20 settembre 2010

0075 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Architettura POP

Questa rappresenta la coda dell’inchiesta estiva OLTRE IL SENSO DEL LUOGO sui blogger architetti iniziata nel 2009.
Inchiesta che diventerà un libro on-demand (ovvero stampato su richiesta), che sarà pubblicato su Lulu.
Una formula flessibile consona ai dialoghi in rete.
L’idea del libro non è mia ma di Marco Pasian del blog  OPLA+
Nel concepire l’inchiesta non avevo pensato a qualcosa di fisico, tattile, materico come un libro.
Il libro, al momento (poiché procedono i lavori), contiene due testi critici inediti: prologo ed epilogo.
Nel cuore verranno riportati tutti gli interventi, riveduti e corretti (sviste, richiami ai link, frasi bislacche, operazione di revisione che ho condiviso - in un meticoloso lavoro - con Matteo Seraceni) più una selezione di commenti.

Iniziamo con le considerazioni degli OPLA+, estratte da due post editi sul loro blog, in questi giorni seguiranno altri interventi:

Primo post senza titolo
"Il massimo di diversità nel minimo spazio" mi piace, sì, è l'estrema e corretta sintesi di una non facile e sicuramente laboriosa inchiesta intrapresa da Salvatore D'Agostino nel mondo dei blog gestiti da architetti, attraverso l'uso dinamico del suo di blog.
Vista nel suo insieme, è un lavoro enorme.
Credo, e non mi risulta il contrario, che una indagine di questo tipo non abbia ad oggi uguali (escludendo alcuni aggregatori-blog) e nella sua semplice coniugazione (due domande secche ad ogni blogger: quale sia l’architetto noto, e non noto, che apprezzi e perché) ha aperto uno scenario di letture molto ampio e diversificato. 
Ora riassumo taglio.incollo a mo' di slogan:

  • autonomia critica dei blogger;
  • ricchezza;
  • non omologazione culturale;
  • i blogger italiani osservano l’architettura nel suo contesto mondiale;
  • disinteressati alle tesi care all’accademia;
  • per i blogger non esistono culture architettoniche dominanti ma una ricca miscellanea di scritture, idee e progetti con cui confrontarsi;
  • l’architettura italiana-blogger ha un respiro europeo-mondiale.
Quello che ha attratto fin dall'inizio l'attenzione mia e di opla+ è, in primis, la scoperta di una possibile condivisone dei processi comunicativi, attraverso scambi, contaminazioni, commenti, post, l'uso "usato" della rete insomma (la grafica di testa è un po' questo).
In secondo luogo, ma non ultimo, il costruirsi comune di una "visione" altra dell'architettura, o meglio del fare architettura e dei suoi attori, quella che parte da una concreta coerenza operativa libera da azioni speculative (intellettive, economiche accademiche ...)
Qui rimando la palla a Salvatore che per dovere di risultato ha coniato il termine di "architettuta di resistenza" (a me piaceva un po' di più architettura pop, intesa come architettura fatta da persone-architetti pop, pur essa resistente), ma in ogni caso bisognerà continuare a confrontarsi-modificarsi (?) usando le piattaforme blog (>2.0), prima o poi bisognerà dare "ad ogni cosa il suo nome"!

