in aree tendenzialmente marginali. Vi ripropongo un articolo di Filippo De Pieri e Paolo Scrivano* su 'Milano 2' perché l'editoria italiana, distratta dalla narrazione 'alta' dell'architettura, ha trascurato di raccontare le città riformulate dagli imprenditori in questi anni del post boom economico.


12 dicembre 2011

0011 [POINTS DE VUE] canecapovolto | dentro la fotografia

di canecapovolto*

I.
Immobile, in posa. Un attimo di affetto, di amore. Un attimo che noi crediamo verrà ricordato fino alla fine del tempo. Un attimo che esplode nel silenzio perfetto.
È un abisso superficiale. Tante fotografie sullo stesso oggetto, tante fotografie alla stessa persona immobile e sorridente, prigioniera dell’inquadratura. Restano sospesi in aria i gridolini e le risate.
In verità, in verità noi abbiamo deciso di allontanare questa persona dalla nostra memoria ma non lo sappiamo. Infatti, la fotografia si scolorirà, giorno dopo giorno, sempre di più. È tutto. In fondo è una cosa normale.


II.
Il soggetto è pienamente cosciente del fatto di venire fotografato e collabora per realizzare una fotografia già predisposta. Il fotografo ha il completo controllo della situazione.
Notate quanto aumenti l’enfasi di un ritratto se il soggetto guarda dritto nella macchina fotografica e come cambi di significato a seconda dello sguardo.
Le fotografie di gruppo vanno preparate con cura e bisogna pretendere la collaborazione di tutti.
Se non volete mettere i soggetti in fila, ma allo stesso tempo volete vederli chiaramente in faccia, potete fotografarli un po’ dall’alto.


III.
Il soggetto sa che il fotografo è presente, ma non sa con precisione in che momento la fotografia verrà scattata.
La caratteristica fondamentale delle fotografie a sorpresa sta nel sapere riconoscere il momento preciso in cui scattare.
Il fotografo perde il suo completo controllo della situazione ma ottiene la totale spontaneità del soggetto. In queste situazioni bisogna usare un teleobiettivo, che permette di tenerci a distanza dal soggetto.
Non sentitevi sempre obbligati a mostrare le facce: a volte una figura vista di schiena può servire più efficacemente al racconto.


IV.
Il soggetto non immagina assolutamente di essere fotografato.

 
V.
Hai mai fotografato una persona che odiava?


VI.
Non stiamo parlando di immagini, stiamo parlando di fotografie.
La fotografia di una persona sopravvive sempre alla persona, inoltre quasi nessuno si rende conto che “Noi fotografiamo gli oggetti, i luoghi e le persone che vogliamo allontanare dalla nostra memoria”.
Quando il Governo dice che non bisogna preoccuparsi è allora che bisogna avere Paura.
L'ultimo luogo comune.


12 dicembre 2011
Intersezioni ---> POINTS DE VUE


5 dicembre 2011

0024 [A-B USO] Biblioteca casertana

di Beniamino Servino*



Vuota come una testa vuota.
E non era meglio continuare a aspettarla?
Ma poi, ma chi la aspettava?

2 dicembre 2011

0023 [A-B USO] Fuori Venezia Venezia Dentro

Fotografie e design: Italo Zannier 
Testo: Elia Barbiani / Giorgio Conti

[ndr in allegato alla rivista 'Urbanistica' n. 68-69 del dicembre 1978 uscì un pieghevole di formato 93,6 x 62,7 cm.; due facciate un esterno e un interno, che conteneva il saggio fotografico di Italo Zannier con contributi di Giorgio Conti e l'archivio fotografico del comune di Venezia,  FUORI VENEZIA VENEZIA FUORI – l’esterno del foglio – e DENTRO VENEZIA VENEZIA DENTRO – il suo interno -.
Nella prima pagina e nel retro - 23,4 x 31,35 cm – inizia il racconto fotografico per le strade di una Venezia fuori dal circuito turistico. 
Il primo movimento – 23,4 x 62,7 cm - ci offre un’immagine in verticale di un vicolo del ‘Sestiere di Castello’.
Con la seconda apertura – 46,8 x 62,7 cm – osserviamo quindici paesaggi urbani.
Il terzo e ultimo sfoglio - 93,6 x 62,7 cm - ci porta all’interno delle case veneziane; ventuno luoghi intimi DENTRO VENEZIA VENEZIA DENTRO.]
1
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FUORI VENEZIA
VENEZIA FUORI

