8 ottobre 2010

0044 [SPECULAZIONE] Lettera di Francesco Dal Co al Ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi

di Francesco Dal Co*


Immagine tratta dalla copertina della rivista
Gentile dottor Sando Bondi, Ministro per i Beni e le Attività Culturali, sono passati diversi mesi dall'inaugurazione del Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, il MAXXI. Il favore con cui questo evento è stato accolto in Italia e all'estero e le informazioni che vengono diffuse dalla Fondazione preposta alla gestione del Museo circa il numero delle persone che lo visitano non possono che rallegrare e suonare a conferma della bontà delle scelte che hanno portato alla realizzazione di quest'opera e hanno permesso di accrescere il patrimonio di istituzioni e spazi museali di cui Roma dispone. Tra quanti hanno gioito allorché il Museo è stato inaugurato e tra coloro che registrano con soddisfazione il successo che il pubblico gli riserva, «Casabella» occupa una posizione in prima fila. Questa rivista, infatti, si è occupata con puntualità e sin dall'inizio dei modi in cui le scelte di cui si diceva sono maturate e con non minore assiduità ha informato i lettori circa la progressiva evoluzione che nel corso dell'ultimo decennio hanno subito la personalità artistica e le fortune professionali dell'architetto che ha progettato il MAXXI.

A queste ovvie e dovute constatazioni vogliamo ora accompagnare alcune considerazioni che desidereremmo condividere con Lei, gentile signor Ministro. Innanzi tutto immaginiamo che anche Lei abbia avuto modo di prendere atto del fatto che per costruire il MAXXI, un'impresa gravida di implicazioni e di portata tale da risultare esemplare per il nostro Paese, si sono impiegati più di dieci anni. Non è questa la sede per giudicare se questa lentezza abbia giovato, come a volte accade alle opere di architettura, oppure no alla maturazione delle qualità dell'edificio; tuttavia il fatto che per costruirlo si sia impiegato un decennio non può non sollevare qualche interrogativo circa l'efficacia che la Pubblica Amministrazione è in grado di mettere in campo a fronte di progetti tanto ambiziosi e opportuni quale quello varato a Roma nel luglio 1998 allorché venne bandito il concorso internazionale per la progettazione del Centro per le arti contemporanee, l'attuale MAXXI. Le modalità con cui la Pubblica Amministrazione opera Le sono certamente note e Lei è la persona più indicata per valutare come il grado dell'efficienza sia il frutto di situazioni oggettive e contingenze soggettive. Più di ogni altro, signor Ministro, Lei si trova nella posizione di cogliere ciò che le vicende legate alla costruzione del MAXXI potrebbero suggerire qualora si decidesse di mettere mano ai provvedimenti, da molto tempo e da molti invocati, che potrebbero allentare i vincoli, semplificare i processi ed eliminare gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione delle tante opere che sarebbe necessario mettere in cantiere, seguendo procedure normali e non di emergenza, per valorizzare il patrimonio culturale del nostro Paese, la nostra più consistente risorsa, come anche Lei ha avuto modo di ricordare.

Naturalmente operare in questa direzione e dar forma alle procedure che permetterebbero di imboccarla, non sarebbe però sufficiente se l'azione politica e amministrativa non si accompagnasse a un serio programma per il rafforzamento di un “sistema", a sua volta una componente del “sistema Italia", della cui complessiva efficienza e competitività operazioni di portata analoga a quella culminata con l'inaugurazione del MAXXI sono oggettivi parametri di misura. 

