Vuota come una testa vuota.
E non era meglio continuare a aspettarla?
Ma poi, ma chi la aspettava?
Quelli che negli anni settanta andavano a via Roma a fare le ricerche?
Quelli che chiedevano il volume dell’enciclopedia corrispondente all’iniziale dell’argomento [impero romano, chiedo la I o la R?] e poi copiavano sul quaderno, non tutto però, solo un paio di pagine. Si poteva decidere se fare una sintesi [troppo faticoso!], copiare delle parti [libero arbitrio, di sicuro l’inizio e la fine] o se finire all’improvviso, al punto, così, ex abrupto [tanto chi l’avrebbe letta mai…].
Ma chi la aspettava questa biblioteca vuota come una testa vuota?
Quelli che all’uscita dal cinema dopo aver visto Scialla controllano quando è nato Bentivoglio sull’ I phone [ma dai! È bello ma se li porta male 54 anni…]?
Quelli che in edicola trovano una esemplificazione [rappresentazione per esempi, non semplificazione] della comunicazione mediatica?
Quelli che quando vanno in una capitale straniera a agosto dopo le mostre si fanno anche un giro nelle scatole di vetro delle mediateche?
E poi il luogo. Quello che ospita questo aborto anacronistico, questo feto ipocalcificato.
Non è permesso, dal rispetto alla civiltà dell’uomo, produrre cose approssimative, superficiali, disarmoniche, senza senso. La tensione alla bellezza è obbligatoria. E’ un obbligo di tutti.
La nobiltà di una nuova estetica della miseria qui è mortificata da una miseria nuda, dissimulata e truccata. Fetente come una carcassa. La tensione alla bellezza è obbligatoria. E obbligatorio produrla e riceverla.
L’alternativa possibile è l’abbandono. L’abbandono come antidoto all’approssimazione. L’abbandono non come pratica pittoresca [il pittoresco ai tempi della fotografia digitale, ha ancora senso quest’aggettivo?] ma come propulsore del bisogno del riscatto.
L’alternativa possibile è l’abbandono. L’abbandono come antidoto all’approssimazione. L’abbandono non come pratica pittoresca [il pittoresco ai tempi della fotografia digitale, ha ancora senso quest’aggettivo?] ma come propulsore del bisogno del riscatto.
NECESSITÀ MONUMENTALE NEL PAESAGGIO DELL’ABBANDONO
5 dicembre 2011
Intersezioni --->A-B USO
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Nota:
* Questa nota è stata scritta da Beniamino Servino sulla sua bacheca Facebook il 3 dicembre 2011*. L'autore ha autorizzato la pubblicazione. La biblioteca si trova a Caserta, la costruzione preesistente era un vecchio macello, abbandonato da decenni e usato come centro sociale, avviato a un interminabile lavoro di ristrutturazione (forse gestito dai tecnici comunali). La foto è stata presa dalla rete.
La nostra biblioteca è un macello ed in questo senso non è stato rifunzionalizzato il luogo, ma tolto solo il prefisso ex-
RispondiEliminahttp://www.24emilia.com/Sezione.jsp?titolo=Aperta+la+biblioteca+%27%27S.Pellegrino+-+Marco+Gerra%27%27&idSezione=31259
RispondiEliminaAperta la Biblioteca decentrata "MARCO GERRA" nel quartiere San Pellegrino in Via Rivoluzione D'Ottobre a Reggio Emilia.
Sono rimasto sconcertato dalla sua bellezza. Rende bello persino il contesto anonimo dei palazzoni cementizi che la circondano.
http://maps.google.it/maps?q=Via+Rivoluzione+d'Ottobre,+Reggio+nell'Emilia&hl=it&ll=44.682241,10.617782&spn=0.006232,0.013679&sll=41.442726,12.392578&sspn=26.847089,56.030273&vpsrc=6&hnear=Via+Rivoluzione+d'Ottobre,+42123+Reggio+nell'Emilia,+Emilia+Romagna&t=h&z=17
Vil Geometra.
