- Qual è l’architetto noto che apprezzi e perché?
- Qual è l’architetto non noto che apprezzi e perché?
1.
Herzog & de Meuron, trovo divertente e geniale il loro ultimo lavoro, lo stadio delle Olimpiadi 2008 di Pechino, che esaspera uno dei temi ricorrenti della loro architettura, altamente tecnologica ed al tempo stesso piena di echi arcaici. Il loro rapporto con la natura, profondo, ironico, sensuale e sentimentale, richiama alla memoria gli elementi naturalistici di un Gaudì del 2000, le colonne arboree della sagrada familia dove la decorazione ha valenza rigorosamente strutturale, accuratamente mimetizzata da quel filo di follia onirica che, solo, in un mondo che tende a dimenticare, può legare l’uomo moderno con la sua origine più antica. Trovo che sia un modo intelligente, al tempo stesso intellettuale ed istintivo, di proporre un’architettura che cerca le sue ragioni nelle forme archetipiche dell’universo.
2.
Tra i giovani non (ancora?) noti mi incuriosisce il gruppo Tecla Architettura, formazione mista di napoletani e spagnoli di Barcelona, che a modo loro cercano un’identità nella frantumazione della globalizzazione e si propongono come una squadra ‘mediterranea’, in un certo senso glocal, che riesce a mantenere una sorta di ‘singolarità collettiva’, pur con notevoli analogie culturali, storiche ed ambientali. Interessante un loro progetto ad Amalfi (Mediterranean Biodiversity Center), ricco di spunti originali, in un rapporto misurato e controllato con luoghi di rara bellezza.
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2.
Tra i giovani non (ancora?) noti mi incuriosisce il gruppo Tecla Architettura, formazione mista di napoletani e spagnoli di Barcelona, che a modo loro cercano un’identità nella frantumazione della globalizzazione e si propongono come una squadra ‘mediterranea’, in un certo senso glocal, che riesce a mantenere una sorta di ‘singolarità collettiva’, pur con notevoli analogie culturali, storiche ed ambientali. Interessante un loro progetto ad Amalfi (Mediterranean Biodiversity Center), ricco di spunti originali, in un rapporto misurato e controllato con luoghi di rara bellezza.
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Leggi:- incipit
- Conferenze e talks of architettura by Antonino Saggio
- POISON.GALORE di Sergio Polano
- E-Cloud di Alessio Erioli
- Il parallelografo di Paolo Mancini
- Amate l'architettura
- Gradozero di Davide Cavinato
- PEJA TransArchitecture research di Emmanuele Pilia
- DNA di Nicodemo Dell'Aquila
- L’Archimigrante di Marco Calvani
- Vers une architecture di Alessandro Russo
- Camminare Roma
- Identità e città di Giovanni Mendola
- Il blog della cosa di Emanuele Papa
- Nixiland di Nicoletta Carbotti
- Pensieri lasciati a macerare di Alberto Fogliato
- DEA-ARCHITECTURE di Nicola Montuschi
- Bizblog di Guido Aragona
- Architettura effimera di Emiliano Cristini
- La capanna in paradiso di Enrico Bardellini
- De Architectura di Pietro Pagliardini
Non posso fare altro che condividere la scelta per Herzog & de Meuron (di cui ho scritto anche nel mio blog, sempre per il bellissimo stadio di Pechino).
RispondiEliminaFinalmente la struttura torna a farsi manifesta (non più nascosta dietro le voluttuose forme contemporanee) e lo fa in maniera del tutto nuova ed imprevista, quasi caotica.
Vilma,
RispondiEliminai progetti che apprezzo di più degli Svizzeri sono quelli spagnoli in particolare:
la 'CaixaForum' a Madrid con una riserva sulla parte verde di Patrick Blanc, mi sembra una forzatura ECO un po' fuori contesto, ma l'esasperazione del tema di un colloquio con gli edifici circostanti mi sembra rilevante. Il brano storico privato del suo basamento e l'espansione sul tetto sfida alcune leggi dell'equilibrismo ingegneristico e non si pone in netto contrasto con il luogo;
trovo invece la 'Ciudad del Flamengo' a Jerez de la Frontera un progetto più maturo, il muro che s'inspessisce e diventa contenitore, la trama 'arabo/spagnola' che la caratterizza denota una sensibilità e un ascolto sofisticato dei luoghi.
Il tuo richiamo al 'glocal' mi sembra opportuno anche per queste architetture.
