24 giugno 2010

0032 [MONDOBLOG] Coraggio, il meglio è passato! [2]

di Salvatore D'Agostino

introduzione e prima parte
«È oramai passato più di un anno dall’inizio di “mirtilli”, tempo che rispetto agli orologi (e calendari) del web è infinitamente lungo e infinito.
Tutte le cose belle hanno in genere un inizio e una fine, sennò poi diventano quelle robe alla Enzo Mari che si trascinano per mesi (per anni) e diventano in genere noioserrime (detto diverso: un bel gioco dura poco e questo è già durato tantissimo). 
;-)
Da cui, ho pensato che così come il tutto nasce per caso (una chiacchierata a cena), il tutto deve anche finire nello stesso modo: senza particolare motivo, senza particolare ragione». (Stefano Mirti)
Pubblicato su Abitare -versione on-line - il 18 giugno 2010 alle ore 9.53. Titolo KissKissContemporaneamente, quel giorno, ero alle prese con i soliti noiosissimi problemi di blogspot, per la pubblicazione della prima parte del colloquio con lo stesso Stefano Mirti. In seguito pubblicato alle 11.50. Come dice Fabrizio Gallanti - nei commenti del post di addio - questo colloquio su Wilfing Architettura è un bilancio retroattivo sul parablog ‘Mirtilli’. Forse, non era nelle mie intenzioni, capisco che la peculiarità più viva del blog sia il suo non essere: redazionale, programmato, infinito.

Per questo motivo un blog è una scialuppa di salvataggio in navigazione precaria.  
Dopo l’approdo auguro a Stefano Mirti un buon tutto.

;-) faccina ‘mirtiana’ di congedo.


Istruzioni per l’uso | Blog |

Il 14 dicembre 2008 il sito Web della rivista Abitare si è trasformato in blog, una mutazione indolore poiché già sperimentato da qualche tempo dai quotidiani e da molti magazine.
Inizia con una tua lettera indirizzata a Stefano Boeri: «Perché su “Abitare” non promuovete un dibattito vero sulle nuove modalità di rapporto tra soggetti pubblici e soggetti privati? il ruolo dei progettisti nel mondo che cambia, l’esercizio di incastro tra gli interessi privati e gli interessi pubblici. Questo è il tema vero, è il tema reale che interseca qualsiasi operazione di trasformazione effettiva nel nostro paese. Questo tema richiede una quantità infinita di intelligenza e capacità: la ridefinizione del ruolo del progettista in un mondo in cui tutto è cambiato, in cui qualsiasi modello precedente è stato messo in crisi e si sta faticosamente cercando di ridefinirne di nuovi. Sennò, tutto quanto si riduce al gossip tipo Amanda o Garlasco (vedi i resoconti su Casamonti) e non so quanto questo sia utile e/o interessante. Che dici?»1

Il 23 marzo 2009, sempre sul sito di Abitare, iniziano le pubblicazioni dei suoi post nella rubrica/blog ‘Mirtilli’.2 - [Sulla blogghizzazione delle riviste storiche italiane e sulla sua rubrica blog ne ho parlato qui] -

A che cosa serve un blog per un architetto?


In tutta sincerità, non lo so. Ho questo fondato sospetto che di sua natura non serva a nulla (in tutta sincerità a me non serve a nulla ed è il motivo sostanziale per cui mi piace farlo e per cui lo faccio).

In verità io ho una certa qual esperienza del tutto. Tra il 1998 e il 2001 ho vissuto in Giappone, in un'epoca in cui i blog non c'erano ancora.

Allora, al terzo giorno di Tokyo mi ero stufato di dover mandare venti mail uguali a venti amici e parenti in cui raccontavo di cosa facevo e come era 'sto Giappone.
Avevo dunque inventato il "tokyodiary", ovvero un diario quotidiano che mandavo alla mia mailing list.Dopo poco, il tutto mi era sfuggito di mano da cui si era progressivamente definita una mailing list di centinaia e centinaia di persone che non conoscevo (l'amico dell'amico dell'amico).
Alla fine dei miei tre anni in Giappone, ho capito che di tutte le mille cose fatte (che sono state diverse), la cosa più bella in assoluto era per l'appunto il tokyodiary.

Tokyodiary che non ha mai avuto applicazione pratica. Che non ho mai voluto trasformare in libro, che aveva un senso nel momento in cui lo facevo e non un secondo dopo.


screenshot n. 0 del 'Tokyodiary' 31 ottobre 1998

Da cui, credo che un blog abbia la stessa funzione del tradizionale diario.
A grandi linee non serve a niente. Che è però quel tipo di servire a niente che ritroviamo nella musica, nel flirtare con la cameriera al bar, nel guardare un vecchio film di Bunuel.

Quel "servire a niente" che è poi l'essenza delle nostre vite ed è il motivo ultimo per cui siamo su questa terra.
Il blog è come il taccuino con gli schizzi e gli appunti (che non mi capita mai di ritornare a guardare), come i ritagli che conservo preziosamente e che finiscono in scatole che non verranno mai aperte.

Tutte cose che si fanno perché c'è un desiderio profondo, una necessità impellente, attività che chiedono di essere fatte, che esigono da me di essere fatte, ma che non hanno alcuna utilità pratica.

Scrivere "mirtilli" non ha per me alcun significato e/o applicazione pratica. Lo faccio perché mi piace, perché mi diverte, perché so che si sono altre persone a cui piace.
Fine della storia.

Appena un blog acquisisce un doppio fine, tendenzialmente è la fine.
Questo detto, se le mi consente, appena un'attività professionale, un lavoro, una vita...

...acquisisce un doppio fine, tendenzialmente lì è la fine.


Batofobia | Piazza italiana |

Piazza del Duomo a Milano, piazza della Signoria, piazza del Campo, piazza San Pietro, piazza del Plebiscito a Napoli, piazza Duomo a Siracusa sono dei vuoti urbani relazionali e commerciali.

«La domenica, le piazze italiane sono vuote. Quasi deserti gli stadi, le chiese, i cinema, i tradizionali luoghi della vita sociale. Sono tutti all'outlet.»3
Le nostre piazze ‘relazionali e commerciali’ (perdoni la ripetizione) sono state affidate agli strateghi del marketing, lasciando la gestione di alcune aree sensibili agli addetti dello 'stile sovraintendenza' così definiti da Federico Zeri.
Perché abbiamo ceduto i temi architettonici e sociali della città agli operatori del marketing 'politico/commerciale'?


Perché sono più svelti, più abili, più scaltri, più intelligenti ed efficaci.

Marco Polo va in Cina per fare soldi non per conoscere nuovi mondi o per conoscere se stesso.
Il milione non è un diario di viaggio, è un baedeker commerciale.
Da questo punto di vista, nulla di nuovo sotto il sole.

Poi, ogni civiltà esprime gli spazi e le strutture urbane che è in grado di generare.
Se una civiltà aa che ogni persona passa mediamente otto ore davanti alla televisione, sarebbe molto strano il fenomeno opposto (che poi la gente si dedica alla costruzioni di piazze sofisticate e complesse).

:-)

Flaiano in merito disse il celebre: "coraggio, il meglio è passato"...

;-)

Batofobia | Architettura vuota |
«La maggior confusione nella “critica” d’architettura è di fatto dovuta alle riviste legate alla professione: gli architetti dovrebbero fare architettura e gli storici storia. Immagina che cosa accadrebbe se io costruissi una casa? 
[…] 
Se un architetto ha bisogno di leggere per capire dove si trova, è senza alcun dubbio un cattivo architetto!Francamente non vedo l’importanza di spingere la teoria nella pratica; al contrario; per me è il conflitto delle cose che è importante, che è produttivo. Non lo vedo come una profezia, ma ciò che quindici anni fa ho scritto in Progetto e utopia è diventato oggi un'analisi abbastanza normale: le utopie non esistono più. L’architettura dell’impegno, che cercò di coinvolgerci politicamente e socialmente, è finita, e ciò che si può ancora fare è architettura vuota. Oggi un architetto è costretto a essere o un grande o una nullità. Questo per me non è veramente il “fallimento dell’architettura”: dobbiamo invece guardare a ciò che un architetto poteva fare quando certe cose non erano possibili, e a ciò che poteva fare quando lo erano. Ecco perché insisto sugli ultimi lavori di Le Corbusier, quando non aveva più messaggi da imporre all’umanità. E come da tempo cerco di chiarire quando parlo di contesto storico, nessuno può determinare il futuro.» (Manfredo Tafuri)4

Credo che il mondo in cui l'architetto fa le case e lo storico scrive le storie, sia un mondo finito.
Se l'architetto iniziasse a raccontare delle storie, sarebbe una cosa ottima.
Se poi lo storico o il critico iniziasse a costruire case, queste non potrebbero venire peggio di quelle costruite dagli architetti.

