8 novembre 2010

0046 [SPECULAZIONE] L'architetto di base secondo Gianni Biondillo

di Salvatore D'Agostino

Gianni Biondillo, scrittore ed ex architetto.
È milanese. Figlio di padre campano e madre siciliana. I suoi noir non hanno un set o un ambientazione, ma raccontano - attraverso l'artificio del romanzo - storie di una parte della città di Milano. Il luogo dov'è cresciuto: Quarto Oggiaro.
Per il padiglione Italia di  Luca Molinari - Biennale di Architettura di Venezia in corso - è stato chiamato - mensile Wired - ad essere uno dei 14 visionari.
Più che una visione ha scritto un monito 'Cubatura zero adesso, subito'.*
Quest'intervista è iniziata ufficialmente il  17 giugno del 2009 dopo un suo commento in questo post.
Salvatore D'Agostino Il tuo libro 'Metropoli per principianti'1 inizia con un ammonimento a non far studiare più architettura ai propri figli, altrimenti non resta altro da fare che mandarli a lavorare all'estero.
Francesco Dal Co ha definito questo incipit 'una Boutade'
2, Stefano Boeri crede che le cattive architetture siano frutto anche degli insegnamenti errati delle università3, Renzo Piano - telefonicamente - ti ha ringraziato: «C'è bisogno che ogni tanto qualcuno mi venga a tirare le orecchie»4.
Nel libro proponi d'istituire l'architetto di base.
Che cosa intendi dire?

Gianni Biondillo Ti rispondo con un breve articolo scritto tempo fa che "riassume" la situazione: «Al professor Dal Co non è piaciuto il mio urlo di dolore che apre Metropoli per principianti, dove dico, provocatoriamente: "non fate studiare architettura ai vostri figli".
Intervistato da Stefano Bucci ha detto, un po' piccato, che gli pare "una boutade. Sarebbe come dire: 'non iscrivete i vostri figli a medicina, perché faranno solo i medici di base'."
"Magari!", mi viene da pensare caro professore. Magari fosse così, ci metterei la firma. Tra l'altro i medici di base hanno guadagni mensili non disprezzabili. Invece qui la cosa è assai più tragica. Sarebbe, per mantenere il suo esempio, come dire: "non studiate medicina, che poi vi tocca fare i lettighieri, gli uscieri d'ospedale, gli operatori del call center…"
Perché è questa la vera contraddizione. Siamo il paese col più alto numero di laureati in architettura d'Europa e, al contempo, col più basso numero di progetti realizzati firmati da architetti. La città moderna non ci compete, non l'abbiamo costruita noi. Ci si lascia ingannare dai casi estremi delle star dell'architettura, che sono poco più di specchietti per le allodole, ma lo zoccolo duro, il popolo degli architetti, le mani sul territorio non le ha messe mai. È una percezione falsata quella che ci danno i vari Fuksas, Piano, Gregotti: è un po' come credere che dato che c'è Faletti, tutti gli scrittori vendano ogni volta milioni di copie dei loro romanzi. Non è così: gli scrittori, in media, fanno la fame. Ma con la differenza che almeno pubblicano, mentre gli architetti, in media, non costruiscono affatto.
Anzi, fosse per me farei mie le parole di Dal Co per cambiarle di segno: "Studiate architettura, così diventate architetti di base." Con tutti i problemi che il nostro territorio ha, il patrimonio architettonico da salvaguardare, le questioni di riconversione anche di spazi minimi o irrisolti, l'abusivismo, la sostenibilità, non sarebbe da istituire, a livello governativo, come un dovere di sanità paesaggistica, la figura dell'architetto di base?»5 

Che cos'è la geometrizzazione dell'architetto?

È l'accettazione di una modalità non critica del progetto. L'abbassamento dell'asticella della complessità nel nome non della migliore fruibilità ma del lavoro per il lavoro (teniamo tutti una famiglia) e della banalizzazione della professione.
È disinteressarsi a qualificare il gusto generale per adeguarsi ai pregiudizi scontati della progettazione.

Su Nazione Indiana pubblichi alcuni articoli che raccogli sotto il titolo di Urbanità.
Che cos'è l'urbanità? 

Trovo affascinante che come sinonimo di cortesia si usi il termine urbanità. Insomma questa attenzione alle città, all'urbe (in fondo anche civiltà viene da "civitas") come luogo di scambio simbolico, dove le contraddizioni vengono al pettine e si risolvono. In modo politico (che viene, appunto, da "polis").

