1 luglio 2009

0001 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Maledetti imbianchini


di Salvatore D'Agostino
«Verso la fine degli anni Sessanta, quando ero studente universitario, passai tre mesi di vacanze estive in Europa. Feci un'ampia gamma di esperienze nuove ed eccitanti e quando tornai a casa, ne parlai agli amici, alla mia famiglia e ad altri conoscenti. Ma non a tutti riferii esattamente la stessa versione del mio viaggio. Ai miei genitori, per esempio, diedi ragguagli sulla sicurezza e la pulizia degli alberghi in cui avevo soggiornato e su come il viaggio mi avesse reso meno pignolo nel mangiare. Ai miei amici, invece, parlai di pericoli, di avventure e di una breve storia d'amore. Agli insegnanti descrissi gli aspetti "educativi" del mio viaggio: visite a musei, cattedrali, luoghi storici e osservazioni sulle differenze culturali e comportamentali. Ognuno dei miei vari pubblici udì un racconto diverso. Le storie del mio viaggio erano diverse tanto nel contenuto quanto nello stile. Cambiavano le costruzioni grammaticali, i modi di pronunciare le frasi e la quantità di termini gergali. In ogni situazione, cambiavano le espressioni del viso, le posizioni del corpo e i gesti delle mani. In ogni racconto variavano il misto di frivolezza e di serietà. I miei amici, per esempio, udivano un discorso pieno di "parolacce" e di sarcasmo.
[…] Avevo forse "mentito" a ognuna di
queste persone?
Non esattamente. Ma avevo raccontato verità diverse. Avevo agito come la maggior parte degli individui nelle interazioni quotidiane, evidenziando alcuni aspetti della mia personalità e della mia esperienza e nascondendone altri.
E benché io, e chiunque conoscessi, inconsciamente ca
mbiassimo comportamento da una situazione all'altra, pensavo (secondo la mentalità di quel periodo) che a "recitare ruoli", fossero i disonesti o le persone non in contatto con i loro "veri sé"». Joshua Meyrowitz [1]
La scrittura mediale ha la stessa logica, secondo le piattaforme che utilizziamo Facebook, Twitter, aNobii, Myspace, Messenger, sms, Meetic, Second life, World of Warcraft, Skype, LinkedIn cambiano stile e grammatica.
Nello stesso modo, nel fare un commento in calce ad un articolo di giornale, blog o newsgroup rispondiamo interagendo con l’autore e la sua autorevolezza.
La nostra vita elettricamente espansa produce molteplici sé.
Secon
do Joshua Meyrowitz i luoghi virtuali ci inducono a riconsiderare il nostro rapporto con il luogo fisico. Il senso del luogo virtuale e quello reale [2] non entrano in conflitto, ma insieme cambiano i comportamenti sociali.
Internet è un media ibrido, ci offre la possibilità di leggere e scrivere, per questo motivo non bisogna confondere le scritture e i tipi d’interazione. I nostri sé ‘sociali’ cambiano secondo gli strumenti utilizzati.
Un articolo scritto per un giornale, anche se è pubblicato on-line,
è diverso da un post scritto su un blog.

Possono essere simili, ma strutturalmente, come nel linguaggio, sono diversi.
Nel settembre 2008 è nato il blog ‘Luoghi comuni al contrario’, dove quasi giornalmente si può leggere una frase che gioca con i luoghi comuni.
Ecco un esempio, autore Stefano Bartezzaghi: «In
fondo Mussolini ha fatto anche molte schifezze» (29 ottobre 2008)
Nella sua prima versione vi era un sottotitolo: «Una volta qui era tutta città», accompagnava l’immagine di una campagna con delle mucche al pascolo. Un paradosso linguistico/visivo che ho immaginato come la fotografia della futura Italia post cementificata.