:-)

«Se un architetto ha bisogno di leggere per capire dove si trova, è senza alcun dubbio un cattivo architetto!» (Manfredo Tafuri)
Ma no... Inizierei con un suggerimento.
Se al termine architetto sostituiamo il termine "progettista", facciamo già dei passi avanti.
«Se un progettista ha bisogno di leggere per capire dove si trova [...]» (Manfredo Tafuri)
Che cosa legge?

storie?
romanzi?
saggi critici?

Se un progettista legge per capire dove si trova, mi sembra sia un'attività più che lecita e sensata.
Perché non dovrebbe farlo?
«Francamente non vedo l’importanza di spingere la teoria nella pratica; al contrario; per me è il conflitto delle cose che è importante, che è produttivo. Non lo vedo come una profezia, ma ciò che quindici anni fa ho scritto in Progetto e utopia è diventato oggi un’analisi abbastanza normale: le utopie non esistono più» (Manfredo Tafuri)
Parzialmente vero (le utopie che non esistono più).

Le utopie si sono mescolate alle distopie, ai multiversi...

Si che esistono, semplicemente sono cambiate...
«L’architettura dell’impegno, che cercò di coinvolgerci politicamente e socialmente, è finita, e ciò che si può ancora fare è architettura vuota». (Manfredo Tafuri)
Più o meno concordo.
Ciò detto, l'idea di fare architettura vuota non mi sembra orrenda o disdicevole.
«Oggi un architetto è costretto a essere o un grande o una nullità». (Manfredo Tafuri)
Ma va... Sono stupidaggini.
Ognuno nasce in un suo periodo, in una sua epoca. Questa epoca funziona così.
Perché essere così pessimisti?
«Questo per me non è veramente il “fallimento dell’architettura”: dobbiamo invece guardare a ciò che un architetto poteva fare quando certe cose non erano possibili, e a ciò che poteva fare quando lo erano». (Manfredo Tafuri)
Non mi sembra, non sono d'accordo. Guardiamo piuttosto a come funziona l'oggi (se necessario leggendo), e regoliamoci di conseguenza.
«Ecco perché insisto sugli ultimi lavori di Le Corbusier, quando non aveva più messaggi da imporre all’umanità». (Manfredo Tafuri)
Mah... Mi sembrano grossolane generalizzazioni. L'ospedale di Venezia, il Cabanon, le case Jaoul e Shodan. Tutto Chandigarh...
Quelli sono messaggi per l'umanità pazzeschi, esattamente uguali al primo Le Corbusier.
La torre d'ombra che tanto appassionò il giovane Francesco Venezia...

Gli ultimi vent'anni di Le Corbusier a me sembrano molto più importanti dei primi venti, soprattutto perché aveva una quantità di messaggi infiniti per l'umanità.

Il Le Corbusier del Modulor non era un messaggio per l'umanità?

Mah...
«E come da tempo cerco di chiarire quando parlo di contesto storico, nessuno può determinare il futuro». (Manfredo Tafuri)
Tranne mia mamma che di mestiere fa l'astrologa...

http://www.graziamirti.com/

;-)


Batofobia | Web|

La prima piattaforma intuitiva per la gestione di un blog fu creata da Bruce Ableson il 20 ottobre 1998 con il nome di Open Diary,5 dove Xochiquetzal creò il suo Blog Moon Worshiper. Il 17 dicembre 1998 nel suo primo post Emergence of a Nonconformist si trova una delle più interessanti definizioni delle scritture in rete: 

«to write so beautifully on this alluring blank space».
Il Web è un 'affascinante spazio vuoto'?
A grandi linee si. Ed è affascinante proprio perché vuoto...

:-)


Ecco l’ultima domanda:*

A proposito di alcune sue considerazioni sui testi di architettura:


«Se riduciamo il ventesimo secolo dell’architettura a tre testi, questi sono (parere opinabile): “Verso un’architettura” di Le Corbusier, “Learning from Las Vegas” di Venturi/Scott-Brown/Izenour, “L’architettura della città” di Aldo Rossi. A cui si può aggiungere forse “Delirious New York” di Koolhaas.6
Leggendo il libro ‘Le parole dell’architettura’ a cura di Marco Biraghi e Giovanni Damiani7 e camminando per le nostre città dai bordi verso l’interno, non riesco a rintracciare nessun nesso tra le parole e la matericità di ciò che vedo.
Capisco il ruolo del critico - che deve selezionare tra gli architetti più autorevoli della seconda metà del XXI secolo le parole più interessanti - ma ciò che non comprendo è il motivo del rimosso (non solo da parte di questi curatori) di alcune ‘Parole dell’architettura’.


Anche in questo libro tutti i testi indicati hanno in comune la sindrome ‘da manifesto’ ovvero l’idea degli architetti di scrivere teorie – pontificare – sull’architettura.

Per chiarire meglio il concetto, ecco un elenco di quattro testi rimossi in quest’ultimo mezzo secolo, in ordine cronologico:

Gio' Ponti, "Amate l’architettura", Vitali e Ghianda, Genova, 1957. Per la prima volta, l’architettura viene raccontata attraverso un testo diffranto. Offendo aforismi da riformulare: «non per dettare legge, se mai per eccitare alla contraddizione: perché un libro è un colloquio, non un soliloquio. Solo nella follia parliamo da soli».8
Su Gio' Ponti io ammetto di avere un pregiudizio.
Non ho mai capito le sue architetture e ancora meno i suoi testi. Credo che sia ovviamente un mio limite, ma non so proprio cosa farci.
Ho iniziato "Amate l'architettura" venti volte e per venti volte l'ho abbandonato ucciso dalla noia totale e assoluta.

Sorrysorrysorry.

I due o meglio tre numeri della rivista (per semplificare) "Pianeta Fresco" edito tra il dicembre 1967 e l’equinozio invernale del 1968.
Dove le idee avevano il gusto di un gioco fatto bene. Ad esempio: i ‘Gazebo’s’ degli Archizoom con l’ironica agenzia export- import tra l’Italia e il Medio Oriente che anticipa - non di poco - i temi dell’architettura odierna. Estrapolo una frase dalle pagine iniziali:

«La sentenza 
Il pozzo. Si cambi pure la città, Ma non si può cambiare il pozzo. Non cala e non cresce. Se si è quasi raggiunta l’acqua del pozzo, Ma non si è ancora ben giù con la corda, Oppure se si infrange la bocca, questo reca sciagura. 
Nell'antica Cina le capitali venivano travolta trasferite, in parte per ragioni di sito più favorevole, in parte per mutamento di dinastia. Lo stile architettonico mutò nel corso dei secoli, ma la forma del pozzo è un’immagine dell’organizzazione sociale dell’umanità riguardante le più primitive necessità della vita, che indipendenti da qualsiasi formazione politica. Le formazioni politiche, le nazioni mutano, ma la vita dell’uomo con le sue richieste rimane la stessa. In ciò non si può cambiar nulla. Le stirpi vengono e vanno, ed esse tutte fruiscono della vita nella sua inesauribile copia.»9
Ma Sottsass era in un'altra "league". Se lei parla dei testi importanti per l'architettura io dico appunto Le Corbusier, Venturi, Rossi, Koolhaas.
Sottsass è tre spanne sopra, è un altro universo.
Sottsass parla della vita, delle cose importanti. Mica lo mettiamo assieme ai carpentieri...