A garantire la bontà di un sistema in grado di mobilitare le risorse migliori di un Paese concorrono numerosi fattori. Tra questi occupano un ruolo preponderante le leggi e le norme, le direttive politiche, le capacità della burocrazia, la competitività imprenditoriale e così via, temi talmente discussi da suggerirei l'opportunità di tralasciarne in questa sede l'elencazione, sicuri come siamo che Le siano noti in ogni dettaglio. Tra questi fattori ve ne è però uno al quale non viene riservata la considerazione che ci sembra meriti e che vorremmo sottoporLe. Ogni sistema rappresentativo di potenzialità operative collettivamente espresse da una comunità, da un insieme di istituzioni e di ceti presuppone la formazione di un atteggiamento culturale condiviso, la definizione di obiettivi e di modalità funzionali comuni, ovvero di “una mentalità", per utilizzare un termine caro non soltanto agli storici. Non di rado “una mentalità comune", espressione di una concezione del vivere civile e insieme dei fini che la politica dovrebbe perseguire, ha modo di manifestarsi anche in dettagli apparentemente secondari che però non è consigliabile sottovalutare. perché come Lei ben sa, sin dai tempi di Meister Eckhart è diffusa tra noi la convinzione secondo la quale “il buon Dio si nasconde nei particolari". Ora un dettaglio delle iniziative attuate proprio in occasione dell'inaugurazione del MAXXI può aiutare a capire come siano multiformi le difficoltà che nel nostro Paese si frappongono all'affermazione dell'interesse collettivo, quello che un “sistema” per l'appunto dovrebbe perseguire. 

Naturalmente parlando di “sistema Italia" non intendiamo attribuire all'espressione alcuna intonazione o valenza sciovinista. Anzi e all'opposto è nostra convinzione che le virtù di ogni forma sistemica e di ogni mentalità siano misurate dalla capacità che queste hanno di competere, confrontarsi, interagire, valorizzando al contempo i saperi, le tradizioni e le specificità di cui sono espressione. 

In occasione dell'inaugurazione del MAXXI chi ha avuto il compito di dirigere il Museo ha deciso di allestire una mostra dedicata a Luigi Moretti. Apparentemente si tratta di un dettaglio, ma poiché Moretti è stato un grande architetto, per ragioni ovvie questo particolare ha attirato la nostra attenzione e ci suggerisce ora alcune considerazioni che non riteniamo contingenti e che siamo sicuri Lei, signor Ministro, saprà valutare. Qui accanto, anche Lei può leggere le osservazioni che questa mostra ha suggerito a una delle più dotate studiose su cui oggi può contare la cultura architettonica (ndr articolo di approfondimento a cura di Claudia Conforti). Poiché le condividiamo totalmente, ad esse nulla aggiungiamo. Vorremmo però richiamare la Sua attenzione sulle scelte che sono state compiute per realizzare, in occasione dell'inaugurazione del più importante Museo dedicato all'arte e all'architettura contemporanee costruito in Italia, questa mostra. La figura e l'opera di Luigi Moretti sono state indagate da numerosi studiosi italiani, di provenienza e formazione diverse, autori di pubblicazioni note al punto che alcune di esse sono state tradotte in lingue diverse dall'italiano. Questo insieme di studi costituisce un piccolo patrimonio che una visione sistemica non provinciale, come si diceva, dovrebbe e avrebbe dovuto indurre a valorizzare. Ciò, purtroppo, non è accaduto. L'organizzazione della mostra dedicata a Luigi Moretti, una delle figure più complesse della cultura italiana del secolo scorso, evidentemente allestita per dare dimostrazione di ciò che il principale museo italiano dedicato all'arte contemporanea può fare, è stata curiosamente affidata a un insegnante di architettura svizzero e alla direttrice di un Archivio che ha sede in Ticino. Non sono noti i contributi scientifici offerti dall'uno e dall'altra alla conoscenza dell'opera di Moretti, mentre, come Le ricordavo, molto conosciuti sono i risultati delle ricerche compiute dagli studiosi italiani che non hanno avuto alcuna voce in capitolo in questa occasione. Ma l'eloquenza del dettaglio di cui ora ci occupiamo non è dimostrata soltanto da questa evenienza e vorremmo condividere con Lei l'opportunità di prestare attenzione a una sua ulteriore implicazione. L'archivista cui è stato affidato il compito di curare la mostra e il catalogo dedicati a Moretti dirige l'Archivio del Moderno, una istituzione che fa parte dell'Università della Svizzera Italiana. Questa istituzione si dedica alla conservazione e alla valorizzazione dei fondi che documentano l'opera svolta dagli architetti. Tra questi fondi ve ne sono alcuni provenienti dagli studi di architetti italiani attivi nel Novecento. Per arricchire questa collezione l'Archivio del Moderno opera con sistematicità e le prove di efficienza e solvibilità che ha sin ora fornito inducono a supporre che altri e importanti lasciti possano in un futuro più o meno immediato essere trasferiti dal nostro Paese al Ticino. È evidente, signor Ministro, che al di là di ogni altra considerazione la preservazione di questo patrimonio è per noi prioritaria e che pertanto anche noi nutriamo sentimenti di gratitudine nei confronti dell'Archivio svizzero. Ma sebbene questo Archivio conti su risorse di cui il nostro Paese non sembra disporre, il progetto che persegue e la "mentalità" di cui è espressione non sono originali. Anche in Italia, per esempio, esistono da tempo e hanno iniziato ad operare ben prima che quello svizzero venisse costituito diversi Archivi e Istituti che hanno lo scopo di preservare e valorizzare il lascito della cultura architettonica del nostro Paese. Come Le è ben noto, questi luoghi di ricerca sono afflitti dalle ristrettezze economiche e sono penalizzati dalla mancanza di direttive atte a coordinarne le attività e le specifiche missioni. Ed è proprio su questi due aspetti che vorremmo attirare la Sua attenzione, signor Ministro, convinti come. siamo della loro rilevanza. La memoria è presupposto del formarsi di quelle che abbiamo chiamato "mentalità collettive" e della bontà dei "sistemi" in cui queste possono tradursi. Ciò vale anche per l’architettura, una disciplina e una professione che per le loro valenze culturali e le loro implicazioni ,economiche hanno un ruolo riconosciuto nei "sistemi" che in altri Paesi, ma non in Italia, si sono venuti consolidando negli ultimi decenni.

