di Salvatore D'Agostino
«Che sia nazionalista o cosmopolita, che abbia radici o non ne abbia, un europeo è profondamente influenzato dal rapporto con la sua patria; la problematica nazionale, probabilmente, è più complessa, più dolorosa in Europa che altrove, o quantomeno è sentita in modo differente. A questo si aggiunge un'altra particolarità: accanto alle grandi nazioni ci sono in Europa piccole nazioni, molte delle quali, nel corso degli ultimi due secoli, hanno ottenuto (o ritrovato) l'indipendenza politica. Forse è stata la loro esistenza a farmi capire che la diversità culturale è il grande valore dell'Europa. Nel periodo in cui il mondo russo ha cercato di ridisegnare a propria immagine il mio piccolo paese (ndr ex Cecoslovacchia), ho formulato il mio ideale europeo in questo modo: il massimo di diversità nel minimo spazio; i russi non governano più la mia patria, ma quell'ideale è ancora più in pericolo.
Tutte le nazioni d'Europa vivono lo stesso destino comune, ma ognuna lo vive in modo diverso, in base alle proprie esperienze specifiche. E per questo che la storia di ogni arte europea (pittura, romanzo, musica, ecc.) appare come una corsa a staffetta in cui le varie nazioni si passano il testimone. La polifonia fa il suo esordio in Francia, prosegue la sua evoluzione in Italia, raggiunge un'incredibile complessità nei Paesi Bassi e trova il suo compimento in Germania, nell'opera di Bach; lo sviluppo del romanzo inglese del XVIII secolo è seguito dall’epoca del romanzo francese, poi dal romanzo russo poi dal romanzo scandinavo, ecc. La dinamicità e l’ampio respiro della storia delle arti europee sono inconcepibili al di fuori dell'esistenza delle nazioni, le cui diverse esperienze costituiscono un'inesauribile fonte di ispirazione.
Penso all'Islanda. Nei secoli XIII e XIV vi è nata un'opera letteraria di migliaia di pagine: le saghe. Né i francesi né gli inglesi hanno creato in quel periodo, nelle loro lingue nazionali, un'opera in prosa del genere! Vorrei che si meditasse a fondo su questo il primo grande tesoro della prosa dell'Europa fu creato nella sua nazione più piccola, che ancor oggi conta meno di trecentomila abitanti». [1]
Per scrivere l’epilogo di quest’inchiesta mi è venuto in soccorso un saggio di Milan Kundera ‘Il sipario’ da dove ho tratto la citazione iniziale.
Lo scrittore cecofrancese per avvalorare la sua tesi ‘Il massimo di diversità nel minimo spazio’ introduce il concetto di ‘Die Weltliteratur’ citando una frase di Goethe: «La letteratura nazionale non rappresenta più granché ai giorni nostri, stiamo entrando nell’èra della letteratura mondiale (Die Weltliteratur) e spetta a ciascuno di noi accelerare tale evoluzione» [2] e osserva come quest’intuizione, ancora oggi, viene contrastata da una certa accademica che s’identifica esclusivamente con il proprio contesto nazionale.
Per Milan Kundera ci sono due tipi di provincialismo, quello delle piccole nazioni e quello delle grandi nazioni.
«Come definire il provincialismo (ndr dei piccoli)? Come l’incapacità (o il rifiuto) di considerare la propria cultura nel grande contesto. [3]
[…]
E il provincialismo dei grandi? La definizione resta la stessa: l’incapacità (o il rifiuto) di considerare la propria cultura nel grande contesto». [4]
Due definizioni simili ma profondamente diverse poiché se il provincialismo dei piccoli può apparire intrinsecamente naturale non lo è quello delle grandi nazioni, che come nota, preferiscono auto-compiacersi della propria presunta autorità culturale.
Cita un sondaggio fatto da un giornale francese all’establishment intellettuale, ognuno era chiamato a compilare una lista dei «dieci libri più significativi di tutta la storia francese [...]
Da questa competizione uscì vincitore I miserabili di Victor Hugo. Uno scrittore straniero ne rimarrà sorpreso. Non avendo mai considerato questo libro importante né per sé né per la storia della letteratura, capirà all'istante che la letteratura francese che ama non è quella che viene amata in Francia. All'undicesimo posto, le Memorie di guerra di De Gaulle. Attribuire al libro di un uomo di Stato, di un militare, una simile importanza è una cosa che difficilmente potrebbe accadere fuori della Francia. Ma quel che davvero sconcerta è il fatto che i più grandi capolavori vengano solo dopo! Rabelais figura soltanto al quattordicesimo posto! Rabelais dopo De Gaulle! Leggo a questo proposito il testo di un grande docente universitario francese, il quale dichiara che alla letteratura del suo paese manca un fondatore quale Dante per gli italiani, Shakespeare per gli inglesi, ecc. Dunque, agli occhi dei suoi compatrioti, Rabelais è sprovvisto dell'aura del fondatore! Eppure, agli occhi di tutti i grandi romanzieri del nostro tempo, egli è, accanto a Cervantes, il fondatore di un'arte intera, quella del romanzo». [5]
Per l'inchiesta 'OLTRE IL SENSO DEL LUOGO' ho contattato 176 blogger a cui ho chiesto:
Le scelte più numerose sono state le ‘non scelte’, 10 per i noti e 12 per i non noti. Risposte che appaiono dei moniti nei confronti di un mestiere particolarmente controverso in Italia, molti di loro rilevano lo scontro impari degli architetti con i cementificatori, ovvero gli indiscussi padroni dell’edilizia italiana.
