6 agosto 2011

0050 [MONDOBLOG] 20 anni fa il WWW diventava di pubblico dominio ma io oggi voglio parlare di Gianni Mazzocchi

di Salvatore D'Agostino

Il sei agosto del 1991 Tim Berners-Lee, a 36 anni, pubblicando una sintesi del suo lavoro sul newsgroup alt.hypertext aprì il World Wide Web al pubblico dominio.1 Il Web, come fu sintetizzato in un secondo momento, da quel giorno non rimase più ristretto al solo ambito dei ricercatori del CERN.
Il ventennale del Web implica un'attenta riflessione ma io oggi voglio parlare di Gianni Mazzocchi poiché se come Tim Berners-Lee regalò alla massa l'uso del media Web, Mazzocchi regalò alla massa la lettura di contenuti ritenuti fino allora elitari.

«Caro Spadolini,
ho visto il tuo libro sul Mondo. Complimenti! Sei proprio bravo. Ci vuole infatti una bravura eccezionale per fare la storia del Mondo senza nominarmi! Tu hai scritto fin dal primo numero sul Mondo e dovresti conoscerne la storia che, comunque, ti rinfresco.» (Lettera di Gianni Mazzocchi scritta all'onorevole Giovanni Spadolini spedita il 20 luglio 1983)2



Gianni Mazzocchi è nato il 18 novembre del 1906 ed è stato uno tra i più creativi e innovativi editori italiani, Indro Montanelli diceva che era un imprenditore anomalo, disinteressato all’accumulo dei soldi giacché svolgeva il suo lavoro per puro divertimento e per far divertire chi scriveva o ideava le innumerevoli iniziative editorialii.3 L'editore Angelo Rizzoli una volta gli disse «Sei uno sciocco: fai bellissimi giornali e non ci guadagni. Io li faccio brutti e ci guadagno», Mazzocchi gli rispose «tu li fai per venderli, io per divertirmi».4
Rielaborando una frase di Giuseppe Pagano «l’architettura non dipende soltanto da chi la fa ma “soprattutto” da chi la ordina»5 un'idea editoriale non dipende da chi la realizza, ma da chi la finanzia.
Gianni Mazzocchi è stato un imprenditore capace, tra le sue tante iniziative editoriali, di finanziare e alimentare il dibattito dell'architettura italiana traghettandola sia in un contesto internazionale sia nella cultura di massa. Un combattivo che lavorava dietro le quinte e per questo motivo mai citato nei libri di storia diell'architettura6 (a proposito manca uno studio attento sulle dinamiche editoriali dell'architettura italiana).

Gianni Mazzocchi aveva 640 lire in tasca e ventuno anni quando nel 1927, non ancora laureato, si trasferì a Milano, laurea in giurisprudenza che conseguì l’anno successivo a Roma.
Era marchigiano di Ascoli Piceno e, in quel periodo, povero, poiché il padre, coltivatore di bachi da seta, era entrato in disgrazia. Scelse Milano perché era la città delle opportunità dove chi sapeva fare poteva emergere.
Trovò lavoro come dattilografo e amministratore delle attività editoriali dell’Opera nazionale per il Mezzogiorno d’Italia presso il padre Barnabita Giovanni Semeria e questa fu la sua fortuna, fu proprio il prelato insieme a Giò Ponti il fondatore della rivista di architettura Domus.7

Mazzocchi, dopo qualche numero dall'uscita della rivista, fu chiamato a gestire e migliorare la distribuzione del periodico e in poco tempo fu capace di aumentare gli abbonamenti e riordinare le vendite ottenendo ottimi risultati, ma la rivista non era in grado di pagare il suo vitalizio di 700 lire e lo licenziò. Dopo un breve periodo fu richiamato da Giò Ponti, che ne ricordava le capacità, poiché l’editore per mancanza di fondi, aveva deciso di chiudere Domus.
Giovanni Mazzocchi rifiutò l’incarico di semplice impiegato e si prese la responsabilità di dirigere e finanziare la nuova casa editrice 'Editoriale Domus' istituita l’11 luglio 1929 grazie all'aiuto finanziario della cordata di nomi noti della cultura e dell’industria milanese S. Borletti, M. Borletti, A. Brustio, T. Buzzi, M. Marelli, G. Richard, N. Fiocchi, A. Fiocchi, C. Vimercati, più lo stesso Giò Ponti.8
Da quel momento inizia la sua carriera di editore, nel 1931 acquistò il 75% dell’Editoriale Domus e nel 1933 rilevò La Casa bella (dal 1938, Casabella) per 40.000 lire da Arrigo Bonfiglioli9 affidando la direzione a Giuseppe Pagano.