Avendo in mente quest’idea bislacca ho scritto il mio luogo comune al contrario: «Maledetti imbianchini». Meditazione avvenuta dopo aver letto gli articoli dei critici (spesso semplici giornalisti) di architettura bloccati sui luoghi comuni e mai sui temi concreti, soventi infarciti di alcune parole ‘tasca’ che descrivono i temi senza svilupparli.

L’Italia che io osservo rispecchia l‘esaltanti relazioni annuali dell’ANCE degli ultimi anni. Anno dopo anno è stato un trionfo di cemento, per il nostro paese l’economia delle costruzioni costituisce una base solida, difficilmente mediata con l'architettura.
Mentre l’Italia degli architetti, riflette sui temi indicati dalla critica sopracitata: archistar, centro storico, periferia, piano casa, non luoghi, arredo urbano, città a misura d’uomo, decostruttivismo, ecomostro, parchi urbani, postmoderno, grattacieli, sicurezza, dov’era com’era, superluoghi, chiese moderne, è meglio un imbianchino di Le Corbusier…
Credo che vi sia uno iato profondo tra il senso del reale cemento e il senso dell’irreale l‘architettura.


A tal proposito ho mandato una mail ai circa 170 blog dedicati all’architettura (l’0.13% dei 130.000 architetti in Italia, cifre che dovrebbero fare riflettere).
Ponendogli due domande:

  • Qual è l’architetto noto che apprezzi e perché?
  • Qual è l’architetto non noto che apprezzi e perché?
Domande che ricalcano la banalità delle semplici contrapposizione critiche degl’ultimi anni. Archistar o archipop?
Archipop è un neologismo volutamente ambiguo, il suffisso POP può essere inteso:

  • enfasi dei linguaggi architettonici del passato o copie provinciali delle culture metropolitane, una pop/pop architettura;
  • contrazione di popolare (pop-olare) architettura collage del mondo visivo popolare;
  • contrazione di popolo (pop-olo) architetto che opera con dignità nei contesti locali, reinterpretando il linguaggio architettonico senza scadere nel becero provincialismo.
Wilfing Architettura quest’estate vi propone quasi un post al giorno, ovvero le risposte dei blogger/Architetti italiani.
Un racconto blog, con il suo linguaggio e la sua profondità leggibile anche attraverso i commenti.


«Nella misura in cui i media elettronici tendono a riunire molte sfere di interazione precedentemente distinte, non è escluso che si possa ritornare a un mondo ancora più antico del Medioevo. Molte caratteristiche dell'"era informatica" assomigliano alle forme sociali e politiche più primitive: la società dei cacciatori e dei raccoglitori" dei frutti spontanei della terra. Essendo popoli nomadi, cacciatori e raccoglitori non hanno un rapporto di fedeltà con il territorio. Anche essi, hanno uno scarso "senso del luogo"; le loro attività e i loro comportamenti specifici non sono strettamente legati a scenari fisici particolari. Il fatto che tanto le società di cacciatori e "raccoglitori quanto le società elettroniche siano prive di confini, consente molte sorprendenti analogie. Tra tutti i tipi di società che hanno preceduto la nostra, quelle dei cacciatori e dei raccoglitori sono state le più egualitarie per quel che riguarda i ruoli di maschi e femmine bambini e adulti, capi e popolo.»[3]
Riflessioni ancora attuali trattate in un libro che è stato scritto nella prima era digitale Web 0.1 (anno 1995).

Ringrazio tutte le persone che hanno collaborato con le proprie risposte a questo racconto/dialogo blog.
Wilfing Architettura tornerà a Ottobre ma non scomparirà sarà nei commenti ovvero ‘oltre il senso del proprio luogo’.

