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27 febbraio 2009

...a proposito di bagno di sangue, Postopolis! e il potere dell'architettura...

di Salvatore D'agostino

...bagno di sangue,



Leggendo questo articolo di: Richard Waite, It's a bloodbath': architects savaged by the recession, The Architect’s Journal, 20 febbraio 2009.
Dove si racconta del ‘bagno di sangue degli architetti’, da intendersi come perdita del lavoro, causata dalla recessione economica, resto esterrefatto sull’apparente passività italiana verso questo problema. Forse perché non esistono studi di architettura ben strutturati?
Ne ho parlato, fugacemente, con Daniele A. Diana, architetto Italiano a Londra, che collabora da due anni alla progettazione di uno dei più prestigiosi aeroporti del Medio oriente.

Daniele,
[...]
ti passo questo link: http://www.architectsjournal.co.uk/news/daily-news/its-a-bloodbath-architects-savaged-by-the-recession/1990568.article
Aspetto un tuo cenno.
Saluti,
Salvatore D'Agostino
Mail spedita il 22 febbraio 2009 23.21

grazie Salvatore

Posso solo confermare quello che l'articolo scrive. Credo di averti raccontato che la nostra azienda ha dovuto fare a meno di un centinaio di persone poco prima dello scorso Natale. Studi ancora più numerosi e solidi a livello mondiale come Foster & Partners ha annunciato che sarà costretto a considerare un esubero di quattrocento persone. I progetti vengono sospesi o cancellati settimanalmente ormai da un bel po' di tempo.

Al momento non ho, e non voglio avere, il tempo per preoccuparmi di perdere il posto di lavoro, non ne ho mai avuto motivo da quando ho iniziato a lavorare, più di dieci anni fa, fortunatamente. Ma non è forse vero che non si finisce mai di fare nuove esperienze?
Se dovesse succedere: non mi mancano le risorse, probabilmente dopo un certo sconforto proverei a prenderla come un'opportunità.
Per esempio un amico, a cui è recentemente capitato, ha fatto di necessità virtù: E' stata una benedizione! Mi ha detto. Si è messo a lavorare in proprio. In altre circostanze non avrebbe avuto l'opportunità di pensare ad emanciparsi, forse. È anche vero che è un fortunato: la moglie da alcuni anni lavorava già in proprio per piccole committenze private.
Talvolta sono un po' infastidito dalle notizie che circolano, sembra che vogliano contribuire a seminare il panico (che purtroppo è comunque motivato).
Il Credit Crunch ha dato a molte aziende l'opportunità di effettuare innanzitutto una grossa scrematura: molte delle persone che sono state licenziate, spesso non erano semplicemente produttive, sopratutto rispetto ai loro guadagni.

Sappiamo bene che noi architetti non siamo impiegati delle poste ma liberi professionisti e quindi le nostre prestazioni vengono principalmente valutate secondo diversi criteri: qualità, efficacia, esperienza, attendibilità, skills (ciò che sai fare), e molto altro.... la lista può essere più o meno lunga.
È proprio in virtù della nostra libera professione che dobbiamo anche essere disposti ad accettarne pro e contro.
Rimane comunque il fatto che la crisi è vera. Molti istituti di credito hanno chiuso i battenti. Non ho la competenza per spiegarne i perché o i come, ma, nella sostanza, molti budget sono stati ridotti, dimezzati o spariti del tutto.
Se il committente chiude, l'architetto è a spasso - più o meno bravo.
Un abbraccio.
Daniele.


Mail spedita il 23 febbraio 2009 0.19


...Postopolis!,
caro salvatore
[...]
ti mando un link. dovrebbe interessarti.
http://www.storefrontnews.org/event_dete.php?eventID=88
a presto
louis [Kruger ndr]

Mail spedita il 23 febbraio 2009 0.19


Louis,

grazie per il suggerimento, ho notato che manca un blogger italiano, ma questo è normale dato che assorbiamo sempre in ritardo le innovazioni tecnologiche. Come puoi osservare, i 'blog di architettura' in Italia sono quasi inesistenti, spesso legati a logiche autoreferenziali o trasposte da altri media. Nessuno riesce a sfruttare a pieno le sue potenzialità, recentemente la rivista 'Abitare' ha aperto una pagina simile al forum/blog, interessante perché catalizza il meglio dei suoi scritti/ori, ma non è una voce indipendente.
Il problema principale di tali operazioni è la mancanza di finanziamenti economici. Negli Stati Uniti (come puoi ben vedere dal link che mi hai inoltrato) ci sono due modi per autofinanziarsi: le pubblicità sul sito (i cosiddetti clic per pagina) e le donazioni. In Italia la prima funzione è stata recentemente introdotta, ma premia solo i grandi numeri (accessi sul sito); la seconda non funziona perché le donazioni, culturalmente, si fanno solo per scopi umanitari.
Infine per ottenere facili accessi devi strutturare gli argomenti in modo tale da richiamare i possibili lettori (o guardoni che entrano nel sito e fanno numero) questo è possibile farlo in tanti modi, ma due sono più efficaci: il 'gossip notizia' anche non vera, ma pruriginosa e lo 'scandalo notizia' anche non vera, ma pruriginosa (ripetizione voluta). Anche le notizie alla 'Grillo' sono efficaci perché attirano i 'Troll', ovvero gli indignati del divano, ma questa è un'altra storia.
[...] a presto,
Salvatore D'Agostino

