10 settembre 2009

0041 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] P R O G di Alberto Pugnale

Salvatore D’Agostino:
  • Qual è l’architetto noto che apprezzi e perché?
  • Qual è l’architetto non noto che apprezzi e perché?
Qui l’articolo introduttivo


P R O G di Alberto Pugnale

Ti ringrazio innanzitutto per le domande stimolanti. Hanno sempre quel grado di ambiguità nel modo in cui sono poste che ti costringono alla fine a rispondere a ben più cose di quelle che sembrano apparentemente chiedere.

Ad esempio bisogna ragionare su cosa si intende per notorietà, e poi per apprezzamento. Poi, dato che le domande mi costringono a selezionare un solo architetto, allora ho deciso di eludere in parte il problema della selezione citando SOM. L'apprezzamento è in primo luogo per la grande e continua innovazione di SOM nei suoi progetti, nella bassa riconoscibilità del progettista e nella struttura organizzativa dello studio che rende difficile assegnare istintivamente opere e paternità. Dai tempi di Bunshaft, Graham, Goldsmith, fino all'attuale gruppo di Baker e il Black Box di Chicago SOM è sempre stato un grande studio di ricerca e innovazione che pensa innanzitutto a risolvere problemi, accontentare i clienti, far tornare i conti, insomma una grande azienda, ma ben diversa dalle solite società d'ingegneria.

Per quel che riguarda un architetto non noto non saprei, non essendo noto come faccio a conoscerlo e a conoscere le sue opere? Dev'essere per forza un mio amico, un collega o un concittadino. E se non è noto in alcun modo forse ci saranno delle ragioni? Se per non noto invece si intende "non molto noto" allora mi è capitato di recente di studiare Pino Pizzigoni di Bergamo, ormai morto da circa 40 anni. È stato un personaggio singolare, amante dell'architettura, della pittura e dell'ingegneria, capace di sperimentare a livelli molto elevati sulle strutture spaziali pur rimanendo uno dei tanti localismi poco conosciuti e quindi poco influenti. Un mio collega ed io abbiamo a questo proposito preparato un contributo per lo IASS Symposium di Valencia di settembre, che festeggiando i 50 anni dalla nascita dell'associazione prevede una sessione ampia legata agli edifici storici. Si tratta della Chiesa di Longuelo, Bergamo, nella quale Pizzigoni riesce a mettere insieme i due più importanti contributi di ricerca spaziale all'epoca in voga (anni 50-60), e cioè la conquista dello spazio attraverso i reticoli e, nel secondo caso, attraverso l'uso di volte sottili. Mai visto un altro esempio in cui le due cose sono così inseparabili (capita in alcune opere di Prouvè di trovare entrambe le cose ma con una netta separazione tra struttura principale e secondaria, separata anche dal punto di vista del materiale impiegato.

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5 commenti:

  1. Alberto,
    SOM (Skidmone, Owings & Merrill) è il sesto studio/società di architettura al mondo per introiti e numeri di architetti, 230 milioni di dollari e 838 architetti.
    Secondo una classifica redatta da Leslie Sklair è il terzo studio/società che ha realizzato degli edifici candidati iconici (architettura brand civile/commerciale) dopo HOK (USA) e Foster and Partners (UK). Vedi Lotus 138
    Nessuno studio italiano è presente tra i primi 50 in Europa (fonte Sole 24 Ore).
    L’architettura italiana sembra essere in ritardo a tal proposito, non riesce a emanciparci dalla gestione familiare delle nostre imprese.
    Se da un lato non abbiamo un peso transnazionale dall’altro quest’architettura a piccola scala può diventare un valore, poiché non deve utilizzare il linguaggio globale dei primi.
    Il problema è che questa ricchezza è scambiata spesso per provincialismo e non può essere pubblicata nelle riviste di settore.
    Un esempio è proprio la chiesa di Longuelo di Pino Pizzigoni un’architettura che io chiamo di resistenza poiché occorre capire che il primo ostacolo in Italia è l’ignoranza diffusa nel campo dell’architettura per una comoda idea ‘edile’ del costruire.
    I palazzi delle nostre città sfrangiate da anni reiterano in cemento armato i codici linguistici delle case in muratura, un vero e proprio cancro.
    Il tuo articolo è un esempio mirabile di come i blog possono essere utili per far emergere opere abbandonate dalla critica vip o da happy hour (scusate se mi ripeto).
    Sono rimasto colpito della bellezza di questa chiesa e vorrei conoscere le altre ‘architetture di resistenza’ di Pino Pizzigoni.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  2. Quando parli di resistenza mi viene subito in mente Luigi Snozzi o gli altri architetti suoi coetanei della Scuola ticinese. Lui in particolare propone sempre una piccola conferenza, tenuta per la prima volta a Zurigo per l'apertura dell'anno accademico, nella quale di parla dell'architettura della resistenza, proprio come la intendi tu. Il suo progetto trentennale per Monte Carasso ne è un esempio unico. E' veramente fantastico passare la giornata lì nella piazza dell'ex convento, o in giro per il paese. Il problema non credo sia quindi nella scala degli interventi, e volendo neanche nella notorietà, però più che altro nei modi di pensare e di fare le cose.
    Ciao,
    Alberto