Sia Domus e Casabella nascono nel gennaio del 1928





Nel 1940 diventò unico proprietario dell'Editoriale Domus, avendo un carattere determinato e forte non sempre condivideva le idee di Giò Ponti, avendo ormai pieno potere editoriale, dopo dodici anni di attività licenziò il fondatore di Domus affidando la direzione a Massimo Bontempelli, Giuseppe Pagano e Melchiorre Bega.
Tre direttori e tre nomi che letti così sembrano tre buoni amici di periferia; in realtà Massimo Bontempelli e Giuseppe Pagano sono stati tra i protagonisti più incisivi del ‘fuoco della cultura italiana’ del decennio precedente come ricorda l'artista comasco Carlo Belli:
«Venne un fuoco a divorarci, per circa dieci anni a cominciare dal 1926 [...] Ora sarebbe inutile cercare il perché tale fuoco esplose e divampò nel campo dell'architettura e non delle lettere, per esempio [...] All'insegna dell'architettura ponemmo l'attività, il costume, lo stesso significato della nostra epoca: o tale, almeno, fu il nostro sogno, la nostra ambizione.»10
Gianni Mazzocchi fece convivere le due anime più attive e controverse del recente dibattito insieme a Melchiorre Bega, un fine architetto artigiano, pratico e pragmatico, che ha anticipato con il suo saper ideare e fare i principi creativi del design milanese nonché internazionale. Fu quello il primo, e forse unico, esperimento di redazione interculturale nell'editoria di architettura.

Marco Biraghi nella sua storia dell'architettura contemporanea sottolinea come:
«L'adesione ai dettami dell'architettura che si andava allora imponendo in Europa attraverso le opere di Le Corbusier, Gropius, Mies van der Rohe, Mendelsohn in Italia ha luogo assai più attraverso gli accesi dibattiti ospitati da giornali quotidiani o da riviste specializzate come "Casabella" o "Quadrante", che non mediante un'effettiva attività costruttiva.»11
Ovvero la Casabella di Pagano con qualche innesto di Persico (Pagano censurò molti suoi articoli alcuni furono ospitati nella Domus di Mazzocchi) e il Quadrante di Massimo Bontempelli e Pietro Maria Bardi. Dibattito non relegato a queste due sole riviste ma con caratteri diversi nella Domus del gruppo meneghino Novecento ispirato all'architettura milanese dell'ottocento, Rassegna Italiana che diede voce ai razionalisti del Gruppo 7, Architettura e Arti decorative che ospitava le idee di Marcello Piacentini e tante altre come La ronda, La casa, Architettura d'oggi, Belvedere, Valori plastici o il numero unico di Valori primordiali.

Mazzocchi non si occupò solo di riviste di architettura varò collane di saggi La Ruota della Fortuna e i Quaderni del Rabdomante curati da Orio Vergani; nel 1933 ideò Fili, rivista mensile di lavori d’ago; nel 1934 l’annuario Il libro di casa che raggiunse in quegli anni una tiratura di 800.000 copie e altre edizioni speciali, collane di libri di estrema finezza, manuali e album.
Nel 1935 fondò Panorama, inizialmente un marchio editoriale parallelo all'Editoriale Domus, che trasformò in quindicenale di formato tascabile nell'aprile del 1939. Nel manifesto pubblicitario - riproposto in basso - è condensata tutta la potenza innovativa di Gianni Mazzocchi capace di coniugare la cultura alta con le esigenze delle persone comuni, trattando vari argomenti di politica, letteratura, attualità, poesia e architettura con l'ausilio dei i più bravi giornalisti e scrittori del periodo Carlo Emilio Gadda, Alfonso Gatto, Alberto Moravia, Carlo Linati, Giovannino Guareschi, Giovanni Comisso, Elsa Morante, Luigi Comencini, Irene Brin per citarne qualcuno.
Panorama il 12 luglio 1940, dopo più di un anno, a causa di un articolo di Indro Montanelli fu chiuso dal Ministro della Cultura popolare (MinCulPop).


