27 settembre 2010

0078 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] In medium stat virtus (la virtù è nel medium)

A margine di queste considerazioni su OLTRE IL SENSO DEL LUOGO di Rossella Ferorelli riprendo - parte - della risposta data da Luca Molinari alla stessa.
Chiamata in quel caso, a formulare una domanda al curatore del Padiglione Italia della Biennale di Venezia attualmente in corso:
Luca Molinari: Il problema della produzione teorica nell’ambito dell’architettura contemporanea è serio ma forse dovremmo cambiare prospettiva. Forse non è più tempo di grandi narrazioni teoriche, dei volumi decisivi che spostavano i baricentri tematici, forse il sistema carsico e frammentario dei blogger contemporanei sta modificando il nostro modo di produrre e scambiare teoria in architettura. Insieme credo che la cultura architettonica debba fare uno sforzo diverso, cercare in un mondo che sta cambiando radicalmente e drammaticamente le parole, gli stimoli e le risorse per ridefinire confini disciplinari e elementi per rielaborazioni teoriche.

In medium stat virtus (la virtù è nel medium): considerazioni a margine dell’indagine

Molto è stato già detto, negli ultimi tempi, sulle caratteristiche del blog come mezzo di comunicazione; eppure, molto probabilmente è ancora da dire sull’argomento. In particolare, a margine di un’indagine che ha avuto come consapevole oggetto, appunto, dei blogger, è necessario operare qualche considerazione basilare.

In primis occorre osservare la natura ibrida dello strumento, che galleggia in un limbo – fortissimamente rappresentativo del periodo in cui viviamo – tra cultura alfabetica e cultura elettronica.
Della cultura alfabetica conserva chiaramente la struttura del diario, e presenta una certa resistenza all’integrabilità dei contenuti multimediali che invece gli deriva dalla percentuale di cultura elettronica in cui risulta calato. L’integrabilità è limitata, dicevamo, dalla rigidità della struttura linguistica con la quale i blog sono costruiti per facilitarne la gestione da parte di utenti che non conoscano approfonditamente i linguaggi di programmazione. 
È, insomma, uno strumento che permette la condivisione di contenuti non-letterari in un numero limitatissimo di modi: sostanzialmente, tramite il link e l’embedding, mentre la più evoluta delle indicizzazioni possibili è il tagging1. 
Ogni altro tipo di riferimento, sia esso interno (cioè un riferimento ad un post, contenuto in un altro post del medesimo blog) od esterno, è possibile solamente attraverso la pratica del copia-e-incolla, che è per costituzione l’ultima propaggine alfabetica, e tra l’altro la più obsoleta, a cui siamo attaccati sulla via della connessione totale.
È chiaro infatti che il concetto di copia è del tutto estraneo alla logica connettiva, perché se un oggetto/contenuto è presente in rete, dato che i gradi di separazione tra me e tale oggetto/contenuto sono annullati da una connettività totale, è del tutto inutile che esso venga replicato. Devo solamente esplicitare il collegamento diretto ad esso, e ne avrò il pieno possesso. È interessante notare come, invece, il ricorso alle tecniche del copia-e-incolla e della scrittura manuale dei link sia stato necessario nella costruzione dei post che costituiscono l’indagine e nelle conclusioni riassuntive dei dati da essa emersi.

Quindi, testimoniata la (pur assolutamente affascinante) obsolescenza dello strumento blog nella logica dell’evoluzione della rete, si potrebbe ulteriormente osservare che lo stesso format dell’intervista asseconda decisamente questa obsolescenza, tant’è vero che si presta al passaggio cartaceo, la qual cosa sarebbe anch’essa di per sé degna di un’analisi che però conviene rimandare ad altra sede.

Ci si potrebbe, però, chiedere se sia questo il giusto modo di fare un’analisi dei blog, o se un giusto modo esista. Piuttosto, una simile operazione, portando senz’altro allo scoperto i limiti di cui si è detto, deve spingerci a chiederci di quali possibilità avrebbero bisogno i blogger per meglio integrare vicendevolmente i propri contenuti, e se esistano necessità specifiche dei blogger di architettura in questo senso. Forse, un motore grafico online con una logica wiki, o in generale una più semplice interfaccia di condivisione delle immagini e dei modelli potrebbero facilitare lo scambio di informazioni tra gli utenti architetti.

