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1 ottobre 2010

0080 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Per la città partecipata

Il concetto d'identità non si addice alla rete.
Identità (dal vocabolario De Mauro):
Etimologia: dal lat. tardo identitāte(m), der. di idem "stesso, medesimo".
1. uguaglianza assoluta, corrispondenza perfetta: identità di vedute; identità di due firme; identità di due concetti, identità di significato tra due parole
2. l'insieme dei caratteri peculiari che contraddistinguono un individuo, un gruppo di individui e sim.: essere consapevole della propria identità, perdere la propria identità; l'identità culturale di una nazione | il complesso delle generalità, l'insieme delle caratteristiche fisiche e dei dati anagrafici che consentono il riconoscimento di una persona: stabilire, accertare, provare l'identità di qcn.
Giovanni Mendola ideatore del blog Identità e città  ha partecipato all'inchiesta con: 0013 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Identità e città di Giovanni Mendola

Voglio lasciare alcuni flashback avuti mentre rileggevo alcune interessanti considerazioni :
  • Architettura senza valore; 
  • Cemento del risparmio; 
  • Periferie urbane; 
  • Ambiente naturale; 
  • Politica pubblica dal basso.
Partendo dal primo concetto potrei riferirmi al libro di Tom Wolfe “Maledetti Architetti” dove viene ricostruito il percorso del modernismo e di tutte le idee funzionaliste che fino ad oggi hanno deturpato il nostro paesaggio, architettura che doveva essere intesa solo per il popolo comune, diventata poi qualcosa di più costoso e più pregiato.
Il valore delle cose che si valuta in base al loro interesse comune con il passare del tempo può aumentare e può diminuire drasticamente. Sono un nostalgico delle ville liberty della vecchia Palermo, abbattute per volontà di una amministrazione che non ha avuto il fiuto e la capacità di valutare il giusto valore delle cose. 
Sono un nostalgico delle vecchie conglomerazioni cementizie che fin dai tempi antichi riuscivano a resistere per almeno un secolo o molto più; sono nostalgico delle vecchie città policentriche fatte di giardini e orti urbani dove luoghi di aggregazione accomunavano intere famiglie crescendo in ambianti sani i loro figli; sono un nostalgico dell’acqua pulita, del mare pulito, del nostro territorio naturale non ancora sovrastato dalla città a base di organi esosomatici.

Sono convinto che un’architettura, oggi, per essere più “ricca”, ha bisogno della più totale interdisciplinarità e partecipazione, che parti da basso e che accetti le sfide politiche. Mi riferisco alle capacità di Giancarlo De Carlo:

«Per uscire dalla sterile situazione di isolamento in cui si trova l’architettura, è importante che la gente partecipi ai processi di trasformazione delle città e dei territori ma è anche importante che la cultura architettonica si interroghi su come rendere l’architettura intrinsecamente partecipabile; o, in altre parole, come cambiare le concezioni, i metodi e gli strumenti dell’architettura perché diventi limpida, comprensibile, assimilabile: e cioè flessibile, adattabile, significante in ogni sfaccettatura. Dunque io credo che non serve una teoria della partecipazione mentre invece occorre l’energia creativa necessaria a uscire dalle viscosità dell’autonomia e a confrontarsi con gli interlocutori reali che si vorrebbero indurre a partecipare»1
L’aspetto politico di Giancarlo De Carlo rimane una sorta di scelta obbiettiva delle azioni, nè anarchica nè strettamente legata alla correnti politiche, ciò non significa che la posizione di De Carlo sia estranea ad un orientamento politico della società, ma i motivi di maggiore interesse e gli spunti di riflessione più pertinenti, rispetto al tema della partecipazione, si colgono a partire dal suo modo di intendere e di fare architettura.

Concludo dicendo soltanto che oggi c’è assolutamente bisogno di partecipazione e di regolamentazione da tutte le angolazione. Una sfida da portare avanti, convincendo prima i più scettici e poi i più distanti dal buon senso della vita.

La politica, nata per aiutare il popolo, sembra diventata una disciplina complessa, su cui molti fanatici fanno constatazioni interessanti ma allo stesso tempo, a parere mio, azzardate, come la proiezione futuristica dell’ipotetica costruzione di partiti come la Lega Sud2, ormai pronta ad avanzare le proprie prospettive futuriste.
Nulla di più sbagliato per chi vuole unita e diversa questa Italia3. Semplificare la politica non vuol dire semplificare e ridurre il numero di partiti ma diminuire la complessità con cui la politica si approccia al popolo e al concetto stesso di democrazia.

