1 settembre 2010

0041 [SPECULAZIONE] Dialogo AILATI con Luca Molinari [2]

Luca Molinari non sarò io a porle le domande ma saranno 14 italiani tra architetti, scrittori, fotografi, politici e un muratore.
Sarà un dialogo tra lei e alcuni italiani.

Dialogo che sarà diviso in quattro parti: prima, terza, quarta

Antonie Manolova (Sofia): Un vuoto che rappresenta la crisi dell’architettura italiana

Simona Caleo (Roma): La migliore Italia

Stefano Mirti (Milano): Senza selezione, senza eleganza

Alessio Erioli (Bologna): Ecosistema informatico

Gianmaria Sforza (Milano): L’architettura a volume zero

Uto Pio (Facebook): L’ucronia per leggere il presente

Ettore Maria Mazzola (Roma): Tradizionale non concettuale

Alfredo Bucciante aka AlFb (Roma): Tornare normali

Giacomo Butté (Apolide asiatico): L’Italia di oggi

Mila Spicola (Palermo): Architettura democratica

Mahdy (muratore emiliano): In cantiere

Francesco Cingolani (Milano-Madrid-Parigi): Spazio reale virtuale

Rossella Ferorelli (Bari): Accademia

Louis Kruger (Bari): Qual è l’architettura italiana
 

- Alessio Erioli: ingegnere, ricercatore presso l'Università di Bologna, co-fondatore di Co-de-iT, gravita nell'orbitale che intreccia insegnamento ed ecologie del progetto in Architettura Biodigitale.

Nell'ecosistema informativo in cui ci troviamo a vivere esistono canali di informazione strutturati, filtrati e più o meno standardizzati (ad esempio le riviste di settore, le pubblicazioni cartacee, etc.), il cui consolidamento nel tempo ne ha al contempo determinato la solidità e minato la resilienza, e canali decisamente più snelli dal punto di vista strutturale (social networks, blogs, facebook, twitter) che determinano un flusso di stimoli ed informazioni di grande immediatezza ed eterogeneità, incredibilmente sensibili alle novità e al cambiamento (volendo, per meglio descrivere i due tipi di canali di cui parlo, ci si può riferire ai modelli di gerarchia e meshwork che Manuel De Landa mutua da Gilles Deleuze).
Quanti e quali di questi canali sono stati sondati e con quali criteri si è arrivati alla selezione presentata a questa Biennale? 
In altre parole: che cosa deve (o può) mostrare una Biennale di Architettura nel 2010 in modo da dare un ulteriore contributo a questo ecosistema?

- Luca Molinari Il sistema dei diversi canali (dai tradizionali a quelli di “nuova generazione”) contribuiscono di base a ogni forma di ricerca che cerchi di sondare il più possibile e nella maniera più allargata le ricerche in corso e le opere realizzate in una realtà frammentaria come quella italiana. Nel mio caso ho voluto implementare ulteriormente le ricerche con un contatto diretto, fisico, esperienziale con le opere che trovavo interessanti e che sembravano rispondere alle mie ricerche in corso. A differenza di altre occasioni in cui ho fatto direttamente uso del call-for-paper (Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana; Sustainab-Italy), ho preferito lavorare sulla grande massa di materiali accumulati in questi anni di ricerche e, insieme, di sollecitare più studi e progettisti possibili a raccontarmi le loro ricerche in corso.
Il mio obbiettivo non era una antologia dell’architettura italiana contemporanea, quanto, piuttosto, un carotaggio “critico” su alcuni temi, problemi, fenomeni rappresentati da alcuni progetti scelti.

- Gianmaria Sforza: Architetto e designer, dottore in Architettura del paesaggio. Dal 2008 è curatore della sezione 'Città in Movimento' del Milano Film Festival.

Se davvero c'è un' "emergenza paesaggio" non le sembra che la sezione sia drammaticamente scoperta, e la questione del tutto elusa?
Dovremmo dedurne che l'architettura del paesaggio, la sua dimensione operativa, del progetto, e gli architetti del paesaggio in Italia non esistono?
E, poiché non è così, che i progetti a volumetria zero non sono di per sé "interessanti", rilevanti?[1]