Mail spedita l'8 febbraio 2009 9.57





POSTOPOLIS! parola che coniuga post articolo per i blogger e polis città:


sei blogger da cinque diverse città del mondo ospiteranno una serie di dibattiti, interviste, presentazioni, pannelli, colloqui sull’approccio interdisciplinare e informale della blogosfera e la loro influenza sull’architettura.

Ecco gli invitati:
ArchDaily (English) & Plataforma Arquitectura(Spanish), David Basulto (Santiago, Chile);
BLDGBLOG , Author: Geoff Manaugh (San Francisco);
City of Sound , Author: Dan Hill (Sydney, Australia);
Subtopia , Bryan Finoki (San Francisco);
Mudd Up! , Jace Clayton (New York);
We Make Money Not Art, Regine Debatty (Paris, France).

...il potere dell'architettura...
Emanuele,
interessante vorrei linkarlo sul mio blog nella rubrica ...a proposito di…
Ti faccio una domanda con cui dopo costruisco il post, basta solo una tua risposta:
Così Vitruvio introduceva il suo lavoro, nonché il primo trattato sull’architettura ‘De Architectura’: «Fino a quando il tuo spirito divino e la tua volontà, o Cesare Imperator, erano impegnati a conquistare il dominio sul mondo e i tuoi concittadini, ormai abbattuti i tuoi nemici tutti grazie al tuo invincibile valore, traevano vanto dal tuo trionfo e dalla tua vittoria e tutte le popolazioni sottomesse stavano in attesa di un tuo cenno e il popolo romano e il Senato liberati dalla paura cominciavano a farsi guidare dai tuoi disegni politici e dalle tue decisioni altamente autorevoli, non osavo, in mezzo a situazioni così impegnative, pubblicare quanto sull'architettura avevo già scritto e le idee cui avevo dato sviluppo dopo lunghe riflessioni, trattenuto com'ero dal timore di andare incontro alla tua irritazione, disturbandoci in un momento poco opportuno.
Quando notai però che tu non ti prendevi cura soltanto della vita pubblica della comunità e dell'organizzazione dello stato, ma anche dell'opportunità di dare sviluppo all'edilizia pubblica, in modo tale che per opera tua non solo lo stato risultasse accresciuto grazie alle nuove province, ma la grandezza del potere si manifestasse anche nello straordinario prestigio degli edifici pubblici, ritenni di non dovere lasciare passare la prima occasione per pubblicare, dedicandoli a te, quei miei scritti sull'argomento in questione, e la ragione prima era che in relazione ai miei interessi in questo campo ero stato conosciuto da tuo padre ed ero stato un ammiratore del suo valore.»… (Vitruvio, De Architectura, Libro I, Einaudi, 1997, p. 11.)

Mail spedita il 25 febbraio 2009 19.14

Emanuele Piccardo: Vitruvio ben rappresenta questo rapporto tra l'architetto e il potere, quando afferma di non voler irritare Cesare con le sue riflessioni d'altronde è un rapporto antico quello di cui discuteranno gli ospiti che ho invitato a Genova il 5 marzo. Si discuterà, appunto, sul tema Architettura e Potere, una riflessione necessaria dopo le recenti vicende giudiziarie che hanno coinvolto alcuni progettisti italiani con ruoli importanti, ma non si personalizzerà anzi si cercherà di esprimere un pensiero critico attraverso uno sguardo multidisciplinare sul rapporto architettura-affari-politica. Architettura intesa come rappresentazione fisica di un potere dominante: economico e politico. Alla luce della recente crisi economica che ha generato architetture di carta, in assenza di un progetto politico di città, qual è il ruolo che deve assumere l'architetto? Ha ancora senso che l'architetto sia il portavoce del mercato? Ha ancora senso parlare di etica nel fare architettura?
Una discussione tra Stefano Boeri/direttore Abitare, Massimo Ilardi/sociologo urbano, Enrico Arosio/L'espresso, gli architetti Tommaso Principi e Paolo Brescia fondatori di OBR, Giovanni Caudo/urbanista, Fabrizio Violante/critico cinematografico.

Mail spedita il 25 febbraio 2009 19.32

Architettura e Potere: Genova, 5 marzo 2009 ore 17

27 febbraio 2009 (Ultima modifica: 9 giugno 2010)


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N.B.: La vignetta di Dilbert mi è stata suggerita da Damiele Diana.