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  3. Alberto,
    ARCHITETTURA DI RESISTENZA sarà il nome della prossima rubrica che spero di aprire nel 2010 che darà voce all’architettura come quella della Chiesa di Longuelo a Bergamo di Pino Pizzigoni che hai raccontato nel tuo blog.
    Concordo con il tuo pensiero: «Il problema non credo sia quindi nella scala degli interventi, e volendo neanche nella notorietà, però più che altro nei modi di pensare e di fare le cose».
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  4. In questi giorni sto cercando di leggere/rileggere tutti gli interventi e i commenti di questa inchiesta per cercare di capire se è possibile trarre qualche commento conclusivo, ora che tutti i testi sono pubblicati on-line.
    Rileggendo le mie risposte alle tue domande e i relativi commenti mi sento di voler fare una precisazione: la Chiesa di Longuelo non credo sia proprio un'architettura di resistenza, ma solo un esempio di architettura non particolarmente nota. Non è di resistenza nel senso che quest'opera era per l'architetto l'occasione della sua vita, e come tale Pizzigoni ha cercato di giocarsi ogni possibile carta per creare qualcosa di veramente innovativo e spettacolare, senza nessuna preoccupazione per i desideri dei committenti, della futura comunità che fruirà della chiesa, dei costi, di nulla. Diciamo che l'impegno etico dell'architetto in questo specifico lavoro non è stato proprio esemplare. Quello che però è veramente meritevole riguarda il grado d'innovazione di cui questo progetto è portatore (vedi direttamente il post sopra). I riferimenti sono assolutamente internazionali e quindi la non notorietà può essere fatta ricadere nel 'pionierismo locale' e non nell'architettura di resistenza, che invece a volte è molto nota (vedi di nuovo sopra, quando ho citato Snozzi). La non notorietà o la scarsa notorietà, come in questo caso, può dipendere da tante ragioni, e non so quanto sia utile indagarle ai fini di un costruire un dibattito interessante.
    Allontanando però un po' lo sguardo per riflettere più in generale su questa inchiesta, emerge un atteggiamento diffuso dei partecipanti nel legare saldamente il concetto di notorietà di un architetto a quello del suo impegno etico nei confronti della sua professione. Questo è sicuramente sintomo di quanto sia importante riflettere sul concetto di notorietà all'interno di questa professione. E' però strano notare come invece poi la maggior parte dei partecipanti si sia invece interrogata sulla questione della non notorietà durante la formulazione delle risposte, e quindi sul perché dover citare un architetto non noto.

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  5. Dato che ormai ho iniziato a commentare l'intera inchiesta, mi permetto di scrivere ancora un paio di note conclusive a riguardo.
    Quali sono gli aspetti che reputo positivi di questa inchiesta? Beh, sono diversi. Prima di tutto ha creato o rafforzato contatti e comunicazione tra architetti sparsi per l'Italia. Secondo, ha incrementato la notorietà dei personaggi non noti citati. Tante volte nei propri contesti locali capita di scoprire personaggi molto interessanti, anche se solo per aspetti marginali, che al di fuori di quell'ambiente non hanno respiro. Questo può accadere vivendo, parlando e condividendo esperienze con i locali, quindi è interessante condividerlo, anche se forse al di fuori del contesto di riferimento diventa difficile cogliere gli aspetti interessanti delle persone citate. Terzo, il fatto di proporre un'inchiesta 'a puntate' ha invogliato le persone a leggere con continuità il tuo blog, forse più di quanto può accadere normalmente. Quarto, qua e là tra i commenti si è parlato del medium specifico del blog, del suo uso e del suo potenziale per gli architetti, la critica dell'architettura, ecc. Forse questo andrebbe approfondito come dicevi con post più specifici che non rischiano di perdersi facilmente come i commenti.
    Quali sono invece gli aspetti che reputo negativi di questo grande lavoro? Prima di tutto la mole di testo prodotto. E' veramente difficile avere il tempo e la voglia di leggere tutti i post e tutti i commenti. Se uno si mette a fare questo lavoro alla fine è un po' come prendere gli atti di convegno e spararseli dall'inizio alla fine come se fosse un romanzo, nessuno lo fa, e non ha senso. La differenza però tra le due cose è che ogni singolo contributo di un atto di convegno può funzionare anche da solo, questa inchiesta invece funziona meglio se uno cerca di leggere l'inizio, la fine e poi la maggior parte dei contributi interni. Altro aspetto negativo, o discutibile, la riduzione della partecipazione (e quindi anche della lettura) al contesto italiano. Non tutti i partecipanti sono architetti praticanti, anche se architetti di formazione, e forse proprio per questi (come me) non è molto interessante la limitazione dell'inchiesta al nostro contesto italiano. Un ultimo aspetto negativo è relativo alla riproposizione di questo lavoro come libro. Su questo punto, non mi convince l'idea di costruire dei racconti paralleli accomunati da una parola chiave. Ho paura che questo possa portare ad una generalizzazione e classificazione approssimativa e poco utile di concetti più complessi, che andrebbero indagati diversamente. Per farti un esempio che mi viene in mente: diverse volte vengono usate parole come 'architettura digitale' che però non sono molto ricchi di significato, e neanche precisi. Anzi, sono vaghi e poco utili, invece di chiarire confondono le idee. Allora perché non eliminare il termine e spiegare il concetto?

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