Riferendomi alle osservazioni fatte dal prof. Giovanni Sartori4 nel libro “La democrazia in trenta lezioni”, le elezioni esprimono, nel loro complesso l’opinione pubblica, un popolo sovrano che non ha nulla di suo da dire, senza opinioni proprie, non conta nulla, e finché restiamo nel contesto della democrazia elettorale, del demos che si limita ad eleggere i suoi rappresentanti, questo stato di cose non pone problemi seri, in genere il pubblico non sa quasi nulla di politica e non interessa più di tanto. Possiamo quindi dire che la democrazia elettorale non decide le questioni, ma decide chi deciderà le questioni.

Per questo è utile parlare di politiche pubbliche che partono dal basso; la “partecipazione”, ad esempio, è prendere parte attivamente e volontariamente di persona. “Volontariamente” è una specificazione importante perché, se la gente viene costretta a partecipare a forza, questa è mobilitazione dall’alto e non partecipazione dal basso.

Partendo dal fatto che le istituzioni sono poco efficaci nell’azione di territorio, dalla crisi sui servizi per l’impiego, sull’impatto economico della crisi sui redditi dei lavoratori, la mancanza di rapidità d’azione per la costruzione e attuazione dei servizi pubblici e privati, la quale dovrebbe caratterizzare il numero la qualità dei servizi offerti5, fatti per il popolo ed al servizio del popolo, ed è per questo che si richiede piena efficacia delle politiche attive sul territorio.

Riferendomi adesso ai dibattiti del Forum PA6 (dove per “PA” si intende Pubblica Amministrazione) del maggio 2010 appena passato, riguardo alle tematiche inerenti al merito, all’innovazione, alla semplificazione politica, all’efficacia delle organizzazioni (pubbliche, private, sociali) è immediata la percezione del desiderio di un cambiamento culturale che parte da una compartecipazione di stakeholder e utenti. Sinergie capaci di cambiare il volto della città.

Produrre valore e ridurre lo spreco di risorse, la sfida che oggi, ogni politica attiva sul territorio dovrebbe tendere ad ottimizzare, per produrre valore e così poter ridurre lo spreco7.

Evidenziare quegli aspetti inerenti all’efficienza dei processi, ma se questa non producesse efficacia nell’azione della politica, non rimarrebbe altro che ad un cambiamento della cultura politica che, a sua volta, modificherebbe gli atteggiamenti, tenendo così conto delle aspettative dei diversi attori pubblici e privati. Così il cambiamento produce valore e accresce la licenza di operare.

Tutto questo è strettamente legato al modo di agire delle politiche negli ultimi anni che, partendo dall’operato su molti casi in Italia, è evidente la carenza di servizi, che nell’ultimo quarto di secolo ha caratterizzato il nostro panorama e specialmente quello delle nostre periferie decontestualizzate e isolate dal resto del territorio, isolate insieme a chi cerca di fare ordine nel disordine come molte associazioni8, uniche nel loro lavoro di “restauro” e di riconversione dal punto di vista sociale, economico e identitario.

Sono però molte le politiche che intervengono sul territorio italiano, mosse da iniziative di tipo pubblico e di tipo privato, spinte per la maggior parte da bandi di concorso europeo e quindi da moltissimi fondi, per la maggiore non tutti sfruttati9, da destinare al territorio; in parte errato pensare che “bisogna aspettare i fondi europei per fare qualcosa”; senza ombra di dubbio che sia l’economato a guidare i bilanci e le mosse di una amministrazione10, ma lo spirito guida dovrebbe essere un altro; quello di sensibilizzare l’operato pubblico e i tecnici interessati ai singoli progetti.

Sensibilità che viene in parte dallo spirito di partecipazione, che dovrebbe stare alla base di ogni amministrazione; logica che porti ad una più trasparente iniziativa di Piano o Programma da adottare. Fondi che dovrebbero servire al popolo, perché per il popolo sono stati chiesti.

Un quadro complessivo abbastanza complesso, difficile da semplificare. Il problema che sicuramente rimane è che lo stato degradato dei nostri quartieri periferici e la qualità della vita vanno sempre più a diminuire, venendosi cosi a creare problemi collettivi ed individuali che comprendono la nostra quotidianità.

