Dopo
più di quattro anni ho deciso di prendermi una breve pausa per
ritornare in autunno, almeno spero, con un Wilfing Architettura
rinnovato sia nella grafica che nei contenuti. Durante questa
sospensione estiva vorrei condividere con voi tre letture urbane, molto
milanesi, che anticipano il prossimo percorso di Wilfing Architettura
ovvero il pensiero di un’altra modernità.
Gianni Biondillo e Michele Monina, Tangenziali - Due viandanti ai bordi della città, Ugo Guanda, Parma, 2010
L’anconese Michele Monina, come recita wikipedia, è scrittore, giornalista, direttore artistico e autore televisivo e da diversi anni vive a Milano; Gianni Biondillo è architetto ma in realtà lavora come scrittore è un tipico nativo milanese,
secondo una sua definizione, poiché figlio di genitori calabresi
(sic leggi il commento di Gianni Biondillo) trasferitosi a Quarto Oggiaro. Entrambi, due anni, fa hanno percorso a
piedi quella Milano cinta, ma non chiusa, dalle tangenziali.
Durante
la lunga camminata, spesso ciò che Michele Monina vedeva era tutta
merda, che strideva con la sua idea presa in prestito dal libro di
psicogeografia scritto da Iain Sinclair ‘London orbital’ qualche anno
prima. Monina voleva trasformare questo viaggio in qualcosa di più
mediatico, con telecamere, circondato da amici divi e farne ‘un evento multimediale’
un’ossessione che lo distrarrà dall’osservare il perimetro di Milano
oltre il proprio immaginario visivo, limitandosi a contrapporsi al suo
compagno di viaggio ‘antropologicamente diverso’, in una sorta di sit commedy alla ‘Vianello-Mondaini’ (definizioni tra apici dello stesso Monina). Gianni
Biondillo, da parte sua, si ritroverà a rintuzzare l’ansia da evento
cool di Monina viaggiando con un bagaglio visivo pieno di anni di studi,
di storie urbane e di architettura che spesso antepone a ciò che
osserva camminando.
Per
Michele Monina, Rozzano, Assago, Cinisello Balsamo e le varie città che
si legano ai bordi di Milano, non sono Milano, per Gianni Biondillo la
Milano più intraprendente è stata spesso inventata da chi è cresciuto
in questi luoghi dove oggi le ville e i capannoni formano un indistinto
unicum paesaggistico color giallo Maria Teresa d’Austria.
PS: A proposito, Gianni Biondillo Chi combatte, oggi, la battaglia del Marchiondi Spagliardi? «Il riformatorio senza muri - secondo Bruno Zevi - dove i bambini non scappano».
Giovanni Ubezio, Il cane che mi guardava e altri racconti del taxista, Il saggiatore, Milano, 2012
Giovanni
Ubezio è un tassista milanese che abita ai bordi della città. Ogni
giorno percorre le strade che vanno dalle tangenziali al centro, per
lavorare. Nelle pause registra su un dittafono ciò che gli succede.
Dalle trascrizioni delle sue considerazioni ad alta voce è stato tratto
un libro semplice e ricco di luoghi comuni, dove la donna di periferia
si contrappone alla donna del centro storico, le signore borghesi sono
alla ricerca della donna delle pulizie perfette, le mamme in carriera
discutono ore sulla qualità del lavoro delle loro tate, gli uomini
d’affari affinano il proprio cinismo e le coppie clandestine cercano
alcove negli interstizi della città. Milano ritratta attraverso i suoi
luoghi comuni forse:
«è solo un’apparenza esteriore: in realtà a Milano la gente è profondamente sola». (p. 37)
Pierluigi Nicolin, La verità in architettura, Quodlibet, Macerata, 2012
Pierlugi Nicolin è architetto, critico e ideatore e direttore della rivista Lotus, nel suo ultimo libro dal titolo infausto, ‘La verità in architettura’ ma dal sottotitolo perfetto ‘Il pensiero di un’altra modernità’,
raccoglie e ordina alcune sue riflessioni che da anni sedimenta
attraverso Lotus. Analisi globali che celano il suo sguardo attento
verso una Milano che si auspica sia capace di innescare nuove dinamiche
per un’altra modernità.
Che cosa s’intende per un’altra modernità?