Commento di Salvatore D'Agostino del 30 novembre 2009 ore 10:33

Marco+,
per Chris Anderson direttore di Wired (l’ideatore della teoria ‘della coda lunga’) occorre cambiare il nostro atteggiamento critico. Poiché la rete non ci darà mai un algoritmo talmente complicato per selezionare e ridurre le nostre scelte ‘critiche’ (vedi il suo ultimo libro ‘Gratis’) dobbiamo essere bravi a capire ciò che ha valore ‘nella cultura dell’abbondanza’ (la cultura della rete).
La rete (il massimo di diversità) memorizza tutti i suoi dati in pochi ‘Data center’ (minimo spazio), ma c’è una differenza, i luoghi della memoria ‘archiviazione dei file’ non sono luoghi fisici condivisi.
È indubbio che dietro ogni post c'è un uomo, con la propria capacità critica e il suo sentire legato ad un luogo.
Spiego meglio quest’ultimo concetto, spesso si crede che le scritture mediali siano impersonali o avulse dal luogo.
Girando per la rete mi accorgo – per fortuna - che questo non è vero, spesso i blogger scrivono con accenti, intonazioni e criteri legati ai luoghi in cui vivono.
Per i cultori della scrittura impersonale/giornalistica questo è il limite dei blogger, per me è l’aspetto più interessante.
Mi piace il logo che hai creato perché spiega bene questo concetto, ogni blogger è rappresentato come un satellite autonomo che interagisce con il mondo da un luogo preciso.
Spesso, nei diagrammi che spiegano la rete, quest’aspetto viene sottovalutato, anzi, è capovolto: si preferisce descrivere il mondo-rete che interagisce con gli internauti, ma non è vero.
Il mondo-rete per sua natura è inane, siamo noi con le nostre ‘parole-luoghi’ a dargli senso.
Io credo che spetti ai blogger/architetti far emergere le realtà ‘non mediatiche’, e quindi non vendibili, presenti nei nostri ‘piccoli (ma globali) spazi quotidiani’.
Ovvio, evitando lo squallore dell’invettiva, dei principianti allo sbaraglio o della gente dall’aspetto fisico conturbante, che ci viene instillata quotidianamente da una certa virale cultura mediatico-economica.
L’architettura di resistenza o archipop (nella sua accezione positiva) sono simili.
Un caro saluto,
Salvatore D’Agostino



Quanto riportato di seguito sono i commenti a botta e risposta tra marco+(opla) e Salvatore (D'Agostino) durante il suo postare nel blog Wilfing Architettura mentre indagava sul mondo collegato dei blog e dell'architettura.
Raccolti così, semplicemente estrapolati e in sequenza temporale, mi pare possano suggerire qualche filone di riflessione, oltre a favorire quelle sintesi trasversali che si attuano nell'uso “usato” del web 2.0 (commenti collettivi, tag, risposte incrociate ecc...):

Marco+: Ehi Salvatore! questa cosa (l'inizo dell'inchiesta su i blogger-architetti) mi piace... sei sempre avanti! ... o di fianco, sopra e sotto... mi piace insomma il tuo indagare a tutto tondo... una calda blog.estate!

Salvatore: non credo che sia sempre avanti ma è vero che amo le differenze, le sfaccettature, i punti di vista discordanti in una semplice parola i luoghi (come paesaggio) e comuni (come città) perché - per fortuna - nel mio peregrinare non ho mai trovato dei ‘luoghi comuni’ identici.
Nella critica architettonica i ’ luoghi comuni’ spesso coincidono.

Marco+: Beh! trovo anch'io di estrema importanza il lavoro che stai portando avanti Salvatore, e non so' in verità se poi questo (come dice Emmanuele Pilia) porti ad una scrematura o una presa di coscienza... mi piace pensare che un piccolo network di "sensibilità" condivise possa nascere da queste pagine (post+commenti+...)... oggi faccio girare qui i miei cinque sensi con maggior entusiasmo!

Salvatore: sono vicino al tuo ottimismo: «mi piace pensare che un piccolo network di "sensibilità" condivise possa nascere da queste pagine (post+commenti+...)».

Paolo Mancini (del blog Il parallelografo) risponde alla seconda domanda di Salvatore: Qual è l’architetto non noto che apprezzi e perché?: «Più che di architetti non noti, vorrei parlare di architetture non note. Spesso quando viaggio apprezzo la correttezza di un edificato, il tentativo di non sorprendere e di stupire, la professione corretta, funzionale, semplice.
Mi parla di gente che ha saputo scegliere professionisti colti che amano il paesaggio e l'architettura ma soprattutto i luoghi e i rapporti che il costruito instaura in essi. In Italia ce ne sono molti, in Europa di più, con livelli eccelsi di qualità diffusa e quando guardo l'edificato diffuso spesso ne sento la mancanza. Un tetto ben costruito, una capriata, un angolo, una pietra ben tagliata. Insomma penso tu mi capisca: sono quegli edifici che non smetteresti mai di guardare ma che sai che non hanno mai ricevuto la medaglia».