La forte spinta innovativa delle riviste di Gianni Mazzocchi va quindi contestualizzata poiché si alimenta e si scontra con il clima culturale di quel periodo:
«Per capire come si svolge il dibattito italiano nel decennio fra il '20 ed il '30 - secondo Leonardo Benevolo - bisogna tener conto dell'isolamento e della scarsità dei contatti con l'Europa, accentuata dal protezionismo culturale di regime. Nessuno prima di Persico si rende conto neppure parzialmente di quel che avviene in Germania, persino le informazioni sono scarse, subito tradotte nei termini convenzionali del dibattito locale.»12
Uno scontro culturale che Mazzocchi affronta con spirito liberale aiutando e offrendo spazio nelle sue riviste ad autori considerati scomodi. Emblematica la vicenda in quegli anni di Casabella, edita dall’Editoriale Domus, dove gli editoriali di Giuseppe Pagano non passarono mai inosservati al regime fascista. Come ricorda Gerbi Scardo nel novembre del 1938:
«In piena campagna antisemita, esce sulla rivista Casabella, promossa da Mazzocchi, un duro editoriale del direttore, l'architetto Giuseppe Pagano. La rivista è portavoce delle correnti più moderne dell’architettura, diffondendo tra l’altro il verbo razionalista. Pagano, pur essendo allora fedele al regime, polemizza con il critico Giuseppe Pensabene per un articolo antimodernista e razzista apparso sul Quadrivio di Telesio Interlandi. "Una difesa della razza, intesa anche come semplice principio di igiene - scrive Pagano - dovrebbe anzitutto epurare il nostro paese da questi santoni da ricatto... E si arriva a questi assurdi: che un Pensabene e un Della Porta, pur di far cosa gradita ai reazionari, combattono l’arte moderna come se essa fosse esclusiva emanazione del genio ebraico".»13
Un suo editoriale sull’esito dei concorsi dell’E42, 'Occasioni perdute', pubblicato nel numero 158 del febbraio 1941 causò il sequestro e il ritiro dal commercio della rivista, facendo in modo che le idee di Giuseppe Pagano non venissero divulgate, l’articolo finiva così:
«affinché si veda che non tutti gli architetti italiani sono rimminchioniti, affinché siano chiarite le responsabilità dei megalomani, affinché si pensi alle occasioni perdute dalla civiltà italiana anche nel campo dell’architettura.»14
Nel dicembre del 1943 Giuseppe Pagano fu arrestato - morirà nel campo di concentramento di Mauthausen il 22 aprile 1945 tredici giorni prima della liberazione del campo - e per decreto del MinCulPop Casabella fu chiusa. L'ultimo numero uscito sotto la sua direzione è il 192.
Casabella fu la seconda rivista di Gianni Mazzocchi chiusa dal fascismo poiché considerata scomoda.
Riporto un brano dell’editoriale di Giuseppe Pagano del gennaio 1943, numero 181 dal titolo ‘E noi: zitti?’:
«È la conseguenza logica della mancanza di una critica competente e disinteressata nei nostri quotidiani, nelle nostre sopraintendenze, nelle nostre scuole; della impreparazione e della superficialità di troppe autorità responsabili, della pletora di maneggioni interessati che squadernano indisturbati confusionanti rettoriche senza il più piccolo ostacolo da parte degli stessi funzionari che, per legge, dovrebbero tutelare la bellezza del nostro Paese. Tutto va a gonfie vele: purché le loro torte risultino ricche, grosse, massicce, costose, veramente irrazionali e davvero ingombranti! È questa l’architettura italiana che piace e che vince e che regna! Abbandonata alla libido del capomastro, ai capricci del geometra, alla superficialità di costruttori spesso protetti da un grigio anonimato professionale e spronata soprattutto dalla opinione che la ricerca del bello utile debba fatalmente rifugiarsi, non in una estrema ricerca di armoniosa e modesta semplicità, ma piuttosto in una vistosa accidentalità di “trovate” o in una penosa discordanza di proporzioni o addirittura in un malato esibizionismo novecentesco, la nostra architettura di serie, quella delle costruzioni minori, delle case d’affitto e dei casamenti di reddito, pecca proprio di quegli stessi errori di gusto che noi andiamo denunciando, da anni, nel filone imperante della nostra architettura accademica.»15