Spirito libero,
RispondiEliminain realtà volevo intitolare questo post solo ’biblioteca’ ma dopo ho preferito una sorta d’ironica ‘geografia’ che rimanda a moltissime biblioteche casertane sparse in Italia.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Grazie vil geometra,
RispondiEliminanon conosco il progetto ma non mi sembra in stile ‘banal tengo famiglia impiegato comunale’.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
oppure il progetto può sembrare in stile "alla soprintendenza piace che tutto ciò che si aggiunge all'originale sia più amorfo possibile"
RispondiEliminaPermettetemi tre considerazioni sulla nuove biblioteche:
RispondiEliminaLa prima è che un edificio, per quanto brutto, rifatto o riadattato, per il solo fatto di essere trasformato in biblioteca pubblica, luogo cioè deputato a far leggere il pubblico, è di per sè positivo; poi si può discutere o meno la bellezza dell'intervento architettonico, ma non si può negare l'enorme importanza nell'aprire biblioteche pubbliche con questi chiari di luna. D'altronde, se anche io sono qui a parlare di bellezze o brutture architettoniche, lo devo in gran parte ai libri che ho preso in prestito in anni e anni alla biblioteca centrale "Antonio Panizzi" di Reggio Emilia.
La seconda: è ovvio, lapalissiano direi, affermare che un edificio progettato espressamente per essere una biblioteca risulterà migliore di un'altro edificio adattato. Ciò non toglie,però, che una biblioteca per funzionare ha bisogno di essere centrale rispetto alla possibile utenza. Non si possono costruire nuove biblioteche ovunque, ma vanno ben piazzate nel tessuto urbano esistente. Non conosco Caserta, ma immagino che non ci fossero altri luoghi disponibili e liberi per una nuova costruzione, e quindi (giustamente?) se ne è riadattato e riqualificato uno esistente, che presumo però sia in posizione ideale.
Infine, quando ho visto il rendering della biblioteca Marco Gerra sono rimasto piuttosto freddo e indifferente. Il progetto, in quel momento, non riusciva a convincermi, nonostante la brochure informativa fosse zeppa di particolari descrittivi. Il lavoro compiuto mi ha fatto ricredere: quell'edificio è bello, funzionale, ben inserito, affolatissimo fin dall'apertura. I residenti lo hanno adottato come se ci fosse sempre stato, come se fosse quel luogo aggregativo in più che mancava al quartiere (la vecchia biblioteca di San Pellegrino non era affatto aggregativa, ne è la prova il fatto che, in pochi giorni, le presenze sono quasi quadruplicate rispetto alla sede vecchia!). I bambini la adorano e la frequentano quando escono da scuola, ci vanno a fare i compiti!
Spesso quindi, siamo troppo frettolosi nel giudicare ciò che non è ancora stato costruito.
Saluti dal Vil (erroneo) Geometra.
Giulio,
RispondiEliminadetto tra noi non è questione di ‘in stile’ (che cosa significa costruire ‘in stile’?) e di ‘amorfo’ (che cosa significa ‘amorfo’?) ma di senso ‘civico’ del costruire.
Federico Zeri (e non era un progressista) chiamava questi interventi ‘in stile soprintendenza’.
Qui l’unica cosa che manca è il senso dell’architettura.
Buon tutto,
Salvatore
Vil Geometra,
RispondiEliminaprimo punto: è arrivato il momento di cambiare logica l’accontentarsi ‘del meno peggio’ è stata la cultura del post-boomeconomico che adesso paghiamo caro.
Serve fare tutto bene, non possiamo più sprecare denaro.
Secondo punto: condivido, bisogna riformulare le logore logiche urbanistiche spesso troppe ‘post-moderne’ dove ‘post-‘ sta per la contrazione di posticcio.
Basta con le pezze ‘urbane'.
Terzo: condivido.
Buon tutto,
Salvatore