1 ottobre 2010
Intersezioni --->OLTRE IL SENSO DEL LUOGO

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Note:

1 Franco Buncuga,  “Conversazioni con Gian Carlo De Carlo”, Milano, Elèuthera, 2000.


2 Che potrebbe essere interessante dal punto di vista identitario legato al fatto che l’identità si pone essenzialmente come problema politico e sempre meno come problema scientifico.
Lucia Carle, Sette lezioni su identità socioculturale collettiva e territorio, Edizioni Centro AZ, Firenze, pag 65. Link
 
3 Nazione che dovrebbe aspirare ad una settorializzazione locale, e non tendente al globale.

4 Giovanni Sartori, La democrazia in trenta lezioni, Milano, Mondadori, 2009.

5 Il Ministero del lavoro, a fronte della crisi economica e finanziaria, sta predisponendo un Rapporto sullo stato dei servizi per l’impiego in Italia al fine di individuare e condividere con le Regioni e le Parti sociali, alcune linee guida per il rilancio del ruolo dei servizi per l’impiego pubblici e privati, quali soggetti promotori di politiche attive nei territori di riferimento. Il Ministro Sacconi a FORUM PA 2010 su "I servizi pubblici e privati per il lavoro nella crisi" | 18 maggio. Link

6 FORUM PA si è affermato negli anni come occasione unica di incontro e confronto sull’innovazione tra attori pubblici e privati. Il processo di crescita del paese ha, infatti, trovato nella pubblica amministrazione locale e centrale un soggetto trainante dell’innovazione, soprattutto quando questa ha assunto il ruolo di regia e messa in rete dei diversi soggetti protagonisti nei sistemi sociali ed economici, in un più maturo sistema di governance. Missione del Forum : un momento di approfondimento, ascolto, diffusione e valorizzazione delle più importanti iniziative di innovazione che provengono di sistemi settoriali e territoriali italiani.


7 In Italia e in più in generale nella cultura del sud l’importanza nel individuare caratteri specifici, è altrettanto importante per sostituire strategie economiche di alcune amministrazioni locali fondate esclusivamente sul bilancio, con fasi in cui si potrebbe anche individuare o per lo più riflettere sullo spreco; spreco di territorio, di intelligenza di umanità e di risorse in genere, che renderebbe facile capire una particolare situazione, qualsiasi essa sia, potere elaborare una strategia collettiva lavorativa che metta in luce le potenzialità locali per cosi cominciare a porre rimedio allo spreco.
Rimando al libro, Spreco: documenti e inchieste su alcuni aspetti dello spreco nella Sicilia, 1960, di Danilo Dolci e le sue esperienze siciliane su questo dibattito).

8 Caritas e tutte le Associazioni Volontarie legate alla Chiesa Cattolica, molto presenti nel territorio. Nel 2007 è uscito un libro Caritas Italiana: La città abbandonata: dove sono e come cambiano le periferie italiane, Bologna,  Il Mulino, 2007. Dove si descrivono molti casi di sofferenza che affligge le nostre periferie urbane.

9 Molti i casi di mancata capacità nel prendere i fondi, per la pigrizia di chi gestisce le cose e l’assenza di meritocrazia, che in Italia purtroppo è molto diffusa.

10 Casi in cui non si prendono neanche i fondi.

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L'indice dell'inchiesta:

Prologo: Maledetti imbianchini


Gli interventi:

Gli architetti dell’inchiesta

  • 3XN [1]
  • Aadrl [1]
  • Abcarius & Burns [1]
  • AKT (Adams Kara Taylor) [1]
  • Alberti, Emilio [1]
  • Alles Wird Gut [1]
  • Altro Modo [1]
  • Altro_studio (Anna Rita Emili) [1]
  • Amatori, Mirko [1]
  • Antòn Garcìa-Abril & Ensamble Studio [1]
  • Aragona, Guido [1]
  • Aravena, Alejandro [1]
  • Archingegno [1]
  • Architecture&Vision [1]
  • Architecture for Humanity (Cameron Sinclair) [1]
  • Archi-Tectonics [1]
  • Asymptote Architects [1]; [2]
  • Atelier Bow Wow [1]
  • Ban, Shigeru [1]
  • Barozzi-Veiga [1]
  • Baukuh [1]
  • Baumschlager & Eberle [1]
  • Blogger donne (Lacuocarossa, Romins, Zaha, LinaBo, Denise e tante altre) [1]; [2]
  • Bollinger+Grohmann [1]
  • BM [1]
  • C&P (Luca Cuzzolin e Pedrina Elena) [1]
  • C+S (Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini) [1]
  • Calatrava, Santiago [1]; [2]; [3]; [4]
  • Campo Baeza, Alberto [1]
  • Carta, Maurizio [1]
  • CASE (David Fano) [1]
  • Catalano, Claudio [1]
  • Cirugeda, Santiago [1]
  • Clément, Gilles [1]
  • Cogliandro, Antonino [1]
  • Contemporary Architectural Practice - Ali Rahim [1]
  • Contin, Giulio [1]
  • Coppola, Dario [1]
  • Cosenza, Roberto [1]
  • Critical garden [1]
  • Cucinella, Mario [1]; [2]; [3]
  • Dal Toso, Francesco [1]
  • De Carlo, Giancarlo [1]
  • Decq, Odile [1]
  • Design Institute Cinesi [1]
  • Diffuse, Luca [1]; [2]
  • Diller Scofidio+Renfro [1]; [2]
  • Dogma [1]
  • Douglis, Evan [1]
  • Duminuco, Enzo [1]
  • Eifler, John [1]
  • Eisenman, Peter [1]; [2]
  • Elastik (Igor Kebel) [1]
  • EMBT | Enric Miralles - Benedetta Tagliabue | Arquitectes associats [1]; [2]
  • Emergent Architecture (Tom Wiscombe) [1]
  • Ferrater, Carlos [1]
  • Florio, Riccardo [1]
  • FOA [1]
  • Galantino, Mauro [1]
  • Garzotto, Andrea [1]
  • Gehl Architects [1]
  • Gehry, Frank Owen [1]; [2]
  • Gelmini, Gianluca [1]
  • Grasso Cannizzo, Maria Giuseppina [1]; [2]
  • Graziano, Andrea [1]; [2]
  • Graypants (Seth Grizzle e Jon Junker) [1]
  • Gregotti, Vittorio [1]
  • Guidacci, Raimondo [1]
  • Hadid, Zaha [1]; [2]; [3]: [4]
  • Hensel, Michael [1]
  • Herzog & De Meuron [1]; [2]
  • Holl, Steven [1]
  • Hosoya Schaefer architects [1]
  • Ingels, Bjarke [1]
  • Ishigami, Junya [1]
  • Kahn, Louis [1]
  • Kakehi, Takuma [1]
  • Knowcoo Design Group [1]
  • Kokkugia [1]
  • Koolhaas, Rem [1]; [2]; [3]
  • Kudless, Andrew [1]
  • Kuma, Kengo [1]; [2]
  • Lacaton e Vassal [1]
  • Lancio, Franco [1]
  • Libeskind, Daniel [1]
  • Le Corbusier [1]
  • Lomonte, Ciro [1]
  • Lynn, Greg [1]
  • MAB [1]
  • Made In [1]
  • Mau, Bruce [1]
  • MECANOO [1]
  • Melograni, Carlo [1]
  • Menges, Achim [1]
  • Moodmaker [1]
  • Morphosis [1]
  • Munari, Bruno [1]
  • Murcutt, Glenn [1]; [2]
  • MVRDV [1]
  • Najle, Ciro [1]
  • Njiric, Hrvoje [1]
  • Notarangelo, Stefano [1]
  • Nouvel, Jean [1]
  • Ofis [1]
  • Oosterhuis, Kas [1]
  • Oplà+ [1]
  • Oxman, Neri [1]
  • Palermo, Giovanni [1]
  • Pamìo, Roberto [1]
  • Parito, Giuseppe [1]
  • Park, Sangwook [1]
  • Piano, Renzo [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]
  • Piovene, Giovanni [1]
  • Pellegrini, Pietro Carlo [1]
  • Pizzigoni, Pino [1]
  • Porphyrios, Demetri [1]
  • R&Sie(n) (Francois Roche) [1]; [2]; [3]; [4]
  • RARE office [1]
  • Raumlabor [1]
  • Rogers, Richard [1]
  • Ruffi, Lapo [1]
  • Salmona, Rogelio [1]
  • SANAA (Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa) [1]; [2]; [3]; [4]
  • Sandbox [1]
  • Sanei Hopkins [1]
  • Sauer, Louis [1]
  • Schuwerk, Klaus [1]
  • Servino, Beniamino [1]
  • Siza, Alvaro [1]; [2]; [3]; [4]; [5];[6]
  • Soleri, Paolo [1]
  • SOM [1]
  • Sottsass, Ettore [1]
  • Souto de Moura, Eduardo [1]; [2]; [3]
  • Spacelab Architects (Luca Silenzi e Zoè Chantall Monterubbiano) [1]
  • SPAN (Matias Del Campo+Sandra Manninger) [1]
  • Spuybroek, Lars [1]
  • Studio Albanese [1]
  • Studio Albori [1]
  • Studio Balbo [1]
  • StudioMODE + MODELab [1]
  • Supermanoeuvre [1]
  • Tecla Architettura [1]
  • Tepedino, Massimo [1]
  • Terragni, Giuseppe [1]
  • Tscholl, Werner [1]
  • Tschumi, Bernard [1]
  • Uap Studio [1]
  • Uda [1]
  • UN Studio (Ben Van Berkel) [1]; [2]
  • Vanelli, Nildo [1]
  • Vanucci, Marco (Open System) [1]
  • Verdelli, Roberto [1]
  • Vulcanica Architettura [1]
  • Wiscombe, Tom [1]
  • Zoelly, Pierre [1]
  • Zordan, Filippo [1]
  • Zucca, Maurizio [1]
  • Zucchi, Cino [1]
  • Zumthor, Peter [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]