Riporto una citazione tratta dal suo libro per un breve accenno e rimando alla lettura integrale del testo:
«Per questo mercato (ndr immobiliare) non funziona più il modello del quartiere, del quartiere-villaggio del dopoguerra con i suoi rimandi comunitari e rurali. A ben vedere, “quartiere” è una nozione urbana, vuol dire un quarto di città, deriva dalla città romana. Facciamo un cattivo uso di questa parola quando interpretiamo il quartiere come un villaggio e non come una parte di città. Inoltre, nell’abbandonare quell’idea postbellica del villaggio, con i suoi pregi solidaristici, siamo giunti alla sua versione più impoverita negli interventi attuali, dove un gruppo di condomini nel verde e chiusi da una recinzione prende ancora il nome di quartiere. Lo considero un modello scadente perché indicativo di preoccupazioni che gli abitanti normali secondo me non dovrebbero avere. Non dovrebbero ad esempio avere paura della città, non dovrebbero intendere il verde come un elemento per stare distanti l’uno dall’altro, non dovrebbero apprezzare l’isolamento della casa da tutto il resto. Questi nuovi operatori della trasformazione urbana dovrebbero impegnarsi a realizzare naturalmente quello che gli italiani in realtà conoscono alla perfezione, perché gli italiani sanno benissimo come si vive nelle città, non sanno piuttosto come si vive nella periferia.
[…]
Sappiamo benissimo invece vivere la città. E non mi risulta, nonostante, la diffusione dei fenomeni di sprawl in Lombardia, che ci sia un fuggi-fuggi generale dalle città: casomai il limite è nella maniera nostalgica di intendere la città come centro storico. Quando la città diventa centro storico vuol dire che non abbiamo più fiducia di poterla continuare tranquillamente. E cosa vuol dire farla? Vuol dire fare gli isolati, fare le strade, vuol dire fare gli edifici ‘ibridi’, con un piano terra significativo, con degli usi diversificati, che magari hanno delle attività lavorative nei primi tre piani. Così come sempre stato per le nostre città e come avviene anche in certi Paesi avanzati, dove ci sono gli home-office per le persone che lavorano a casa, o ancora nel centro di Milano dove gli uffici occupano lo spazio di alcune abitazioni. Credo che sia arrivato il momento di superare il modello del condominio monofunzionale, con il piano terra inutilizzato e il verde intorno». (pp. 32-33)
A dopo,
Salvatore D’Agostino
10 luglio 2012
Salvatore, non so più come dirlo: i miei genitori NON sono calabresi (e neppure pugliesi). Qualcuno ha messo in giro questa fola e non so più come togliermela di dosso.
RispondiEliminaMamma siciliana, babbo campano. Punto. ciao, G.
Gianni Biondillo,
RispondiEliminahai ragione non so perché ti ho attribuito nuovamente genitori calabri.
Boh!
Buon tutto,
Salvatore D’agostino
Bene, mi viene da pensare che si possano definire 'vacanze'. Bene anche gli scenari futuri. C'è da ritornare urgentemente sull'espressione 'rinnovato nella grafica e nei contenuti', ma è il mio modo da rompicoglioni per augurare buon riposo+ricerca+affetti. Baci baci.
RispondiEliminaCiao Luca,
RispondiEliminaio penso che ancora non esista una piattaforma per gli architetti (detto già varie volte su WA) ossia un luogo dove poter scrivere e commentare attraverso il disegno, una pagina bianca dove sia possibile disegnare ovvero condensare dei ‘segni’ (etimologia di disegnare).
Nello specifico la grafica, nella cultura blogger, non è direttamente proporzionale ai contenuti.
Ad esempio il noto Geoff Manaugh mantiene ancora l’odiosa ‘navbar’ di blogspot, una pagina come una sorta di indice dispersivo e blogspot nel none del blog come anche Lebbeus Woods usa l’impostazione ‘layout di base’ di wordpress e nel nome del blog c’è presente wordpress.
I due più grandi blogger di architettura al mondo antepongono i contenuti alla grafica non perché sono rozzi o lascivi ma perché l’attività blogger si basa più su ciò che vuoi comunicare e non sulla grafica da blog ‘vetrina’ (leggimi perché sono bello, ovvio sto esagerando).
Ultimo esempio sulla grafica è quello di Luca De Biase tra i pionieri dei blogger italiani (e tra i blog più seguiti in Italia) il quale ha una pagina caotica quasi illeggibile che ha da poco sistemato eliminando l’orrendo grigio con un bianco ma lasciando tutto un po’ a casaccio come prima.
Il blogger puro sa bene che i suoi lettori più assidui non leggono la cornice del blog ma i post e soprattutto i blogger non leggono saltando da sito 'bello grafico' in sito 'bello grafico' ma attraverso il reader dove i propri post sono privi dell’estetica del blog e sono solo testo.
Quindi in autunno WA sarà sempre più un foglio dove appuntare (to log) ciò che mi succede camminando fuori e dentro la rete, cercherò solo di cambiare il tipo di scrittura ma non sarà facile.