Per il quinto anno consecutivo si è svolto il convegno sull'identità dell'architettura italiana con i contributi dei maggiori insegnanti provenienti da tutte le università d'Italia.6
Secondo te qual è l'identità dell'architettura italiana degli ultimi vent'anni?

È un'identità perduta, da ridefinire, liquida come è liquida la società in cui viviamo.
Sono molto curioso del padiglione italiano della biennale di quest'anno, curato da Luca Molinari, forse lui saprà darci una fotografia della nostra identità (ndr risposta: 26 aprile 2010). 

Liquida! Nel senso baumaniano? 

Certo. 

È possibile un'urbanistica attenta alle diverse sensibilità abitative? 

Non solo è possibile ma è doverosa.

Nella tua playlist, ovvero le architetture che ami del novecento italiano, includi le Vele di Scampia progettate dall'architetto Franz Di Salvo, poiché sostieni, che non sono diverse da alcune case per villeggianti della Costa Azzurra7.

Puoi spiegare meglio questo concetto? 

È esattamente così. Basta fare un giro in Costa Azzurra per accorgersene. Lì però nessuno vuole abbattere quegli edifici, anzi, molti li trovano graziosi e così "piccolo borghesi" da parigino in vacanza.
Confondere le condizioni sociali e il degrado con, banalmente, il progetto è facile e "scandalistico" ma non risolve il problema.

Su City life scrivi: «Tutta colpa di quella mia amica che mi ha detto (ah, il tagliente spirito lombardo) mentre guardava i redering di progetto: "Sembrano due amici che reggono il terzo in mezzo, mentre vomita, ubriaco!"»8.
Non credi che sia la naturale trasposizione - in grande scala - del pensiero imprenditoriale che chiami "Brianza Style"?

Sono due cose leggermente diverse ma non antitetiche.
Il "Brianza style" è una modalità che dalla provincia sta invadendo il gusto della città. Un desiderio di una ipotetica autenticità formale che è sostanzialmente trash, i grattacieli della ex-fiera sono una mera operazione di speculazione edilizia che si copre utilizzando la foglia di fico dei nomi roboanti e internazionali.
Operazione provinciale anch'essa e in questo speculare alla microarchitettura del Brianza style.

«Roma è il paradiso del palazzinaro piccolo borghese. […] le singole, autonome, palazzine paiono una civettuola sfilata di autoreferenti bellezze, indifferenti l'una all'altra. Singoli pezzi, mai davvero legati al contesto, incapaci davvero di fare urbanistica»9.
Non credi che sia necessario iniziare a capire questa storia urbana senza licenziarla come banale, rozza o antiurbanistica?

Sono d'accordo. Occorre guardare senza pregiudizi, né negativi e neppure positivi, ogni opera del passato. Quella storia urbana esiste e chiede di essere raccontata.
Ciò non significa farne un santino colmo di nostalgia.
 

«Nell'Italia meridionale non si leggono libri. La classe dirigente, la piccola borghesia, la classe produttrice, i politici locali, non leggono libri. Dove non si leggono libri non c'è architettura».10
Che cosa c'è?
 

La devastazione, il voto di scambio, il familismo amorale, il far west, lo spreco del territorio, l'abbrutimento sociale, il disincanto, il cinismo.
La resa.

Mi descrivi il tuo miglior progetto da architetto?

Mio?
Progettato da me?
Ma no, poca roba. Sono un architetto che ha fatto cose piccole, ha risolto problemi "privati". Abitazioni, appartamenti, sottotetti. Un paio di piccole piazze e un asilo nido fuori Milano, qualche concorso, ma in generale io sono (stato, ché ormai lo sono sempre meno) un "architetto di base", appunto.
 
Perché hai abbandonato la professione dell'architetto per quella di scrittore?

Perché le giornate sono di 24 ore e tutto purtroppo non si può fare.
E perché mi sono reso conto di avere molta più libertà critica con la scrittura, oggi, che con l'architettura.