Dei 39 architetti noti menzionati solo 11 sono italiani, tra cui Giancarlo De Carlo, Ettore Sottsass e Bruno Munari (citati ma fuori tema), uno studio spagnolo-italiano e un architetto che si è auto-proclamato noto ma che è decisamente poco noto.
Tra i non noti sono stati citati 62 architetti (molti italiani), in alcune risposte c’è anche qualche stramberia come Le Corbusier, Giuseppe Terragni e Peter Zumthor e soprattutto ciò che si può definire frutto dell’effetto Wired Mario Cucinella[6] che, come si sa, è architetto noto da tempo. Questa scelta tra i ‘non noti’, dovrebbe far riflettere sul perché la comunicazione di una rivista non di settore sia più efficace di quella specialistica.
Una variante interessante sono state le risposte che non si sono limitate alla scelta di un solo nome, ma hanno indicato un gruppo di architetti. Ho chiamato queste risposte multiple ‘miscellanea’, v’invito a leggere le motivazioni poiché sovente sono interessanti.
Infine, va considerata una piccola sezione che, in contrapposizione alle domande poste, ha citato l’architetto che non apprezza o il non preferito, sono pochi, ma sono tutti italiani.
Ciò che emerge da quest’inchiesta è l’autonomia critica dei blogger interpellati. Come si può notare è mancato il plebiscito nei confronti di alcuni architetti. Il più citato tra i noti è stato Peter Zumthor con sei preferenze. Tra i non noti Mario Cucinella (effetto Wired) con tre rimandi.
Ai blogger manca l’architetto di riferimento, sembra essersi persa la tradizione italiana delle scuole/pensiero. Questa ricchezza critica, denota in positivo, una non omologazione culturale.
Inoltre, se consideriamo i voti nel suo complesso, non si rileva una corrente architettonica predominante:
Una vitalità che si trova anche nelle citazioni degli architetti non noti.
L’Italia da Sud a Nord nasconde una vivacità che mi auguro, con il tempo, possa emergere.
Attraverso i dialoghi nati grazie ai commenti, quest’architettura italiana latente, è stata chiamata ‘architettura di resistenza’.
Un’architettura, che con estrema fatica, si emancipa dalla cultura edile dominante. Cioè la cultura edilizia, che possiamo definire ‘speculativa’, che ha determinato la qualità e l’estetica negli ultimi decenni.
Per speculativa si deve intendere l’estremo interesse nei confronti del rapporto costi-benefici a discapito della qualità architettonica.
L’inchiesta nasce per stanchezza dell’uso mediatico di alcune parole che definiscono tutto e il suo contrario e registra con piacere l’assenza del concetto d’identità.
I blogger/architetti sembrano disinteressati alle tesi care all’accademia italiana che tratterà in un imminente convegno il tema ‘Identità dell’architettura italiana’. [8]
Ciò che emerge da quest’inchiesta è che per i blogger non esistono culture architettoniche dominanti ma una ricca miscellanea di scritture, idee e progetti con cui confrontarsi.
L’architettura italiana/blogger ha un respiro europeo/mondiale, forse in nuce, l’agognata Die Weltliteratur goethiana.
25 novembre 2009
[1] Milan Kundera, Il sipario, Adelphi, Milano, 2005, pp. 43-44
[2] op. cit., pp. 47-48
[3] op. cit., p. 49
[4] op. cit., p. 52
[5] op. cit., pp. 52-53
Lo scrittore cecofrancese per avvalorare la sua tesi ‘Il massimo di diversità nel minimo spazio’ introduce il concetto di ‘Die Weltliteratur’ citando una frase di Goethe: «La letteratura nazionale non rappresenta più granché ai giorni nostri, stiamo entrando nell’èra della letteratura mondiale (Die Weltliteratur) e spetta a ciascuno di noi accelerare tale evoluzione» [2] e osserva come quest’intuizione, ancora oggi, viene contrastata da una certa accademica che s’identifica esclusivamente con il proprio contesto nazionale.
Per Milan Kundera ci sono due tipi di provincialismo, quello delle piccole nazioni e quello delle grandi nazioni.
«Come definire il provincialismo (ndr dei piccoli)? Come l’incapacità (o il rifiuto) di considerare la propria cultura nel grande contesto. [3]
[…]
E il provincialismo dei grandi? La definizione resta la stessa: l’incapacità (o il rifiuto) di considerare la propria cultura nel grande contesto». [4]
Due definizioni simili ma profondamente diverse poiché se il provincialismo dei piccoli può apparire intrinsecamente naturale non lo è quello delle grandi nazioni, che come nota, preferiscono auto-compiacersi della propria presunta autorità culturale.
Cita un sondaggio fatto da un giornale francese all’establishment intellettuale, ognuno era chiamato a compilare una lista dei «dieci libri più significativi di tutta la storia francese [...]