Ancora una volta devo confessare che non conoscevo gli architetti non noti in questo caso i ’ Tecla Architettura’, questo mio limite superato mi rallegra.
Dal mio Wilfing ho visto ben poco vorrei conoscerli meglio poiché mi fido della tua nota introduttiva.
Saluti,
Salvatore D'Agostino
Matteo, quello di ‘struttura caotica’ mi sembra un affascinante ossimoro! In effetti, l’introduzione del disordine in quello che in genere si pensa debba essere il massimo del rigore e dell’ordine conferma la componente di ambiguità che percorre tutta l’opera di H&deM, dei quali personalmente apprezzo la capacità di usare sofisticate soluzioni tecnologiche sia per soddisfare esigenze strettamente reali e funzionali che per produrre inedite forme ad alto contenuto provocatorio. Particolarmente apprezzabile, secondo me, è la deviazione marcatamente ‘artistica’ della loro architettura che non teme la contraddizione sofisticata e la raffinata artificialità, sintetizzate in un discorso che disinvoltamente unisce forme tutto sommato rassicuranti a licenze poetiche eversive e destabilizzanti.
RispondiEliminaVilma
Salvatore, penso che l’equilibrismo non solo ingegneristico sia una peculiarità di H&deM capaci sia di voli di grande leggerezza inventiva che di un ‘ascolto sofisticato’ della realtà dei luoghi: ciò li mette in condizione di saper attingere con libertà, sensibilità e spregiudicatezza ad ogni repertorio culturale scovandovi inaspettatamente ‘l’autentico’ ( è il caso del poetico ‘nido di rondine‘ di Pechino e della 'Ciudad del Flamengo', per la quale il verso che Pedro Soto de Rojas dedica all'Alhambra, "Paraíso cerrado para muchos, jardines abiertos para pocos" mi pare perfetto).
RispondiEliminaLe forzature fuori contesto sono secondo me una costante della loro opera, così come la forma conclusa sostituisce provocatoriamente con una serie di rimandi e citazioni spesso intellettualistiche ogni tentativo di approccio tipologico al luogo.
Del gruppo Tecla Architettura mi ha colpito il modo diretto, genuino e forse un po’ ingenuo (nel senso buono!) di accostarsi al tema dell’ambiente, tema solo apparentemente facile, con il quale si rischia facilmente di cadere nella retorica ambientalistica alla Renzo Piano.
Vilma
Anch'io pensando ad H&deM ho sempre ritenuto la loro una "deriva artistica" dell'architettura.
RispondiEliminaMi ha stupito tantissimo appunto il fatto che le forme dello stadio ricordino le strutture di bambù intrecciato di Kawashima Shigeo (che, come altri artisti giapponesi contemporanei del bambù, ha invece posto una "deriva architettonica" all'antica arte giapponese del bambù intrecciato).
A presto
Matteo
---> Vilma,
RispondiEliminaper me Herzog & de Meuron non si possono definire post-moderni, occorre fare un passo indietro e uno in avanti.
Il passo indietro ci riporta alla tradizione occidentale della relazione con il luogo uno in avanti l’enfasi quasi barocca del post moderno.
Un connubio apparentemente antitetico ma rintracciabile in ognuna delle loro opere.
Escluderei l’approccio diagrammatico.
Mi auguro che il tuo intuito sia giusto, poiché di retorica ambientalista non abbiamo bisogno.
A settembre vedremo il nostro capocantiere dell’Abruzzo fare un uso smoderato di questa retorica, presentando la sua Abruzzo 2.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
---> Matteo,
RispondiEliminacondivido con Vilma la definizione ossimorica di ‘struttura caotica’, vorrei fare un parallelismo con la prima opera, dove la struttura non venne celata ma diventava essa stessa architettura, il museo di Piano/Rogers a Parigi Beaubourg (a tal proposito si parlò a lungo di effetto Beaubourg , Jean Baudrillard ci scrisse pure un saggio).
La prima vera architettura iconica del novecento o per dirla alla Rem Koolhaas una Bigness (loft Platonico).
In questo periodo di evoluzione grazie ai CAD e alle nuove invenzioni dei materiali, l’architettura ‘non-standard’ deve imparare a non scadere in un facile manierismo che possiamo definire neopostmoderno. Non credo che ci sia una ‘deriva artistica’ nel loro lavoro, ma una sofisticata continuità giocosa e non pedante di alcuni codici premoderni e moderni.
Occorre riflettere su due paradigmi essenziali della nostra era: complessità e sofisticazione.
Saluti,
Salvatore D’Agostino