Link inchiesta

Intersezioni --->OLTRE IL SENSO DEL LUOGO

Come usare WA ----------------------------------------------------------------Cos'è WA

__________________________________________

[1]Joshua Meyrowitz, Oltre il senso del luogo. Come i media elettronici influenzano il comportamento sociale, Baskerville, Bologna, 1995, p. 3-4

[2] La definizione di ‘Oltre il senso del luogo’ di Joshua Meyrowitz «Il cambiamento sociale è sempre troppo complesso perché lo si possa attribuire a un'unica causa ed è troppo diversificato perché lo si possa ridurre a un singolo processo, ma la mia teoria propone che un tema comune a molti fenomeni recenti, e apparentemente diversi, è che in America è cambiato il "senso del luogo". La frase è un gioco di parole complesso, ma molto serio: complesso perché il termine "senso" e il termine "luogo" hanno ciascuno due significati: "senso" si riferisce tanto alla percezione quanto alla logica; "luogo" significa tanto la posizione sociale quanto la collocazione fisica. Il gioco di parole è serio perché ognuno di questi quattro significati rappresenta un concetto importante della mia teoria. Infatti, dalla loro interrelazione nascono i due argomenti fondamentali che ho esposto in questo libro: (1) i ruoli sociali (cioè il "luogo" sociale) si possono intendere solo nel senso di situazioni sociali che, fino a poco tempo fa, erano legati a un luogo fisico, (2) la logica dei comportamenti situazionali è molto legata ai modelli del flusso informativo, cioè con i sensi dell'uomo e le loro estensioni tecnologiche. L'evoluzione dei media, secondo me, ha cambiato la logica dell'ordine sociale, ristrutturando il rapporto tra luogo fisico e luogo sociale e modificando i modi in cui trasmettiamo e riceviamo le informazioni sociali.» op. cit., p. 508


[3] op. cit., p. 521

10 commenti:

  1. Ehi Salvatore! questa cosa mi piace... sei sempre avanti! ... o di fianco, sopra e sotto... mi piace insomma il tuo indagare a tutto tondo... una calda blog.estate!

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  2. ---> Marco +,
    non credo che sia sempre avanti ma è vero che amo le differenze, le sfaccettature, i punti di vista discordanti in una semplice parola i luoghi (come paesaggio) e comuni (come città) perché- per fortuna - nel mio peregrinare non ho mai trovato dei ‘luoghi comuni’ identici. Nella critica architettonica i’ luoghi comuni’ spesso coincidono.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  3. Copio e incollo i commenti su facebook.
    La caratteristica del social network Facebook è la condivisione del proprio profilo/dati solo con ‘amici’ autorizzati dall’utente.

    Il linguaggio cambia:

    ---> a Rossella Ferorelli, Francesco Alois e Marco Opla piace questo elemento.

    ---> Matteo Seraceni alle 14.55 del 03 luglio
    In effetti è un'idea molto bella quella che hai avuto

    ---> Rossella Ferorelli alle 16.24 del 03 luglio
    Per una volta, a questo punto, aspetto anch'io l'estate con ansia. Grazie!

    ---> Salvatore D'Agostino alle 17.09 del 03 luglio
    ---> Matteo e Rossella,
    dalle circa 50 risposte è emersa una cultura diversificata e ricca.
    Vi chiedo un semplice favore, anche se in modo telegrafico lasciate un commento sul blog.
    La mia speranza è, che questa ricchezza possa esplodere nell'espansione dei commenti.
    Per dar vita a un’interazione (diversità) e non integrazione (identità).... Visualizza altro
    Matteo non so dove abiti ma il Salento con la val Demone sono, per fortuna, meravigliosamente diverse non credi Rossella?
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    P.S.: Grazie

