15 ottobre 2010

0083 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Note a margine di Paolo Valente

Paolo Valente ha seguito l’inchiesta attraverso il suo reader dei feed e non ha mai commentato.
Nel gergo dei blogger è stato un lurker di OLTRE IL SENSO DEL LUOGO.
Alla fine dell’inchiesta mi ha contattato per inserire quest'indagine nel suo visionario patchwork dedicato a Roma 'Atlante delle visioni' (lanciato a giugno del 2010)  e scritto un suo commento finale.
Con questo suo post termina l’inchiesta.
Come avevo già annunciato OLTRE IL SENSO DEL LUOGO a novembre diventerà un libro on-demand.
Questa intersezione del blog resterà aperta per registrare divagazioni sul tema. 


Il blog Paolo Valente è Temperatura 2.0
a question 
is 
an 
answer 
but 
an answer is not questions 

(Franz West in “viennoiserie” - mixed media. 1998) 

Leggendo in feed il tuo blog e aspettando la chiusura di questo lavoro, mi fa piacere mandarti per oltre il senso del luogo quello che penso a riguardo del quesito che poni.
Per prima cosa pur essendo architetto ho un blog non sull’architettura e una community che si occupa di media art e da circa quattro anni gran parte di questa attività è curata dal mio avatar (aka) Arco Rosca che ormai da anni estende anche con autonomia la mia attività di ricerca e professionale.

In primis, il motivo per cui ti scrivo: trovo il tuo lavoro di riverbero, apparentemente neutro, della condizione dell’architettura contemporanea, molto importante e nel solco di chi sa di attraversare un periodo storico di trans_formazioni - mutazioni – transazioni i cui esiti non sono ancora prevedibili e al di fuori da ogni tipo di “teoria” di genesi novecentesco-moderna; un tempo che tuttavia richiede lo sforzo di essere raccontato nel tentativo di fissare con una forma (la tua inchiesta) quello che sta avvenendo (più di quello che è avvenuto).

Leggere tutto, era quello che veniva richiesto. 

Da questo tempo dedicato alla lettura dell’inchiesta mi vengono alcune considerazioni: due in particolare. 

La prima è la necessità di pensare la contemporaneità come un sostantivo e non più un solo aggettivo per l’architettura: quel che importa è la contemporaneità della architettura non l’architettura contemporanea.
Spostare il punto di vista significa superare quella ricerca formale, sempre più definita “estetica”, molto attenta al carattere plastico – texturale dell’opera (direi epidermico), che è tipica degli architetti contemporanei, a favore di un lavoro più attento al “senso” contemporaneo del nostro vivere quotidiano di cui l’architettura più che gli architetti è l’oggetto, da cui la seconda considerazione che è anche un invito a proseguire con una seconda inchiesta. 

Penso che osservare l’architettura solo o partendo da chi la produce sia fondamentalmente riduttivo e sempre più fuorviante. Trovo che gli architetti semmai siano da conoscere a partire dalla loro opera. 

Ti invito cosi a riformulare il tuo quesito spostando l’oggetto della domanda dagli architetti alla architettura (nota e non nota che si apprezzi) e magari aprirla anche a altri che fanno architetture pur non essendo architetti di formazione (artisti ecc.). 

L’architettura è cosa diversa dagli architetti e per fortuna gli sopravvive. 

Avrei proseguito col descriverti da subito l’architettura nota e non che apprezzo, ma fiducioso aspetto l’inizio del tuo nuovo lavoro.

15 ottobre 2010
Intersezioni --->OLTRE IL SENSO DEL LUOGO

Come usare WA ----------------------------------------------------------------Cos'è WA
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L'indice dell'inchiesta:

Prologo: Maledetti imbianchini


Gli interventi:

Gli architetti dell’inchiesta

  • 3XN [1]
  • Aadrl [1]
  • Abcarius & Burns [1]
  • AKT (Adams Kara Taylor) [1]
  • Alberti, Emilio [1]
  • Alles Wird Gut [1]
  • Altro Modo [1]
  • Altro_studio (Anna Rita Emili) [1]
  • Amatori, Mirko [1]
  • Antòn Garcìa-Abril & Ensamble Studio [1]
  • Aragona, Guido [1]
  • Aravena, Alejandro [1]
  • Archingegno [1]
  • Architecture&Vision [1]
  • Architecture for Humanity (Cameron Sinclair) [1]
  • Archi-Tectonics [1]
  • Asymptote Architects [1]; [2]
  • Atelier Bow Wow [1]
  • Ban, Shigeru [1]
  • Barozzi-Veiga [1]
  • Baukuh [1]
  • Baumschlager & Eberle [1]
  • Blogger donne (Lacuocarossa, Romins, Zaha, LinaBo, Denise e tante altre) [1]; [2]
  • Bollinger+Grohmann [1]
  • BM [1]
  • C&P (Luca Cuzzolin e Pedrina Elena) [1]
  • C+S (Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini) [1]
  • Calatrava, Santiago [1]; [2]; [3]; [4]
  • Campo Baeza, Alberto [1]
  • Carta, Maurizio [1]
  • CASE (David Fano) [1]
  • Catalano, Claudio [1]
  • Cirugeda, Santiago [1]
  • Clément, Gilles [1]
  • Cogliandro, Antonino [1]
  • Contemporary Architectural Practice - Ali Rahim [1]
  • Contin, Giulio [1]
  • Coppola, Dario [1]
  • Cosenza, Roberto [1]
  • Critical garden [1]
  • Cucinella, Mario [1]; [2]; [3]
  • Dal Toso, Francesco [1]
  • De Carlo, Giancarlo [1]
  • Decq, Odile [1]
  • Design Institute Cinesi [1]
  • Diffuse, Luca [1]; [2]
  • Diller Scofidio+Renfro [1]; [2]
  • Dogma [1]
  • Douglis, Evan [1]
  • Duminuco, Enzo [1]
  • Eifler, John [1]
  • Eisenman, Peter [1]; [2]
  • Elastik (Igor Kebel) [1]
  • EMBT | Enric Miralles - Benedetta Tagliabue | Arquitectes associats [1]; [2]
  • Emergent Architecture (Tom Wiscombe) [1]
  • Ferrater, Carlos [1]
  • Florio, Riccardo [1]
  • FOA [1]
  • Galantino, Mauro [1]
  • Garzotto, Andrea [1]
  • Gehl Architects [1]
  • Gehry, Frank Owen [1]; [2]
  • Gelmini, Gianluca [1]
  • Grasso Cannizzo, Maria Giuseppina [1]; [2]
  • Graziano, Andrea [1]; [2]
  • Graypants (Seth Grizzle e Jon Junker) [1]
  • Gregotti, Vittorio [1]
  • Guidacci, Raimondo [1]
  • Hadid, Zaha [1]; [2]; [3]: [4]
  • Hensel, Michael [1]
  • Herzog & De Meuron [1]; [2]
  • Holl, Steven [1]
  • Hosoya Schaefer architects [1]
  • Ingels, Bjarke [1]
  • Ishigami, Junya [1]
  • Kahn, Louis [1]
  • Kakehi, Takuma [1]
  • Knowcoo Design Group [1]
  • Kokkugia [1]
  • Koolhaas, Rem [1]; [2]; [3]
  • Kudless, Andrew [1]
  • Kuma, Kengo [1]; [2]
  • Lacaton e Vassal [1]
  • Lancio, Franco [1]
  • Libeskind, Daniel [1]
  • Le Corbusier [1]
  • Lomonte, Ciro [1]
  • Lynn, Greg [1]
  • MAB [1]
  • Made In [1]
  • Mau, Bruce [1]
  • MECANOO [1]
  • Melograni, Carlo [1]
  • Menges, Achim [1]
  • Moodmaker [1]
  • Morphosis [1]
  • Munari, Bruno [1]
  • Murcutt, Glenn [1]; [2]
  • MVRDV [1]
  • Najle, Ciro [1]
  • Njiric, Hrvoje [1]
  • Notarangelo, Stefano [1]
  • Nouvel, Jean [1]
  • Ofis [1]
  • Oosterhuis, Kas [1]
  • Oplà+ [1]
  • Oxman, Neri [1]
  • Palermo, Giovanni [1]
  • Pamìo, Roberto [1]
  • Parito, Giuseppe [1]
  • Park, Sangwook [1]
  • Piano, Renzo [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]
  • Piovene, Giovanni [1]
  • Pellegrini, Pietro Carlo [1]
  • Pizzigoni, Pino [1]
  • Porphyrios, Demetri [1]
  • R&Sie(n) (Francois Roche) [1]; [2]; [3]; [4]
  • RARE office [1]
  • Raumlabor [1]
  • Rogers, Richard [1]
  • Ruffi, Lapo [1]
  • Salmona, Rogelio [1]
  • SANAA (Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa) [1]; [2]; [3]; [4]
  • Sandbox [1]
  • Sanei Hopkins [1]
  • Sauer, Louis [1]
  • Schuwerk, Klaus [1]
  • Servino, Beniamino [1]
  • Siza, Alvaro [1]; [2]; [3]; [4]; [5];[6]
  • Soleri, Paolo [1]
  • SOM [1]
  • Sottsass, Ettore [1]
  • Souto de Moura, Eduardo [1]; [2]; [3]
  • Spacelab Architects (Luca Silenzi e Zoè Chantall Monterubbiano) [1]
  • SPAN (Matias Del Campo+Sandra Manninger) [1]
  • Spuybroek, Lars [1]
  • Studio Albanese [1]
  • Studio Albori [1]
  • Studio Balbo [1]
  • StudioMODE + MODELab [1]
  • Supermanoeuvre [1]
  • Tecla Architettura [1]
  • Tepedino, Massimo [1]
  • Terragni, Giuseppe [1]
  • Tscholl, Werner [1]
  • Tschumi, Bernard [1]
  • Uap Studio [1]
  • Uda [1]
  • UN Studio (Ben Van Berkel) [1]; [2]
  • Vanelli, Nildo [1]
  • Vanucci, Marco (Open System) [1]
  • Verdelli, Roberto [1]
  • Vulcanica Architettura [1]
  • Wiscombe, Tom [1]
  • Zoelly, Pierre [1]
  • Zordan, Filippo [1]
  • Zucca, Maurizio [1]
  • Zucchi, Cino [1]
  • Zumthor, Peter [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]