Da Cratilo di Platone: «Pare che la parola "verità" (alétheia) indichi il vagabondare di Dio (ále theía.
Che cosa può succedere vagabondando con un compagno di viaggio per la tangenziale di Milano?11

Succede che ridefinisci, dai suoi confini frangiati e incongrui, la mappa di una metropoli immensa che ormai tracima oltre le sue tangenziali, che sono a tutti gli effeti, ormai, delle strade urbane.
Ma farlo a piedi, girare in 10 tappe a piedi la cintura ad alto scorrimento cittadino, è anche un atto politico, resistente, che vuole recuperare la mobilità leggera e pubblica, l'unica, oggi, che dovremmo davvero sviluppare, nel nome della sanità e igiene (anche mentale) collettiva.
E stato un viaggio alla scoperta di un panorama davvero unico. Un pellegrinaggio attorno alla mia città.

Per Michele Monina la città che scorre lungo la tangenziale non è Milano. Per te, Milano inizia dai questi bordi.
Per Carlo Emilio Gadda gli architetti pastrufaziani (spesso imprenditori brianzoli) avevano costruito: «… Di ville! di villule!, di villoni ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville rustiche, di rustici ville, gli architetti pastrufaziani avevano ingioiellato, poco a poco un po’ tutti, i vaghissimi e placidi colli delle pendici prenadine, che, manco a dirlo ‘digradano dolcemente’: alle miti bacinelle dei loro laghi».12
Dove sta andando Milano? 

Non ho la palla di vetro. Ma ho la sensazione che Milano stia camminando sulla lama di un rasoio. Se cade dalla parte giusta si riproietta, come è nella sua tradizione, nell'alveo delle città europee, dinamiche e innovative, se invece precipita dall'altra parte, chiude definitivamente il suo ciclo storico per tornare ad essere un villaggio come un altro.
La mia ansia è che la vedo sbilanciata, politicamente e amministrativamente, troppo da questa parte! 

8 novembre 2010
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Note:

* Visione in seguito elaborata dallo studio Metrogramma con il progetto Esperia 15.

1 Gianni Biondillo, Metropoli per Principianti, Guanda, Milano, 2008.

2 Gianni Biondillo, Urnbanità 4, Blog Nazione Indiana, 15 ottobre 2008. Link

3 Stefano Bucci, 'Architetti, mancano i maestri', Corriere della Sera, 24 maggio 2008. Link

4 Circolo della Colonna, CENA del 23 febbraio 2009. Link

5 Pubblicato su Costruire n. 303, settembre 2008.

6 Link del programma.

7 Gianni Biondillo, op. cit., p. 44.

8 Gianni Biondillo, op. cit., p. 90.

9 Gianni Biondillo, op. cit., p. 63.


10 Gianni Biondillo, op. cit., p. 70.

11 Gianni Biondillo e Monina Michele, Tangenziali. Due viandanti ai bordi della città, Guanda, 2010.

12 Gianni Biondillo e Monina Michele, op. cit., 102.

15 commenti:

  1. tutto qui?, no, dico, questa è una vera, sadica, dolorosa intervista "interrupta", dimmi che c'è una seconda,terza,quarta parte, ne voglio ancora!
    Ci sono cose che vorrei sapere da Biondillo, tipo se ha visto poi la biennale e cosa ne pensa, in particolare del padiglione italiano al quale ha collaborato. Tipo cosa ne pensa delle primarie di Milano che sembrano iniziare come una barzelletta ("ci sono un architetto, un avvocato, un giurista e un fisico...). Tipo se "ex" è un prefisso che non si può mai appicare a un architetto, cioè una volta che hai il timbro lo sei a vita.
    Tipo se anche lui si vestiva come l'architetto descritto fugacemente in Con la morte del cuore (con giubotto di pelle e pantalone a coste), cose così, insomma.

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  2. Gran scrittore il Biondillo! ho letto un suo giallo e mi è piaciuto molto. Il titolo non lo ricordo ma c'erano delle descrizioni bellissime della periferia milanese e dell'umanità che la popola.
    Non so se condividi, ma nella sua scrittura ho trovato un'eco di Gadda (quello lombardo della Cognizione del dolore).

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  3. Volevo intervenire su questa intervista interessante, e condivisibile, per dare un'accezione diversa al termine "liquida", tanto in voga oggigiorno. 1° Certe politiche abitative, presenti su tutto il nostro paese, stanno <> il nostro territorio in modo assai violento e gangsteristico; 2° Proprio per quegli agguati in stile mafioso, il suddetto territorio, si sta liquefacendo, sotto i nostri piedi, in mille rivoli fangosi. Non sono un architetto; solo un cittadino normale, ma non cieco. Grazie

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  4. Mi piace quello che ha scritto e lo condivido. Condivido la sua risposta al "piccato" Dal Co, che può "piccarsi" quanto vuole, ma la realtà è proprio questa. Condivido anche, in parte, Boeri perché è vero che mancano maestri, nel senso proprio della parola, nelle università, ma è anche vero che gli studenti non sembrano sentirne la mancanza e quelli che ne lamentano l'assenza non provano a colmarla. Ci sono quelli "bravi", ma sono troppo pochi e fanno poco rumore.