:-)

Bruno Munari, "Codice ovvio", Einaudi, Torino, 1971.
Leggere Munari significa entrare in una ‘Camera delle meraviglie’, dove serve solo comprendere il significato di ‘ovvio’:
«Il più grande ostacolo alla comprensione di un’opera d’arte è quello di voler capire.»10
Amo molto Bruno Munari, trovo insopportabili i munariani.
Munari era uno bravo, faceva cose belle, lì detto stop.
Aveva tre concetti interessanti e belli su cui ha scritto duecento libri tutti uguali. Letto uno, letti tutti.
Munari mi piace e lo amo, però potrei citare altre ottocento persone che mi piacciono e fanno cose che mi piacciono.

:-)

Maurizio Sacripanti, Città di frontiera, Bulzoni, Roma, 1973.
Ovvero il credito formativo di Rem Koolhaas. Fulvio Irace in un recente articolo su Domus11 associa il suo progetto ‘Total teatro di Cagliari’ al Transformer di Prada di Koolhaas.


Ecco, Sacripanti è uno che proprio mi intriga e mi affascina.
Di cui però non so tantissimo. Tipo Musmeci. Che vedi i lavori e non riesci a capire come sia che non siano celeberrimi e studiatissimi.
Per esempio, quel testo che lei cita, non solo non l'ho letto, ma non sapevo neppure che esistesse.

Io credo che le opere tautologiche Koolhaas=Sacripanti siano:

Wyly Theatre, At&T Performing Arts Center, Dallas = Progetto Total teatro di Cagliari
Transformer di Prada, Seoul = Progetto per l’Expo 70 di Osaka


Conosco quei lavori di Sacripanti, mi sembrano assoluti, Koolhaas è un'idrovora che sa tutto e succhia tutto. Si, possibile...

Senza trascurare il grosso debito teorico. Prelevo dal libro ‘Città di frontiera’ altre parole rimosse:
«E la città, zavorrata dal greve storico, sorpresa dal futuro, artificiosamente si spezza, ammutolisce, si scopre androgina e sterile all’innesto di ogni nuovo, si esaurisce, si “sdoppia”: un sopra e un sotto. Sopra, parallelismi urbanistici dove le strade perduto il racconto non comunicano più; sotto, i canali per persone e cose; sopra, l’anonimo; sotto, l’utile. Così dalla comunicazione magica dello spazio scavato per il pozzo si è passati, senza magia, alla città scavata per i servizi.»12
Credo che Koolhaas abbia un credito formativo nei confronti di tutta quella generazione, non di Sacripanti nello specifico.

Premettendo che le parole più interessanti dell’architettura italiana sono scritte nel "Nuovo nuovissimo manuale dell'architetto" edito dal Tribunale ordinario di Firenze, a cura del Giudice delle Indagini preliminari Rosario Lupo e che il libro più letto dai 400mila tecnici del settore edile è la legislazione italiana con, in allegato, la Gazzetta Ufficiale.

Ecco in altri quattro punti ciò che stiamo rimuovendo in questo momento.

La cultura hacker.
Nell'idea di Richard Stallam di abbandonare l'uso da default dei software e di comprenderne i codici. Per uscire fuori dai default CAD e ricodificarli, come la mano dell’architetto fa con la matita.


La cultura hacker è tipo Bruno Munari. A un certo punto diventa di moda, tutti ne parlano, tutti la citano, poi a un certo punto finisce e il mondo va avanti come prima.

La semantica.
Ovvero la grammatica del nostro presente fisico, nonché del futuro dell'informatica. Al momento conosco un libro per capire - che le parole, come sostiene Umberto Galimberti, mutano di significato secondo come sono abitate in un dato momento dagli uomini - ed è la prima parte di ‘Lezioni di enigmistica’ di Stefano Bartezzaghi.13
Per possedere il senso della composizione.

Se lei ama il tema, le suggerirei piuttosto "Una diversa tradizione" di Corrado Levi. Anche Christopher Alexander aveva scritto testi importanti e definitivi sul tema (quando Galimberti e Bartezzaghi andavano ancora all'asilo infantile).

La lista.
Per maturare il non senso delle teorie di architettura tassonomiche e per avere il piacere della vertigine della lista secondo i suggerimenti di Umberto Eco.14


A me le liste piacciono moltissimo, da cui sull'importanza della lista mi trova d'accordo e simpatetico.

La legislazione italiana.
Per sapere come cambiarla.


Su questo non saprei cosa dire.

Quali sono ‘le parole dell’architettura’ della seconda metà del secolo passato e i temi significativi dell'architettura italiana di oggi?

Mi sembra una domanda troppo difficile. O meglio, una domanda che non mi appassiona e sulla quale non saprei dire grandi cose.
Specificatamente sui "temi significativi dell'architettura italiana di oggi" ho qualche difficoltà.

Non penso noi si sia in un'epoca da "temi significativi".
L'architettura così come la conosciamo sta annaspando e collassando.
L'italianità è una categoria che conosco ma che non mi appassiona.
L'oggi in quanto oggi ha da essere vissuto e non classificato.

Grazie mille per la chiacchierata, buona giornata.

Grazie a lei.


24 giugno 2010 (ultima modifica 19 settembre 2012)
Intersezioni ---> MONDOBLOG
Come usare WA --------------------- ------------------------------Cos'è WA

__________________________________________
Note:
1 Stefano Mirti, La professione in Italia, Abitare on-line, 14 dicembre 2008. Link
2
 
Stefano Mirti, A Milano, Nuovo giro al Design Museum della Triennale, Mirtilli, 23 marzo 2009. Link
3
 Aldo Cazzullo, Outlet Italia, Mondadori, Milano, 2007, p. 3
4
 Richard Ingersoll, There is no criticism, only history, Design Book Review, Spring, 1986. Anche in Casabella n. 619/620, gennaio/febbraio 1995, p. 98.
5
 Per la storia dei blog: Salvatore D'Agostino, 0026 [MONDOBLOG] La storia del blog e una storia blog Elmanco, Wilfing Architettura, 2 febbraio 2010. Link
6
 Stefano Mirti, Playscape, Abitare: blog 'Mirtilli', 5 aprile 2010. Link
7
 a cura di Marco Braghi e Giovanni Damiani, Le parole dell’architettura, Einaudi, Torino, 2009.
8
 Giò Ponti, Amate l’architettura, Vitali e Ghianda, Genova, 1957.
9
 I due numeri di 'Pianeta fresco' sono leggibili in rete qui.

10 Bruno Munari, Codice ovvio, Einaudi, Torino, 1971.
11 Fulvio Irace, I flussi carsici della storia, Domus, maggio 2010, n. 936, pp. 62-71.
12
 Maurizio Sacripanti, Città di frontiera, Bulzoni, Roma, 1973.
13
 Stefano Bartezzaghi, Lezioni di enigmistica, Einaudi, Torino, 2001.
14
 Umberto Eco, Vertigine della lista, Bompiani, Milano, 2009.
* La domanda è stata sezionata in più parti.

18 giugno 2010

0031 [MONDOBLOG] Coraggio, il meglio è passato! [1]

di Salvatore D'Agostino

Per caso nella sala di aspetto del mio dentista ho scoperto che la rivista Vanity fair alla fine di ogni articolo indica:
«Tempo di lettura previsto: x minuti».
Il blog offre spazi illimitati e soprattutto non ha un legame commerciale con il lettore, in questo caso i 38.500 caratteri comprensivi di spazio mi sembravano eccessivi. Per comodità ho diviso in due parti un colloquio avuto con Stefano Mirti autore del blog (a mio avviso non rubrica) Mirtilli per la versione on-line della rivista Abitare.

Buongiorno Stefano, mi piacerebbe partire con tre effetti, passando da alcune istruzioni per l'uso e finire analizzando la batofobia.