Epilogo: Il massimo di diversità nel minimo spazio

Note conclusive sull'inchiesta:

25 novembre 2009

0073 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Il massimo di diversità nel minimo spazio

di Salvatore D'Agostino

«Che sia nazionalista o cosmopolita, che abbia radici o non ne abbia, un europeo è profondamente influenzato dal rapporto con la sua patria; la problematica nazionale, probabilmente, è più complessa, più dolorosa in Europa che altrove, o quantomeno è sentita in modo differente. A questo si aggiunge un'altra particolarità: accanto alle grandi nazioni ci sono in Europa piccole nazioni, molte delle quali, nel corso degli ultimi due secoli, hanno ottenuto (o ritrovato) l'indipendenza politica. Forse è stata la loro esistenza a farmi capire che la diversità culturale è il grande valore dell'Europa. Nel periodo in cui il mondo russo ha cercato di ridisegnare a propria immagine il mio piccolo paese (ndr ex Cecoslovacchia), ho formulato il mio ideale europeo in questo modo: il massimo di diversità nel minimo spazio; i russi non governano più la mia patria, ma quell'ideale è ancora più in pericolo.
Tutte le nazioni d'Europa vivono lo stesso destino comune, ma ognuna lo vive in modo diverso, in base alle proprie esperienze specifiche. E per questo che la storia di ogni arte europea (pittura, romanzo, musica, ecc.) appare come una corsa a staffetta in cui le varie nazioni si passano il testimone. La polifonia fa il suo esordio in Francia, prosegue la sua evoluzione in Italia, raggiunge un'incredibile complessità nei Paesi Bassi e trova il suo compimento in Germania, nell'opera di Bach; lo sviluppo del romanzo inglese del XVIII secolo è seguito dall’epoca del romanzo francese, poi dal romanzo russo poi dal romanzo scandinavo, ecc. La dinamicità e l’ampio respiro della storia delle arti europee sono inconcepibili al di fuori dell'esistenza delle nazioni, le cui diverse esperienze costituiscono un'inesauribile fonte di ispirazione.
Penso all'Islanda. Nei secoli XIII e XIV vi è nata un'opera letteraria di migliaia di pagine: le saghe. Né i francesi né gli inglesi hanno creato in quel periodo, nelle loro lingue nazionali, un'opera in prosa del genere! Vorrei che si meditasse a fondo su questo il primo grande tesoro della prosa dell'Europa fu creato nella sua nazione più piccola, che ancor oggi conta meno di trecentomila abitanti». [1]


Per scrivere l’epilogo di quest’inchiesta mi è venuto in soccorso un saggio di Milan Kundera ‘Il sipario’ da dove ho tratto la citazione iniziale.