Epilogo: Il massimo di diversità nel minimo spazio

Note conclusive sull'inchiesta:

3 commenti:

  1. Paolo,
    condivido, abbiamo necessità di leggere la nostra contemporaneità (quotidianità) eliminando l’aggettivo, la concettualizzazione, la codificazione, lo stile, i concetti tasca, le categorie e l’estremizzazione della visione politica.

    La città è materica quindi maledettamente (benedettamente) sostantiva.
    Abbiamo necessità di munirci di una nuova grammatica sostantiva.
    Iniziare a leggere ciò che vediamo sostantivamente.
    Capire quali siano le diverse sensibilizzata abitative (senza aggettivarle con la facilità dei giudizi) e dargli respiro ‘civile’.
    Capire quale sia il grado d’inclusività ‘culturale’ di una città (fattore che varia secondo il numero d’abitanti).

    Il giornalista Daniele Autieri ha chiesto – recentemente -al Presidente del Consiglio dell’Ordine, Pietro De Paola: «Dal 1990 al 2005 sono stati mangiati dal cemento 3,5 milioni di ettari, una regione più grande di Lazio e Abruzzo messi insieme. È questo il vero dramma italiano?

    Pietro De Paola: «Assolutamente sì. La costruzione scriteriata senza rispettare la natura ha dissestato il territorio rendendolo fragile e pericoloso. In realtà, si guarda spesso ai grandi centri urbani, ma è nei piccoli che si verificano gli scempi peggiori. Se si gira per i Comuni con meno abitanti non si ravvede una parvenza di pianificazione, e spesso vengono ignorate le mappature delle aree a rischio. Tutto questo ha reso difficile se non impossibile la gestione delle zone di pericolo, che si sono moltiplicate sul territorio.
    Inoltre, bisogna ammettere che da parte dello Stato manca un serio coordinamento e un centro preposto a controllare unitariamente la condizione del Paese».

    Sono i piccoli centri il vero dramma italiano, non le questioni legate alle ‘architetture’ mediatiche o l’urbanistica ‘del fare’ politico (vedi Alemanno o rosette leghiste).

    Abbiamo necessità di osservare il presente in blocco passato-presente-futuro partendo dalle piccole realtà locali dove gli scempi sono più nascosti e gravi.

    Come?

    Eliminando la semplificazione. Sporcandoci le mani e analizzando la complessa distopia delle nostre città.
    Comprendere che la civiltà di una città inizia rispettando le diverse sensibilità culturali-abitative.

    Capire che è arrivato il momento di prenderci cura di noi stessi, senza più delegare al ‘potere’ politico.

