26 novembre 2010

0047 [SPECULAZIONE] Il mondo di Madelon Vriesendorp



Gli altri creano per mancanza di potere. 
Io non ho bisogno di un’opera: vivo 
Albert Camus, Caligola

   Il mondo dell’arte esoterica di Madelon Vriesendorp è stato per troppi anni congelato e schiacciato dalla sovra-esposizione delle sproporzionate fortune del think tank OMA, creato insieme all'ex super-marito. “Il mio nome è Koolhaas, Rem Koolhaas”, sembra ripetere in ogni inquadratura l’architetto più influente del pianeta: e, leggendo attentamente questo bellissimo e complesso libro, si comprendono molte delle modalità che hanno formato OMA, contenitore di tutte le ansie, le perversioni, le contraddizioni intime e infine le inanità dell’architettura dell’ultimo quarto del ventesimo secolo. Si comprende molto altro. Maddie è “una quasi sconosciuta artista geniale”, olandese, che non ha creduto nella scossa tellurica e nella “bellezza terrificante” del progetto mediatico della costituenda colonia interstellare delle archistar.



   È ‘solo’ un’artista-designer-artigiana, collezionista compulsiva, che ha costruito involontariamente gli archetipi del processo mentale del marito, senza farsene una colpa e senza rivendicarne i meriti. È significativo che il suo lavoro, pur strutturatosi in quattro decenni, sia legato soprattutto a un episodio: l’illustrazione, sia pure di un libro epocale come Delirious New York. Infatti l’acquerello Flagrant Délit, del 1975, ne diventa la copertina e la metonimia: nessuno all’epoca può immaginare che, dietro l’organico delirio dell’autore, ci possa essere l’impronta ispiratrice dell’artista. Il disegno è stato usato da OMA (e non commissionato come erroneamente si pensa) a dimostrazione dell’autonomia e dell’originalità del percorso della Vriesendorp: peraltro, lei stessa racconta che il saggio è stato ultimato a New York(of course!), alla sua presenza, discreta. Su questo ‘delitto’ concettuale, e su altri, torneremo.




   Madelon Vriesendorp: l’onnivora collezionista di oggettini, cartoline e collegamenti linguistici che tanta (e troppa) importanza avranno nello sviluppo culturale dello studio da lei co-fondato nel 1975 a New York, insieme ai coniugi Elia e Zoe Zenghelis, disegna, dipinge, assembla e compone ready-made ma soprattutto attende...
I primi disegni di OMA, eseguiti da Madelon, saranno esposti, e spesso venduti, in molte gallerie europee e statunitensi, aprendo una strada nuova al disegno d’arte prestato all'architettura: lei diventa l’istinto controllato e trainante del team progettuale, quasi un architetto mancato che ricerca nuove strade nell'espressione, in tavole architettoniche mai viste fino ad allora. Quei disegni saranno contemporaneamente l’incipit e l’eredità del team.

   La mostra all’Architectural Association del 2008, fortemente voluta dal direttore Brett Steele e di cui questo libro è catalogo, ci aiuta a fare il punto su una serie di fenomeni di contaminazione tra arti diverse, che hanno visto nel rapporto tra l’artista e il “convitato di pietra” uno dei punti espressivi più interessanti, anche se poco scandagliati dalla critica militante e militare. Mi riferisco alla reversibilità delle due posizioni operative: l’arte di Madelon, che spiega l’architettura di Rem, e l’architettura di Rem, che cerca nuove strade alternative nell’arte delle avanguardie storiche.
La mostra ci illustra un processo compositivo molto simile al metodo paranoico-critico mediato da molti riferimenti, anche contrastanti – cellule artificiali surgelate nell’opera di MV: Dalí, Balthus, Delvaux, ma anche Frida Kahlo o alcuni disegni di De Chirico, la Pop art, esperienze, influenze culturali, prima che visive, una storia lunga quattro decenni(1967-2007) in sessanta ‘quadri’. Nella parabola artistica si intuisce, forse discontinua, una vivacità intellettuale, una foga concettuale e una necessità di vivere velocemente, di bruciare energia, miscelando, sovrapponendo, schiacciando forme, formule, idee, colori, edifici, architetture e personaggi misteriosi, per ri-costruire da “un mondo quotidiano semplice (il nostro universo ordinario dell’architettura) un pianeta unico, fantastico, inaspettato e, sempre, leggermente delirante”.

   Queste righe possono essere usate anche, se volete, per l’indagine anarco-progettuale e post-paranoico-critica di Rem e di OMA, perché sono la forza di entrambi i processi mentali, la loro originalità, frutto esclusivo di una sapiente serie di citazioni. In questa contraddizione c’è tutta Maddie e c’è tutto l’Office for Metropolitan Architecture, e naturalmente la loro intrinseca fragilità. Nella corposa serie di saggi che accompagnano la mostra, si alternano giudizi lusinghieri sulla capacità di indagine teoretica, una leggerezza analitica, il piacere autoerotico del calembour, il motto di spirito e il gioco di parole, e ovvietà autocelebrative sull’onda di un’apparente semplicità, da cui Madelon rifugge con tutte le sue forze culturali facendo finta di giocare.



