di Francesco Dal Co*
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Immagine tratta dalla copertina della rivista |
Gentile dottor Sando Bondi, Ministro per i Beni e le Attività Culturali, sono passati diversi mesi dall'inaugurazione del Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, il MAXXI. Il favore con cui questo evento è stato accolto in Italia e all'estero e le informazioni che vengono diffuse dalla Fondazione preposta alla gestione del Museo circa il numero delle persone che lo visitano non possono che rallegrare e suonare a conferma della bontà delle scelte che hanno portato alla realizzazione di quest'opera e hanno permesso di accrescere il patrimonio di istituzioni e spazi museali di cui Roma dispone. Tra quanti hanno gioito allorché il Museo è stato inaugurato e tra coloro che registrano con soddisfazione il successo che il pubblico gli riserva, «Casabella» occupa una posizione in prima fila. Questa rivista, infatti, si è occupata con puntualità e sin dall'inizio dei modi in cui le scelte di cui si diceva sono maturate e con non minore assiduità ha informato i lettori circa la progressiva evoluzione che nel corso dell'ultimo decennio hanno subito la personalità artistica e le fortune professionali dell'architetto che ha progettato il MAXXI.
A queste ovvie e dovute constatazioni vogliamo ora accompagnare alcune considerazioni che desidereremmo condividere con Lei, gentile signor Ministro. Innanzi tutto immaginiamo che anche Lei abbia avuto modo di prendere atto del fatto che per costruire il MAXXI, un'impresa gravida di implicazioni e di portata tale da risultare esemplare per il nostro Paese, si sono impiegati più di dieci anni. Non è questa la sede per giudicare se questa lentezza abbia giovato, come a volte accade alle opere di architettura, oppure no alla maturazione delle qualità dell'edificio; tuttavia il fatto che per costruirlo si sia impiegato un decennio non può non sollevare qualche interrogativo circa l'efficacia che la Pubblica Amministrazione è in grado di mettere in campo a fronte di progetti tanto ambiziosi e opportuni quale quello varato a Roma nel luglio 1998 allorché venne bandito il concorso internazionale per la progettazione del Centro per le arti contemporanee, l'attuale MAXXI. Le modalità con cui la Pubblica Amministrazione opera Le sono certamente note e Lei è la persona più indicata per valutare come il grado dell'efficienza sia il frutto di situazioni oggettive e contingenze soggettive. Più di ogni altro, signor Ministro, Lei si trova nella posizione di cogliere ciò che le vicende legate alla costruzione del MAXXI potrebbero suggerire qualora si decidesse di mettere mano ai provvedimenti, da molto tempo e da molti invocati, che potrebbero allentare i vincoli, semplificare i processi ed eliminare gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione delle tante opere che sarebbe necessario mettere in cantiere, seguendo procedure normali e non di emergenza, per valorizzare il patrimonio culturale del nostro Paese, la nostra più consistente risorsa, come anche Lei ha avuto modo di ricordare.
Naturalmente operare in questa direzione e dar forma alle procedure che permetterebbero di imboccarla, non sarebbe però sufficiente se l'azione politica e amministrativa non si accompagnasse a un serio programma per il rafforzamento di un “sistema", a sua volta una componente del “sistema Italia", della cui complessiva efficienza e competitività operazioni di portata analoga a quella culminata con l'inaugurazione del MAXXI sono oggettivi parametri di misura.
A garantire la bontà di un sistema in grado di mobilitare le risorse migliori di un Paese concorrono numerosi fattori. Tra questi occupano un ruolo preponderante le leggi e le norme, le direttive politiche, le capacità della burocrazia, la competitività imprenditoriale e così via, temi talmente discussi da suggerirei l'opportunità di tralasciarne in questa sede l'elencazione, sicuri come siamo che Le siano noti in ogni dettaglio. Tra questi fattori ve ne è però uno al quale non viene riservata la considerazione che ci sembra meriti e che vorremmo sottoporLe. Ogni sistema rappresentativo di potenzialità operative collettivamente espresse da una comunità, da un insieme di istituzioni e di ceti presuppone la formazione di un atteggiamento culturale condiviso, la definizione di obiettivi e di modalità funzionali comuni, ovvero di “una mentalità", per utilizzare un termine caro non soltanto agli storici. Non di rado “una mentalità comune", espressione di una concezione del vivere civile e insieme dei fini che la politica dovrebbe perseguire, ha modo di manifestarsi anche in dettagli apparentemente secondari che però non è consigliabile sottovalutare. perché come Lei ben sa, sin dai tempi di Meister Eckhart è diffusa tra noi la convinzione secondo la quale “il buon Dio si nasconde nei particolari". Ora un dettaglio delle iniziative attuate proprio in occasione dell'inaugurazione del MAXXI può aiutare a capire come siano multiformi le difficoltà che nel nostro Paese si frappongono all'affermazione dell'interesse collettivo, quello che un “sistema” per l'appunto dovrebbe perseguire.
Naturalmente parlando di “sistema Italia" non intendiamo attribuire all'espressione alcuna intonazione o valenza sciovinista. Anzi e all'opposto è nostra convinzione che le virtù di ogni forma sistemica e di ogni mentalità siano misurate dalla capacità che queste hanno di competere, confrontarsi, interagire, valorizzando al contempo i saperi, le tradizioni e le specificità di cui sono espressione.