Buongiorno Salvatore, partirei dai tre effetti e nel frattempo cerco sul dizionario che cosa vuole dire "batofobia".

Prego.

Non facile.
Partirei dal distorsore utilizzato per distorcere il suono della chitarra o basso elettrico. In gergo chiamato "fuzzbox". In quest'ambito sono abbastanza un tradizionalista e dovendo dare dei riferimenti opterei per alcuni celebri pezzi di Jimi Hendrix e le parti di George Harrison in alcune canzoni dei Beatles.
Secondo effetto, direi il filtro di Photoshop. Tra i mille filtri, il mio prediletto è il "photocopy" (all'interno della famiglia "sketch").
Terzo effetto... Ci penso un attimo.


E sulle istruzioni per l'uso?

Qui è più facile. Direi il gioco "Life", alla base di ogni ragionamento riferito a sistemi generativi di ogni sorta. Poi, potrei dire il "Whole Earth Catalogue" di Stewart Brand e altri e ci siamo tolti il problema (delle istruzioni per l'uso).
Posso poi anche dire che quando abitavo in Giappone, una delle cose più strane che avevo fatto era quella di tradurre in italiano una quantità non banale di libretti di istruzioni di aggeggi ed elettrodomestici vari.

Nel frattempo ha trovato che cosa vuole dire "batofobia"?

Dunque, Capisco ora che la batofobia è la paura delle altezze, dello spazio, del vuoto, dello stare vicino a edifici alti. Diciamo che dovendo scegliere tra "fobie" e "philie", le seconde mi sembrano molto più affascinanti...

Le trascriverei un pezzo che mi sembra rilevante: L’inizio dell’effetto | Beaubourg |1
«Durante il medesimo periodo, il progetto per l’edificazione del centro era stato tirato a sorte tra le diverse centinaia che erano stati presentati, e mi fece molto piacere che la scelta fosse toccata a quello dei due giovani architetti vegetariani Ropers e Giano. L’originalità del loro progetto consisteva soprattutto nella messa al bando di qualsiasi originalità, di qualunque ornamento o leccatura, anti-Belle Arti per eccellenza, ritorno nostalgico ai ferri e alle sbarre multicolori del primo Meccano di questi figli perduti di Mies. In profondità, il futuro centro non avrebbe occupato che quattro livelli, il che lasciava disponibile tutta la parte più interna del buco per il nostro centro. 
[...] 
L’inaugurazione del centro Nobile era stata fissata per il 15 dicembre 1975, poi rinviata di un anno; il che andava bene anche per noi, perché la nostra opera di sistemazione non era ancora terminata. Dunque il 15 dicembre 1976 i centri sovrapposti sono stati inaugurati, ciascuno a modo suo.
Mentre il presidente e gli alti funzionari della pubblica Istruzione e della Cultura ufficiale percorrevano i piani superiori e inauguravano solennemente i locali del Centro di Creazione Industriale, della Biblioteca pubblica, degli stand per la vendita di riproduzioni artistiche eccetera, noi ci dedicavamo agli ultimi preparativi per la nostra prima assemblea generale. A dire il vero, ventisette piani al di sotto di quello dove le autorità pronunciavano le loro tiritere e si ingozzavano di crostini e pasticcini, i preparativi erano stati volontariamente sommari, limitandosi ad un sistema di altoparlanti e ad una profusione di gessi, per consentire ai partecipanti di segnare sulle pareti le eventuali decisioni dell’assemblee inaugurale e costituente. Niente sedie, né banchi, né tavoli, né portaceneri: la gente stessa avrebbe deciso sull’eventuale utilità di provvedere all’istallazione di siffatte attrezzature.»2

Il sociologo francese Albert Meister nel suo romanzo ‘Sotto il Beaubourg’ immaginava una cultura Superiore catalizzatrice della Cultura-Spettacolo, Cultura-potere, Cultura-Merce che inaugurava il suo centro nell’attuale Beaubourg e una Cultura inferiore che contemporaneamente nasceva nelle viscere di Parigi - esattamente ventisette piani sotto il Beaubourg - che negava l’Accademia, l’Autorità e la Gerarchia.

Che cosa è avvenuto il 15 dicembre 1976?

Eh... Non facile la risposta.

Rispetto al Beaubourg e al suo effetto, tenderei a dire che l'aspetto rilevante è Gordon Matta-Clark che cala l'asso di bastoni (e si fotte Piano e Rogers con uno dei suoi lavori più incredibili).
Da questo punto di vista, il cantiere del Beaubourg è niente a confronto del buco di
Matta-Clark sull'edificio dirimpetto...
Conical Intersect - 1975

Procederei con: La maturità dell’effetto | Bilbao |

Procediamo...

A proposito del Guggenheim spagnolo, il filosofo John Rajchman in un piccolo saggio apparso su Casabella3 s’accigliava: 
«Per Baudrillard, la “società della simulazione” si incarna nel Pompidou – mediante il quale si mirava a trasformare un quartiere storico di Parigi - e in ciò che definisce “effetto Beaubourg". Ai suoi occhi, il Beaubourg ci presenta lo spettacolo di un pubblico che sciama in massa attraverso i tubi a vista della facciata, spinto dal desiderio feticistico di toccare le reliquie di una cultura ormai defunta e nata, invece, all'egida della segretezza e della trasgressione. Analogamente, spiega Baudrillard, poiché neanche le città sono più in grado di rinnovarsi, sono riprodotte artificialmente attraverso la simulazione. Su tale effetto, coltiva una fantasia entropica, per cui l’intero edificio potrebbe crollare sotto il peso di masse affamate di feticci, in un processo di “implosione” nelle “ grandi metropoli”. È possibile rinvenire un senso nuovo di spettacolo urbano nel museo Guggenheim progettato da Frank Gehry a Bilbao?»
A me sembra che Gehry a Bilbao si muova lungo le stesse esatte linee di Piano e Rogers a Parigi/Pompidou. La ricetta mi sembra essere la medesima.

Gli Archigram indicano la Luna, Piano e Rogers osservano il dito e non capendo che c'è la luna lo costruiscono tel-quel.
Da lì in avanti e un reiterare over and over il modello originario archigramesco declinato in tutte le forme possibili (generalmente non interessanti e noiose).

«Dobbiamo parlare di "effetto Bilbao"?» (John Rajchman)

Mi sembra uguale all'effetto Beaubourg. Semplicemente perché prima le ho girato la foto di Matta-Clark, direi che ancora una volta (come sempre), gli artisti sono circa trent'anni avanti.
Mentre Gehry trasforma le intuizioni di Picasso in edificio costruito (con ottantanni di ritardo), l'arte nel frattempo è già su un altro pianeta.
Si pensi alla spirale di Robert Smithson, al già citato Matta-Clark, ai primi lavori di Richard Long alla fine degli anni Sessanta.

Mentre Gehry è impegnato a fare il Picasso 3d (fuori tempo massimo), James Turrell è già alle prese con il vulcano nel deserto...

;-)
«Già in fase di costruzione, quello di Gehry è stato un edificio pubblicizzato dai media, forse il più pubblicizzato in tutta la storia dell’architettura. Al tempo stesso, sembra che il problema sia mutato: la questione non è più la dispersione dei centri urbani in sobborghi automobilistici-consumistici, né la densità e l’implosione di quanto è al centro della grande metropoli. Qui si tratta , invece, del tentativo di catturare il commercio globale, in un ambiente in cui si chiama l’architettura (o lo spettacolo dell’architettura) a svolgere un ruolo-chiave». (John Rajchman)
L'architettura secondo me non conta nulla. Nell'esempio che lei dice, il ruolo centrale c'è l'ha la comunicazione.

Il Guggenheim di Bilbao è stato inaugurato 21 anni dopo il Beaubourg, che cosa è successo quel giorno (18 ottobre 1997)?

Di nuovo, nulla. Se lei va su Wikipedia nelle voci riferite ai giorni specifici e che cosa è successo in quei dati giorni, l'architettura non c'è mai (in quanto non conta nulla).
Il 1997 è l'anno in cui muore lady Diana, quello in termini assoluti è molto rilevante.