Da questa competizione uscì vincitore I miserabili di Victor Hugo. Uno scrittore straniero ne rimarrà sorpreso. Non avendo mai considerato questo libro importante né per sé né per la storia della letteratura, capirà all'istante che la letteratura francese che ama non è quella che viene amata in Francia. All'undicesimo posto, le Memorie di guerra di De Gaulle. Attribuire al libro di un uomo di Stato, di un militare, una simile importanza è una cosa che difficilmente potrebbe accadere fuori della Francia. Ma quel che davvero sconcerta è il fatto che i più grandi capolavori vengano solo dopo! Rabelais figura soltanto al quattordicesimo posto! Rabelais dopo De Gaulle! Leggo a questo proposito il testo di un grande docente universitario francese, il quale dichiara che alla letteratura del suo paese manca un fondatore quale Dante per gli italiani, Shakespeare per gli inglesi, ecc. Dunque, agli occhi dei suoi compatrioti, Rabelais è sprovvisto dell'aura del fondatore! Eppure, agli occhi di tutti i grandi romanzieri del nostro tempo, egli è, accanto a Cervantes, il fondatore di un'arte intera, quella del romanzo». [5]
Per l'inchiesta 'OLTRE IL SENSO DEL LUOGO' ho contattato 176 blogger a cui ho chiesto:
- Qual è l’architetto noto che apprezzi e perché?
- Qual è l’architetto non noto che apprezzi e perché?
Le scelte più numerose sono state le ‘non scelte’, 10 per i noti e 12 per i non noti. Risposte che appaiono dei moniti nei confronti di un mestiere particolarmente controverso in Italia, molti di loro rilevano lo scontro impari degli architetti con i cementificatori, ovvero gli indiscussi padroni dell’edilizia italiana.
Dei 39 architetti noti menzionati solo 11 sono italiani, tra cui Giancarlo De Carlo, Ettore Sottsass e Bruno Munari (citati ma fuori tema), uno studio spagnolo-italiano e un architetto che si è auto-proclamato noto ma che è decisamente poco noto.
Tra i non noti sono stati citati 62 architetti (molti italiani), in alcune risposte c’è anche qualche stramberia come Le Corbusier, Giuseppe Terragni e Peter Zumthor e soprattutto ciò che si può definire frutto dell’effetto Wired Mario Cucinella[6] che, come si sa, è architetto noto da tempo. Questa scelta tra i ‘non noti’, dovrebbe far riflettere sul perché la comunicazione di una rivista non di settore sia più efficace di quella specialistica.
Una variante interessante sono state le risposte che non si sono limitate alla scelta di un solo nome, ma hanno indicato un gruppo di architetti. Ho chiamato queste risposte multiple ‘miscellanea’, v’invito a leggere le motivazioni poiché sovente sono interessanti.
Infine, va considerata una piccola sezione che, in contrapposizione alle domande poste, ha citato l’architetto che non apprezza o il non preferito, sono pochi, ma sono tutti italiani.
Ciò che emerge da quest’inchiesta è l’autonomia critica dei blogger interpellati. Come si può notare è mancato il plebiscito nei confronti di alcuni architetti. Il più citato tra i noti è stato Peter Zumthor con sei preferenze. Tra i non noti Mario Cucinella (effetto Wired) con tre rimandi.
Ai blogger manca l’architetto di riferimento, sembra essersi persa la tradizione italiana delle scuole/pensiero. Questa ricchezza critica, denota in positivo, una non omologazione culturale.
Inoltre, se consideriamo i voti nel suo complesso, non si rileva una corrente architettonica predominante:
- Peter Zumthor [6 citazioni] architetto che possiamo definire fine artigiano dello spazio;
- Renzo Piano [6] espressionista tecnologico o elegante post-moderno ecologico;
- Alvaro Siza [6] esponente dell’architettura mediterranea;
- Santiago Calatrava [4] organico misurato;
- SANAA [4] gli estremisti dell’architettura diagrammatica;
- Zaha Hadid [4] blob architettura o meglio l’architettura parametrica;
- R&Sie(n) [4] sperimentalismo non modaiolo.
Una vitalità che si trova anche nelle citazioni degli architetti non noti.
L’Italia da Sud a Nord nasconde una vivacità che mi auguro, con il tempo, possa emergere.
Attraverso i dialoghi nati grazie ai commenti, quest’architettura italiana latente, è stata chiamata ‘architettura di resistenza’.
Un’architettura, che con estrema fatica, si emancipa dalla cultura edile dominante. Cioè la cultura edilizia, che possiamo definire ‘speculativa’, che ha determinato la qualità e l’estetica negli ultimi decenni.
Per speculativa si deve intendere l’estremo interesse nei confronti del rapporto costi-benefici a discapito della qualità architettonica.
L’inchiesta nasce per stanchezza dell’uso mediatico di alcune parole che definiscono tutto e il suo contrario e registra con piacere l’assenza del concetto d’identità.
«Gli uomini non hanno mai abitato il mondo, - sostiene Umberto Galimberti - ma sempre e solo la descrizione che di volta la religione, la filosofia, la scienza hanno dato del mondo». [7]Per il filosofo le 'parole' che definiscono i concetti sono nomadi, parafrasandolo, per molti blogger ‘l’architettura è nomade’.