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  5. Rem,
    domande legittime.
    Mi dicono che Gianni Biondillo sia un simpatico chiacchierone ma per esperienza diretta abbi pazienza: prima o poi le risposte arriveranno.
    Buona giornata,
    Salvatore D’Agostino

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  6. ---> Roberto,
    Gianni Biondillo è uno scrittore che sa leggere la complessità del nostro tempo senza edulcorazioni.
    In tal senso, il suo libro 'Metropoli per principianti' è ricco d’ottimi spunti.
    Sicuramente Carlo Emilio Gadda è un autore con cui si confronta costantemente nei suoi libri.
    Cambia radicalmente la scrittura. Biondillo è sicuramente più immediato, senza parafrasi.
    Buona giornata,
    Salvatore D’Agostino

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  7. ---> Gustavo,
    a mio parere è la parte più debole di quest’intervista.
    Sicuramente i meccanismi sociali sono letteralmente impazziti.
    C’è una forte spinta ‘liquida’ ovvero l’attitudine della società ad inseguire le tendenze globali.

    Ma la realtà non è liquida.
    Aggiungerei ai tuoi due punti, altri elementi:
    l’assenza di un politica territoriale ‘condivisa’ collettiva;
    l‘incapacità di rinnovare strutturalmente le scuole per i nostri figli (è cambiato tutto l’hardware di base in questi anni);
    il controllo (falso) sulla qualità delle opere pubbliche (soprattutto le opere infrastrutturali);
    la gestione politica delle opere pubbliche;
    il delirio delle leggi urbanistiche nate di fretta e sempre in piena emergenza (vedi la frana di Agrigento);
    l’incapacità diffusa a essere cittadino attivo;
    la piccineria politica degli ordini (geometri-ingegneri-architetti–imprenditori) di fronte a vantaggiose offerte di lavoro collettive vedi la delocalizzazione delle nostre piazze urbane nei ‘Centri commerciali’;
    la sopravvalutazione ‘commerciale’ di qualsiasi immobile (speculazione immobiliare)

    In questi anni l‘unica cosa che abbiamo liquidità è stato il nostro territorio.
    Adesso non serve una visione ‘emergenziale’ da supereroe della politica, ma una visione ‘lungimirante’ protratta nel tempo e condivisa da molti.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  8. Ehi, Rem, troppe domande, dovrei fare un'altra intervista! E poi dove lo trovo il tempo per sfamare la mia famiglia? (sviolinata da libro Cuore).
    Comunque io non sono "ex" di nulla. La formazione d'architetto me la porto dietro, compreso i timbri e i soldi che lascio all'Ordine e all'Inarcassa ogni anno (Cazzo!). Se smettessi di apgare, probabilmente, diverrei ufficialmente ex.
    Roberto: Gadda, l'ingegnere, il Gran Lobardo, è un faro nella notte per me (sapendo anche che navigo a vista e non so se mai raggiungerò la sponda indicata dal faro).
    Gustavivo. Ho usato "Liquida" per semplificare. In realtà uso più spesso "polverizzata". Viviamo un una società civile polverizzata, atomizzata, dove mancando i legami atomici minimi non riusciamo a create particelle complesse di socialità. Questo implica la perdita di un interesse comune e la strategia ferina (e implicitamente perdente) dell'autoassoluzione e dell'autosalvezza.Impossibile e frustrante. Il massimo di inte3resse colelttivo che riusciamo a concepire è il familismo amorale. Siamo messi male, insomma. (da lì l'uso depredatorio del territorio come da te descritto).
    Spiritolibero: sono d'accordo. Senza maestri non c'è la possibilità di "superarli" cercando la propria strada, si resta perennemente irrisolti.
    A Salvatore: sulla scuola, leggi,se ti capita un tsto illuminante: "La scuola è di tutti" di Girolamo De Michele.
    Ciao a tutti, non so se riuscirò a tornare presto a leggere i vostri commenti.