   E ‘gioco’ è la parola che più ricorre nelle 278 pagine del libro-catalogo: un gioco solo apparentemente semplice. Ogni passaggio, ogni particolare sembra studiato per sfidarci nel sembrare bruttino, sgraziato, anestetico, ma alla fine affascinante. Questo vale anche per alcune opere che non saranno significative per l’arte contemporanea, ma nascondono qualcosa che le rende uniche in un denso mistero di contenuti profondi, da scoprire: una sovrapposizione di arcane teorie mascherate da piccole ovvietà.
Evocano, rimandano, lanciano la sfida, proprio come il Chrysler e l’Empire State Building, scoperti in flagranza di delitto, après l’amour, da un costernato Rockfeller Center cornificato (ma non sapremo mai da chi).
   Madelon Vriesendorp inserisce nell'architettura dei suoi dipinti l’elemento erotico, una delicata comix-pornografia, e ci costringe a guardare agli edifici come a macchine fisiche, sessuali, capaci di amare, soffrire
e tradire. Il mondo nei dipinti della Vriesendorp è incatenato a molte forme di ossessioni, di catalogazioni, di presagi e di intuizioni. Nei titoli straordinari delle opere c’è già tutto il dramma dell’architettura contemporanea(in generale) e di OMA (in particolare), il suo delirio di senso e la sua inevitabile irrealizzabilità o non necessaria realizzabilità.


   Non sapremo mai se l’idea dei “prigionieri volontari”, delle “piscine/zattere”, delle “città del globo prigioniero”, di “Freud illimitato”, e molto altro ancora, siano momenti realmente autonomi dal pensiero onanista, o ne rappresentino esclusivamente the glamourous side dettato dall’artista.

Conclusioni inappropriate e appropriazioni indebite

   Quello che non ci piace nel percorso culturale, di MV come di RK, è l’evidente necessità di mettere in scena, con arte e in continuazione, la normalità di un’esistenza, e la fatica inutile di rendere straordinario l’ordinario, magari un po’ più veloce. Non ci convince la costruzione mitologica a posteriori di un fenomeno onestamente sopravvalutato (OMA/AMO e tutti i derivati), oberato di citazioni, di contaminazioni prevedibili e di presunte intersezioni nate dal caso (vedi il troppo semplice circolo virtuoso Freud/Dalí/MV), che però rappresentano un impianto teorico elitario e autoreferenziale che, con una certa ingenuità, è stato accostato dalla critica ai grandi movimenti culturali del Novecento. Se Koolhaas è il più influente architetto vivente, Madelon ne è stata la matrice, anzi, direi, la nutrice concettuale; ma il fenomeno possiamo considerarlo concluso da tempo, e alcune imbarazzanti realizzazioni e progetti recenti dimostrano che l’opera di Madelon Vriesendorp ha fatto quello che ha potuto, e fino a quando ha voluto.

   Non ho parlato del saggio di Koolhaas alla fine del catalogo perché non aggiunge e non toglie nulla alla consapevolezza dell’autonomia teorica e concettuale, ma anche stilistica, di Madelon, se non nella spasmodica ma debole ricerca linguistica. Una preoccupante gentilezza e una saggezza definitiva è il titolo della predica che parla a tutti di tutto senza dire nulla, perché si limita a recitare la solita parte della rockstar, imbolsita dal successo e dal denaro, che continua a cantare Yesterday o Sympathy for the Devil, consapevole che la voce e la matita (e la penna) non sono più le stesse.




   Rendiamo, comunque, merito artistico e umano soltanto a questa bella persona che è Madelon Vriesendorp, capace di fabbricare un mito e di sopravvivere alla sua frequentazione senza perdere la freschezza del proprio linguaggio e senza mai farsi condizionare. Refrattaria ai richiami della “fama di riflesso”, è riuscita a mantenere una capacità infantile di guardare e di stupirsi, di costruire mondi fantastici, senza avere la pretesa di diventare l’altro demiurgo della famiglia. Un’artista enigmatica nella sua controllata normalità, con una grandissima voglia di cercare, di sperimentare, di costruire mind games, di imparare, così, tanto per tenere allenato il cervello che, anche nelle archistar è soggetto a repentino invecchiamento.

The World of Madelon Vriesendorp
Paintings/Postcards/Objects/Games
Edited by Shumon Basar & Stephan Trüby
Graphic design by Kasia Korczak. Photography by Sue Barr
Architectural Association, London 2008, 278 pp.

26 novembre 2010
Intersezioni ---> SPECULAZIONE

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Note:
* Articolo pubblicato su Domus n. 941, novembre 2010, titolo "L’osmosi sentimentale e teoretica di una coppia olandese, Madelon e Rem. Sesso e grattacieli: un’arte esoterica", pp. 98-102. Pubblicazione autorizzata dall'autore.

Immagini di Salvatore D'Agostino album flickr 800x200 : 1, 2, 3 e 4

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