I blogger/architetti sembrano disinteressati alle tesi care all’accademia italiana che tratterà in un imminente convegno il tema ‘Identità dell’architettura italiana’. [8]
«L’identità è un fondo vuoto e la sua ricerca un tentativoinutile». [9]Molti blogger, non tutti (alcuni reiterano ancestrali scontri ideologici, bla-bla-bla senza costrutto o ricercano l’identità smarrita), studiano e lavorano per la Die Weltliteratur architettonica, niente di mediaticamente importante ma fondamentale per il respiro culturale della nostra provinciale edilizia (da intendere nei due sensi) italiana.
Ciò che emerge da quest’inchiesta è che per i blogger non esistono culture architettoniche dominanti ma una ricca miscellanea di scritture, idee e progetti con cui confrontarsi.
L’architettura italiana/blogger ha un respiro europeo/mondiale, forse in nuce, l’agognata Die Weltliteratur goethiana.
25 novembre 2009
Link inchiesta
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Note:
[1] Milan Kundera, Il sipario, Adelphi, Milano, 2005, pp. 43-44
[2] op. cit., pp. 47-48
[3] op. cit., p. 49
[4] op. cit., p. 52
[5] op. cit., pp. 52-53
[6] Mario Cucinella, Il mio piano casa. Wired ed. italiana, n.3, maggio 2009, pp. 54-63 (Link)
[7] Umberto Galimberti, Parole nomadi, Feltrinelli, Milano, 2006, p.9
[7] Umberto Galimberti, Parole nomadi, Feltrinelli, Milano, 2006, p.9
[8] Identità dell’architettura italiana, Firenze, Aula Magna dell’Università, Piazza San Marco, 2-3 Dicembre 2009. Qui il programma.
[9] Umberto Galimberti, op. cit., p. 83
[9] Umberto Galimberti, op. cit., p. 83
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Leggi:
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- incipit
- Conferenze e talks of architettura by Antonino Saggio
- POISON.GALORE di Sergio Polano
- E-Cloud di Alessio Erioli
- Il parallelografo di Paolo Mancini
- Amate l'architettura
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- Archiwatch di Giorgio Muratore
- Gli architetti dell’inchiesta
Complimenti, non deve esser stato affatto facile gestire questa inchiesta.
RispondiEliminaI risultati sono quelli che un po' tutti ci aspettavamo (speravamo), ma ha anche aperto nuove porte al dibattito e per quanto mi riguarda mi ha fatto sentire meno solo nel mio naufragio.
Non ne è venuto fuori un clichè del tipo "Tutto va bene", la accosterei a "Tutto fa brodo" (in senso positivo).
Credo che gli architetti noti siano tutti (più o meno) incredibilmente bravi e che siano bravi anche gli architetti meno noti (la stragrande maggioranza).
Il problema dell'Architettura (che nella mia accezione comprende "tutto" lo spazio, non solo il costruito) nasce quando l'architetto manca, o ancora meglio, quando manca la "coscienza dell'Architettura", megl'ancora quando manca la "Coscienza".
Mi riferisco al 90% di quanto costruito o sventrato in Italia.
Concordo con l'idea di "Architettura di Resistenza", ma non mi affascina affatto questo "epiteto" che vive solo in contrapposizione (un po' l'errore di tanta Architettura Moderna), io la chiamerei più "Architettura di Coscienza".
Quell'Architettura cioè che anche se per sua natura è invischiata nell'economia di mercato, non si assoggetta completamente ad essa rimanendo espressione della cultura e della società che la ospita.
(ospite dei luoghi e non padrona dello spazio)
Prima parte:
RispondiElimina---> Maurizio,
Si! È stata una bella fatica.
Mentre postavo le vostre risposte pensavo al possibile epilogo.
Conservo degli appunti a matita di tre o quattro versioni possibili.
Ti confesso che mi aspettavo un plebiscito nei confronti di alcuni noti, ma questo – per fortuna - non è avvenuto.
Tu dici: «per quanto mi riguarda mi ha fatto sentire meno solo nel mio naufragio» l’idea dell’inchiesta nasce da questa consapevolezza.
Il cattivo uso dei blog.
Scusa una piccola divagazione sulla storia dei blog, mi occorre per parlare meglio dei blogger/architetti.
La rivoluzione introdotta dal ‘blog’ è stata la capacità di mettere in relazione voci ‘critiche e opinioni’ non ‘professionali’.
Grazie ai blog le tendenze/gusti delle masse (mainstream) ebbero una voce ‘ufficiale’.
Negli anni (occorre pensare che nell’era informatica due-tre anni determinano la vita e la morte di una piattaforma) i blog si affiancarono alle fonti professionali. Una convivenza che in poco tempo ha messo in crisi - e non ti poco - il giornalismo classico. Una complanarità che è sfociata in una convivenza. Costringendo i giornali (nella versione on-line e non solo) a blogghizzarsi, vedi l’aggiunta dell’opzione commenti, le news 24 su 24, l’inserimento dei video (spesso TV del giornale), inerimento file audio e molte pagine legate ai fenomeni ‘spesso trash’ della rete.
In Italia il fenomeno ‘blog’ ha una sua peculiarità, difficilmente il blogger è creativo o incisivo (articoli innovativi/notizie/denuncie/inchieste ex-novo) preferisce l’opinione.
Ovviamente, a un blogger opinionista, non interessa tessere relazioni, creare una rete di ‘valori’ condivisi, incidere concretamente sul territorio.
