«Curiosamente quasi tutte queste immagini sono vuote»
Walter Benjamin1 (ndr a proposito di Eugène Atget)
Walter Benjamin1 (ndr a proposito di Eugène Atget)
Tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento Eugène Atget percorse Parigi a piedi con il suo apparecchio fotografico 18 x 24 a soffietto che aveva delle lenti interscambiabili che gli consentivano di cambiare la lunghezza focale, ma non di evitare lunghi tempi di posa e le vignettature. Un apparecchio pesante che lui non cambiò mai anche quando la tecnologia era andata avanti. Percorreva Parigi in pieno giorno. Il lungo tempo di esposizione fissava gli oggetti, ma non la gente che passava. I paesaggi vuoti che otteneva in realtà erano pieni di vita urbana.
Tomoyuki Sakaguchi* nel 2008 con la sua bicicletta ha percorso il quartiere dove vive, ‘Tama’* nella città di Tokyo, munito di una macchina digitale con delle lunghe esposizioni, ha fotografato il paesaggio urbano notturno. Ha chiamato questo suo lavoro ‘home’ poiché in realtà i vuoti delle sue immagini celano la vita urbana che a quell'ora dorme.
1 Walter Benjamin, Giorgio Agamben (a cura di), Parigi, capitale del XIX secolo. Progetti appunti e materiali 1927-1940, Giulio Einaudi Editore, 1986.
con quanto ritardo...
RispondiEliminale vedo attraverso uno schermo. rivelano uno splendore di vite dentro case, passaggi, movimenti che viventi hanno lasciato
nelle strade, attorno a cose toccate.
una meditazione, stare con la macchina e attendere per la giusta durata.
una confidenza che home dà per l'attesa della luce nascosta nei luoghi e che la notte apre nella scrittura di queste foto.
per lo splendore intimo che riflettono
Tommasina,
RispondiEliminaqueste foto non hanno fretta, svelano una doppia intimità urbana e umana:
orti, strade, specchi, tetti a falde, segnaletica, auto, pali, transenne, recinzioni, biciclette, giardini, pertinenze, fiori, fioriere, vasi, muretti, buca delle lettere, cancelletti, decoro, guard rail, tag, manifesti e asfalto forse molto asfalto.
In pratica la nostra vita, basta solo imporsi un tempo lungo di osservazione senza l’ansia della semplificazione.
Saluti,
Salvatore D’Agostino