- LM Ho l’impressione che non abbia guardato con la dovuta attenzione le prime informazioni che sono state fatte circolare; la questione “emergenza paesaggio” è sollevata come uno dei 10 problemi/temi/fenomeni rilevanti con cui l’architettura italiana deve confrontarsi oggi, e come per le altre sezioni, ho portato pochi esempi che provassero a rappresentare questo tema così delicato e irrisolto per l’Italia: un progetto in corso d’opera per il recupero dei 5 comuni intorno a Giampilieri dopo la tragedia dello scorso settembre sviluppato da Marco Navarra/NOWA insieme alla protezione civile come azione sociale partecipata, in cui il risarcimento paesaggistico diventa uno degli elementi di azione progettuale; quindi il lancio di un concorso sperimentale sul recupero ambientale e urbano del Tevere, e due ricerche fotografiche sul paesaggio violato. Non mi sembra che questo dimostri una mancanza di attenzione e soprattutto non vuole chiudere la questione del paesaggio in una inutile “riserva indiana” che lo priverebbe di una ricchezza che ha dimostrato di avere, anche in Italia, con molte ricerche che non hanno ancora avuto la possibilità di diventare realtà.
Per quanto riguarda la questione dell’architettura a volume zero anche in questo caso mi sembra che alcuni elementi le siano sfuggiti in quanto la questione, insieme al tema centrale della necessità di non consumare più territorio e risorse, è con forza posta nella sezione Italia2050 con i lavori di Metrogramma e Marc.

- Uto Pio: Ipersituazionista e umanista Pop. Fondatore del Partito Umanista POP (PUP) di Uto Pio e Discepoli s.a.s.. Attivo su facebook. 

Fuori dalle beghe polemiche della conventicola architettonica, posto che "l'amnesia" (in architettura come nel resto dell'ambito socio-culturale e artistico) più che gli ultimi 20 anni mi pare riguardi gli ultimi 50 (e ancor di più gli ultimi 150 e oltre), e posto che quello strumento che si chiama Internet consente (e costringe) ormai a ricordare "tutto", il "blocco" (o la "stasi" che dir si voglia) mi pare banalmente determinato da un coacervo di ignoranze e pigrizie collettive determinate da un sistema (di cui l'educazione è solo la punta dell'iceberg) che induce ad inseguire bassamente il soldo, gli interessi particolari, l'opportunità del momento. È più facile farsi fascinare dal lato oscuro dell'Ucronia (nella mia personale interpretazione, passato e futuro che collassano nel presente) e contemplarla passivamente, piuttosto che seguire il processo creativo classico di un tempo: studio rigoroso del passato per trarne gli spunti migliori, interpretazione dei bisogni effettivi presenti delle persone (non si vede un progetto contemporaneo di edilizia popolare decente nemmeno col binocolo, ma sarà mia ignoranza immagino), tensione verso il futuro per migliorare canoni estetici e funzionalità rispetto ai bisogni delle persone. Il tutto magari con la sincera passione dell'architetto de "La fonte meravigliosa" di Ayn Rand, per intendersi.



La mia non domanda quindi è la seguente: come mai non siamo più capaci di seguire il suddetto processo creativo che sarà anche più "difficile" da perseguire, ma è anche il più semplice e naturale da concepire?
Se uno non la smette di contemplare passato/presente/futuro che collidono e non si tuffa nel presente con la dovuta cultura e con il dovuto impegno per risolvere problemi abitativi reali (magari perseguendo la propria personale concezione del bello), come fa a creare un Vero Nuovo?
E se tutti gli addetti ai lavori non procedono così, come fanno a nascere "spontaneamente" dei movimenti estetici originali intorno a delle idee prevalenti vincenti?
Non sarebbe meglio creare scuole di giovani a cui si insegni l’Antico Metodo che consentirebbe poi di liberarsi da qualsiasi giogo ideologico (distruggere per ri-costruire) e magari di utilizzare l’opportunità economica senza farsene dominare?
Questo, modestamente, mi verrebbe da NON chiedere.

- LM ...


1 settembre 2010

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Note:


[1] Ricordo che le facoltà di architettura sono piene di esami afferenti a questa disciplina (Architettura del paesaggio) e non è vero che non si fa ricerca, formazione né ci siano progetti e ricerche di cui non valga la pena dare testimonianza.
Curiosamente a fine settembre inizierà la 6 Bienal Europea de Paisaje de Barcelona e sarà un italiano non proprio sconosciuto, Franco Zagari, il presidente della giuria internazionale. Alla ultima edizione di due anni fa poi il Politecnico di Milano, rappresentato da ALAD laboratories, area di ricerca del Dipartimento di Architettura e Pianificazione (DIAP) del Politecnico di Milano diretta dal Prof. Maurizio Vogliazzo, ha vinto il premio come migliore scuola di paesaggio, tra le moltissime in Europa e nel mondo che hanno partecipato alla Exposición internacional de escuelas de paisaje organizzata dalla Biennale in collaborazione la Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Barcelona (ETSAB).

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