Il funerale della people's Princess nella cattedrale con Elton John che suona la canzone per lei composta, quello è un momento d
i passaggio incredibilmente significativo (nel bene e nel male).
Cosa fa Gehry è irrilevante.
Tutta questa trattazione, la trova spiegata perfettamente in: Amusing ourselves to death

L’effetto all’italiana | Maddalena |4

Abbandonando la dietrologia e l’opinionismo ovvero l’arte del giornalismo di fare evaporare i fatti e le verità.
Mi piacerebbe conoscere il suo parere:
  • sul progetto;
  • su questo passaggio della lettera di Stefano Boeri pubblicata su Abitare ‘Alcune riflessioni sul g8 alla Maddalena’: «La Protezione Civile è un “esercito buono” di giovani donne e uomini; migliaia di volontari appassionati e disponibili, con una disciplina austera ed affettiva. Ma a La Maddalena, dopo poche settimane, la Protezione Civile ha abdicato ad un ruolo che forse non avrebbe saputo nemmeno svolgere; al suo posto, al posto delle donne e degli uomini in maglietta blu sono arrivati con piglio di efficienza e rapidità i tecnici dell’”unità di missione per i 150 anni della Repubblica italiana”. Questa è una verità ancora non detta. A La Maddalena, gli architetti con cui collaboravo giravano con macchine scassate ed improbabili, e abitavano in gruppo in appartamenti del centro. I tecnici dell’Unità di Missione – in Rayban - giravano con Audi e BMW e avevano affittato ville sulle coste dell’isola. Fuori dagli uffici e dal cantiere era impossibile che i due gruppi si incontrassero, posti e relazioni erano diversi. A volte le differenze comportamentali sono un limite alla comunicazione, a volte una difesa da relazioni pericolose. I dettagli, in una vicenda complessa, sono sempre micidiali»;
  • su questo commento di Marina Perrot (10 marzo 2010): «A Stefano. Non penso che avessi bisogno di giustificarti ma posso capire la tua necessità di spiegare, forse più a te stesso che ai tuoi futuri lettori, la strada percorsa da quella prima scintilla scoccata tra Soru e te e le vostre aspettative sul futuro di La Maddalena. Avete vinto la scommessa nonostante tutta quella montagna di maldicenze e di cancan che continuano a riempire i giornali. Possiamo solo pensare come Voltaire “ che ne parlino male purchè ne parlino”. Il luogo è magnifico, essenziale e poderoso all’immagine dell’arcipelago e non ho bisogno di dirvelo. A me viene la voglia di metterlo nei depliant: insieme alla visita alla casa di Garibaldi anche una passeggiata sotto le corsie del Forte del Mare. Il Vuitton Trophy, che dovrebbe investire tutto il complesso, è un evento mediatico ma puntuale, mentre noi metteremo tutte le nostre forze per fare vivere la parte nobile, quella che, attraverso il passaggio degli skippers di tutto il mondo, farà conoscere al di là delle nostre frontiere un bel esempio di architettura moderna annidata nello scrigno di quest’isola che continuo ad amare da 40 anni. Spero di vederti presto e, nel frattempo, non perdere il sonno. Tu non sei stato messo in causa, sei pulito e come dice Voltaire……».
In realtà la Maddalena è stata inaugurata da Silvio Berlusconi e José Luis Rodríguez Zapatero in occasione di un incontro bilaterale dei corrispettivi paesi.

Qual è stato l’effetto di quel 10 settembre 2009?

Sulla Maddalena e su Stefano Boeri alla Maddalena, quello che dovevo scrivere l'ho scritto in un paio di articoli usciti sulla rubrica "mirtilli" di Abitare non avrei altre cose da aggiungere.
Sull'effetto in merito al quale lei mi chiede...

Non so, direi che in una certa qual misura, anche questo edificio alla Maddalena appartiene alla famiglia degli edifici a cui si faceva riferimento nelle domande precedenti: il Beaubourg, Gehry a Bilbao e così via.

Operazioni mediatiche più o meno ben congegnate, in cui l'architettura è uno dei pezzi dell'insieme.

;-)

Istruzioni per l’uso | Critica |

Ricollegandomi alla sua esperienza di traduttore di libretti d’istruzione per elettrodomestici, penso che il suo libro su Toyo Ito5 rappresenti l’esempio più maturo di ‘critica storica’.
Nel testo, non troviamo il classico sviluppo critico - spesso asettico - delle opere, ma un racconto - a più voci - del contesto culturale dell’autore.
Velatamente, un'istruzione per l’uso contro la critica dei compendi monografici.
Da questo suo lavoro (piccola chiosa il volume da molto tempo è fuori commercio) si sono sviluppate molte rubriche della nuova ‘Abitare’ di Stefano Boeri, su tutte, il numero dedicato a Renzo Piano.
Ha da offrire, ai critici, un’altra istruzione per l’uso?


No, in verità no.

Ovviamente i libri (come qualsiasi altra cosa) nascono da circostanze di vario tipo.
In quel caso la richiesta originaria era stata quella di scrivere un libro su Greg Lynn, dopodiché si era riusciti a virare su un molto più sensato Toyo Ito.

Se dovessi lavorare/ragionare su altre "istruzioni per l'uso", direi che mi piacerebbe molto avere sei mesi per dedicarmi completamente a John Hejduk e altri sei mesi per dedicarmi completamente a Kazuo Shinohara.

Sono sicuro che verrebbero fuori ulteriori "istruzioni per l'uso" molto interessanti e affascinanti.
Però, ovviamente, queste istruzioni sarei in grado di esplicitarle a valle del lavoro e non a monte.

;-)

Essendo però che al momento non ho 6 + 6 mesi di tranquillità a disposizione, credo di non essere in grado di rispondere compiutamente alla sua domanda.

Altra opzione sarebbe quella di scrivere un romanzo di ottocento pagine.
Però qui avrei bisogno di due anni e non di due mesi (dunque ancora peggio).

:-)

Istruzioni per l’uso | Italia |

Ho stralciato dalla rubrica SOS abitare di qualche mese fa,6 alcune considerazioni di Rem koolhaas sull’Italia:

«Rem Koolhaas Come si è formata questa stratificazione?
Gian Maria Sforza Fogliani È possibile che siano tracce di costruzioni, anche abusive…
RK Ho capito. Un po' di italiano lo parlo, o quanto meno riesco a capire i concetti tipicamente italiani.

[…]

GMSF
Per produrre l’aggetto del livello superiore, che crea un’ombra sulla facciata del piano terreno. Capisco che anche questa possa sembrare una scelta di natura formale...
RK No guarda, non è ancora una critica, la mia. E adesso passiamo a una questione un po’ più crudele: mi domandavo se da voi in Italia finestre come queste sono retrò, nostalgiche o semplicemente rappresentano qualcosa che non è mai scomparso.

[…]

GMSF
Qui c’è la cucina, che in verità ha, più che una finestra, una grande porta aperta verso il giardino.
RK Per me la questione sta in questi termini, al di là degli scherzi ho un profondo amore per l’Italia ma a volte faccio veramente fatica a capire se le (sic) stato delle cose deriva da scelte precise o piuttosto da un retaggio di soluzioni che non sono mai state messe in discussione. Tutto ciò può avere un senso, ma potrebbe anche non averlo. Queste vostre finestre sembrano venire direttamente dagli anni cinquanta.

[…]

GMSF
Semplicemente, senza stare troppo a discutere, al posto della terza camera da letto abbiamo fatto uno studio. Cercare di convincere i committenti secondo me non serve più di tanto.
RK Credo che questa sia una grande differenza tra l’architettura italiana e quella dei paesi nordici. Forse voi non vi impegnate a fondo quanto noi nel rapporto con i committenti, considerate i progetti come fatti compiuti, mentre noi passiamo ore a negoziare un punto di vista, tra implacabili lamentele e infinite argomentazioni.