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  9. Vi segnalo un appello pubblicato in questi giorni su AL, rivista degli architetti lombardi, che mi sembra dia concreto, e un po' tragico, significato alle parole di Biondillo:

    http://www.infobuild.it/mecgi/drv?tlHome&mod=modNewsSheet&IDMENU=3&MENU_INDEX=2&LNID=&UID=65784

    http://www.architettilombardia.com/al/68CA94ADCA3A4AF48ACA3E69E1B6AFB7.pdf

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  10. Non so perché, ma nel post non è venuta l'intera estensione dei link. Comunque il testo dell'appello è sulla homepage di infobuild e nella versione pdf di Al, sull'homepage della Consulta degli Ordini degli Architetti lombardi.

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  11. ---> Francesco,
    ti riporto il finale di una conversazione di Larry McCaffery con lo scrittore David Foster Fallace:
    «Questi ultimi anni dell'era postmoderna mi sono sembrati un po' come quando sei alle superiori e i tuoi genitori partono e tu organizzi una festa. Chiami tutti i tuoi amici e metti su questo selvaggio, disgustoso, favoloso party, e per un po' va benissimo, è sfrenato e liberatorio, l'autorità parentale se ne è andata, è spodestata, il gatto è via e i topi gozzovigliano nel dionisiaco. Ma poi il tempo passa e il party si fa sempre più chiassoso, e le droghe finiscono, e nessuno ha soldi per comprarne altre, e le cose cominciano a rompersi o rovesciarsi, e ci sono bruciature di sigaretta sul sofà, e tu sei il padrone di casa, è anche casa tua, così, pian piano, cominci a desiderare che i tuoi genitori tornino e ristabiliscano un po' di ordine, cazzo... Non è una similitudine perfetta, ma è come mi sento, è come sento la mia generazione di scrittori e intellettuali o qualunque cosa siano, sento che sono le tre del mattino e il sofà è bruciacchiato e qualcuno ha vomitato nel portaombrelli e noi vorremmo che la baldoria finisse. L'opera di parricidio compiuta dai fondatori del postmoderno è stata importante, ma il parricidio genera orfani, e nessuna baldoria può compensare il fatto che gli scrittori della mia età sono stati orfani letterari negli anni della loro formazione. Stiamo sperando che i genitori tornino, e chiaramente questa voglia ci mette a disagio, voglio dire: c'è qualcosa che non va in noi?
    Cosa siamo, delle mezze seghe?
    Non sarà che abbiamo bisogno di autorità e paletti?
    E poi arriva il disagio più acuto, quando lentamente ci rendiamo conto che in realtà i genitori non torneranno più - e che noi dovremo essere i genitori».

    Link originale: http://www.dalkeyarchive.com/book/?fa=customcontent&GCOI=15647100621780&extrasfile=A09F8296-B0D0-B086-B6A350F4F59FD1F7.html
    Traduzione estratta da Carmilla. Link: http://www.carmillaonline.com/archives/2008/10/002804.html

    Non abbiamo più scuse: dobbiamo imparare, in fretta, a essere i genitori di noi stessi.

    Liberarci dalle quotidiane lamentale sulle disgrazie patrie e smetterla con le geremiadi contro qualcosa, qualcuno e via dicendo.

    Abbiamo bisogno dei ‘bravi’ cominciamo a dargli spazio sociale senza più aspettare l’azione della fantomatica ‘società civile’.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  12. ---> Gianni Biondillo,
    grazie del consiglio.

    A proposito di questa tua frase: «il Gran Lombardo, è un faro nella notte per me (sapendo anche che navigo a vista e non so se mai raggiungerò la sponda indicata dal faro».
    Il ‘Gran Lombardo’ di Elio Vittorioni raccontato in un breve paragrafo, sintetizza molte delle nostre attuali contraddizioni politico-sociali.
    Per chiarezza riprendo il brano: «Poi il Gran Lombardo raccontò di sé, veniva da Messina dove si era fatto visitare da uno specialista per una sua speciale malattia dei reni, e tornava a casa, a Leonforte, era di Leonforte, su nel Val Demone tra Enna e Nicosia, era un padrone di terre con tre belle figlie femmine, così disse, tre belle figlie femmine, e aveva un cavallo sul quale andava per le sue terre, e allora credeva, tanto quel cavallo era alto e fiero, allora credeva di essere un re, ma non gli pareva che tutto fosse lì, credersi un re quando montava a cavallo, e avrebbe voluto acquistare un'altra cognizione, così disse, acquistare un'altra cognizione, e sentirsi diverso, con qualcosa di nuovo nell'anima, avrebbe dato tutto quello che possedeva, e il cavallo anche, le terre, pur di sentirsi più in pace con gli uomini come uno, così disse, come uno che non ha nulla da rimproverarsi». (da Conversazioni in Sicilia)