    ---> Lorena Greco alle 18.47 del 03 luglio
    1.Gluemaket risponderà appena possibile,e con piacere, alle due domande che ci hai posto.
    Leggevo tempo fa qualche articolo riferito all'anonimato nei blog,un fenomeno molto diffuso che consente appunto " la moltiplicazione dei sè" e con un'aggiunta in più:raccontare una storia che non avremmo magari mai raccontato in un rapporto faccia a faccia.
    (Clamoroso per fare un esempio il caso del giornalista Ciro Eugenio Milani ,e come lui infiniti altri,che nel blog "prima di partire" aveva addirittura annunciato il suicidio meditato e poi realizzato).
    Altro fenomeno molto interessante, è invece la trasposizione di interi blog in libri veri e propri.Alcuni blog (ad esempio: http://settore.myblog.it/)
    nascono senza un intento editoriale e poi vengono invitati dagli editori alla pubblicazione in forma cartacea,altri invece nascono proprio con l'obiettivo di raccogliere quante più inform su un determinato tema ,per poi pubblicarlo sotto forma di libro (es:... Visualizza altro
    http://tappetorientale.blogspot.com/).

    ----> Lorena Greco alle 18.55 del 03 luglio
    Di sicuro quest'ultima moda fa si che si perda l'interattività che caratterizza un blog e di fatto il valore dei commenti.
    Io credo invece che l'unica maniera che ha il blog di non "morire" è quello di stimolare il commento,come di fatto stai facendo tu. Anche perchè il blog,in contrasto invece con piattaforme quali Fb oppure MSN e molti altre,ha più di tutte la caratteristica di non essere ristretto ad una cerchia di conoscenti,ma consente l'accesso libero a chiunque.
    A presto

    ---> Salvatore D'Agostino alle 23.00 del 03 luglio
    Ok con inserirò i vostri commenti citando il vostro blog nel mio. Vorrei ripondere (spero domani) all'equivoco commento.
    A domani.

    ---> Lorena Greco alle 23.23 del 03 luglio
    tranquillo salvatore,non volevo dire che il tuo è un mero stimolo al commento.. va ben oltre ed io condivido,anche la bella idea di riunirsi sotto un tema guida e soprattutto lo scambio tra blog..

    ---> Matteo Seraceni alle 8.19 del 04 luglio
    Anch'io avevo pensato di ri-commentare il mio commento citandolo sul mio blog, ma ora che ci penso, mi piacerebbe inserire quelli che mi piacciono di più.
    Comunque commenterò quanto prima.

    Lorena Greco -BLOG- http://gluemarket.blogspot.com/

    Matteo Seraceni -BLOG- http://arching.wordpress.com/

    Marco Opla -BLOG- http://oplapiu.splinder.com/

    Rossella Feronelli -BLOG- http://architetturadifficile.wordpress.com/

    Francesco Alois -BLOG- http://spiritoarchitettonicolibero.blogspot.com

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  4. Ho dimenticato d’inserire questo commento.
    ---> Salvatore D'Agostino alle 17.38 del 03 luglio
    N.B.: a me non interessa cumulare commenti (che sia chiaro) ma espandere i nostri saperi. Spero che si capirà leggendo questa storia/blogger.
    A dopo,
    SD

    ---> FB,
    La mia frase:«La mia speranza è, che questa ricchezza possa esplodere nell'espansione dei commenti. Per dar vita a un’interazione (diversità) e non integrazione (identità)»

    Deriva da una rilettura del libro di Gianni Biondillo: «”C’è una parola che ricorre in questi casi” gli dico “nella bocca di politici, amministratori, uomini di chiesa, intellettuali, giornalisti, una parola che a me non piace: ‘integrazione’». L’integrazione mi pare sempre unidirezionale: dalla cultura minoritaria (spesso identificata come sottocultura) verso quella, liberatoria, maggioritaria (l’unica vera cultura). Insomma, un annullamento, una omologazione alla ‘normalità’, sempre se qualcuno riuscirà mai a spiegarmi cos’è questa tanto decantata normalità.
    “non la amo neanch’io quella parola” mi dice. “È bruttissima. Io uso ‘interazione’. È questo che dobbiamo fare: interagire, mantenere le diversità, dentro un campo di regole condivise.» da ‘Metropoli per principianti’, p. 199. Un dialogo tra Yuri Del Bar (il primo zingaro eletto in un consiglio comunale da quando esiste la Repubblica italiana) e lo scrittore Gianni Biondillo.