Salvatore: Paolo, condivido la tua idea di viaggio alla scoperta della non architettura da medaglia, (parafrasando Gilles Clément) alla scoperta di una “terza architettura” da non confondere con l'idea vernacolare/tradizionale/estetica, ma da intendere come l'architettura che possiamo osservare nel ‘residuo’ (ovvero i luoghi abbandonati dalla critica ufficiale).

Marco+: Paolo e Salvatore, che bello sentirvi parlare di quest'altra-architettura... una visione che sento molto vicina...

Salvatore: (…) … Bisogna ritornare a progettare non solo per stratificazione ma anche per brani da ricostruire ex-novo all’interno delle nostre città. Abbattere un altro tabù che tutto ciò che ricade nel retino della ‘Zona A’ sia da tutelare tout court. Molta è becera edilizia speculativa.
Oggi nelle nostre città mancano due/tre strati (espressi in decenni), dell’architettura raccontata dal contemporaneo. Con questo non voglio dire che occorra l’architettura da ‘starlette’ ma quella dell’architetto locale di qualità, che è stato costretto dalla cultura dominate ‘edilizia speculativa’ a lavorare in condizioni spesso proibitive. Ahimè, l’architetto in Italia è una figura da reinventare.

Marco+: hi Salvatore, condivido il tuo pensiero... e penso con non poco disagio che non sia solo "l'architetto in italia ... una figura da reinventare" ma un po' tutto il nostro vivere sociale! l'atteggiamento "speculativo" va in ogni dove...
Alcuni anni fa, un bravo professore di "restauro urbano" mi disse che la città cresceva per processi di "modificazione", un concetto "lento" che non esclude a priori le "novità"... c'ho messo un po' a capire che non vaneggiava...

Salvatore: non ti posso dare torto, c’è da reinventare l’Italia intera dopo che questa fase del ‘banalismo paternalistico’ esaurisca la sua vena aurea (voglio essere ottimista).
L’Italia della politica ‘slogan/televisiva’ si è impoverita nel linguaggio e nelle idee.
Il tuo professore di ‘restauro’ sicuramente aveva ragione ma molti architetti del ‘centro storico’ si sono crogiolati a tutelare le proprie sacre pietre dimenticandosi le modificazioni ai bordi della città. Ciò ha causato una sorta di bipolarismo delle nostre città: belle (forse troppo da vetrina) in alcune aree che turisticamente rendono (fanno economia) e vaste aree brutte (forse troppo abbandonate a se stesse) dove si ammassa la vera vita, dove il popolo dalle braccia robuste dorme ma non riesce a godere dei benefici di una città civile.

Marco+: complimenti Simonetta Capecchi del blog In viaggio col taccuino per i tuoi "viaggi" e i "taccuini"...(mi ricordano certi assemblaggi di "arte postale") e credo che allontanarsi dall'architettura, faccia bene all'architettura! Mi stupisce molto invece che i blog siano strumenti che hai cercato di diffondere tra gli studenti di architettura, ottenendo scarsi risultati; pensavo che da un osservatorio come il tuo... e da giovani menti...
D'altro canto a ripensarci, nel mio affacciarsi al panorama blog architettura ad inizi 2003, ho un ricordo di sano horror vacui! E così rispondo a Salvatore che mi chiedeva dei link dell'epoca: devo ripristinare il mio vecchio pc e controllare i preferiti.

Salvatore: ...mi sa che devi recuperare la tua cartella dei preferiti. Sono molto interessato ai pionieri italiani del blog. Il vostro è uno straordinario esempio, per fortuna ancora visibile.
Se ci riflettiamo, i blog, rispetto alla carta, sono eterei, la grafica e gli articoli possono scomparire per sempre senza offrire più la possibilità di una ricostruzione storica.(...)
Colgo l’occasione per invitare i lettori a inviarmi suggerimenti e segnalazioni dato che Wilfing Archtettura si occupa di memoria.