Venezia per immagini rappresenta la sublimazione dell’uso e dell’abuso del «medium» fotografico. L'ideologia della città unica ha portato a diffondere una immagine stereotipata e consumistica che non corrisponde alla Venezia del quotidiano ed esclude i suoi cittadini. Basta però uscire dai percorsi turistici, dai luoghi deputati al consumo dell’immagine della città, per ritrovare la Venezia tagliata fuori, per capire che esiste la Venezia moderna della terraferma (Mestre, Marghera), per cogliere la diversa qualità della vita dentro e fuori Venezia.
La peggiore Venezia, la Venezia dei sestieri più degradati , è migliore della migliore Mestre, dei quartieri coordinati, modernizzati, alienati. Basta entrare dentro le case per capire che il «problema» di Venezia è il problema classico dei centri storici, il problema degli alloggi, della senilizzazione dei residenti, della precarietà – al limite del tollerabile – dell’habitat degli studenti. 
Questa immagine dentro la vera Venezia e fuori dalla Venezia ufficiale conferma che non esiste tanto una Venezia speciale quanto una specificità del problema di Venezia, per il quale finora gli strumenti speciali, le leggi speciali, i piani speciali, sono serviti da mero alibi.

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8  Mestre (1978)
9  Sestiere di S. Marco (1978)
16 Mestre (1978)
17 Mestre (1978)
22 Mestre (1978)
23 Mestre (1978) 



Retro Marghera, Quartiere CITA (1978)


Primo sfoglio Sestiere di Castello (1974)
Seconda apertura 
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1 Sestiere di Castello, Marinaressa (1974)
2-7 Sestiere di Castello (1974)
12-15 e 18-21 Mestre (1978) 


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DENTRO VENEZIA 
VENEZIA DENTRO


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1 Casa al pianoterra nel Sestiere di Castello (1974)
2-4 Sestiere di Castello (1974)
5 Casa di studenti nel Sestiere di S. Croce (1978)
6 Casa di studenti nel Sestiere di Dorsoduro (1978)
7-8 Sestiere di Castello (1974)
9 Casa di studenti nel Sestiere di Dorsoduro (1978)
10-11  Sestiere di S. Marco (1978)
12-13 Casa di studenti nel Sestiere di Dorsoduro (1978)
14 Sestiere di Castello (1974)
15 Casa di studenti nel Sestiere di S. Croce (1978)
16 Sestiere di Castello, 1963 (archivio fotografico del Comune di Venezia)
17 Sestiere di Castello, 1963 (archivio fotografico del Comune di Venezia) 
18 Casa di studenti nel Sestiere di Dorsoduro (1978)
19 Casa di studenti nel Sestiere di S. Croce (1978)
20 Casa di studenti nel Sestiere di Dorsoduro (1978)
21 Sestiere di S. Marco (1978) 




 
2 dicembre 2011
Intersezioni ---> A-B USO
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Nota:
1 Allegato alla rivista 'Urbanistica' n. 68-69, dicembre 1978 curata da Marco Romano, le fotografie n. 8, 10, 12-23 di 'Fuori Venezia/Venezia Fuori' sono di Giorgio Conti.
Per conoscere il pensiero di Italo Zannier  vi suggerisco di ascoltare una sua video intervista rilasciata agli autori di archphoto.*

25 novembre 2011

...a proposito dell'ossimoro blogger giornalista, MAXXIinWEB e la censura su abitare...