Questo, per quanto riguarda il metodo.

Per entrare, invece, nel merito dell’indagine, e volendo accettare che i blogger intervistati costituiscano quantomeno un campione fortemente rappresentativo della blogosfera architettonica italiana, si deve sottolineare, come pure è stato già fatto, che questi costituiscono una percentuale irrisoria (appena lo 0,13%) degli operatori del settore presenti nel paese. Ma occorre a questo punto chiedersi: che fetta, qualitativamente parlando, di tali operatori è stata intercettata dall’indagine?

La risposta a questa domanda può aprire diversi scenari interpretativi, se si considera l’assoluta disomogeneità delle preferenze espresse dagli intervistati.

Se, infatti, consideriamo i blogger come una categoria di per sé caratterizzante (perché denota una certa confidenza con la cultura informatica e della rete, il che potrebbe implicare quantomeno un discrimine anagrafico), allora la mancanza di una linea anche solo vagamente comune nelle scelte stupisce ancora maggiormente. Il fenomeno sembrerebbe confermare la scarsissima tendenza dei titolari di blogger al reciproco confronto e scambio, o se non altro l’assenza di qualsivogliano tentativi di fare rete, direzioni di ricerca comuni, o anche solo tendenze corporative.

Ma probabilmente è sbagliato, a questo punto, attribuire una componente unitaria alla blogosfera degli architetti, anche solo su base generazionale. D’altronde, quale tratto accomuna blogger dai 20 ai 65 anni, alcuni dei quali sono studenti, altri professori, altri professionisti della progettazione o della realizzazione, certi ancora sono teorici o critici, altri solo appassionati?
Un generico senso di appartenenza ad un settore culturale/economico e poco più, probabilmente, dato che le stesse ragioni che gli autori adducono all’apertura del loro blog variano dalla ricerca teorica a quella tecnologica, dall’approfondimento di temi di attualità alla semplice promozione del proprio lavoro2.

Compatibilmente con quanto detto, infatti, i dati restituitoci dall’intervista fanno emergere preferenze che è difficile confrontare tra loro per trarne conclusioni, soprattutto statistiche.

Che tipo di considerazioni, allora, ci restano?

Ci resta constatare ancora la duplice natura culturale della nostra nazione, divisa tra una sorta di anarchico rifiuto di conformarsi ad avanguardie d’importazione ed una patologica incapacità di porre le basi per la creazione di movimenti autoctoni.
Un problema vecchio di ottant’anni, se vogliamo.

Ci resta sottolineare che questa schizofrenia coinvolge tutti i gradi dell’opinione, dal blogger autonomo ed autoreferenziale, che legge e rilegge quasi solo la sua produzione, agli istituti di formazione e ricerca, incapaci di comprendere i cambiamenti in atto e farne materia di discorso (polifonico) e di progetto.

Ci resta infine sperare che una piccola rete si stia creando proprio intorno a Wilfing Architettura e lavorare sodo per tenerla in vita.
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27 settembre 2010
Intersezioni --->OLTRE IL SENSO DEL LUOGO

Come usare WA ----------------------------------------------------------------Cos'è WA
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Note:

1 Cfr. The era of the TAG, Derrick de Kerckhove, pdf consultabile online qui

2 Cfr. 0005 [BLOG READER] Homophilia e nuovi blog, indagine precedente ad Oltre il senso del luogo, condotta sempre da Salvatore D’Agostino, 16 maggio 2009. Disponibile online su Wilfing Architettura qui.