    Questa pedestre sintesi ‘di un uomo che vuole sentirsi in pace con gli uomini’ per me ha un valore importate.
    Coincidenza vuole che io sia di Leonforte, non alto e biondo come molti siciliani della Val Demone e il mio studio si affaccia sul Castello di Lombardia. Basta inoltrarsi verso Nicosia, Mistretta e soprattutto San Fratello (si il paese della frana già dimenticato dopo la gita di Bertolaso) per ritrovare nell’accento la U rauca di Umberto Bossi.
    Ma sai bene che il ministro della semplificazione ‘sociale’ non ha il tempo di complicarsi la vita con la storia d’Italia.

    Altra coincidenza, il tuo navigare a vista è descritto nel sottotitolo di Wilfing Archiettura: «Questo è un blog in transito, una scialappa di salvataggio in navigazione precaria».

    Grazie per l’intervista,
    Salvatore D’Agostino

    RispondiElimina
  13. ---> Ryan,
    da qui il tuo commento è perfettamente leggibile ---> http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2010/11/0045-speculazione-larchitetto-di-base.html
    Purtroppo blogspot non trasforma in automatico i link. Quindi serve un copia e incolla.

    Condivido quest’appello.
    Gli architetti dovrebbero smetterla di prendersela contro gli architetti (anche in questo caso chiamati individualisti).
    Dobbiamo concertarci sul vero problema dell’edilizia di base ovvero: ‘una corsa all’oro’ senza nessun controllo sulla qualità costruttiva. Che mette al bando soprattutto i piccoli studi di ‘qualità’.

    In quest’intervista Biondillo chiama questa ‘attitudine culturale’ geometrizzazione.
    Serve iniziare a capire che il geometra, il geometra-architetto e il geometra-ingegnere non possono avere più spazio.
    Questa cultura del ‘pasticcio’ edilizio ha totalmente dilaniato il territorio.
    Io amo lo spirito dei veneti e il loro ‘fare da sé’ ma non possiamo non vedere la land padania cementizia.

    Non basta solo la cultura del ‘fare’ ma cominciare a capire come ‘fare bene’, senza future ripercussione drammatiche o temere tragedie annunciate.

    L’emergenza non è la soluzione dei nostri mali.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  14. Purtroppo (come sai) sono stato fuori dall'Italia per un pò e quindi sono rimasto indietro col tuo blog...
    E' bellissimo il dibattito instaurato (sia da Biondillo che nei commenti) e sono pienamente d'accordo nell'analisi.
    Però (c'è sempre un però) quello che vorrei chiedere a questo punto è semplice:
    "E quindi?"
    Cioè: ci sono tutta una serie di problemi, che vanno dalla professione alla società stessa nella pratica architettonica.
    E quindi?
    Perché non c'è mai nessuno (ovviamente di quelli che potrebbero "smuovere" qualcosa, non certo gente come me che conta poco o nulla) che propone risposte concrete a queste emergenze? Perché tutte le iniziative meritorie vengono sempre spente sul nascere?
    Perché occorre sempre porre la questione su termini di contrasto e non di dialogo?
    Nessuno da mai risposte.

    RispondiElimina
  15. Matteo,
    il tuo ‘è quindi’ ci riporta sul bordo del precipizio in cui viviamo ogni giorno.
    Io inizierei dalla soppressione della retorica ‘dell’identità italiana, padana, siciliana’.
    Soprattutto nel campo dell’architettura.
    Riprendo le tue tre domande:

    Perché non c'è mai nessuno che propone risposte concrete a queste emergenze?
    Perché tutte le iniziative meritorie vengono sempre spente sul nascere?
    Perché occorre sempre porre la questione su termini di contrasto e non di dialogo?

    Ecco! Una sintesi perfetta dell’identità becera italiana.
    Personalmente, sono convinto che dobbiamo cambiare identità.
    Questa che abbiamo non funziona.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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