    Interazione/inteGrazione è anche un gioco enigmistico: aggiunta di consonante.
    Riassume ciò che intendo per commento.
    In un precedente post, parlavo del libro ‘Amate l’architettura’ di Giò Ponti, a mio avviso il primo esempio di proto blog.
    Con questo libro Ponti (1957) capisce che non è più possibile leggere la contemporaneità per tassonomie, la struttura stessa del libro non implica una lettura organica ma anche trasversale, si può leggere saltando di capitolo in capitolo.
    Se Marcel Proust ci fa entrare nella sua casa moltiplicando all’infinito i dettagli. Walter Benjamin ci spiegherà che la storia non può essere descritta come una narrazione sequenziale ma come un sovrapporsi di frammenti. La storia perde l’aurea della classificazione e si sviluppa per stratificazione.

    La storia nel suo senso diagrammatico assomiglia a tanti fogli di lucido sovrapposti (esempio nostalgico). Layers che non s’integrano ma interagiscono.
    Un diagramma non flat ma che si sviluppa nelle sue diverse profondità (non semplicemente cartesiane).

    Ecco perché sostengo che le piattaforme blog esistente sono obsolete.
    Occorre pensare alla possibilità di un commento layer che si sviluppi per tutto il testo con la possibilità d’intervenire anche graficamente.
    Commenti intesi come stratificazioni su un testo di base. Dove la base stessa muta, cambia di senso con l’auspicio di diventare periferica.

    «Non ci integriamo:interagiamo» Gianni Biondillo, Metropoli per principianti, p. 200.
    Quest’ anagramma è anche il mio auspicio.
    Per far questo occorre uscire dal dramma del giornalismo italiano l’opinionismo (il sapere definitivo) per l’etica (non in senso morale) dell’interazione.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    P.S.: a proposito d’integrazione (identità) ecco una vignetta di Gipi ---> http://www.flickr.com/photos/internaz/3670782959/sizes/l/in/photostream/

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  5. Credo che tu sia completamente pazzo nel voler riportare ogni volta su facebook quanto scritto qui su e qui su quanto scritto su facebook :D

    Scherzi a parte, è ancora la riprova che l'integrazione tra fb e i blog è nulla, e certamente non a caso. Il social network sta tentando con tutte le sue forze di soppiantare il mezzo blog... e ci sta riuscendo. Penso a persone come me che fino a pochi mesi fa scrivevano quasi un post al giorno sul proprio blog personale per il mero desiderio di comunicare riflessioni pseudo-utili sulla vita e che adesso, bombardati di (mi si passi il tecnicismo) stronzate quotidiane su facebook, per uno spontaneo horror pleni semplicemente tacciono.
    Non c'è modo migliore per tappare il becco ai chiacchieroni che riempirli di chiacchiere, non trovi?
    Furbi.

    È veramente necessario tornare ai blog prima che sia troppo tardi.
    Devo proprio scrivere un post al riguardo sul mio vecchio e polveroso blogspot. Forza e coraggio.

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  6. ---> Lorena,
    pare che in Giappone i siti che parlino di suicidio siano tra i più cliccati (fenomeno diffuso anche nei paesi occidentali).

    I libri e i blog hanno in comune la scrittura, nello specifico anche tra i blog di architettura ci sono dei casi (fenomeni) simili:
    il blog ‘Architettura di pietra’ nasce prima come libro (è tra i blog più consultati);
    il blog ‘Cityrom’ è un’estensione del laboratorio Multiplicity di Stefano Boeri (i racconti sono e saranno pubblicati per spiegare il work in progress del gruppo di lavoro).
    Spesso i blog nascono come aspiranti ‘libri’. Strutturalmente articoli non post.