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L'indice dell'inchiesta:

Prologo: Maledetti imbianchini


Gli interventi:

Gli architetti dell’inchiesta

  • 3XN [1]
  • Aadrl [1]
  • Abcarius & Burns [1]
  • AKT (Adams Kara Taylor) [1]
  • Alberti, Emilio [1]
  • Alles Wird Gut [1]
  • Altro Modo [1]
  • Altro_studio (Anna Rita Emili) [1]
  • Amatori, Mirko [1]
  • Antòn Garcìa-Abril & Ensamble Studio [1]
  • Aragona, Guido [1]
  • Aravena, Alejandro [1]
  • Archingegno [1]
  • Architecture&Vision [1]
  • Architecture for Humanity (Cameron Sinclair) [1]
  • Archi-Tectonics [1]
  • Asymptote Architects [1]; [2]
  • Atelier Bow Wow [1]
  • Ban, Shigeru [1]
  • Barozzi-Veiga [1]
  • Baukuh [1]
  • Baumschlager & Eberle [1]
  • Blogger donne (Lacuocarossa, Romins, Zaha, LinaBo, Denise e tante altre) [1]; [2]
  • Bollinger+Grohmann [1]
  • BM [1]
  • C&P (Luca Cuzzolin e Pedrina Elena) [1]
  • C+S (Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini) [1]
  • Calatrava, Santiago [1]; [2]; [3]; [4]
  • Campo Baeza, Alberto [1]
  • Carta, Maurizio [1]
  • CASE (David Fano) [1]
  • Catalano, Claudio [1]
  • Cirugeda, Santiago [1]
  • Clément, Gilles [1]
  • Cogliandro, Antonino [1]
  • Contemporary Architectural Practice - Ali Rahim [1]
  • Contin, Giulio [1]
  • Coppola, Dario [1]
  • Cosenza, Roberto [1]
  • Critical garden [1]
  • Cucinella, Mario [1]; [2]; [3]
  • Dal Toso, Francesco [1]
  • De Carlo, Giancarlo [1]
  • Decq, Odile [1]
  • Design Institute Cinesi [1]
  • Diffuse, Luca [1]; [2]
  • Diller Scofidio+Renfro [1]; [2]
  • Dogma [1]
  • Douglis, Evan [1]
  • Duminuco, Enzo [1]
  • Eifler, John [1]
  • Eisenman, Peter [1]; [2]
  • Elastik (Igor Kebel) [1]
  • EMBT | Enric Miralles - Benedetta Tagliabue | Arquitectes associats [1]; [2]
  • Emergent Architecture (Tom Wiscombe) [1]
  • Ferrater, Carlos [1]
  • Florio, Riccardo [1]
  • FOA [1]
  • Galantino, Mauro [1]
  • Garzotto, Andrea [1]
  • Gehl Architects [1]
  • Gehry, Frank Owen [1]; [2]
  • Gelmini, Gianluca [1]
  • Grasso Cannizzo, Maria Giuseppina [1]; [2]
  • Graziano, Andrea [1]; [2]
  • Graypants (Seth Grizzle e Jon Junker) [1]
  • Gregotti, Vittorio [1]
  • Guidacci, Raimondo [1]
  • Hadid, Zaha [1]; [2]; [3]: [4]
  • Hensel, Michael [1]
  • Herzog & De Meuron [1]; [2]
  • Holl, Steven [1]
  • Hosoya Schaefer architects [1]
  • Ingels, Bjarke [1]
  • Ishigami, Junya [1]
  • Kahn, Louis [1]
  • Kakehi, Takuma [1]
  • Knowcoo Design Group [1]
  • Kokkugia [1]
  • Koolhaas, Rem [1]; [2]; [3]
  • Kudless, Andrew [1]
  • Kuma, Kengo [1]; [2]
  • Lacaton e Vassal [1]
  • Lancio, Franco [1]
  • Libeskind, Daniel [1]
  • Le Corbusier [1]
  • Lomonte, Ciro [1]
  • Lynn, Greg [1]
  • MAB [1]
  • Made In [1]
  • Mau, Bruce [1]
  • MECANOO [1]
  • Melograni, Carlo [1]
  • Menges, Achim [1]
  • Moodmaker [1]
  • Morphosis [1]
  • Munari, Bruno [1]
  • Murcutt, Glenn [1]; [2]
  • MVRDV [1]
  • Najle, Ciro [1]
  • Njiric, Hrvoje [1]
  • Notarangelo, Stefano [1]
  • Nouvel, Jean [1]
  • Ofis [1]
  • Oosterhuis, Kas [1]
  • Oplà+ [1]
  • Oxman, Neri [1]
  • Palermo, Giovanni [1]
  • Pamìo, Roberto [1]
  • Parito, Giuseppe [1]
  • Park, Sangwook [1]
  • Piano, Renzo [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]
  • Piovene, Giovanni [1]
  • Pellegrini, Pietro Carlo [1]
  • Pizzigoni, Pino [1]
  • Porphyrios, Demetri [1]
  • R&Sie(n) (Francois Roche) [1]; [2]; [3]; [4]
  • RARE office [1]
  • Raumlabor [1]
  • Rogers, Richard [1]
  • Ruffi, Lapo [1]
  • Salmona, Rogelio [1]
  • SANAA (Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa) [1]; [2]; [3]; [4]
  • Sandbox [1]
  • Sanei Hopkins [1]
  • Sauer, Louis [1]
  • Schuwerk, Klaus [1]
  • Servino, Beniamino [1]
  • Siza, Alvaro [1]; [2]; [3]; [4]; [5];[6]
  • Soleri, Paolo [1]
  • SOM [1]
  • Sottsass, Ettore [1]
  • Souto de Moura, Eduardo [1]; [2]; [3]
  • Spacelab Architects (Luca Silenzi e Zoè Chantall Monterubbiano) [1]
  • SPAN (Matias Del Campo+Sandra Manninger) [1]
  • Spuybroek, Lars [1]
  • Studio Albanese [1]
  • Studio Albori [1]
  • Studio Balbo [1]
  • StudioMODE + MODELab [1]
  • Supermanoeuvre [1]
  • Tecla Architettura [1]
  • Tepedino, Massimo [1]
  • Terragni, Giuseppe [1]
  • Tscholl, Werner [1]
  • Tschumi, Bernard [1]
  • Uap Studio [1]
  • Uda [1]
  • UN Studio (Ben Van Berkel) [1]; [2]
  • Vanelli, Nildo [1]
  • Vanucci, Marco (Open System) [1]
  • Verdelli, Roberto [1]
  • Vulcanica Architettura [1]
  • Wiscombe, Tom [1]
  • Zoelly, Pierre [1]
  • Zordan, Filippo [1]
  • Zucca, Maurizio [1]
  • Zucchi, Cino [1]
  • Zumthor, Peter [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]