A tal proposito vedi articoli/libri di Fabio Metitieri e Gianluca Nicoletti
Recentemente Mario Perniola parla dei blog italiani nel suo editoriale sulla rivista Agalma (n.17-marzo 2009): «L’Italia si rivela ancora una volta un laboratorio socio-politico di grande interesse: l’autismo comunicativo acquista un carattere epidemico e una fisionomia collettiva nell’antipolitica di un comico, Beppe Grillo, il cui blog riceve qualche migliaio di commenti ogni giorno. Questi riesce a mobilitare centinaia di migliaia di persone, spostandole dalla tastiera del computer alla piazza, all’insegna dello slogan più banale e triviale: “Vaffanculo!” In questo modo gli “incazzati in pigiama” si sottraggono alla noia e ritrovano una pseudo-identità, in una specie di “autismo di massa”, che costituisce un fenomeno differente dal populismo, dal qualunquismo e dal moltitudinismo.
Ma cosa c’entrano i blog e Beppe Grillo con la letteratura e con l’arte? Essi sono il prodotto finale, la forma compiuta, il punto d’arrivo di un disastro che è cominciato molto tempo fa e che può essere definito come il dissolvimento dell’opera nella comunicazione. Il proliferare bulimico di scritture che pretendono di essere in presa diretta con l’attualità registrandola nel momento in cui avviene comporta conseguenze clamorose sulla letteratura, rendendola impossibile. L’autismo comunicativo toglie ogni autorevolezza all’autore, contrae il passato e il futuro in un presente effimero, spezza ogni rapporto con una dimensione storica collettiva la quale implica l’esistenza di un significato che va aldilà della mera cronaca.
L’ origine dell’autismo dell’immediatismo e del presentismo dei blog sta nel Romaticismo, che ha attribuito all’autore la pretesa di avere nei confronti delle proprie opere un atteggiamento ironico ed ha assegnato alla soggettività infinita un primato assoluto nei confronti di qualsiasi prodotto». Link ---> http://www.agalmaweb.org/editoriale.php?rivistaID=17
Seconda parte:
RispondiEliminaCondivido, molti blogger sono degli “incazzati in pigiama”, troppo semplice fare la voce grossa attraverso il Web.
Ciò che non approvo - di Perniola - è la visione troppo alta della scrittura CMC (comunicazione mediata dal computer) quest’ultima va analizzata evitando le comparazioni con la scrittura ‘tradizionale’.
Poiché ai blogger manca il ‘Fact checker’ ti riporto l’ultimo editoriale (internazionale n. 823) di Giovanni De Mauro per capire meglio questo concetto: « Dietro un grande giornalista c’è spesso un grande giornale. Non solo perché un grande giornale ha molti soldi, ma soprattutto perché il lavoro di un grande reporter è sempre il risultato del lavoro di una grande squadra. Oltre al direttore, i vicedirettori, i caporedattori, i giornalisti e i collaboratori, nella redazione del New Yorker ci sono 15 copy editor e 18 fact checker. Ogni articolo viene riletto e controllato sei o sette volte da persone diverse. I copy editor si preoccupano soprattutto della coerenza, della scorrevolezza del testo, dell’uniformità stilistica. I fact checker verificano ogni singola informazione, spesso contattando direttamente le persone citate nell’articolo. Il ricorso a fonti che preferiscono l’anonimato è piuttosto raro nella stampa americana, ma negli articoli di Seymour Hersh è frequente: è l’unico modo per riuscire a pubblicare informazioni che altrimenti non potrebbero essere divulgate. E dato che si tratta di inchieste particolarmente delicate, la verifica è affidata direttamente al direttore, David Remnick: "So chi è ogni persona citata nei suoi pezzi, ogni 'agente dei servizi segreti in pensione', ogni generale"».
Come si evince il blog ha intrinsecamente un’altra struttura/scrittura.
Questo non è stato ancora capito da molti blogger che preferiscono il bla, bla, bla (Blog che io chiamo BLAG ovvero bla-bla-bla-BLAG).
Da quest’inchiesta emerge una capacità critica ‘rilevante’ da parte di molti blogger.
Una capacità ‘latente’ poiché spesso non affiora dai post pubblicati nei personali blog.
Condivido la tua analisi sull’architettura di coscienza.
A mio avviso in alcune aree geografiche il termine ‘resistenza’ è più pregnante vedi ---> http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2009/10/0067-oltre-il-senso-del-luogo.html
Come si è visto da quest’inchiesta i blog hanno la possibilità di parlare ‘concretamente’ d’altro.
Io credo che sia opportuno che molti blogger/architetti si togliessero il ‘pigiama’ e cominciassero a fare ben altro, poiché gli architetti hanno le qualità creative, critiche per emanciparsi dallo sterile opinionismo.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
ciao salvatore,
RispondiEliminapartirei da qui:
"...A tal proposito ho mandato una mail ai circa 170 blog dedicati all’architettura (l’0.13% dei 130.000 architetti in Italia, cifre che dovrebbero fare riflettere)"
70 ti hanno risposto... e siamo oltre 136.000 (lo 0,051%)
una percentuale forse coincidente con gli esempi di architetura in italia... !!!
sono comunque fiducioso e... ho lasciato un post su
http://oplapiu.splinder.com/post/21783736
Marco+,
RispondiEliminaper Chris Anderson direttore di Wired (l’ideatore del concetto ‘della coda lunga’) occorre cambiare il nostro atteggiamento critico. Poiché la rete non ci darà mai un algoritmo talmente complicato per selezionare e ridurre le nostre scelte ‘critiche’ (vedi il suo ultimo libro ‘Gratis’) dobbiamo essere bravi a capire ciò che ha valore ‘nella cultura dell’abbondanza’ (la cultura della rete).