Casabella riaprì dopo la guerra, nel marzo 1946, direttori Franco Albini e Giancarlo Palanti, quest'ultimo dedicò un triplice numero 195/198 a Giuseppe Pagano la sua ricostruzione storica pecca in più punti di enfasi affettiva ma ci offre un ritratto della guerra, non solo ideologica, condotta da Pagano in quel periodo.
Dal 1947 la rivista fu nuovamente chiusa per riprendere le sue pubblicazioni nel dicembre 1954 sotto la direzione di Ernesto Nathan Rogers; nel 1964 Mazzocchi, dopo trent'anni, vende Casabella.
Ripercorrendo questi pochi anni di editoria e architettura, si potrebbe riscrivere la lettera di Gianni Mazzocchi inviata a Giovanni Spadolini in questo modo:
«Cari Storici,
ho visto i vostri libri sul Mondo ‘delle parole dell’architettura’. Complimenti! Siete stati proprio bravi. Ci vuole infatti una bravura eccezionale per fare la storia del Mondo senza nominarmi!»
Una storia che andrebbe scritta.
Gianni Mazzocchi prima di morire il 24 ottobre 198416, chiamò come direttore di Domus Ernesto Nathan Rogers (1946 - 1947), fece ritornare Giò Ponti (1948 - 1979) e infine Alessandro Mendini (1980 - 1985) una nuova scommessa per l’architettura che in quegli anni ospitò, forse, l’ultimo dei dibattiti internazionali di matrice italiana.
Oltre le vicende legate all’architettura ricordo altre quattro iniziative editoriali:
  • 4 novembre 1945, crea il settimanale L’europeo diretto da Arrigo Benedetti, dando forza al giornalismo d’inchiesta con gli articoli firmati da Oriana Fallaci, Camilla Cederna, Enzo Biagi, Oreste del Buono, Ennio Flaiano, Lietta Tornabuoni ed erano elaborati (non corredati) con le fotografie di Ferdinando Scianna, Tazio Secchiaroli, Uliano Lucas, Giancolombo. Gianni Mazzocchi, come scriverà nel 1983 nella lettera inviata a Giovanni Spadolini, sosteneva: «pensavo e penso tuttora che solo in un Europa unita l’Italia avrà un brillante avvenire»17;
  • 19 febbraio 1949, crea il settimanale Il mondo diretto da Mario Pannunzio, stessa eleganza dell’Europeo con una visione più liberale;
  • 1950, Il Cucchiaio d'Argento un ponderoso libro di ricette che ha superato nel tempo il milione di copie vendute;
  • Febbraio 1966, il mensile Quattroruote ideato per informare il guidatore medio, dove affianca alla sua figura di editore, per la prima volta, anche quella di direttore.
Infine va ricordato un suo dramma familiare del 24 maggio 1978, in una Milano invasa da cortei e terroristi di destra e di sinistra, un’organizzazione malavitosa, autoctona, sequestrò sua figlia Maria Grazia (adesso imprenditrice e ideatrice - nel 1982 - della Domus Accademy) chiedendo un riscatto di un miliardo e mezzo di lire. Riscatto che Gianni Mazzocchi cercò di pagare ma fu scoperto dalla polizia che arrestò la sua seconda figlia Giovanna (attuale direttrice dell’Editoriale Domus) con il pacco contenente i soldi.18
Immagine tratta dall'archivio del giornale Unità
Maria Grazia Mazzocchi venne liberata il 29 luglio del 1978 dopo 67 giorni di prigionia.
Ho voluto ripercorrere alcuni tratti della storia di Gianni Mazzocchi per anticiparvi la prossima intervista con il nuovo direttore della rivista Domus, Joseph Grima.