Epilogo: Il massimo di diversità nel minimo spazio

Note conclusive sull'inchiesta:

11 commenti:

  1. Rossella,
    secondo l’ultimo studio eMarketer (agenzia di ricerca e analisi sul marketing digitale e multimediale statunitense) con l’avvento dei social network (Facebook e Twitter) il blog stanno cambiando veste.
    In pratica i contenuti diaristici dei fruitori della rete si sono dislocati in massa nei suddetti social network.

    La nuova blogosfera svuotata dai melensi racconti personali (non tutti non sarei così categorico, ci sono narrazioni diaristiche interessanti) si stanno trasformando in veri e propri contenitori di approfondimento, informazione e narrazione.
    Link: http://www.emarketer.com/Article.aspx?R=1007941)

    Occorre notare come in questi mesi la rete italiana venga utilizzata - soprattutto dai partiti politici - per proclamare i propri pensieri.
    La schizofrenia di cui parli in questo caso tocca vertici alti.

    I blogger reiterano e amplificano gli aspetti sia negativi sia positivi della nostra cultura.
    La rete è un alfabeto, ovvero, un dispositivo accessibile a tutti per la comunicazione.
    Spetta a noi dargli senso.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  2. "una patologica incapacità di porre le basi per la creazione di movimenti autoctoni": questa frase mi colpisce in particolare e mi ricorda deluse chiose di alcuni critici di architettura che lamentano periodicamente la mancanza di un movimento stilistico unitario. Ma se ogni architetto ha un suo linguaggio, è una babele, si sottindente: dovrebbero essere tutti uniti in uno stile, essere tutti liberty o tutti espressionisti o tutti birignao. Ma lo stile (e di questo si è dibattuto a lungo prima e dopo la seconda guerra mondiale, forse non abbastanza) è una sintesi che si fa "a posteriori" e non durante. Sarebbe come chiedere a Brunelleschi: "forza, facci una cupola in stile rinascimentale!". la sintesi dello stile rinascimentale (uno stile unitario fino ad un certo punto, dipende sempre da quanto a fondo si vogliono leggere le storie e gli edifici) è stata fatto solo DOPO dagli storici e critici dell'architettura. Se insomma gli architetti italiani, blogger e non solo, facessero tutti architetture diverse ma buone, non mi preoccuperei della mancanza di uno stile. Peccato che di buono se ne faccia ancora troppo poco!