[…]

RK
Hai qualche figura di riferimento tra gli architetti, qualche “eroe” che ammiri particolarmente? Hai usato la parola “ordinario”, stai citando qualcuno?
GMSF Non amo in particolare qualche architetto. Ci sono degli edifici bellissimi, che mi appassionano indipendentemente dal loro autore.
RK Percepisco una dimensione “venturiana” in questo concetto della “non riconoscibilità”, una sensibilità alla Bob Venturi frammentata, o rifratta. La riconosco nel modello, e anche nelle piante del vostro progetto.
GMSF Se proprio devo fare un nome, penso a un italiano come Francesco Venezia. Mi piace il suo lavoro, pochi edifici eccezionalmente disegnati, ben costruiti, fuori dalle mode. Amo le sue piante perché sono fatte di geometrie, e non di forme.
RK Conosco il suo lavoro e lo apprezzo molto. È nelle mie corde, dal momento che, pur non condividendola, sono molto interessato alla dimensione estetica dell’architettura italiana.»


Qual è la “dimensione estetica dell’architettura italiana” di oggi?


Rispetto all'ultimo stralcio, confesso che la conversazione tra gmsf e rk a me sembra risibile, noiosa e a grandi linee insignificante. Non ho nulla da dire. Un cumulo di cazzate.
Al fondo lei mi chiede sulla dimensione estetica dell'architettura italiana di oggi.

Io credo che oggi come ieri, l'architettura italiana migliore è quella formalmente ineccepibile e perfetta (il che non vuole dire che sia l'architettura che io prediligo, ancora il DNA nazionale migliore è di quel tipo lì).

Come quando Gianni Brera diceva che la nazionale italiana non può che essere costruita a partire dalla difesa.
In termini assoluti non sono d'accordo (esistono altri modi - più interessanti - di giocare a calcio), ma se si tratta di aumentare le probabilità di vincere la coppa del mondo, l'assunto di Brera è corretto.

Da questo punto di vista, l'architettura italiana attuale che dal punto di vista formale è indubitabilmente eccellente è quel tipo di architettura portata avanti da Beniamino Servino, da Alessandro Scandurra, alcuni interni di Francesco Librizzi che escono pari pari da una grandissima e infinita tradizione di eccellenza.

È un discorso delicato, fatto di mille sfumature.

Per dire, Gardella è  formalmente ineccepibile, però Albini è perfetto.
BBPR sono ineccepibili, Mollino di nuovo è perfetto.
Un conto è essere ineccepibili, un altro conto è essere perfetti.


Il primo Rossi è perfetto, così dicasi per molte cose di Francesco Venezia piuttosto che svariati gioielli di Adalberto Libera.

C'è poi Sottsass che va oltre (tipo Picasso che disegna come un bambino ma che essendo che lui sa disegnare come Raffaello non si mette a perdere tempo su attività risibili e tutto sommato non rilevanti).

Il layer di Dan Flavin aggiunto al Muzio della Chiesa Rossa, quella è perfezione contemporanea.

;-)

Un'altra persona che lavora su quel tema è sicuramente Pier Vittorio Aureli di fronte al quale non ci possiamo non togliere il cappello.

;-)

18 giugno 2010 (Ultima modifica 19 settembre 2012)
Intersezioni ---> MONDOBLOG
Come usare WA---------------------------------------------------Cos'è WA
__________________________________________
Note:
La frase del titolo è di Ennio Flaiano, citata da Stefano Mirti nel post introduttivo del blog Mirtilli per la rivista on-line Abitare:
«“Mirtilli”. Ovvero, una nuova rubrica con pensieri sparsi di Stefano Mirti. Dovendo spiegare di che rubrica si tratta si può distorcere l’attualissimo Flaiano: “Il design è un investimento di capitali, la cultura un alibi”. A cui si può affiancare un’altra sua grande verità: “Coraggio, il meglio è passato!”»
1 “Effetto Beaubourg” Cfr. J. Baudrillard, Simulacri e impostura. Bestie, Beaubourg, apparenze e altri oggetti, Cappelli, Bologna 1980.
2 Albert Meister, Sotto il Beaubourg, Eléuthera, 1988, pp. 20-21.
3 John Rajchman, Effetto Bilbao, Casabella, n. 673/74, dicembre 1999-gennaio 2000, p. 10.
4Stefano Boeri, Effetto Maddalena, Rizzoli, Milano, 2010.
5 Stefano Mirti, Toyo Ito - Istruzioni per l'uso, Postmedia, Milano, 2004.
6 SOS abitare, Una casa nel Salento, Abitare n.491, aprile 2009, pp. 44-59. Un progetto di Antonio Russo e Gian Maria Sforza Fogliani viene 'revisionato' da Rem Koolhaas e Renzo Piano.


Immagini:
- Tratta dal libro di Albert Meister, op. cit
- Gordon Matta-Clark, Conical Intersect - 1975, 27-29, rue Beaubourg, Paris, courtesy of David Zwirner, NY and the Estate of Gordon Matta-Clark. Link
- Screenshot di un post pubblicato su Abitare: 'Dal vivo dalla Maddalena'. Ora non più visibile. Ho raccontato questa storia qui.

10 giugno 2010

0030 [MONDOBLOG] Sui blog e i siti delle riviste di architettura

di Salvatore D'Agostino
intervista prima e seconda parte
«Nel migliore dei mondi possibili, la pubblicazione di questo libro scuoterebbe come un terremoto il dibattito italiano su Internet e le nuove tecnologie di comunicazione. Se ne produrrà nemmeno uno scarto, significa che quel dibattere è una parvenza di vita, finestre sbattute dal vento in una villa disabitata, mortorio al cui confronto un poltergeist è il Carnevale di Rio.» Wu Ming1
Un monito che com’era prevedibile non ha sortito nessun effetto - escludendo qualche amatore - il libro non ha generato nessun dialogo rilevante.
Cultura convergente è uno strumento concettuale teorizzato da Henry Jenkins, per immergersi nei media vecchi e nuovi - specialmente dove questi collidono - e mostrarci, attraverso il classico reportage, la realtà non dei mezzi di comunicazione ma di coloro che li usano per esprimersi.
Su questa sottile soglia delle scritture Web e la narrazione, recentemente, ne hanno discusso Luca De Biase e Giuseppe Genna nella scuola virtuale Oilproject.2
Riporto una sintesi di Luca De Biase scritta sul suo blog:
«Qualcuno può pensare che la rete non abbia contribuito a rispondere. Altri possono pensare che i blog e le narrazioni emerse nella rete abbiano aiutato. Ma un fatto è chiaro: se la narrazione generale che descrive la società in cui viviamo non ci piace o non sembra "vera davvero", o è troppo priva di prospettiva, la rete di (sic) dice che qualcosa di concreto possiamo sempre fare (sia nei contenuti che nelle piattaforme). Non è una soluzione. Ma rispetto all'epoca del dominio assoluto del broadcast, è un passaggio sensazionale.»3
Qualcosa di concreto possiamo fare “sia nei contenuti che nelle piattaforme”, ripartendo da questo presupposto vorrei riprendere alcune note scritte in un post e nei commenti, circa un anno fa: 0004 [BLOG READEAR] L’architettura blog.

Sull’inconsistenza critica dei blog restano i dubbi che più volte abbiamo trattato su Wilfing Architettura – mentre contemporaneamente registriamo il dibattito sui blog non compatibili con le vicende italiane: il recente articolo del giornalista e Managing Editor del New York Times Jill Abramson che equipara i post dei blogger alle notizie date dai giornalisti4 o le dichiarazioni fatte in una conferenza indetta dal The wall street journal dall’inventore dell’Apple Steve “io non voglio vivere in una nazione di blogger”5 - dopo due anni d’interscambi con gli addetti ai lavori vorrei integrare le riflessioni.

A proposito dell’obsolescenza dei contenitori blog, riporto alcune proposte scritte nei commenti, occorre creare un blog che dia la possibilità:
  • d’inserire degli aggiornamenti senza modificare il post originale. Stratificare i contenuti cronologicamente;
  • ai commentatori d’inserire link/video/note fuori dall’area dei commenti, richiamando punti specifici dell’articolo:
  • avere una piattaforma più interattiva modificabile (o personalizzabile) anche dagli utenti.
Aggiungo nuovi spunti.