La rete (il massimo di diversità) memorizza tutti i suoi dati in pochi ‘Data center’ (minimo spazio), ma c’è una differenza, i luoghi della memoria ‘archiviazione dei file’ non sono luoghi fisici condivisi.
È indubbio che dietro ogni post ci sia un uomo, con la propria capacità critica e il suo sentire legato a un luogo.
Spiego meglio quest’ultimo concetto, spesso si crede che le scritture mediali siano impersonali o avulse dal luogo.
Girando per la rete mi accorgo – per fortuna - che questo non è vero, spesso i blogger scrivono con accenti, intonazioni e criteri legati ai luoghi in cui vivono.
Per i cultori della scrittura impersonale/giornalistica questo è il limite dei blogger, per me è l’aspetto più interesante.
Mi piace il logo che hai creato perché spiega bene questo concetto, ogni blogger è rappresentato come un satellite autonomo che interagisce con il mondo da un luogo preciso.
Spesso nei diagrammi che spiegano la rete quest’aspetto viene sottovalutato. Anzi, è capovolto, si preferisce descrivere il mondo-rete che interagisce con gli internauti, ma non è vero.
Il mondo-rete per sua natura è inane, siamo noi con le nostre ‘parole-luoghi’ a dargli senso.
Io credo che spetta ai blogger/architetti far emergere le realtà ‘non mediatiche’ e quindi non vendibili che ci sono nei nostri ‘piccoli (ma globali) spazi quotidiani’.
Ovvio, evitando lo squallore dell’invettiva, dei principianti allo sbaraglio o della gente dall’aspetto fisico conturbante, che ci viene instillata quotidianamente da una certa virale cultura mediatica-economica.
L’architettura di resistenza o archipop (nella sua accezione positiva) sono simili.
Un caro saluto,
Salvatore D’Agostino
L'inchiesta è stata sicuramente molto stimolante e rinnovo i complimenti a Salvatore.
RispondiEliminaLa lettura delle risposte lo è stato allo stesso modo perché ognuna di esse contiene una propria personale visione dell'architettura, lontana da influenze modaiole ed omologazioni di facciata, frutto sicuramente di una "coscienza critica" che negli ultimi anni (mi pare) abbia preso piede sia nelle università dove si preparano i futuri architetti, sia nella vita progettuale degli architetti, o forse c'è sempre stata, ma la visibilità era tutta dedicata alle "Archistar", ai progetti più politici che architettonici, ai palazzinari che costruiscono il tetto sulle nostre teste e danno fatica a tanti disoccupati (salvo poi ritrovarci gli stessi disoccupati e quartieri ideali per tiri d'artiglieria pesante).
Complimenti anche da parte mia, l'idea di far confrontare le idee di vari architetti blogger, il più delle volte isolati, è ottima e può portare frutti (perché non fare altre campagne simili, cambiando la domanda, magari andando a scavare ancora di più nelle idee sull'architettura che abitano le pagine degli archiblogger?). Mi riconosco nel blogger in piagiama, non ti nascondo che mi piacerebbe avere un pubblico più ampio e un confronto maggiore con altri architetti piuttosto di leggere e ascoltare la vulgata universitaria o delle riviste alla moda. Mancano gli spazi, manca il coraggio? L'architettura si fa innanzitutto in cantiere e spesso le chiacchere sugli edifici non valgono la decima parte di un muro ben fatto. Ma dai blog per l'architettura italiana emergono davvero gli unici spunti intellettuali interessanti.
RispondiElimina----> Spirito libero,
RispondiEliminal’archistar è una parola senza senso coniata per equiparare la categoria degli architetti alle star o vip.
Poiché solo se sei star, vip o archistar sei giornalisticamente spendibile nel ‘commercio’ dell’informazione.
All’informazione TV/cartacea non serve dare spazio a ciò che non è mediaticamente interessante (quindi allettante economicamente).
Credo anch’io che spesso i commenti sono stati molto stimolanti.
Invece questa tua frase. «ai palazzinari che costruiscono il tetto sulle nostre teste e danno fatica a tanti disoccupati (salvo poi ritrovarci gli stessi disoccupati e quartieri ideali per tiri d'artiglieria pesante)».
Cela una problematica molto più complessa che non può essere ridotta con una semplice considerazione.
Occorrere ripartire dai cantieri e dalla cultura imprenditoriale e in senso lato aver cura della società civile a 360°.
Questa ‘banalità’ al momento è pura utopia.
Poiché si preferisce distinguere (anche per legge) ‘in classi politiche e religiose’ evitando analisi più mature, complesse e incisive.
Un caro saluto,
Salvatore D’Agostino
----> Emanuele,
RispondiEliminamolto probabilmente – presto - invierò una mail ai blogger/architetti ponendo un’altra semplice domanda, da qualche tempo sia Franco Purini, Luigi Presinenza Puglisi e altri si chiedono: ‘esiste una critica Web italiana?’