Salvatore: (…) … invece vorrei parlare del lavoro di Luca Diffuse, anzi mi piacerebbe parlare dei tanti Luca Diffuse che ci sono in Italia. Architetti intelligenti che attraverso la loro opera possono cambiare sul serio il senso dell’architettura ‘edile’ del nostro paese. Credo che tocchi ai blogger o ad altre piattaforme informali parlare dell’architettura latente poiché, come dice Sergio Polano, la critica accademica teme i concetti da strapaese (vedi qui)
«Ad esempio, c’è da scoprire (quasi) tutta l’Italia delle regioni e delle province di marginale collocazione geografica, delle città e cittadine di media o modesta taglia – dimenticate o meglio ignorate dalle riviste pel timore forse di uno strapaese – ove le attività edilizie si sono espresse e talora ancora fervono con vena (non solo quella affaristico-quattrinaia delle ville con patio, delle residenze a schiera, dei quartierini di secondo-terze case, ma neanche solo del mattone bene-rifugio per un parsimonioso prudente popolo di proprietari come siamo e neppure quella criminal-speculativa di tanti ghetti periferici) ben diversa dai grandi capoluoghi, dalle metropoli, dalle capitali politiche, morali, industriali: i luoghi secondari, insomma, ove tradizioni e esperienze locali si sono dipanate nel tempo con significative derive genetiche, lente eco, interpretazioni riflesse ma non meno significative»...

Marco+: la ...visione dell'architettura (di Luca Diffuse) o meglio del "fare" architettura mi ha sempre incuriosito e affascinato, un rapporto emozionale con la vita "normale", denso e fluttante. Apprezzo anche questa apparente distanza della figura dell'architetto, osservatore non distratto. Un po' anche la ricerca opla+ sceglie la trasversalità non irriverente!...

Salvatore: «trasversalità non irriverente!» Ti dico che cos’è per me l’architettura irriverente:
i condomini costruiti dai ‘furbetti del cemento’ e le loro ville;
le case bunker dei mafiosi;
gli edifici tradizionali costruiti come verbo dell’architettura (spesso patchwork di stili mal orditi) con strutture in cemento armato;
“com’era dov’era” senza pensare che nessun edificio storico sia un originale ma frutto dei continui cambiamenti - poiché l’edificio come la natura è cangiante perché abitata da esseri viventi -;
l’Aquila 2 firmata da Silvio B.;
l’arredo urbano firmato dagli uffici tecnici;
i sindaci che usano l’architettura come marchio politico;
i brand che non sanno coniugare l’architettura con lo stile; 
e via dicendo.

Marco+: ... mi spaventa assai quel "...e via dicendo". Di fatto la lista si può allungare di molto se si  considera come "irriverente" molta della spicciola ( e desueta) urbanistica d'espansione (micro e macro lottizzazioni, zone pseudoindustriali, mobilità frazionarie, ecc...). Bisognerà iniziare ad individuare qualche causa... e qualche responsabilità, senza sentenze preventive ma pure troppi diritti di replica.

Salvatore: ti consiglio di leggere se ancora non l’hai fatto il libro di Federico Zanfi, Città abusiva- Un progetto per l’Italia abusiva, Bruno Mondadori, 2008.
Spero di pubblicare un colloquio su Wilfing Architettura con l’autore al più presto.
Zanfi analizza senza i paraocchi politici/morali lo stato delle nostre città.
La città abusiva non è un male da non vedere o trascurare ma una città latente perché in quei contesti vivono delle persone. Invita a vedere concretamente questi spazi, parafrasando Gilles Clément del ‘Terzo Paesaggio’ o ‘residuo’ con un cambiamento concettuale queste aree non vanno intese come spazi sfruttati in precedenza e ora abbandonati ma aree ‘abbandonate dai piani urbanistici’. (…) Osservare con maturità queste realtà ci permetterà di individuare cause e responsabilità, per indirizzarci con responsabilità sul progetto delle città.

Salvatore: Luigi Prestinenza Puglisi da qualche anno invita i giovani ad andare all’estero poiché sa benissimo qual è il male oscuro della nostra architettura.
Qualche minuto fa ho ricevuto il suo ennesimo sfogo attraverso mail: «Il quadro dell’architettura italiana, mi sembra, che si presenti sempre più deprimente. A peggiorare gli efetti (sic) della crisi economica provvede un sistema poco trasparente, arcaico e familistico che non tende a valorizzare qualità e talenti. Soprattutto dei più giovani. Ai quali resta poco oltre la prospettiva di emigrare all’estero». 
Luigi Prestinenza Puglisi va bene, concordo, non vivo in Africa, anche se ci sono molto vicino e a volte immagino che l’Africa sia più evoluta della mia terra ‘no fiction’ di mafia diffusa, ma non basta.
C’è stata e c’è una generazione che ha costruito selvaggiamente ed ha formato male gli architetti del futuro. Adesso occorre trovare nuove strategie, nel mio piccolo cerco di dare spazio a chi si emancipa dai luoghi comuni e, come in questo caso, sa leggere l’architettura contemporanea.