    Capire che un rom, un operaio, un borghese piccolo piccolo o un imprenditore globale pur vivendo nella stessa città, hanno tutti, il diritto di abitarla diversamente.

    Ecco! Ti ho appena annunciato quale sarà la mia prossima inchiesta.

    Poiché credo che più siamo connessi con il mondo ‘oltre’ più ci viene voglia di migliorare ciò che osserviamo fuori dalla nostra finestra.
    Creando un cortocircuito ‘civile’ tra il virtuale e il reale.
    Attraverso Wilfing farò un’indagine sulle interazioni Web urbane.
    Per dare voce e capire come si possa uscire fuori dalla rete (attraverso il semplice utilizzo di piattaforme Web) per vivere meglio la nostra quotidianità.

    Per dare inizio all’architettura/urbanistica sostantiva.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  2. bene
    chiunque oltre a problematizzare, provi a orientare
    attraverso il proprio lavoro la complessità del nostro tempo è meritevole di grande attenzione,

    alla parola civiltà che usi affiancherei con più forza la parola responsabilità (quello che facciamo non è neutro e non è vero che tutto non vale tutto)

    continuare a misurare la temperatura di quello che sta succedendo così come si preannuncia la prossima tua inchiesta, lo trovo molto interessante, anche perché so che la realtà è molto piu avanti della nostra immaginazione, pensare ad una architettura della normalità mi piace molto,

    pensa infine che si potrebbe mappare questo lavoro in istant così come incrociare pensieri e commenti in diretta. una sorta di Atlante della realtà!!

    Paolo Valente aka arco Rosca

    RispondiElimina
  3. Paolo,
    seguendo il recente dibattito sul domenicale del Sole 24 ore mi sono soffermato sul libro di Segio Luzzato e Gabriele Pedullà ‘Atlante della letteratura italiana’.
    Ti riporto un passaggio di un loro articolo (17 ottobre 2010): «L'allargamento della prospettiva, dai pochi spiriti magni ai grandi numeri della produzione corrente, riesce essenziale per meglio apprezzare gli autori canonici della letteratura italiana. In effetti, i protagonisti di una civiltà letteraria – anche i più originali – non vivono mai nella proverbiale torre d'avorio. Sono maestri o allievi, sono intellettuali in competizione fra loro o solidali nella lotta per una certa idea di letteratura e, magari, di società: se nessuna isola è un'isola, ogni scrittore è riconducibile a un mondo. Perciò l'Atlante individua e descrive i social network della nostra letteratura. Lavora sistematicamente sugli epistolari e sulle dediche. Segue gli scrittori nelle loro peregrinazioni, scelte per piacere o compiute per dovere. Penetra con la curiosità di un "baedeker" nelle città culturalmente più vive dell'una o dell'altra epoca.
    Pensata nello spazio oltreché nel tempo, la storia della letteratura italiana assume un profilo estremamente mosso, che restituisce tutto il loro rilievo alle presunte periferie di un'Italia troppo a lungo disegnata intorno a un unico asse centrale, quello toscano».
    Link: http://www.ilsole24ore.org/art/cultura/2010-10-17/cartografia-letteraria-italia-064124.shtml?uuid=AYvyF3aC

    Credo che sia arrivato il momento di lavorare su ciò che chiami ‘Atlante della realtà’.
    L’architettura italiana rischia di essere rielaborata (senza critica e quindi banalizzata) dai giornalisti o dalle riviste ‘pubblicità’.
    Oggi in rete leggevo questo articolo:
    Titolo: Un archistar per la centrale termoelettrica di Saline Joniche
    Incipit: Dopo il beneplacito ottenuto dalla Commissione Via - Valutazione d'impatto ambientale - il 21 ottobre, l'architetto di fama mondiale, Italo Rota (foto), potrà dare inizio ai lavori della nuova centrale a carbone di Saline Joniche (RC).
    Link: http://www.casaeclima.com/index.php?option=com_content&view=article&id=5560:via-libera-alla-centrale-termoelettrica-a-carbone-di-saline-joniche&catid=1:latest-news&Itemid=50

    Non è più possibile ragionare per ‘luoghi comuni’ e ‘parole tasca’.
    Abbiamo bisogna di elaborare la complessità nella sua profondità critica e fisica.
    Evitare i portatori di sani architettura e uscire fuori dagli eventi ‘puntuali’.
    Urge una geografia più ampia.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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