Lo scrittore cecofrancese per avvalorare la sua tesi ‘Il massimo di diversità nel minimo spazio’ introduce il concetto di ‘Die Weltliteratur’ citando una frase di Goethe: «La letteratura nazionale non rappresenta più granché ai giorni nostri, stiamo entrando nell’èra della letteratura mondiale (Die Weltliteratur) e spetta a ciascuno di noi accelerare tale
evoluzione» [2] e osserva come quest’intuizione, ancora oggi, viene contrastata da una certa accademica che s’identifica esclusivamente con il proprio contesto nazionale.
Per Milan Kundera ci sono due tipi di provincialismo, quello delle piccole nazioni e quello delle grandi nazioni.
«Come definire il provincialismo (ndr dei piccoli)? Come l’incapacità (o il rifiuto) di considerare la propria cultura nel grande
contesto. [3]
[…]
E il provincialismo dei grandi? La definizione resta la stessa: l’incapacità (o il rifiuto) di considerare la propria cultura nel grande
contesto». [4]
Due definizioni simili ma profondamente diverse poiché se il provincialismo dei piccoli può apparire intrinsecamente naturale non lo è quello delle grandi nazioni, che come nota, preferiscono auto-compiacersi della propria presunta autorità culturale.
Cita un sondaggio fatto da un giornale francese all’establishment intellettuale, ognuno era chiamato a compilare una lista dei «dieci libri più significativi di tutta la storia francese [...]
Da questa competizione uscì vincitore I miserabili di Victor Hugo. Uno scrittore straniero ne rimarrà sorpreso. Non avendo mai considerato questo libro importante né per sé né per la storia della letteratura, capirà all'istante che la letteratura francese che ama non è quella che viene amata in Francia. All'undicesimo posto, le Memorie di guerra di De Gaulle. Attribuire al libro di un uomo di Stato, di un militare, una simile importanza è una cosa che difficilmente potrebbe accadere fuori della Francia. Ma quel che davvero sconcerta è il fatto che i più grandi capolavori vengano solo dopo! Rabelais figura soltanto al quattordicesimo posto! Rabelais dopo De Gaulle! Leggo a questo proposito il testo di un grande docente universitario francese, il quale dichiara che alla letteratura del suo paese manca un fondatore quale Dante per gli italiani, Shakespeare per gli inglesi, ecc. Dunque, agli occhi dei suoi compatrioti, Rabelais è sprovvisto dell'aura del fondatore! Eppure, agli occhi di tutti i grandi romanzieri del nostro tempo, egli è, accanto a Cervantes, il fondatore di un'arte intera, quella del
romanzo». [5]

Per l'inchiesta 'OLTRE IL SENSO DEL LUOGO' ho contattato 176 blogger a cui ho chiesto:
  • Qual è l’architetto noto che apprezzi e perché?
  • Qual è l’architetto non noto che apprezzi e perché?
Ho ricevuto 70 risposte e sono stati nominati 159 architetti o studi di architettura.

Le scelte più numerose sono state le ‘non scelte’, 10 per i noti e 12 per i non noti. Risposte che appaiono dei moniti nei confronti di un mestiere particolarmente controverso in Italia, molti di loro rilevano lo scontro impari degli architetti con i cementificatori, ovvero gli indiscussi padroni dell’edilizia italiana.
Dei 39 architetti noti menzionati solo 11 sono italiani, tra cui Giancarlo De Carlo, Ettore Sottsass e Bruno Munari (citati ma fuori tema), uno studio spagnolo-italiano e un architetto che si è auto-proclamato noto ma che è decisamente poco noto.
Tra i non noti sono stati citati 62 architetti (molti italiani), in alcune risposte c’è anche qualche stramberia come Le Corbusier, Giuseppe Terragni e Peter Zumthor e soprattutto ciò che si può definire frutto dell’effetto Wired Mario Cucinella[6] che, come si sa, è architetto noto da tempo. Questa scelta tra i ‘non noti’, dovrebbe far riflettere sul perché la comunicazione di una rivista non di settore sia più efficace di quella specialistica.
Una variante interessante sono state le risposte che non si sono limitate alla scelta di un solo nome, ma hanno indicato un gruppo di architetti. Ho chiamato queste risposte multiple ‘miscellanea’, v’invito a leggere le motivazioni poiché sovente sono interessanti.
Infine, va considerata una piccola sezione che, in contrapposizione alle domande poste, ha citato l’architetto che non apprezza o il non preferito, sono pochi, ma sono tutti italiani.