Marco+: "...nel mio piccolo cerco di dare spazio a chi si emancipa dai luoghi comuni", bene. Prima o poi bisognerà rendere organiche queste visione condivise. Forse sono più di una le generazioni che hanno costruito selvaggiamente ed hanno formato male gli architetti del futuro... e non so francamente se sia messa bene la situazione accademica attuale, quella che genererà gli archinauti del futuro... smetterei di guardare troppo avanti (l'urbanità del domani non è la sommatoria di segni futuristi - le architetture avanzate) per privilegiare i bordi.

Salvatore: condivido, occorre guardare ciò che avviene oggi e trovare strategie pratiche per costruire qualcosa di concreto, basta parlare di niente.
Osserviamo con grande maturità e complessità i nostri bordi, evitando i buchi neri delle parole vuote come archistar.

Marco+: seguo dall'inizio l'inchiesta di salvatore sui blogger-architetti... e credo in un'architettura fatta da processi e non (solo) da architetti ... ma trovo qui una visione del fare l'architetto assai condivisibile ("coloro i quali...hanno prodotto il risultato che ha consentito a uomini e cose di rimanere nel tempo") tanto più perchè detta da un non architetto.

Salvatore: credo occorra ascoltare i non architetti, Francesco Alois ne è un esempio mirabile.
La sua definizione di architettura è pregnante, anche se io ho sempre dei dubbi sull’architettura “definitiva” credo in un’architettura trasformabile nel tempo, credo in un’architettura da superfetare.

Salvatore: Per me è un toccasana il mio essere ignorante, mi permette di riprendere sempre fiato dalle mie convinzioni. Nell'ultima puntata di Report, si è citato il centro sociale XM24 e una certa idea di urbanistica concertata da tutti gli attori principali dell’area interessata, coordinato dallo studio Tasca di Bologna e da City-lab (un’altra idea di città). Condivido e raccolgo l'invito (di Fabio Fornasari del blog Luoghi sensibili): «se tutti cominciassero a guardare fuori dalle finestre con quel tipo di occhi, molti nostri colleghi comincerebbero a migliorare la città e la società». Questa in sintesi è anche la mia idea di architettura.

Marco+: ...parole sante! anch'io voglio guardare fuori dalla finExTRA, e sporcarmi le mani! lasciare, come già faccio, il titolo "onorifico" attaccato alla parete del bagno di servizio, e stare con la gente, antiaccademico qb, quantobasta.

Salvatore: mi passi la foto della tua pergamena? A mio avviso, il grosso problema degli accademici italiani non risiede nella qualità di alcuni di essi (spesso rilevante) ma nel distacco verso lo stato “materico” dell’architettura di massa. Si sono dimenticati di camminare.


Post-fazione

Riporto infine questo commento che Salvatore D'Agostino lasciava ad un mio post per il natale 2008 e di buon auspico dell'anno a venire: “Hai ragione niente buoni propositi ma solo “sostanza”. Aggiungo, il 2009 è l'anno zero non possiamo più credere nel passato. Inventarsi il presente non quello eccezionale ma quello concreto diventa un imperativo assoluto. Siamo nell'era della post devastazione dei posticci politici (posticci non pasticci).
Quindi un buon tutto e un in bocca al lupo da parte mia”

Ecco, è passato un anno (tra crisi emergenze gossip)!
Dovevamo “...inventarsi il presente non quello eccezionale ma quello concreto”... mi pare che noi abbiamo incominciato a camminare! ... verso un'architettura pop.