15 febbraio 2009

0028 [SPECULAZIONE] L'archistar è in crisi

di Fulvio Irace


Pubblico un articolo di Fulvio IraceL'archistar è in crisi, Domenicale del Sole 24 Ore, 15 febbraio 2009, p. 35.

   Sarà ricordato come l'11 settembre della super-architettura, il 9 febbraio 2009? Come il fuoco delle vanità dell'architettura iconica del nuovo millennio? Impazzano su Youtube i video dell'incendio che ha devastato parte di uno dei simboli della Pechino olimpica, il Cctv di Rem Koolhaas. Crollano le borse, crollano i consumi e neanche le archistar stanno tanto bene. Parafrasando Woody Allen, Rem Koolhaas - il profeta nero dell'iperarchitettura del supercapitalismo - ha annunciato la Götterdämmerung degli architetti nell’era della recessione globale e con una dose di autoironia al limite della faccia tosta ha annunciato al pubblico del Renaissance Theater di Berlino (sold out per l’occasione della sua Berliner Lektion ai primi di febbraio) il crollo dell’«YES regime», il regime dominato dallo yen, dall’euro, e dal dollaro e, come il presidente Obama, l'avvento di una nuova era.

   Brillante copywriter di termini che hanno sostituito Vitruvio nel gergo degli architetti - junk space, manhattanism, generic city -, il guru olandese: non ha rinunciato al piacere del colpo di scena, mettendo alla berlina i suoi colleghi più famosi. Libeskind, Gehry, Zaha Hadid, Paul Andreau, Calatrava. Dall'arma del ridicolo non si è salvato nessuno, con la sola eccezione dello stesso Koolhaas, che, con l'abile; mossa del cavallo, ha dato scacco matto cambiando la casacca e lanciando una nuova parola d'ordine generic architecture.

   Che cos'è l'architettura generica? Inutile rincorrere astrusi significati filosofici, basta rivolgersi alla esperienza di consumatori. Come i farmaci generici hanno sconfitto i medicinali griffati proponendo la funzionale semplicità della molecola di base, l’architettura generica è quella che riscopre la funzione e in fondo il buonsenso oltraggiato dalle stravaganze della moda e dalle pressioni del mercato. Una rivoluzione che sa di antico. Fa senso sentire il teorico dello shopping=urbanistica, teorizzare la necessità della funzione come negli anni duri del tanto vituperato modernismo del XX secolo e turba non poco il clamoroso voltafaccia del cantore della globalizzazione che ha voluto intitolare la sua lecture addirittura l’«Architettura delle differenze». Ripudiando lo slogan «fuck the context» cui negli anni 90 dedicò pagine e pagine di pensose meditazioni. Koolhaas ha sostenuto la necessità di ascoltare il passato affidando il commento visivo alle sue parole al progetto in corso per la sistemazione del complesso dell’Hermitage a San Pietroburgo. Certo il “generico” dell’olandese è ancora troppo esotico per il gusto del pubblico generico e alcune soluzioni pensate per il Museo sembrano solo la versione aggiornata di un’avanguardia che ricopre le sue radici formali. Meglio dei veli metallici di Perrault per il teatro Puskin, però e sicuramente più discreto nella scelta di operare solo all'interno, lasciando inalterati i contenitori storici e lo spazio urbano. Niente effetto Bilbao insomma e per una volta la città si prende la sua rivincita contro la logo-architecture.

   Forse ha ragione il critico del «Times» - Nikolai Ouroussoff (sic) – quando scrive che la recessione non ucciderà la professione. La renderà anzi più necessaria e veritiera, lasciandola in culotte e spogliandola delle inutili pailettes. La spingerà forse a ridefinire i suoi obiettivi rendendola consapevole del suo ruolo sociale, quindi dei suoi limiti e dei limiti delle risorse. La lezione di Koolhaas nella patria del Moderno può essere dunque un buon segnale: a patto però che si accompagni a un'autocritica evitando il rischio di un ennesimo escamotage intellettuale. Qualcosa simile al famoso paradosso di Maria Antonietta all'incontrario: «non hanno brioches, allora dategli il pane!»

15 febbraio 2009

Video incendio Cctv di Rem Koolhaas a Pechino:


Video progetto Cctv di Rem Koolhaas:

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Note:
E-mail di contatto:

Gentile Fulvio Irace,
ho letto il suo recente articolo sul 'Sole 24 Ore', L'archistar è in crisi.
Vorrei pubblicarlo sul mio blog dedicato all'architettura.
Le chiedo, a tal proposito, la sua autorizzazione.
Cordialmente,
Salvatore D'Agostino.
Inviato: Domenica 15 febbraio 2009 14.54 

si certo usalo pure.
saluti e auguri per il tuo blog.
Fulvio Irace
Inviato: Domenica 15 febbraio 2009 17.16