6 agosto 2011

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Note:
1 Qui è visibile la prima pagina Web (l'indirizzo web era diverso).
2 S. G., L'editore che ha inventato 'il Mondo' e 'Quattroruote', La Repubblica, 26 ottobre 1984. Link. Testo integrale ripubblicato qui.
3 AA. VV., Gianni Mazzocchi editore, Editoriale Domus, Rozzano, 1994
4 Righetti Donata, Vola alto la signora Quattroruote, Corriere della Sera, 19 gennaio 1998, p. 4. Link
5 Giuseppe Pagano, Case balilla costruite dagli architetti Mansutti e Miozzo (1993), in Storia dell’architettura italiana. Il primo Novecento, a cura di G. Ciucci e G. Muratore, Electa, Milano, 2004, p. 237.
6 Ho consultato i libri di storia di M. De Benedetti, L. Benevolo, M. Biraghi, G. Ciucci, F. Dal Co, C. De Seta, K. Frampton, G. Muratore, A. Pracchi, A. Saggio, M. Tafuri, B. Zevi, il libro collettivo 'L'Europa dei razionalisti', una monografia su Raffaello Giolli e varie monografie dedicate ad alcuni architetti del periodo.
7 Primo numero edito il 15 gennaio 1928.
8 Gianni Mazzocchi, Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani on line, sito visitato il 30 luglio 2011. Link

9 Op. cit., Gianni Mazzocchi, Dizionario Biografico degli Italiani.
10 A cura di Luciano Caramel, L'Europa dei razionalisti, Electa, Milano, 1989, p. 232, cit. in Carlo Belli, Kn, Milano, 1935.
11 Marco Biraghi, Storia dell'architettura contemporanea I (1750-1945), Einaudi, Torino, p. 328.
12 Leonardo Benevolo, Storia dell'architettura italiana, Laterza, Roma, 1990, p. 571. Ho citato volutamente il Benevolo poiché è il meno antifascista tra gli storici italiani.
13 Gerbi Sandro, Il mondo creato da Mazzocchi, Corriere della Sera, 9 marzo 1995. Link
14 In copia anastatica allegata a Casabella n. 763, febbraio 2008, costruzioni/Casabella, n. 195/198, dicembre 1946, p. 80.
15 Op. cit. in copia anastatica allegata a Casabella n. 763, p.82.
16 Redazionale, È morto l'editore Gianni Mazzocchi, La Repubblica, 25 ottobre 1984. Link
17 Testo integrale ripubblicato qui.
18 Righetti Donata, Milano con la paura del sabato sera, Corriere della Sera, 15 agosto 1998, p. 39. Link

Foto iniziale tratta dalla Gallery Mazzochi di Virtualcar.it qui

2 commenti:

  1. Le parole di Pagano suonano attualissime: "rimminchioniti" mi sembra un aggettivo perfetto per gli architetti di ieri come di oggi.

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  2. Rem,
    c’è un ritratto di quel periodo scritto da Leonardo Benevolo, non un eversore di sinistra, che mi ha fatto riflettere: «Per capire come si svolge il dibattito italiano nel decennio fra il '20 ed il '30 - secondo Leonardo Benevolo - bisogna tener conto dell'isolamento e della scarsità dei contatti con l'Europa, accentuata dal protezionismo culturale di regime. Nessuno prima di Persico si rende conto neppure parzialmente di quel che avviene in Germania, persino le informazioni sono scarse, subito tradotte nei termini convenzionali del dibattito locale».
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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