Note

Le foto che accompagnano il post sono tratte dal libro POPVILLE di Anouck Boisrobert, Louis Rigaud e Joy Sorman (Corraini ed.).
E' un libro pop-up in cui ogni pagina corrisponde a un momento dell’evoluzione della città.
E' un regalo, molto divertente, la città cresce... senza un apparente piano regolatore, la sua complessità non pare viziata da azioni speculative... e il testo mi conforta...”la comunità della chiesa di mattoni rossa si è ingrandita: altri ancora sono venuti da più lontano, dall'altra parte del mare; la città ha accolto i nuovi abitanti, ha prosperato, si è moltiplicata e ora vivono tutti insieme”. 

buon 2010.

in poche parole hai spiegato a che cosa può servire un blog: Ragionare a distanza per fare meglio il proprio mestiere (concreto e reale nella propria città).
Non credo che sia poco.
A presto,
Salvatore D’Agostino

20 settembre 2010

Intersezioni --->OLTRE IL SENSO DEL LUOGO


Come usare WA ----------------------------------------------------------------Cos'è WA
COMMENTA
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L'indice dell'inchiesta:

Prologo: Maledetti imbianchini


Gli interventi:

Gli architetti dell’inchiesta

  • 3XN [1]
  • Aadrl [1]
  • Abcarius & Burns [1]
  • AKT (Adams Kara Taylor) [1]
  • Alberti, Emilio [1]
  • Alles Wird Gut [1]
  • Altro Modo [1]
  • Altro_studio (Anna Rita Emili) [1]
  • Amatori, Mirko [1]
  • Antòn Garcìa-Abril & Ensamble Studio [1]
  • Aragona, Guido [1]
  • Aravena, Alejandro [1]
  • Archingegno [1]
  • Architecture&Vision [1]
  • Architecture for Humanity (Cameron Sinclair) [1]
  • Archi-Tectonics [1]
  • Asymptote Architects [1]; [2]
  • Atelier Bow Wow [1]
  • Ban, Shigeru [1]
  • Barozzi-Veiga [1]
  • Baukuh [1]
  • Baumschlager & Eberle [1]
  • Blogger donne (Lacuocarossa, Romins, Zaha, LinaBo, Denise e tante altre) [1]; [2]
  • Bollinger+Grohmann [1]
  • BM [1]
  • C&P (Luca Cuzzolin e Pedrina Elena) [1]
  • C+S (Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini) [1]
  • Calatrava, Santiago [1]; [2]; [3]; [4]
  • Campo Baeza, Alberto [1]
  • Carta, Maurizio [1]
  • CASE (David Fano) [1]
  • Catalano, Claudio [1]
  • Cirugeda, Santiago [1]
  • Clément, Gilles [1]
  • Cogliandro, Antonino [1]
  • Contemporary Architectural Practice - Ali Rahim [1]
  • Contin, Giulio [1]
  • Coppola, Dario [1]
  • Cosenza, Roberto [1]
  • Critical garden [1]
  • Cucinella, Mario [1]; [2]; [3]
  • Dal Toso, Francesco [1]
  • De Carlo, Giancarlo [1]
  • Decq, Odile [1]
  • Design Institute Cinesi [1]
  • Diffuse, Luca [1]; [2]
  • Diller Scofidio+Renfro [1]; [2]
  • Dogma [1]
  • Douglis, Evan [1]
  • Duminuco, Enzo [1]
  • Eifler, John [1]
  • Eisenman, Peter [1]; [2]
  • Elastik (Igor Kebel) [1]
  • EMBT | Enric Miralles - Benedetta Tagliabue | Arquitectes associats [1]; [2]
  • Emergent Architecture (Tom Wiscombe) [1]
  • Ferrater, Carlos [1]
  • Florio, Riccardo [1]
  • FOA [1]
  • Galantino, Mauro [1]
  • Garzotto, Andrea [1]
  • Gehl Architects [1]
  • Gehry, Frank Owen [1]; [2]
  • Gelmini, Gianluca [1]
  • Grasso Cannizzo, Maria Giuseppina [1]; [2]
  • Graziano, Andrea [1]; [2]
  • Graypants (Seth Grizzle e Jon Junker) [1]
  • Gregotti, Vittorio [1]
  • Guidacci, Raimondo [1]