La mia domanda sarà: (relativamente ai blog) mi puoi indicare tre post (articoli) rilevanti criticamente?
P.S.: non ti puoi auto citare;
puoi scegliere anche uno o due post;
puoi non scegliere mandando una mail;
puoi indicare il motivo (mi servirà per costruire il post finale);
non sarà legata la tua preferenza al tuo blog;
saranno riportati tutti i post indicati;
saranno nominati tutti i blogger/architetti partecipanti.
Che ne pensi?
Mi dispiace per la tua indole da ‘incazzato in pigiama’.
Per la visibilità occorre disinteressarsi dei consigli dei blog-dilettanti, ma se vuoi essere super linkato allora scrivi ‘falsi articoli e scoop clamorosi’, tipo: la conversione di Massimiliano Fuksas, disprezza senza senso critico la costruzione dei grattacieli, scagliati contro qualsiasi architettura degli archistar, inserisci delle immagini cafoni e tautologiche, insomma, cerca di essere autoritario, reazionario, razzista, populista, non intellettuale, parla sempre male e dimenticati di parlare dei veri problema dell’architettura italiana.
Spero di essere stato chiaro, quindi buona visibilità.
Concordo pienamente ‘l’architettura si fa in cantiere’.
Infine spero che i blogger/architetti italiani siano nel futuro più incisivi.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Se posso essere critico, votare i post preferiti mi sembra un po' troppo autoreferenziale, un po' guardarsi l'ombelico, o forse l'ombelico del blog vicino... Io ti proporrei invece di fare sempre domande "alte", ovvero sul senso dell'architettura, sul modo di farla, ecc. Se vuoi possiamo provare a discuterne, magari via mail o similia.
RispondiEliminaEmanuele,
RispondiEliminacerto che puoi essere critico.
Non vuole essere un guardarsi l’ombelico.
Ci sono tanti blog nuovi, vecchi, solo iniziati, abbandonati, chiusi che ogni giorno ‘scrivono’ qualcosa.
Mi chiedo vale la pena leggere i blog?
C’è qualcosa di criticamente importante nei loro scritti?
Spesso sono stato critico nei confronti della scrittura dei ‘blog-architetti ’ poiché credo che siano molto pigri, non sperimentano e amano parlare di nulla. (Vedi la rubrica BLOG READER).
Molti blogger-architetto sono affetti da due sindromi:
1) Speakers’ Corner (è il famoso angolo do Hyde park a Londra dove la domenica mattina si possono ascoltare degli oratori improvvisati) ovvero ciarlano di tutto;
2) offendere l’archistar partecipando ai tormentoni mediatici senza incidere concretamente nella realtà.
Per smentire questa mia sensazione, vorrei capire quali sono le letture dei blogger sui blog.
Che ne pensi?
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Non ho molto tempo (purtroppo) così lascio poche righe (per fortuna).
RispondiEliminaCredo che un vero blog di architettura debba essere sostanzialmente diverso dai blog di informazione, che vengono citati da Salvatore: mentre appare importante la pubblicazione di una notizia in un blog allorchè gli altri organi di stampa risultano bradipi incalliti (ma anche politicizzati e quindi censurati), pubblicare la notizia di un nuovo edificio di tizio o caio è assolutamente irrilevante se a questa notizia non viene data qualche esegesi. Per questo già bastano i vari Casabella (ormai inutile ricettacolo di pubblicità).
La coscienza critica dell'architettura è prima di tutto interpretazione e continuo disvelamento di nuovi significati all'interno di opere non banali: ovviamente può essere fine a se stessa oppure prodromo di future svolte nelle concezioni architettoniche.
Oppure la "critica" può anche essere rivolta alla professione stessa, e come tale può essere ancora più importante (come dimostra il blog stesso di Salvatore).
Quindi la "devianza" di questa indagine forse è dovuta all'aver incentrato la domanda sul creatore e non sulla creatura, e comunque nell'aver affidato il compito anche a blog che critica non ne fanno; la "devianza" sta pure nel fatto che fra "architettura" e costruito esiste un divario enorme: la più grande archistar è la mafia o i palazzinari, cui spetta il 90% del'ediliza in Italia.
Forse conta poco parlare di Piano e Zumthor quando lo sfacelo è quotidiano e chi avrebbe le capacità viene continuamente ostacolato.
A presto
Matteo
Prima parte:
RispondiEliminaMatteo,
io partirei dal tuo finale non amaro ma realistico: «Forse conta poco parlare di Piano e Zumthor quando lo sfacelo è quotidiano e chi avrebbe le capacità, viene continuamente ostacolato».
Molte delle risposte dell’inchiesta hanno sottolineato questa ‘identità’ dell’architettura italiana difficilmente attenta ai temi dell’architettura ma attiva alla speculazione estorsiva-economica.