Buon tutto a dopo,
Salvatore D’Agostino
Salvatore, buona pausa... il silenzio può aiutare nel rumore di fondo che rimane (anche per la tua assenza) ;)
RispondiEliminaMarco+,
RispondiEliminapausa necessaria devo fare un po’ d’ordine me lo consiglia anche il caleidoscopico Rob Brezsny (terribili i suoi libri da non comprare) nell’oroscopo di questa settimana:
«Ultimamente hai passato molto tempo nelle zone più stravaganti del paradiso e in quelle più incantevoli del limbo. Sei perfino riuscito a stare in entrambi i posti contemporaneamente. C’è stata un po’ di confusione tra quello che volevi e quello che non volevi. Sei dovuto uscire a tentoni da un vicolo cieco ma hai anche visto un panorama che ti ha emozionato e curato come una medicina. Pronto a fare il bis? Spero che non sarà troppo complicato. Ti consiglio di passare i prossimi giorni a rilassarti e a fare l’inventario di tutto quello che è cambiato».
Sono già in fase rilassata a fare l’inventario :-)
A dopo,
Salvatore D’Agostino
... sei già in fase rilassata? allora non rispondere a questo commento eh?? :-))
RispondiEliminaMarco+,
RispondiEliminal'inventario passa da WA.
:-)
A dopo,
S
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Caro Salvatore, le premesse sono ottime. Aspettiamo il tuo ritorno con impazianza.
RispondiEliminaCiao Giulio,
RispondiEliminaGrazie per l’incoraggiamento.
Ci rivediamo in autunno.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Rincuora leggere che Nicolin immagini una città fatta di isolati, di strade, di edifici ibridi cioè zonizzati in verticale, dove il verde non tiene lontane le persìne. Cioè una città moderna.
RispondiEliminaSaluti
Pietro
Pietro,
RispondiEliminaintuisco la tua ironia ma Nicolin (e non solo lui) da tempo auspica una città ‘contemporanea’ (anche con episodi verticali perché no?) distante dai ‘concetti’ del moderno (stiamo parlando di 100 anni fa).
Ti consiglio di leggere il numero 117 di Lotus del 2003 dal titolo emblematico ‘Densità’.
Se ci pensi bene l’Italia non ha mai sposato in pieno il ‘moderno’ sia tecnicamente (vedi le norme urbanistiche) che esteticamente.
Il moderno (quello teorizzato appunto 100 anni fa) italiano non è mai stato raccontato bene per via una certa critica che doveva ‘livellare’ le esperienze italiane con quelle internazionali.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
L'autunno è arrivato amico mio! :-)
RispondiEliminaAd ogni modo, spero tanto in un ritorno dei blog. Io ho deciso di rimettermici su di buona lena, e forse così avrò lo stimolo di leggere di più i blog che seguivo un tempo... Un caro saluto amico!
Emmanuele
Ciao Emmanuele,
RispondiEliminami sa che riprendo a fine autunno :-)
Ottimo il tuo intento a riprendere il blog, c’è bisogno – ahimè dopo più di dieci anni dall’idea di blog – ancora di creare una blogosfera matura in Italia.
Siamo ancora schiavi delle voci ‘ufficiali’ dell’architettura e forse non abbiamo il coraggio di far maturare la ‘cultura’ indipendente attraverso il semplice uso dei blog, lasciando in questo modo la blogosfera italiana ai bisbetici piagnoni tipici della nostra perenne adolescente Italietta.
Buona giornata,
Salvatore D’Agostino
Caro Salvatore,
RispondiEliminasono molto d'accordo con questo tuo ultimo commento. A un tratto la blogosfera architettonica sembra aver raggiunto il suo massimo splendore quando la stessa ha iniziato a prendere una sorta di autocoscienza. Forse i social media hanno svolto un ruolo importante in questo: la discussione si è spostata altrove, e venivano discussi solo gli articoli con maggiore visibilità (per l'appunto, quelli ufficiali).
Un abbraccio, e corri a tornare! :)
Emmanuele,
RispondiEliminacerto anche se mancano i contenuti (almeno a me preoccupa questo) e non i contendenti alla chiacchiera.
Le discussioni più o meno social o la ‘visibilità’ spesso si hanno per post rabberciati, definitivi, sputa sentenza, moralisticheggianti di destra e di sinistra che alimentano la nostra ‘identità’ piagnona in fondo a guardare bene le nostre città, sia storiche che contemporanee, rispecchiano in pieno il nostro chiacchierare inutilmente su tutto.
Luoghi rabberciati dal doppio burocratese politico e civico il primo attraverso l’emendamento di azioni e leggi spesso con un punto di vista ‘personale’ e non sociale il secondo attraverso azioni e chiacchiere con un punto di vista ‘personale’ e non sociale.
Le nostre città andrebbero studiate secondo il loro grado di ‘piagnoneria’ :-)
A presto (ancora sono al 20% delle mie capacità connettive sia mentali che fisiche),
Salvatore D’Agostino