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  3. ---> Emanuele,
    condivido la tua analisi.
    Abbiamo l’urgenza - e la necessità - di vivere bene nei nostri contesti più prossimi.
    Questa è la nostra sfida sia urbana sia edilizia (uso questo termine perché vorrei rimettere il nostro operato nella giusta collocazione).
    Non possiamo progettare attraverso uno stile, ma costruire al meglio affrontando la complessità e la distopia dei luoghi.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  4. @Salvatore: speriamo bene.
    Dici: «Occorre notare come in questi mesi la rete italiana venga utilizzata - soprattutto dai partiti politici - per proclamare i propri pensieri.
    La schizofrenia di cui parli in questo caso tocca vertici alti.»

    Alti? Non sai quanto: ricordati dove vivo e capirai di cosa parlo. Conosco personalmente le persone che si occupano della "costruzione" politica. Loro la chiamano "comunicazione", e non so quale delle due sia peggio...

    @Emanuele: no, no. Nessuno parla di stili qui, eh. Ci può essere movimento senza che si dia uno stile univoco. I movimenti culturali non nascono mai da singoli cervelli e, dico di più, nessun genere di innovazione.
    Lo "stile", invece, quello sì che è personale. È poetica, è arte.

    Ciò che lamento è la scarsa tendenza, di blogger e architetti in generale, a sedersi intorno a un tavolo per dirsi che c'è qualcosa da dirsi. E per capire cosa.

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  5. c'è da dire, a mio parere, che la familiarità con la rete e le tecnologie era propria di una prima generazione di blogger, spinti dalla curiosità e da una volontà di conoscenza ed esplorazione attiva delle piattaforme informatiche

    molti blogger più recenti (anche d'architettura) arrivati alla rete sulla scia del gran numero di utenti (ormai avere un sito o un blog è d'obbligo) non sono affatto competenti in merito alla rete, e la usano al pari di altri strumenti pressochè indispensabili (cellulare, computer, social network), spesso passivamente e conoscendone solo funzionalità e potenzialità minime

    (ci sarebbe forse da aggiungere qualcosa in merito alla fascia d'età degli utenti)

    un saluto
    c

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  6. ---> Rossella,
    la chiusura del tuo commento contiene il paradosso della nostra schizofrenica Italia.

    “Ciò che lamento è la scarsa tendenza, di blogger e architetti in generale, a sedersi intorno a un tavolo per dirsi che c'è qualcosa da dirsi. E per capire cosa”.

    Paradosso che forse – dato che mi sporco le dita da un paio d’anni – posso trasporre nelle dinamiche dei dialoghi in rete.
    Siamo incapaci a relazionarci, creare movimenti reali, criticare senza usare i luoghi comuni o invettive. Lievitiamo in un perenne chiacchiericcio senza senso.

    Personalmente non faccio nessuna morale sull’utilizzo (infantile) degli strumenti Web, credo – al momento -che si sia sprecando l’opportunità della rete nel creare ‘spazi liberi’ con la reale propaggine della ‘libertà di parola’.

    Milena Sacchi (a proposito dell’intervista a Luca Molinari su WA) si domanda:
    “Può la rete, seppur costruita da singole persone, sostituire le persone stesse?
    Può l'insieme incontrollato e proteiforme di un mezzo più dell'azione e dell'impresa del singolo?
    Certo è nobile e preziosa questa democrazia a portata di un clic ma sono sempre i fatti - e non le parole - a innescare il cambiamento. Ben venga la speculazione e la teoria ma i tweets iraniani all'indomani dell'elezione di Ahmadinejad non sono assimilabili al blog della Signora Adalgisa.
    C'è fame di pro-getto”.
    Link: http://it.ymag.it/schede.asp?id=9178
    Trascuro l’aspetto critico un po’ frettoloso e risolutivo.