di Salvatore D'Agostino

...a proposito dell'ossimoro blogger giornalista,

la contraddizione dell'ossimoro blogger giornalista1 non risiede nei contenuti, ma nella libertà di pubblicazione. I contenuti di un giornalista sono filtrati dalla testata anche quando quest'ultima lascia la libertà di scrivere ciò che si vuole (ndr leggi il terzo ...a proposito di questo post); un blogger è libero di scrivere e cancellare i suoi articoli, così come modellare l'aspetto grafico del blog a suo piacimento.
Ripensavo a questa peculiarità, riflettendo sul neo blog di Luca Molinari*, 'Il post'*, edito in un contenitore redazionale, apparentemente scritto da molti blogger ma come si legge in calce al sito: «Il Post è una testata registrata (ndr si presuppone giornalistica) presso il Tribunale di Milano, 419 del 28 settembre 2009».

Ma chi è stato il primo giornalista blogger architetto?

La risposta è: Diego Lama con il suo Byte di cemento* all'interno del Corriere del Mezzogiorno* inaugurato il 15 ottobre 2008*.2 

A partire da questa prima tappa, il Web redazionale si è infittito di nuove voci. Sono andato in giro per il Web alla ricerca dei nuovi giornalisti blogger, di seguito una rassegna.

Quotidiani3

che non hanno blogger
Avvenire
Il tempo
Il Riformista
Italia oggi
Italia sera
La padania

che ospitano blogger, ma non dedicati ai temi urbani o architettonici
Il giornale
Il giorno + La nazione + Il resto del Carlino*
Il foglio
Il manifesto
Il Messaggero
Il secolo XIX
La Repubblica
La Stampa
Liberazione
Libero

che contengono blog di architettura o urbanistica

Corriere della Sera
Normalmente parla d'arte, ma ogni tanto inserisce qualche spot 'architettonico'.
Forse parla di case, ma spesso divaga.

Corriere del mezzogiorno

L'architettura napoletana vista da un architetto.

Il fatto quotidiano

  • Blog di Fabio Novembre primo post 30 luglio 2010*.
Iniziato e sospeso. 
  • Blog di Paolo Berdini primo post 23 giugno 2010*.
È raro leggere un blog dedicato all'urbanistica. Peccato che Berdini preferisca temi di ordinaria news giornalistica.

Il sole 24 ore Agorà + Nova100

Appunti di coppia.
C'è anche un po' di architettura, cercando.
Il direttore di 'Edilizia e territorio' si apre al Web.

L’Unità

Riflette sul senso 'urbano' forse è fuori tema con questa rassegna, ma mi piaceva segnalarlo; simili, ma più distanti dai temi architettonici: Trenette e mattoni di Marco Preve su 'La Repubblica di Genova' (primo post 2 ottobre 2008*) e Questa è la mia città di Massimo Ternavasio su 'La Stampa' (primo post 26 marzo 2007*).

Settimanali noti:

non ha blogger ma solo opinionisti
Panorama

ci sono blogger, ma non di architettura
Famiglia cristiana
Internazionale
L'Espresso
Vanity fair

Spazi Web d'informazione e d'approfondimento:
 


Doppiozero
Dopo vent'anni di Web il primo storico, critico e professore di architettura che in Italia usa uno spazio 'blog'. Post ambigui quasi dei riempitivi. Coraggio, anche sul Web si può fare 'critica'. 

Globalist
  • Furbe di Luigi Greco primo post 20 maggio 2011*.
'F' sta per frammenti, 'Urbe' rievoca Roma o il suo significato latino 'urbs' città dipende dal clima.

Il post
  • Il post di Luca Molinari primo post 9 settembre 2011*.
Il secondo storico, critico e professore di architettura che in Italia usa uno spazio 'blog'. Da leggere. 

Linkiesta
«Noi siamo pop(ular) e ci piace farci capire, e parlare a tutti» sintesi di Gianmaria Sforza in un colloquio via mail. 

Nazione indiana
È un aggregatone di voci, non di blogger; ogni tanto capita di leggere post urbani. 