La conclusione dei lavori per la realizzazione del MAXXI e l'inaugurazione del Museo avrebbero potuto essere occasioni ottime per interrogarsi, proprio a partire dalla rilevanza delle esperienze compiute nel decennio che la costruzione ha richiesto, su come dar vita anche nel nostro Paese a un progetto di valorizzazione delle competenze, delle tradizioni, delle potenzialità latenti ma non marginali che la cultura architettonica italiana possiede. E così tentare di avviare anche in Italia la formazione di un "sistema" atto a mettere la nostra cultura e le nostre professioni nella condizione di competere e confrontarsi, come potrebbero, con altre culture e altri "sistemi". Tutto ciò, ovviamente, a partire dal riconoscimento delle qualità e dell'efficacia che questi "sistemi” posseggono, sapendo però distinguerle, a differenza di quanto è avvenuto nel caso della mostra dedicata Luigi Moretti dal MAXXI, dai cascami che inevitabilmente le accompagnano.

Le siamo grati signor Ministro per l'attenzione che vorrà dedicarci e siamo lieti di porgerLe i miglior saluti,

Francesco Dal Co


8 ottobre 2010
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Note:
* Pubblicazione autorizzata dall'autore

3 commenti:

  1. un modo un po' bizantino di chiedere: perchè per fare la mostra su Moretti ti sei rivolto a degli "sconosciuti" svizzeri invece che a degli "eminenti" italiani?
    Se fossi dalco, io aggiungerei anche questa domanda: perchè non c'era nessuno del MAXXI alla premiazione dello Stirling Prize 2010 che, guarda caso, è andato proprio al MAXXI di hadid?

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  2. Prima parte:
    REM,
    tralascerei il latente (comunque presunto) risentimento sulla mostra di Luigi Moretti.
    Fuor di retorica, personalmente, non saprei rispondere alla tua domanda.