    Il commento è importante ma non fondamentale.
    Non c’è relazione tra qualità e commenti.
    Capita che quelli più commentati sono i post ‘troll’, ‘snark’ o meglio ‘freak’. Velleitari e spesso sgrammaticati nella critica architettonica.
    Es: la chiesa di Fuksas è un cubo, grattacieli sono simboli fallici, Teca di Meier “sfregio nel cuore della città”, Zaha Hadid autoreferenziale e via dicendo.
    Ma la bellezza dei blog risiede proprio nel suo essere mainstream.
    Nessuna censura per carità.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  7. Io credo che, oltre alle funzioni che tu hai elencato, il blog possa essere utile per cercare quelle risposte che altrove non si trovano, perchè grazie ai commenti è possibile integrare le funzioni tipiche di un "forum" all'interno di una categoria definita dall'articolo postato.
    Penso inoltre che sia abbastanza inutile "parlare" di architettura: già le riviste (vecchie, vecchissime alcune, piene di pubblicità ed articoli lustra-deretani) lo fanno e lo fanno pure male.
    Occorre "trasmettere" qualcosa, che siano stumenti formali o idee di fondo, in modo tale da riempire il grande vuoto lasciato dalla cultura architettonica odierna e dal sistema educativo italiano.
    A presto

    Matteo

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  8. ---> Rossella Feronelli,
    sarebbe praticamente impossibile.
    Volevo riportare un esempio concreto di grammatica/struttura mettendo in relazione i commenti su FB con quelli sul blog. Tema trattato in questo post.
    È vero FB distrae i lettori di blog, ma non sarei così netto nel giudizio, sono piattaforme diverse ognuno con le sue specificità, occorre selezionare ciò che c’è di buono.
    Almeno su FB le’stronzate’ sono quelle degli ’amici’, non hanno l’arroganza dei media/TV.

    Condivido: «Non c'è modo migliore per tappare il becco ai chiacchieroni che riempirli di chiacchiere, non trovi?»
    Aspetto il tuo post.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    RispondiElimina
  9. Matteo
    ---> Matteo,
    condivido (mi piace il temine lustra-deterani).
    I blog sono espansioni della cultura ufficiale, coprono spesso i ‘presunti’ vuoti.
    Un esempio è il blog più seguito in Italia quello di ‘Beppe Grillo che mira a scardinare l’informazione ufficiale.
    Ti sembrerà strano ma il blog italiano di architettura più letto ovvero ‘Archiwatch’ ha gli stessi presupposti grilleschi:
    «Salvatore D’Agostino: A che cosa serve un 'blog' per un architetto?

    Giorgio Muratore: Assolutamente a niente … quindi: indispensabile …soprattutto per uno come il sottoscritto che negli ultimi anni non poteva più scrivere praticamente da nessuna parte, …
    Tutto quello che dice Grillo sulla stampa è vero … la censura esiste … il mondo della carta stampata nella quale ho vissuto per quarant’anni, come l’università è un letamaio; … un blog … finché non staccheranno la spina … è l’unico modo per avere l’illusione di poter parlare, ma è, comunque, una bottiglia nell’oceano, … ma, sicuramente, sempre meglio di niente ...»
    Intervista pubblicata su Wilfing Architettura il 31 maggio 2008 ---> http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2008/05/0009-mondoblog-mortarchiwatch.html