Tiscali
Peccato avrebbe anticipato Marco Biraghi resta l'intenzione; da inserire nell'archeologia del Web architettonico.

P.S.: Per favore segnalate le eventuali dimenticanze.

MAXXIinWEB,


il museo MAXXI dal 17 settembre al 15 dicembre 2011 ha organizzato degli incontri con i 'big della creatività'* visibili non solo dal pubblico in sala, ma da tutti attraverso la diretta streaming e, per la prima volta si apre ai commenti attraverso il Web, si è partito da Massimiliano Fuksas e si arriverà a Moreno Cedroni.
Curiosa la declinazione del termine blogger; a sinistra degli oratori ci sono tre giovani X, Y e Z che si occupano di rilanciare le domande che arrivano dagli utenti connessi via Web. X, Y e Z, pur non curando nessun blog, sono chiamati blogger.

P.S.: Mi piacerebbe sapere dai presentatori di MAXXIinWeb dove si trova il mondo-popolo del Web da loro spesso citato? 

la censura su abitare...

antefatto circa un anno fa, per l'esattezza il 22 novembre 2010 alle ore 14:05, Fabrizio Gallantipubblicava un post (o forse un articolo) dal titolo 'Largo ai giovani!'6
Iniziava così:
«NABA* cambia direttori di dipartimento. Escono due già non più ragazzini, ossia intorno ai 40, Stefano Mirti (design) e Anna Barbara (moda), e al loro posto prenderanno delle persone un po’ meno stagionate. Ci siete cascati! Non era vero, infatti hanno incaricato Nicoletta Morozzi e Italo Rota. I nuovi proprietari americani di NABA volendo essere più realisti del re, e più papisti del papa capito l’andazzo italico si sono adeguati».
E finiva:
«Rota in particolare e l’Italia in generale mi fanno venire in mente una pubblicità audio che si sentiva allo stadio a Genova per un sacco di anni: “Mio nonno vestiva da Mauri, mio padre vestiva da Mauri e io che sono giovane vesto da Mauri. Mauri Sport, abbigliamento sportivo ed elegante…”. Oppure anche la canzone “Supergiovane” di Elio e le Storie Tese*».
Dopo qualche giorno questo caustico post è stato cancellato per irritazioni architettoniche redazionale e non.
Questo è il secondo post (che ho potuto monitorare) cancellato per dissenso redazionale da Abitare.7
Riprendendo il tema del primo '...a proposito', un blogger si autocensura (è libero), un giornalista blogger può essere censurato (è filtrato). L'ossimoro consiste in questa sottile, ma non banale, differenza.

P.S.: Abitare qualche giorno ha cambiato leggermente aspetto, resto in attesa dei cambiamenti previsti per gennaio.

25 novembre 2011
Intersezioni ---> ...a proposito di...
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Note:
1 Dell'ossimoro giornalista blogger ne avevo parlato in 0006 [BLOG READER] Bla, bla, bla...BLAG* il 5 gennaio 2010.
2 Per approfondire leggi il post introduttivo* e l'intervista all'autore del blog*.
3 Rispetto ai settimanali e ai siti d'informazione ho preso in rassegna tutti i quotidiani (almeno spero) nazionali o di macro aree.

4 In realtà Stefano Boeri è stato il primo ad investire, attraverso le sue direzioni di Domus e Abitare, sul Web nonché sul blog politico*. Una storia ancora da scrivere.
5 In quel periodo era il vicedirettore della rivista. Una mia conversazione con l'autore*.
6 Link originale non più visibile: http://www.abitare.it/highlights/largo-ai-giovani/
7 Del primo ne avevo parlato nel post: 0007 [BLOG READER] Ci sono tante forze vive in Italia che non chiedono altro che di poter lavorare in condizioni “normali” (Pierre Alain Croset)*.