In occasione dell'inaugurazione del MAXXI chi ha avuto il compito di dirigere il Museo ha deciso di allestire una mostra dedicata a Luigi Moretti. Apparentemente si tratta di un dettaglio, ma poiché Moretti è stato un grande architetto, per ragioni ovvie questo particolare ha attirato la nostra attenzione e ci suggerisce ora alcune considerazioni che non riteniamo contingenti e che siamo sicuri Lei, signor Ministro, saprà valutare. Qui accanto, anche Lei può leggere le osservazioni che questa mostra ha suggerito a una delle più dotate studiose su cui oggi può contare la cultura architettonica (ndr articolo di approfondimento a cura di Claudia Conforti). Poiché le condividiamo totalmente, ad esse nulla aggiungiamo. Vorremmo però richiamare la Sua attenzione sulle scelte che sono state compiute per realizzare, in occasione dell'inaugurazione del più importante Museo dedicato all'arte e all'architettura contemporanee costruito in Italia, questa mostra. La figura e l'opera di Luigi Moretti sono state indagate da numerosi studiosi italiani, di provenienza e formazione diverse, autori di pubblicazioni note al punto che alcune di esse sono state tradotte in lingue diverse dall'italiano. Questo insieme di studi costituisce un piccolo patrimonio che una visione sistemica non provinciale, come si diceva, dovrebbe e avrebbe dovuto indurre a valorizzare. Ciò, purtroppo, non è accaduto. L'organizzazione della mostra dedicata a Luigi Moretti, una delle figure più complesse della cultura italiana del secolo scorso, evidentemente allestita per dare dimostrazione di ciò che il principale museo italiano dedicato all'arte contemporanea può fare, è stata curiosamente affidata a un insegnante di architettura svizzero e alla direttrice di un Archivio che ha sede in Ticino. Non sono noti i contributi scientifici offerti dall'uno e dall'altra alla conoscenza dell'opera di Moretti, mentre, come Le ricordavo, molto conosciuti sono i risultati delle ricerche compiute dagli studiosi italiani che non hanno avuto alcuna voce in capitolo in questa occasione. Ma l'eloquenza del dettaglio di cui ora ci occupiamo non è dimostrata soltanto da questa evenienza e vorremmo condividere con Lei l'opportunità di prestare attenzione a una sua ulteriore implicazione. L'archivista cui è stato affidato il compito di curare la mostra e il catalogo dedicati a Moretti dirige l'Archivio del Moderno, una istituzione che fa parte dell'Università della Svizzera Italiana. Questa istituzione si dedica alla conservazione e alla valorizzazione dei fondi che documentano l'opera svolta dagli architetti. Tra questi fondi ve ne sono alcuni provenienti dagli studi di architetti italiani attivi nel Novecento. Per arricchire questa collezione l'Archivio del Moderno opera con sistematicità e le prove di efficienza e solvibilità che ha sin ora fornito inducono a supporre che altri e importanti lasciti possano in un futuro più o meno immediato essere trasferiti dal nostro Paese al Ticino. È evidente, signor Ministro, che al di là di ogni altra considerazione la preservazione di questo patrimonio è per noi prioritaria e che pertanto anche noi nutriamo sentimenti di gratitudine nei confronti dell'Archivio svizzero. Ma sebbene questo Archivio conti su risorse di cui il nostro Paese non sembra disporre, il progetto che persegue e la "mentalità" di cui è espressione non sono originali. Anche in Italia, per esempio, esistono da tempo e hanno iniziato ad operare ben prima che quello svizzero venisse costituito diversi Archivi e Istituti che hanno lo scopo di preservare e valorizzare il lascito della cultura architettonica del nostro Paese. Come Le è ben noto, questi luoghi di ricerca sono afflitti dalle ristrettezze economiche e sono penalizzati dalla mancanza di direttive atte a coordinarne le attività e le specifiche missioni. Ed è proprio su questi due aspetti che vorremmo attirare la Sua attenzione, signor Ministro, convinti come. siamo della loro rilevanza. La memoria è presupposto del formarsi di quelle che abbiamo chiamato "mentalità collettive" e della bontà dei "sistemi" in cui queste possono tradursi. Ciò vale anche per l’architettura, una disciplina e una professione che per le loro valenze culturali e le loro implicazioni ,economiche hanno un ruolo riconosciuto nei "sistemi" che in altri Paesi, ma non in Italia, si sono venuti consolidando negli ultimi decenni.
La conclusione dei lavori per la realizzazione del MAXXI e l'inaugurazione del Museo avrebbero potuto essere occasioni ottime per interrogarsi, proprio a partire dalla rilevanza delle esperienze compiute nel decennio che la costruzione ha richiesto, su come dar vita anche nel nostro Paese a un progetto di valorizzazione delle competenze, delle tradizioni, delle potenzialità latenti ma non marginali che la cultura architettonica italiana possiede. E così tentare di avviare anche in Italia la formazione di un "sistema" atto a mettere la nostra cultura e le nostre professioni nella condizione di competere e confrontarsi, come potrebbero, con altre culture e altri "sistemi". Tutto ciò, ovviamente, a partire dal riconoscimento delle qualità e dell'efficacia che questi "sistemi” posseggono, sapendo però distinguerle, a differenza di quanto è avvenuto nel caso della mostra dedicata Luigi Moretti dal MAXXI, dai cascami che inevitabilmente le accompagnano.
Le siamo grati signor Ministro per l'attenzione che vorrà dedicarci e siamo lieti di porgerLe i miglior saluti,
Francesco Dal Co
8 ottobre 2010
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Note:
* Pubblicazione autorizzata dall'autore