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    RispondiElimina
  10. ---> Rossella,
    (Commento derivante da questa lettura ---> http://maat84.blogspot.com/2009/07/e-necessario-vivere-bisogna-scrivere.html )
    direi che è questione di Wilfing.
    Il piacere del perditempo (inteso nel suo senso positivo, vedi Milan Kundera) o il vagabondaggio attraverso la rete.
    Facebook è vero ruba lettori ai blog (anche se attraverso le note e i link puoi attrarre i lettori di fb sul blog) e livella ‘in senso classista’ le amicizie.
    Puoi avere il piacere di condividere i dialoghi di ‘persone note’ prima irraggiungibili.
    Ciò che a me interessa sia dei blog, che in FB o Twitter o aNobii (a proposito grazie Peja) è l’utilizzo e la grammatica nuova che ogni piattaforma Web inventa.
    Tu hai l’impressione che FB ti rubi tempo e non ti offra la profondità del blog.
    Forse è vero ma credo che questo dipenda dalla qualità del proprio ‘WILF’.
    Ieri mattina uno scrittore (mio amico FB) annuncia che stava correggendo le bozze del suo ultimo libro e deve concentrarsi al massimo.
    Dopo qualche ora avvisa che era arrivato alla pagina 300, suggerendoci di leggere un articolo di Alessandro Piperno su Nabokov: «si invita Piperno a fottersene delle pressioni esterne! Ci interessa il suo libro, non lo spettacolo che può imbastirsi sopra quello... Gli si vuole bene in ogni [finisce senza concludere la frase]»
    Alessandro Piperno, Il risolino di Nabokov che umilia gli scrittori, Corriere della sera, 6 luglio 2009 ---> http://www.facebook.com/ext/share.php?sid=106081931195&h=TCw9K&u=yQwV5&ref=mf

    Ecco l’incipit: «Risorgo da una singolare esperienza. Ero immerso nella prefazione di Zadie Smith a Uno straniero nella terra di Lolita, […]»
    Vi consiglio di leggere l’intero articolo, dato che il libro di cui si parla, è uno straordinario esempio di definizione del termine ‘paesaggio’.
    I due verbi usati da Piperno ‘risorgere’ e ‘immergere’ sono gli stessi verbi di un buon wilfing.
    La differenza consiste nel non poter possedere i contenuti della rete fisicamente ma solo attraverso link (blocco note di google o strategie simili). Spesso questo comporta dover stampare ciò che si legge per riscriverli, ognuno con la propria tecnica (sottolineatura, schede, appunti, diario).
    Il Web spesso è un’esperienza immersiva derivante da un buon surfaggio. Come per la lettura di un giornale sfogliamo (surfaggio) per dopo soffermarci sull’articolo più interessante (immersione).
    Su FB vi è un altro amico scrittore che ama raccontare ‘liturgie’ e specialmente quelle dove si suona ancora con l’organo a canne.
    Ecco la domanda di affiliazione per i suoi amici FB: «Ti faccio la domanda che sto facendo a chi mi capita a tiro: dove abiti? lì ci sono, che tu sappia, messe domenicali ABITUALMENTE accompagnate da organo A CANNE?»
    Un giorno ho visto scrivere (tramite schermo) a un giornalista, un articolo che trattava temi un po’ ostici sulle nuove tecnologie, lanciando un appello ai suoi 5000 amici.
    In un paio d’ore l’articolo era scritto, grazie ai suggerimenti ricevuti.
    Sempre ieri ho letto sull’homepage di un altro scrittore, questa frase: «A me chiedevano sempre se ero parente dell'architetto Carlo ora finalmente c'è un altro Scarpa di cui poter esser altrettanto "parenti"! Congratulazioni vivissime. Libro splendido. Attendo occasione propizia x autografo in copertina.»
    Niente di eccezionale, mi piaceva la connessione.

    Tu dici: «è bene il caso che orienti il mio tempo alle cause serie più che alle famose "divagazioni" del non sapersi accontentare.»
    Sono d’accordo in questo momento nelle condizioni in cui versiamo, occorre non ‘lagnarsi’ e inventare nuovi linguaggi senza dover subire le regole della società e tantomeno i flussi più beceri del Web 2.0
    A proposito degli «inguaribili chiacchieroni» ti regalo quest’articolo fanne buon uso ---> http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2008/12/web-francofono.shtml?uuid=11160b98-cd3d-11dd-8f0b-bdce7f887965&DocRulesView=Libero&fromSearch

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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