21 novembre 2011

0005 [MEDIA CIVICO] L'heresphere di Hassan Bogdan Pautàs

di Salvatore D'Agostino 

Hassan Bogdan Pautàs vive a Torino attraverso il suo blog Torino Anni '10* registra gli umori della città percorrendo tre linee guida:
  • Introspezione: racconti urbani di fantasia.
  • Metaspezione: catturando frasi altrui scrive riflessioni intime.
  • Estrospezione: «è un’opinione personale su un fatto esplicito e documentato, manifestata secondo il dettato dell’articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana»*.




7 novembre 2011

0022 [A-B USO] Sarno

di Stefano Boeri*  

Sarno, una storia italiana. Nel 2002, 4 anni dopo la tragica alluvione, ho vinto il concorso per la redazione del Piano Regolatore, in un territorio che fino ad allora non aveva mai avuto pianificazione. Per 6 anni -dal 2003 al 2009- abbiamo fatto di tutto per convincere il Consiglio comunale e due successive Giunte (di centro-sinistra e poi centro-destra) a consegnarci una mappatura aggiornata dell'abusivismo e a bloccare le concessioni edilizie nelle zone a rischio. Tutto inutile.


 
Nel 2007 Abbiamo consegnato un Piano preliminare che non è mai stato discusso in Consiglio. Nel 2009, con grande tristezza e sdegno, abbiamo abbandonato un incarico a cui tenevo moltissimo, con una lettera pubblica che denunciava una politica indecente. Eccola.

Milano, 19 gennaio 2009

lettera aperta al Sindaco,
ai membri della Giunta e del Consiglio Comunale,
ai Cittadini di Sarno
gentile Sindaco,
gentili Consiglieri del Comune di Sarno,
gentili Cittadini di Sarno,

da oltre sei mesi siamo in attesa di una risposta da parte della Giunta comunale e del Consiglio alla nostra proposta di completare la redazione del piano urbanistico comunale.
Un piano urbanistico che ci era stato affidato nella primavera del 2003 dopo aver vinto il concorso pubblico promosso dal comune alla fine del 2002.

Come è noto, più di 3 ani fa, nel dicembre del 2005 avevamo presentato al consiglio comunale la bozza di preliminare del piano urbanistico, un documento che indicava le linee di sviluppo del territorio di Sarno.
Il preliminare del piano proponeva di bloccare lo sviluppo urbano nella piana e il conseguente consumo di suolo di agricolo, di combattere l’abusivismo spostando risorse sul recupero dei centri storici comunali, di valorizzare le attività produttive, di salvaguardare il paesaggio montano e fluviale. Oltre che naturalmente di impedire qualsiasi nuova costruzione o ristrutturazione nelle zone a rischio di smottamento.

31 ottobre 2011

0021 [A-B USO] Gela


Dai tempi di Democrito di Abdera che si strappò gli occhi a titolo puramente dimostrativo sino a Marcel Proust il quale si dichiarava, in via teorica, favorevole alla sordità sono state molte, mi pare, le parole spese da filosofi e poeti in elogio di una qualche forma di povertà, d’infermità o bruttezza.
Nessuno, per quel che ne so, ha mai composto una apologia dei piedi piatti o delle emorroidi: ma questo rientra nelle ovvie difficoltà a coprire sia pure approssimativamente l’inesauribile varietà del reale.
Alla medesima, incommensurabile, geografia del bubbone e della pustola appartiene il portentoso accadimento della città di Gela la quale sfugge ad ogni intento elogiativo e si disegna spinosa nella sua altera impopolarità … e, in realtà, neppure quel profilo la contiene giacché più che all’elogio essa sembra sottrarsi all’esegesi.
Ed è questo uno dei suoi modi: il non darsi cioè in alcun modo.
Gela si ritrae dalla letteratura perché in linea generale non si ha presente.

25 ottobre 2011

0010 [POINTS DE VUE] Beniamino Servino | Necessità monumentale nel paesaggio dell'abbandono

di Beniamino Servino

Enunciazione/Annunciazione

Abusi di necessità.

Abuso. Cattivo uso, uso eccessivo, smodato, illegittimo di una cosa. Io abito troppo, lo faccio in modo eccessivo smodato illegittimo.