Ciò che emerge da quest’inchiesta è l’autonomia critica dei blogger interpellati. Come si può notare è mancato il plebiscito nei confronti di alcuni architetti. Il più citato tra i noti è stato Peter Zumthor con sei preferenze. Tra i non noti Mario Cucinella (effetto Wired) con tre rimandi.
Ai blogger manca l’architetto di riferimento, sembra essersi persa la tradizione italiana delle scuole/pensiero. Questa ricchezza critica, denota in positivo, una non omologazione culturale.
Inoltre, se consideriamo i voti nel suo complesso, non si rileva una corrente architettonica predominante:
  • Peter Zumthor [6 citazioni] architetto che possiamo definire fine artigiano dello spazio;
  • Renzo Piano [6] espressionista tecnologico o elegante post-moderno ecologico;
  • Alvaro Siza [6] esponente dell’architettura mediterranea;
  • Santiago Calatrava [4] organico misurato;
  • SANAA [4] gli estremisti dell’architettura diagrammatica;
  • Zaha Hadid [4] blob architettura o meglio l’architettura parametrica;
  • R&Sie(n) [4] sperimentalismo non modaiolo.
Contrariamente al paventato provincialismo kunderiano, i blogger italiani osservano l’architettura nel suo contesto mondiale.
Una vitalità che si trova anche nelle citazioni degli architetti non noti.
L’Italia da Sud a Nord nasconde una vivacità che mi auguro, con il tempo, possa emergere.
Attraverso i dialoghi nati grazie ai commenti, quest’architettura italiana latente, è stata chiamata ‘architettura di resistenza’.
Un’architettura, che con estrema fatica, si emancipa dalla cultura edile dominante. Cioè la cultura edilizia, che possiamo definire ‘speculativa’, che ha determinato la qualità e l’estetica negli ultimi decenni.
Per speculativa si deve intendere l’estremo interesse nei confronti del rapporto costi-benefici a discapito della qualità architettonica.

L’inchiesta nasce per stanchezza dell’uso mediatico di alcune parole che definiscono tutto e il suo contrario e registra con piacere l’assenza del concetto d’identità.
«Gli uomini non hanno mai abitato il mondo, - sostiene Umberto Galimberti - ma sempre e solo la descrizione che di volta la religione, la filosofia, la scienza hanno dato del mondo». [7]
Per il filosofo le 'parole' che definiscono i concetti sono nomadi, parafrasandolo, per molti blogger ‘l’architettura è nomade’.
I blogger/architetti sembrano disinteressati alle tesi care all’accademia italiana che tratterà in un imminente convegno il tema ‘Identità dell’architettura italiana’. [8]
«L’identità è un fondo vuoto e la sua ricerca un tentativoinutile». [9]
Molti blogger, non tutti (alcuni reiterano ancestrali scontri ideologici, bla-bla-bla senza costrutto o ricercano l’identità smarrita), studiano e lavorano per la Die Weltliteratur architettonica, niente di mediaticamente importante ma fondamentale per il respiro culturale della nostra provinciale edilizia (da intendere nei due sensi) italiana.
Ciò che emerge da quest’inchiesta è che per i blogger non esistono culture architettoniche dominanti ma una ricca miscellanea di scritture, idee e progetti con cui confrontarsi.
L’architettura italiana/blogger ha un respiro europeo/mondiale, forse in nuce, l’agognata Die Weltliteratur goethiana.

25 novembre 2009


Link inchiesta
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Note:

[1] Milan Kundera, Il sipario, Adelphi, Milano, 2005, pp. 43-44

[2] op. cit., pp. 47-48

[3] op. cit., p. 49

[4] op. cit., p. 52

[5] op. cit., pp. 52-53
[6] Mario Cucinella, Il mio piano casa. Wired ed. italiana, n.3, maggio 2009, pp. 54-63 (Link)

[7] Umberto Galimberti, Parole nomadi, Feltrinelli, Milano, 2006, p.9
[8] Identità dell’architettura italiana, Firenze, Aula Magna dell’Università, Piazza San Marco, 2-3 Dicembre 2009. Qui il programma.

[9] Umberto Galimberti, op. cit., p. 83
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