  • Hadid, Zaha [1]; [2]; [3]: [4]
  • Hensel, Michael [1]
  • Herzog & De Meuron [1]; [2]
  • Holl, Steven [1]
  • Hosoya Schaefer architects [1]
  • Ingels, Bjarke [1]
  • Ishigami, Junya [1]
  • Kahn, Louis [1]
  • Kakehi, Takuma [1]
  • Knowcoo Design Group [1]
  • Kokkugia [1]
  • Koolhaas, Rem [1]; [2]; [3]
  • Kudless, Andrew [1]
  • Kuma, Kengo [1]; [2]
  • Lacaton e Vassal [1]
  • Lancio, Franco [1]
  • Libeskind, Daniel [1]
  • Le Corbusier [1]
  • Lomonte, Ciro [1]
  • Lynn, Greg [1]
  • MAB [1]
  • Made In [1]
  • Mau, Bruce [1]
  • MECANOO [1]
  • Melograni, Carlo [1]
  • Menges, Achim [1]
  • Moodmaker [1]
  • Morphosis [1]
  • Munari, Bruno [1]
  • Murcutt, Glenn [1]; [2]
  • MVRDV [1]
  • Najle, Ciro [1]
  • Njiric, Hrvoje [1]
  • Notarangelo, Stefano [1]
  • Nouvel, Jean [1]
  • Ofis [1]
  • Oosterhuis, Kas [1]
  • Oplà+ [1]
  • Oxman, Neri [1]
  • Palermo, Giovanni [1]
  • Pamìo, Roberto [1]
  • Parito, Giuseppe [1]
  • Park, Sangwook [1]
  • Piano, Renzo [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]
  • Piovene, Giovanni [1]
  • Pellegrini, Pietro Carlo [1]
  • Pizzigoni, Pino [1]
  • Porphyrios, Demetri [1]
  • R&Sie(n) (Francois Roche) [1]; [2]; [3]; [4]
  • RARE office [1]
  • Raumlabor [1]
  • Rogers, Richard [1]
  • Ruffi, Lapo [1]
  • Salmona, Rogelio [1]
  • SANAA (Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa) [1]; [2]; [3]; [4]
  • Sandbox [1]
  • Sanei Hopkins [1]
  • Sauer, Louis [1]
  • Schuwerk, Klaus [1]
  • Servino, Beniamino [1]
  • Siza, Alvaro [1]; [2]; [3]; [4]; [5];[6]
  • Soleri, Paolo [1]
  • SOM [1]
  • Sottsass, Ettore [1]
  • Souto de Moura, Eduardo [1]; [2]; [3]
  • Spacelab Architects (Luca Silenzi e Zoè Chantall Monterubbiano) [1]
  • SPAN (Matias Del Campo+Sandra Manninger) [1]
  • Spuybroek, Lars [1]
  • Studio Albanese [1]
  • Studio Albori [1]
  • Studio Balbo [1]
  • StudioMODE + MODELab [1]
  • Supermanoeuvre [1]
  • Tecla Architettura [1]
  • Tepedino, Massimo [1]
  • Terragni, Giuseppe [1]
  • Tscholl, Werner [1]
  • Tschumi, Bernard [1]
  • Uap Studio [1]
  • Uda [1]
  • UN Studio (Ben Van Berkel) [1]; [2]
  • Vanelli, Nildo [1]
  • Vanucci, Marco (Open System) [1]
  • Verdelli, Roberto [1]
  • Vulcanica Architettura [1]
  • Wiscombe, Tom [1]
  • Zoelly, Pierre [1]
  • Zordan, Filippo [1]
  • Zucca, Maurizio [1]
  • Zucchi, Cino [1]
  • Zumthor, Peter [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]
Epilogo: Il massimo di diversità nel minimo spazio

Note conclusive sull'inchiesta:

2 commenti:

  1. Ciao Salvatore... grazie per aver riproposto questo mio/tuo post ... rileggerlo mi ha fatto davvero piacere ... così per ricordare dove stiamo andando...
    ['sto rimettendo mano alla copertina, ... quanti nomi!]

    RispondiElimina
  2. Marco+,
    in realtà si è prodotto una mole di post e commenti tale da mettere in crisi la memoria più allenata.
    Il tuo post è un esempio di sintesi, ovvero cioè che ho conservato (memoria) dell’inchiesta.
    A proposito dei nomi mi sono limitato a passarti quelli dei post poiché leggendo i commenti c’è un altro mondo.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    RispondiElimina

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