Abuso. Esercizio illegittimo di un potere. Io esercito illegittimamente il potere di modificare il paesaggio. Di-segnare il territorio, o semplicemente un campo. Una sponda. E mentre modifico illegittimamente il luogo del mio bisogno lo rendo vulnerabile [il luogo, non il bisogno]. Siamo vulnerabili insieme [io e il luogo, la parte attiva e la parte passiva, vicendevolmente]. Conviviamo vulnerabilmente, mirabilmente.

Necessario. Da cui non c’è modo di ritirarsi. Io non posso ritirarmi da un bisogno.

Abbandonare. Lasciare senza aiuto e protezione, lasciare in balìa di sè stessi o di altri. Smettere di occuparsi di una cosa. Smettere di averne cura. Ma il paesaggio vuole [vuole!] essere abbandonato [mai più campi da golf, mai più!]. È quella la sua vocazione, il suo destino. [Col tempo forse l’abbandono assorbe il bisogno, assorbe l’oggetto con cui il bisogno si è manifestato].

C’è assonanza tra la rappresentazione del bisogno e il luogo della sua rappresentazione.
Tra il testo e la scena. Tra lingua e linguaggio. 

Chiudo gli occhi, sento parlare, riconosco un idioma, una inflessione, un accento. Posso figurarmi [dalla lingua] il linguaggio della sua [della lingua] rappresentazione. Posso figurarmi la forma delle case, la forma della città.
È una città che parla la lingua di chi la abita, di chi l'ha costruita. Una lingua non semplificata ma povera, che racconta non il degrado ma l'arroganza di chi non ha storie da raccontare. Lingua parlata e linguaggio architettonico sono perfettamente sovrapponibili. Se la percorri [questa specie di città] a occhi chiusi e fai attenzione ai rumori sgraziati delle voci, puoi ricostruire -tenendo gli occhi chiusi- le sagome delle case. È la lingua dell'analfabetismo di ritorno che restituisce forme ingoiate senza essere masticate e cacate così, solo sporche di merda. È la città del futuro. È la città di tutti contro tutti. Dell'uomo troppo distratto per la rivoluzione.
Vocabolario essenziale. Lingua essenziale ma iperbolica, ripetitiva ridondante rumorosa. Ripetitiva, piena di tic. 

Tanti bisogni piccoli, tutti assieme, diventano una massa. Senza consapevolezza aspirano al riscatto. Cercano la piè-tas.

Piè-tas. Piè-tas. Piè-tas. Piè-tas. Prima un sussurro. Poi un coro. Poi un urlo ca-den-zato. Com-pi-ta-to. 

Ma per essere condivisa e sostenuta [la piè-tas] deve essere riconosciuta. Deve essere rappresentata [la piè-tas] in una forma generata dal bisogno. Deve mostrare fiera la sua genesi, ma assumere anche una dimensione dilatata ipertrofica ciclopica smisurata. Ma ancora riconoscibile. Una anamòrfosi liberatoria, immaginifica.

Solo allora la piè-tas genera stupore. Uno stupore da controriforma. Uno stupore che prepara il rispetto, uno stupore legittimante.

E il monumento al bisogno riscattato dalla piè-tas sta nel paesaggio dell’abbandono invulnerabilmente. Mirabilmente.

Esemplificazione/semplificazione

La Pennata è il manifesto popolare dell’appropriazione degli archètipi. Archètipi riproducibili istintivamente, riconoscibili immediatamente. 

Una capanna senza tempo, senza tecnologia, senza aspirazione alla invenzione della forma. La pennata è costruita per essere temporanea, precaria; smontabile se arrivano i vigili [ma figurati se arrivano i vigili!].

L'éphémère est éternel.

Da un lato l’uomo-bambino fabbrica un riparo [un ricovero] per le cose che stanno fuori [che possono stare fuori], dall’altro l’uomo adulto fabbrica accanto al primo il riparo [il ricovero] per le cose che stanno dentro [che devono stare dentro]. 