I domini del blog sono la scrittura, le immagini, i video e i link, tutti aspetti che non collimano con il ‘mondo di senso’ dell’architetto, ovvero il disegno.

Un’assenza che credo demotivi l’architetto blogger. Un post non disegnabile limita, non di poco, l’interattività tra architetti.6
Occorre creare una piattaforma dove sia possibile non solo inserire le viewer per visualizzare i disegni CAD, ma soprattutto, avere l'opportunità di veri e propri post disegnabili. Con la possibilità di fare dei commenti attraverso il disegno. Immagino una schermata molto semplice, tipo Paint, con dei comandi essenziali, idonea a creare un commento ‘layer’ da sovrapporre al post originale.

Riprendendo i concetti di Franco Purini sul disegno rielaborati sulla base del suo mentore Maurizio Sacripanti,7 occorre progettare un blog che possa offrire la migliore creazione e visione di [le note tra le quadre sono mie]:
  • DISEGNI O GLI SCHIZZI “DAL VERO”, con i quali l’architetto non solo decifra il reale attribuisce ad esso un senso [Penso a un taccuino ‘tavoletta grafica’ direttamente collegato in tempo reale al blog];
  • DISEGNI DI CLASSIFICAZIONI, il cui ruolo è quello di conferire un ordine accettabile all’incredibile eterogeneità degli elementi che formano il mondo fisico [In modo da creare un immaginifico abaco perpetuo. Ponendo fine alle tassonomie];
  • DISEGNI PROGRAMATICI, vale a dire tabulazioni, elenchi, istogrammi, con i quali l’architetto rende visibili e operabile per tipologie precise il proprio universo teorico [Immagino la potenza degli scontri di universi teorici differenti, sul sano scontro on-line suggerisco di leggere un’apprezzabile post di Sergio Maistrello. Vedi nota8]
  • SCHIZZZI DI PROGETTO E GLI ELABOREATI TECNICI – da quelli che approfondiscono i vari aspetti della proposta alle scale opportune fino alle definizioni esecutive – che da questi discendono. (…lo schizzo rappresenta un vero e proprio codice genetico nella cui struttura è impresso ogni possibile sviluppo futuro del progetto) [Dove sia possibile innescare un sistema Wiki atto a migliorare la fattibilità del progetto];
  • PAESAGGI TEORICI, i disegni più importanti [Già latenti nella rete, con interessanti esperimenti, ne parleremo subito dopo];
  • GLI SCRIPT [Ovvio, questo punto non è stato indicato da Franco Purini è una mia integrazione. Attualmente presenti in molti blog attraverso immagini e stringhe di testo. Il mio interesse non si sofferma sugli script ‘tout court’, ma sui: processi olistici che determinano l’elaborazione architettonica al CAD, gli schizzi elettronici e gli appunti ai margini del lavoro a video dell’architetto].
Bene, adesso cercasi finanziatore o editorialista che possa dar credito a queste bislacche idee blogger. Scherzo, mi piacerebbe conoscere le vostre idee, poiché questi restano semplici e perfettibili appunti.

Che cosa sono i ‘Paesaggi teorici’? Ripropongo la spiegazione di Franco Purini:
«Sono rappresentazioni complesse che mettono in scena con gli strumenti grafici interi sistemi di problemi architettonici. Svincolati da preoccupazioni progettuali dirette, tali disegni raggiungono spesso un valore autonomo di opere d’arte che fanno del contenuto disciplinare la loro stessa forma. Iconograficamente sapienti, costruiti con una esattezza tematica e visiva che traduce nella bidimensionalità della superficie del foglio la logica tettonica che è propria dell'edificare, i paesaggi teorici costituiscono il luogo più elevato della ricerca architettonica. Immaginarli e rappresentarli permette inoltre di non cadere nel diffuso equivoco consistente nello stabilire relazioni troppo dirette tra disegno e costruzione. Unico limite di simili disegni è che pochi architetti li pensano e li realizzano.»9
Come vi avevo anticipato in rete sono già presenti, eccovi due esempi:

LUCA DIFFUSE

Per Stefano Mirti (prima citazione): «il lavoro dell’architetto è quello di (in prima istanza) raccontare storie.»10
Luca Diffuse ha elaborato i suoi progetti narrativi:
Attraverso un lento e continuo dialogo in rete. Essenzialmente attraverso il suo blog Mi manca Chiunque, curando la sezione di architettura di una delle più internettiane riviste dedicata all’arte Exibart e infine nel nuovo approdo su Ymag di Luca Molinari con la rubrica [Diffuse tapes].

Le sue architetture narrative non transitano nella rete ma nascono e si alimentano attraverso l’ubiquo sguardo dentro e fuori il Web.

FABIO FORNASARI AKA ASIAN LEDNEV
«L’ultimo lavoro di costruzione fatto da Asian Lednev è in qualche modo un “manifesto” che rappresenta il fare le valigie, il cercare strategie per portare fuori il lavoro dell’avatar.
Un fare tesoro di quello che si è imparato facendo.
Che senso ha tutto questo? Perché tutto questo?
La prima architettura è la relazione costruita tra noi e l’avatar. E’ la serie di ponti che ci lega e ci tiene insieme. Col tempo viene voglia di percorrerla nei due sensi.
Non basta più lasciare lì questa esperienza. Ma non è razionale. Razionalmente si può solo smontare il proprio avatar e veder cosa ci restituisce dopo tanto lavoro.
Ed è la cosa che ho fatto e che mostrerò.»11 Fabio Fornasari
Dopo 800 giorni di attività su Second Life, Fabio Fornasari aka Asian Lednev, abbandona il suo avatar decostruendolo dentro una teca cilindrica, dove ogni parte del corpo ha una sua orbita.

Nelle sue architetture su Second life, troviamo il senso più alto del concetto di ‘paesaggio teorico’ anche qui, non transitando sul Web ma in questo caso inventando luoghi sensibili nell’immersività dello spazio creato da Philip Rosedale per Linden Lab nel 1999.

Per questo motivo v’invito a visitare le sue architettura in Second Life, La torre di Asian, Lucania Lab e NeoKublai. Un'avvertenza, non dimenticate che siete in viaggio all'interno di uno spazio autonomo, quindi mentre camminate-volate, mi raccomando, perdete il vostro senso del luogo.

Prima di chiudere questo post vorrei ritornare sulla 'blogghizzazione delle riviste storiche' ne avevo parlato qui.
Se è comprensibile (aggiungo anche per motivi di tempo ed economici) una certa incapacità d’azione dei singoli blogger a inventare nuovi spazi e temi, questa indulgenza non è possibile trasporla nel caso dei siti delle riviste d'architettura, sia per le loro possibilità economiche, sia per l'equipe qualificate a cui fanno riferimento.
Dalla mia indagine (vedi il report* alla fine dell’articolo) i siti delle riviste italiane si limitano a introiettare le novità derivanti dalla rete, soffrendo della:

SINDROME DA MAINSTREAM

I siti sono immaginati per duplicare i contenuti della rivista o per mainstreammizzare la rivista: vedi l’esperienza dei sensor (blog gestiti dalla redazione) di Domus e i mirrors (autopresentazione studi di architettura filtrati dalla redazione) di Abitare.