    Secondo lo scrittore Bruce Sterling: «Avremo l'Internet che ci meritiamo».
    Per il massmediologo Luca De Biase: «Nella Rete c'è quello che siamo».

    Nel fare quest'inchiesta mi sono reso conto che la rete e i blogger non sono ‘liquidi’ ma ‘rigidi’.
    Le voci, gli accenti, le scritture, le emergenze riconducevano sempre a specifiche geografie.
    La rete non è qualcos’altro da noi.
    Siamo noi.
    Non esiste nessun ‘popolo della rete’, ma semplicemente delle persone geograficamente collocate che proiettano su delle pagine condivise i loro geoumori (perdona il neologismo).

    Ti riporto il finale di Luca De Biase: «Non chiedetevi che cosa può fare il web per voi: chiedetevi che cosa voi potete fare per il web e avrete la risposta anche alla prima domanda».

    Questo è il mio ‘pro-getto’.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  7. ---> POP LIFE,
    Dave Winer ovvero il primo blogger di ricerca/opinione (1 aprile 1997 link blog: http://www.scripting.com/) nel 2003 fu chiamato dall’università di Havard per un corso universitario il cui scopo era d'insegnare agli studenti a costruire i blog personali e agevolare le interazioni per la didattica.
    Link notizia: http://news.cnet.com/2008-1082-985714.html

    Siamo tutti in rete senza competenze né cultura critica/storica.
    La scuola italiana è in netto ritardo (non aggiungo altro).

    A proposito della fascia d’età limitatamente ai senili blogger architetti (escludendo qualche rara eccezione) sono i più infantili, lascivi, lagnosi, pseudointellettuali o per dirla alla Perniola degli inani ‘incazzati in pigiama’ ovvero pensano di fare la rivoluzione giocando con il mouse.
    Più interessanti i blogger architetti giovani, hanno la consapevolezza che la vita reale va affrontata camminando e non solo navigando.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    RispondiElimina
  8. Salvatore: precisamente.
    È il motivo per cui il mio blog procede con estrema calma. Perché so che, per fare qualcosa per il web, devo studiare molto. Non scrivo di getto, perché sto cercando un filo preciso, ed è difficile, e non mi accontento di nulla di meno della serietà, anche se giovanile. Non cerco il numero di link, non spammo: perché significherebbe forzare la rete a fare qualcosa per me. Cosa esattamente (se non gridare in giro il mio nome vuoto come un graffito in metropolitana - vedi gente "agrodolce"), tra l'altro, non è ancora ben chiaro...

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  9. ---> Rossella,
    personalmente mi piace il tuo bloggare lento (non a caso spesso ti ospito su WA).
    Però non ho capito la tua frase finale soprattutto: vedi gente “agrodolce”.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  10. Dico: il generico riempire la rete del proprio nome è vandalismo. In più, non ne capisco precisamente i vantaggi, gli scopi finali. "Purchè se ne parli"? Chissà.

    Mi riferisco alla gente "agrodolce" o "dolceamara"... pensaci un minuto ;)

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  11. ---> Rossella,
    ma lasciamo perdere l’ossimoro vivente. La sua è semplice invettiva.
    La critica contro è la più semplice e forse la più redditizia (almeno in Italia).
    Chi grida spesso non ha idee ma viene amato.
    Esempio: Vittorio Sgarbi è il re degli urlatori il suo intervento architettonico (mediato dai beni culturali palermitani) per gli scavi archeologici di Piazza Armerina è uno squallido esempio di potere critico politico urlante
    Sostituire il buon Minnisi con una copertura tautologica del com’era dov’era è semplicemente da incapaci.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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Due note per i commenti (direi due limiti di blogspot):

1) Il commento non deve superare 4096 caratteri comprensivi di spazio. In caso contrario dividi in più parti il commento. Wilfing architettura non si pone nessun limite.

2) I link non sono tradotti come riferimento esterno ma per blogspot equivalgono a delle semplici parole quindi utilizza il codice HTML qui un esempio.