Da qualche tempo osservo dalla mia finExTRA i fenomeni legati al nostro mestiere, ti riporto alcuni recenti appunti:
0200 (finExTRA ) 2 dicembre 2009 ---> ARCHITETTURA ITALIANA [33] Alla faccia di chi dice che la politica non serve a nulla
«La presenza di infiltrazioni criminali» nelle case popolari e «i criteri del tutto soggetti¬vi » nelle assegnazioni degli al¬loggi erano «cosa nota» già no¬ve anni fa, eppure la «cosa no¬ta » sarebbe stata taciuta: «Tut¬ti i dirigenti Aler nonché i ver¬tici del Comune» ne «sono a conoscenza». Ma la denuncia più grave, nell’esposto presen¬tato ieri in Procura da «Sos rac¬ket e usura», riguarda la «com¬plicità di numerosi dirigenti Aler» e la «sistematica abitudi¬ne di eseguire lavori di ristrut-turazione all’interno di case private» di «dirigenti Aler», «assessori del Comune di Mila¬no e consiglieri comunali, uti¬lizzando materiali di proprietà Aler e facendo eseguire i lavori da dipendenti Aler»
Link: http://www.facebook.com/search/?q=scala+milano&init=quick#/photo.php?pid=30636480&id=1543884450
0194 (finExTRA ) 26 novembre 2009 ---> ARCHITETTURA ITALIANA [30] Disgrazia e disgraziati
«D'altra parte le illecite operazioni per la ricostruzione dell'Abruzzo sono state agevolate grazie soprattutto ad un decreto del governo stesso, il quale ha allargato le possibilità di subappaltare a ditte edili terze fino al 50% della categoria prevalente in deroga alle legge 163 del 2006 del codice dei contratti pubblici, che invece è pari al 30%. E il tutto senza alcun bando e sulla base esclusiva di un rapporto fiduciario.
Intanto, le Forze dell'ordine proprio sotto la spinta della Direzione investigativa antimafia, hanno scovato e denunciato già 4 ditte collegate alla mafia. Si tratta esattamente di 4 cantieri inseriti nel progetto C.a.s.e., cioè Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili. Due ditte appaltanti una lombarda e l'altra campana e altre due, la prima dall'Umbria e la seconda dalla Campania che lavorano in subappalto. Le indagini sono in corso ma dietro a queste aziende sospette è certo ci sia lo zampino dei clan mafiosi.
Tra queste imprese la Igc, Impresa Generale Costruzioni di Gela che nel cantiere di Bazzano esequì lavori per 159.300 euro, direttamente collegata alla famiglia dei Rinzivillo a sua volta vicina al capomafia Piddu Madonia. La Edimal, che ha vinto gli appalti anche per la nuova metropolitana milanese e nella Tav ed è riuscita in Abruzzo ad aggiudicarsi lavori per circa 55milioni di euro che ha poi affidato ad altre ditte minori. Anche la ditta Fontana costruzioni spa avrebbe dovuto far parte dell'operazione "ricostruzione" ma nel settembre scorso si scoprì che l'impresa aveva rapporti diretti con la famiglia di Michele e Pasquale Zagaria della famiglia dei casalesi. E sempre a settembre scorso il prefetto dell'Aquila bloccò un'altra impresa , la “Di Marco srl” di Carsoli che aveva vinto l'appalto per la ricostruzione dell'Aquila, ma poi si scoprì che l'amministratore unico della società era Dante Di Marco, socio fondatore anche di un’altra impresa con Achille Ricci arrestato per aver riciclato una parte dei soldi di Don Vito Ciancimino in un villaggio turistico a Tagliacozzo».
Link: http://www.facebook.com/search/?q=scala+milano&init=quick#/photo.php?pid=30624363&id=1543884450
Seconda parte:
RispondiElimina0173 (finExTRA ) 5 novembre 2009 ---> ARCHITETTURA ITALIANA [27] Cultura residenziale
«In manette sono finiti esponenti delle cosche gelesi di ”Stidda” e ”Cosa Nostra”, accusati di avere estorto denaro alle imprese che, tra il 1995 e il 2006, hanno realizzato complessi residenziali per centinaia di alloggi nella zona a nord-est del centro abitato di Gela.
Chiedevano soldi per far ritrovare materiale edilizio rubato nei cantieri oppure imponevano la ”guardiania”, facendo assumere uomini dei due clan che venivano stipendiati con somme varianti da ottocento a tremila euro al mese, in proporzione all’entità dei lavori eseguiti».
Link: http://www.facebook.com/search/?q=scala+milano&init=quick#/photo.php?pid=30590192&id=1543884450&fbid=1231486517654
Come puoi notare vi è un filo rosso tra nord, centro e sud.
L’architettura italiana non può sottovalutare questa sua ‘peculiarità’. Ogni dibattito ‘sugli archistar’ che sottovaluti la concretezza materica dell’architettura italiana è privo di senso.
Preciso, l’inchiesta era rivolta agli architetti/blogger non ho fatto nessuna selezione poiché m’interessava avere un quadro ad ampio respiro.
A proposito di riviste e dell’esegesi del progetto.
Una rivista poco ‘fotografica’ e molta pratica è ‘Arketipo’ edito dal Sole 24 ore. Invece una rubrica che apprezzo particolarmente è SOS abitare su Abitare (direzione Boeri) dove un progetto di un giovane architetto è riesaminato da due architetti ‘noti’. Un confronto – a volte - molto interessante.
Infine, condivido la tua nota sui blogger/architetti, molti utilizzano male la piattaforma blog.
Saluti,
Salvatore D’Agostino