Il bambino gioca con la leggerezza dell’apparente improvvisazione [guidato geneticamente] accanto all’adulto che restituisce [per sentito dire, per persuasione mimetica] formule di integrazione sociale [una iconografia di appartenenza]. 

Ma lo sapete, [voi] adulti non più bambini, che quelle capanne/mezze capanne/capannoni che avete vicino [a voi] possono riaffiorare sulla spiaggia insieme alla statua della libertà?

Rispetto/dispetto

Occupazione proletaria dei monumenti. Fuochi, bivacchi, finestre, finestrelle, accatastamenti. L’occupante prova una soggezione [che non vuole ammettere] al cospetto del monumento, ne sente una armonia a cui non è educato, ma la sente. [L’occupante] occupa il monumento perché lo associa [il monumento] a un potere che lo ha escluso [a lui, all’occupante]. Ne riconosce il valore simbolico.

L'occupante-iconoclasta è stato prima un escluso-idolatra.
Tipo/cetriolo/zucca/nido/pennata

Quel grattacielo somiglia a un cetriolo. Quell’auditorium somiglia a una zucca. Quello stadio somiglia a un nido. Questa è una pennata.

Tono su tono/nuances

In primavera, da aprile fino a maggio, il paesaggio dell’abbandono è colorato con una quantità che non si può contare di verdi diversi. Ma tanti. Mai tanti. E ogni verde ha il suo posto.

È un verde assorbente.
Identità/individualità

L’identità di un luogo, di un popolo. Io appartengo a un luogo o a un popolo se ricalco un modello. 

Identità come modello. 

Io appartengo a un luogo o a un popolo se sono nato in quel luogo da quel popolo. 

Identità come codice genetico. 

Io appartengo a un luogo o a un popolo se trovo familiare quel luogo se quel popolo mi protegge come una famiglia. 

Identità come rifugio. 

Io appartengo a un luogo o a un popolo se quel luogo lascia un posto per me e se quel popolo mi aggiunge agli altri. 

Identità come inclusione. 

Io appartengo a un luogo o a un popolo se quel luogo e quel popolo mi riconoscono tra gli altri. Se si accorgono di me tra gli altri. Se colgono la mia inflessione quando parlo la stessa lingua. 

Identità come somma di individualità che si sfiorano. 

La non-città e il popolo dell’oblio/la non-città e il popolo di sky

L’equilibrio della città ne prepara la bellezza. Ne recupera la bellezza.

La città recente [ai margini del centro, marginale, o in enclaves all’interno della città densa, occupata] non è contro la città non recente. Non è anticittà. È una non-città.

[Non è anticittà ma un aborto, un feto ipocalcificato. Una non-ancora-città. A not-yet-city]


Giaculatoria
La non-città corrisponde al popolo dell’oblio/La non-città ospita il popolo dell’oblio/La non-città deriva dal popolo dell’oblio/La non-città è costruita per il popolo dell’oblio/...
...


La non-città e il popolo dell’oblio non partecipano alla distribuzione dei pesi [hanno un peso trascurabile]. 

La bellezza e la democrazia [invece] sono costruite sull’equilibrio. [L’estetica del disequilibrio riflette lo sbilanciamento economico e sociale].

NECESSITA’ MONUMENTALE NELLA CITTA’ SBILANCIATA.

Per essere condiviso e sostenuto il monumento deve essere riconosciuto come proprio. Deve essere rappresentato [il monumento] in una forma generata dal proprio repertorio linguistico. Deve mostrare fiero la sua genesi, ma assumere anche una dimensione dilatata ipertrofica ciclopica smisurata. Ma ancora riconoscibile. Una anamòrfosi liberatoria, immaginifica.

Solo allora il monumento genera stupore. Uno stupore da controriforma. Uno stupore che prepara un nuovo equilibrio, uno stupore legittimante.
25 ottobre 2011

Intersezioni ---> POINTS DE VUE