    Ho condiviso quest’articolo per l’analisi delle criticità italiane:

    1. Dieci anni per costruire un museo (per un concorso vinto dodici anni fa);

    2. Criterio dell’emergenza al posto delle normali procedure;

    3. Sistema Italia:

    - Leggi e norme non coerenti;

    - Direttive e nomine politiche;

    - Capacità burocratica sulla gestione pubblica;

    - Scarso livello di competitività imprenditoriale.

    4. Assenza di una ‘Mentalità comune’ e non partitica (a mio parere snellita dall’inghippo sui presunti valori identitari);

    5. Scarse risorse economiche ‘pubbliche’ sulla cultura.


    Ieri il ministro dell’economia ha detto al ministro della ‘Cultura’ (cioè all’intestatario di questa misiva): ‘La cultura non si mangia’.

    Soffermiamoci sui fatti (lasciamo perdere la visione politica), a proposito dell’economia italiana, ti passo l’ultimo rapporto del World Economic forum --->
    Link: http://www.weforum.org/en/initiatives/gcp/Global%20Competitiveness%20Report/index.htm

    Andiamo alla Pagina 25: «The public perception was that a few southern countries—notably Greece, Italy, Portugal, and Spain—were facing unsustainable public deficits that endangered their growth prospects to the point of potential insolvency».

    Un debito pubblico potenzialmente insolvente.

    Passiamo alla pagina 27:«Italy remains stable at 48th place this year, still by far the lowest-ranked G-7 member country. The country continues to do well in more complex areas measured by the GCI, particularly the sophistication of its businesses environment, where it is ranked 23rd, producing goods high on the value chain and with the world’s top business clusters (1st). Italy also benefits from its large market size—the 9th largest in the world—which allows for significant economies of scale.
    However, Italy’s overall competitiveness performance continues to be held back by some critical structural weaknesses in the economy. The labor market remains highly rigid, ranked 118th for its labor market efficiency, hindering job creation. Financial markets are not sufficiently developed to provide needed finance for business development (ranked 101st). Other institutional weaknesses include high levels of corruption and organized crime and a perceived lack of independence within the judicial system, which increase business costs and undermine investor confidence, with Italy ranked 92nd overall for its institutional environment».

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  3. Seconda parte:
    Tralasciamo le considerazioni su ciò che non va bene e preleviamo il dato positivo: l’Italia va bene nella produzione di beni di lusso.
    Perdona la semplificazione, in questa sintesi emergono le due anime antitetiche dell’Italia: la sofisticata speculazione ‘concettuale’ e il parossismo della speculazione ‘dei furbi’.

    Ciò che possiamo definire: LA DOPPIA ANIMA ITALIANA.

    In questa estrema sintesi l’economia italiana si salva per l’uso sofisticato della cultura:

    - Auto e moto d’altissima qualità (richiedono competenze non dozzinali e soprattutto globali –in questo campo l’ingegnere non deve avere una fede identitaria-);

    - Moda (alta/media) al punto che un editorialista del ‘Financial Times’ Martin Wolf ha dichiarato: «Magari avessimo in Gran Bretagna l’industria manifatturiera italiana»;

    - Design (alto/medio) è una parola straniera ma di conio italiano (come pizza, maccheroni e paparazzo). Ovvero - inizialmente - l’incontro fruttuoso tra l’anima lavoratrice lombarda e sofisticati (culturalmente) disegnatori.

    - Agricoltura nel suo complesso (unicità locale) e nella virtuosa idea di Carlo Petrini (slowfood) uomo che il 'The Guardian' include nella lista dei cinquanta uomini in grado di cambiare il mondo e che Gilles Clément vorrebbe come presidente della Repubblica italiana (vedi libro curato da Alessandro Rocca)

    Osservando – laicamente - il rapporto sull'economia mondiale emerge che: tra le due anime italiane ‘quella che ci dà mangiare’ (per utilizzare una frase semplice e popolare) è il nostro senso estremo nei confronti della cultura (la più colta ed elitaria possibile).

    Buona giornata,
    Salvatore D'Agostino

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