Stefano Mirti (seconda citazione) in un recente post pungola Domus:
«Mr Grima (ndr Joseph Grima sarà il direttore di Domus dopo l'anno transintorio diretta da Alessandro Mendini), please, convinci chi di dovere a togliere lo snervante processo della login e dei campi da compilare. Il contenuto sembra figo, le venti domande a cui rispondere per guardare il tutto non hanno senso alcuno. Abitare on-line necessita di un Domus web che lo faccia a pezzi e lo disintegri. Sennò non c’è gusto e ci annoiamo tutti quanti. Se togliete le login siete a metà dell’opera… :-)»12
Rem del blog Architetti senza tetto a proposito di Abitare e Domus con il consueto piglio ironico constata:
«Abitare.it è una delle poche riviste online che non ha paura dei commenti (Domus è talmente fifona che anche solo per farti leggere un banalissimo comunicato stampa prima ti chiede il codice fiscale) e in questo ha il suo punto di forza.»13
Ed ecco che cosa dobbiamo aspettarci da Domus secondo le anticipazioni di Joseph Grima:
«Domus si propone di ridefinire, come del resto ha già fatto più volte in passato, quello che significa raccontare l’architettura, l’arte, il design e lo spazio urbano contemporanei, con particolare attenzione alle influenze di una nuova cultura progettuale che non conosce barriere culturali o confini fisici. Muovendosi su molteplici piattaforme comunicative, offrirà una concezione radicalmente diversa di proposta architettonica, incentrata non più sul passaggio unidirezionale di informazioni bensì sull’idea di creare una piattaforma privilegiata di dialogo costante fra i suoi lettori e la comunità progettuale ed artistica globale.»14
Spero che non sia una sfida tra siti pensati dai webmaster ma da architetti. Occorre un'emancipazione dal cartaceo, esplorando le capacità intrinseche del Web, provando a sperimentare nuovi e più proficui approcci. Altrimenti è da preferire il semplice blog (e non sito) di Casabella. Soprattutto, occorre evitare l’ossimoro mainstream redazionale.

Un'ultima nota, sarei curioso di conoscere le reazioni ricevute dalla rivista Arca nel suo tentativo di portare il blog all’interno del cartaceo, inaugurato con il numero 250, settembre 2009. Ecco come spiegava il progetto Cesare Maria Casati:
«Con questo mese la rivista inizia una nuova avventura, che si svilupperà, di mese in mese, aprendo un blocco significativo delle sue pagine a nuovi "direttori" esterni, i quali disporranno della facoltà di utilizzare ben 32 pagine liberamente. Abbiamo invitato un gruppo di architetti di successo e di grande qualità professionale a disporre di questo nuovo e originale "maxi blog" di carta, dove, completamente liberi e incontrollati, potranno scrivere, illustrare e documentare i loro pensieri sull’architettura, sul mondo della progettazione e della costruzione, progettando loro stessi anche l’impaginazione e la copertina della rivista.»15
Ho fatto un giro nei siti delle riviste di architettura più note, di seguito troverete un report su ciò che ho trovato.
Questo post è stato scritto per avvisarvi che prima della pausa estiva – non mi assenterò, posterò delle citazioni dense di piccole storie e proverò a presentarvi alcuni brani del mio lavoro su facebook finExTRA – pubblicherò un dialogo con Stefano Mirti (ed ecco il motivo della terza citazione).

* Note sui siti delle riviste di archietttura

A. D.
| Men Style
La storica rivista americana Architectural Digest edita anche in Italia non ha un sito in italiano. Mario Gerosa - redattore capo della rivista - mi ha detto che se ne parla su Men Style.#

Abitare
| Abitare
Ovvero l’ossimoro: mainstream redazionale.

Arca | ARCADATA
Sito ‘troppo pieno’ con in evidenza la pubblicità della sezione video: Online la migliore TV internazionale sull’architettura.

Area, Arketipo, Costruire in laterizio, d’Architettura, Frames, Materia | Archinfo
Semplici informazioni sull'esistenza delle riviste accomunate dallo stesso distributore.

Architetti, Flare, Paesaggio urbano, Urban Design | Periodici Maggioli
Una casa editrice per diverse testate. Sito redazionale.#

Non vi arrabbiate, vi segnalo semplicemente il blog At Casa blog.

Casabella | Casabellablog
Ne avevo già parlato qui, ne approfitto per segnalarvi l'inizio delle pubblicazioni degli estratti dei nuovi numeri della rivista su Issuu.

Costruire | Costruire.it
Sito da webmaster. Interessante la sezione 'Parole e pareri'.

Domus | Domusweb
Aspettando le novità di Joseph Grima vi segnalo la sponsorizzazione di Domus all’evento postopolis! (qui l'anno scorso su WA) ovvero una conferenza nata dai blog che coinvolge molti blogger di varie nazioni. Ovviamente, a parte la mediazione della rivista non vi è nessun blogger italiano tra i relatori. Qui su DomusWeb, Postopolis! in diretta streaming dal Museo El Eco di Città del Messico fino al 12 giugno.

KLAT | Klatmagazine
Nata alla fine del 2009 è una rivista di sole interviste. Interessante l'idea di offrire un contenuto free per ogni numero. Da seguire.
#

Il giornale dell'architettura | Il giornale dell'architettura
Sospeso tra un sito e un blog. In attesa
.

Interni | Interni
Possiamo trovare il massimo dell'innovazione nella nuova applicazione Interni Design Guide New York per iPhone e basta.

L'industria delle costruzioni | L'industria delle costruzioni
Sottotitolo: Rivista tecnica dell'ANCE. Un semplice sito.#

Lotus | Lotusbookshop
Dov'è possibile acquistare i pdf della rivista. Natura prettamente commerciale.

Modulo | Modulo.it
Bene! Anche Modulo ha un sito.

Op. Cit. | Op. Cit.
La rivista diretta da Renato De Fusco dal 1964 ad oggi non ha un sito bensì una pagina su Facebook al momento piace a 12 persone (30 luglio 2010)
.#

Ottagono | Ottagono
Potete trovarla nelle migliori librerie mentre transita in rete con parsimonia.

Parametro | Parametro.it
Sito snello ed efficace. Niente di più.

The plan | The plan
Ahimè, qui i webmaster sono sia italiani che inglesi.

P.S.: Per favore segnalate le eventuali dimenticanze.

10 giugno 2010 (Ultima modifica 30 luglio 2010)
Intersezioni ---> MONDOBLOG


Come usare WA---------------------------------------------------Cos'è WA

__________________________________________
Note:
1 Henry Jenkins, Cultura convergente, Apogeo, Milano, 2007, p. VII
2 Luca De Biase incontra Giuseppe Genna, Narrazione e attenzione ai tempi frenetici di Internet, scuola virtuale Oilproject, 10 maggio 2010
3 Luca De Biase, Narrazioni e prospettiva, Blog omonimo, 10 maggio 2010. Link
4 Jill Abramson, Other Voices: What Exactly Is a Blog?, The New York Times, 4 giugno 2010. Link
5 Steve Jobs, Apple CEO Steve Jobs Live at D8: All We Want to Do is Make Better Products, D8, 1 giugno 2010. Vedi il live blog 7:01 pm: « I don’t want us to see us descend into a nation of bloggers,». Link
6 In riferimento ai professionisti non Dio o accademici. Quest’ultimi si guardano bene a esporsi in pubblico, pena la perdita dell’autorevolezza acquisita attraverso il saggio uso di specifiche relazioni.
7 Franco Purini in, AA. VV., Il disegno come idea, Gangemi, Roma, 1996, p. 13
8 Sergio Maistrello, A te, che sei nuovo di qui, Blog omonimo, 4 giugno 2010. Link
9 Franco Purini in, op. cit.
10 Stefano Mirti, wunderkammer (1), Abitare Web blog ‘Mirtilli’, 29 marzo 2010. Link
11 Fabio Fornasari, Il giro del Mondo in 800 giorni: decostruire Asian, Virtual Worlds Magazine, 31 maggio 2010. Link
12 Stefano Mirti, being robinson crusoe Abitare online rubrica Mirtilli, 17 maggio 2010. Link
13 Rem, Messaggi passivo-aggressivi tra design blogger, Blog ‘Architetti senza tetto’, 29 maggio 2010. Link
14 Redazionale, Domus cambia direttore, domusweb, 23 febbraio 2010. Link
15 Sommario numero 250 della rivista Arca settembre 2009. Link

# integrazioni del 30 luglio 2010: A. D., Architetti, Flare, Klat, L'industria delle costruzioni, Paesaggio urbano, Op. Cit., Urban Design.