24 settembre 2010

0077 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Commento a “oltre il senso del luogo” di Emanuele Papa

Dal blog In viaggio col taccuino post Lo scorfano di Gemito del 2 settembre 2009:
Ciao Simona
ho scoperto il tuo blog attraverso Wilfing e ho avuto un colpo di fulmine per i disegni dal vivo: ho aperto così un blog dove pubblicare vecchi disegni e spronarmi a farne di nuovi, per catturare un pezzettino di realtà e metterla da parte.
Ti invito a fare una visita: http://microscarabocchi.blogspot.com
Spero un giorno di entrare anche tra gli urban Sketchers!

Emanuele Papa curatore dei blog Il blog della cosa e Microscarabocchi ha partecipato all'inchiesta vedi 0014 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Il blog della cosa di Emanuele Papa

Commento a “oltre il senso del luogo” 

Vorrei esprimere alcune rapide riflessioni su quest’inchiesta, che trovo particolarmente meritoria. 

Innanzitutto, il risultato dell'inchiesta mostra chiaramente che gli architetti blogger non hanno un pensiero unico e monolitico: gli architetti citati per rispondere alla domanda sono numerosi e diversi tra loro. Nella maggior parte dei casi si tratta di architetti e studi emergenti, non ancora appartenenti al novero delle “archistar” e con tratti d’originalità.
Sono sicuro che, fino a 20 anni fa, una tale differenza di pensiero non sarebbe stata così netta: si sarebbe fatto il nome, almeno per il passato, dei mostri sacri dell'architettura moderna, senza possibilità di scampo. Questo, a mio parere, costituisce un valore positivo e una conferma della capacità, almeno tra gli architetti blogger, di elaborare criticamente una propria visione della cultura architettonica.

In secondo luogo, mi chiedo se il blog potrà portare vitalità e partecipazione al patinato e assopito mondo delle riviste d’architettura, per non dire a tutto il mondo della critica d’architettura.
Se, infatti, le riviste storiche, come Domus e Casabella, sembrano decadute a noiosi repertori dei progetti delle “archistar”, già celebrate dai premi e dai mass media, al contrario i blog vivono una stagione di vitalità, animata da una voglia di dibattiti e di discussioni, d’approfondimenti, di confronti.
Il blog ha dalla sua un'arma in più, che è il commento: per cui quel che viene pubblicato dall'autore del blog può subito essere commentato dai suoi lettori, a cui il blogger può rispondere, generando un dialogo magari dispersivo ma che spesso diventa ancora più interessante del post pubblicato!
La storia dell'architettura potrà essere scritta dal basso, dai blogger e non dai critici blasonati?
Ritengo che le riviste patinate e i libri di storia continueranno ad essere pubblicati, ma non potranno alla lunga restare lontani dal confronto con i blogger, dalle loro critiche, dalla loro informale capacità di mettere alla luce fatti e misfatti del fare architettura in Italia (e sono purtroppo molti i misfatti...).

Concludo esprimendo un pensiero ed una speranza: che il settore edile, da sempre in uno stato di totale disinnamoramento per la qualità architettonica, possa crescere culturalmente. Ma tutto inizia, a mio parere, dalle richieste degli abitanti, di chi usa e vive gli edifici: per questo ritengo che il salto culturale verso una richiesta di maggiore qualità, non solo estetica, vada fatto operando sul campo, con la professione d’architetti ingegneri geometri, mettendo al servizio dei clienti le proprie capacità e amando, noi per primi, l'architettura. 

24 settembre 2010
Intersezioni --->OLTRE IL SENSO DEL LUOGO

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L'indice dell'inchiesta:

Prologo: Maledetti imbianchini


Gli interventi:

Gli architetti dell’inchiesta

  • 3XN [1]
  • Aadrl [1]
  • Abcarius & Burns [1]
  • AKT (Adams Kara Taylor) [1]
  • Alberti, Emilio [1]
  • Alles Wird Gut [1]
  • Altro Modo [1]
  • Altro_studio (Anna Rita Emili) [1]
  • Amatori, Mirko [1]
  • Antòn Garcìa-Abril & Ensamble Studio [1]
  • Aragona, Guido [1]
  • Aravena, Alejandro [1]
  • Archingegno [1]
  • Architecture&Vision [1]
  • Architecture for Humanity (Cameron Sinclair) [1]
  • Archi-Tectonics [1]
  • Asymptote Architects [1]; [2]
  • Atelier Bow Wow [1]
  • Ban, Shigeru [1]
  • Barozzi-Veiga [1]
  • Baukuh [1]
  • Baumschlager & Eberle [1]
  • Blogger donne (Lacuocarossa, Romins, Zaha, LinaBo, Denise e tante altre) [1]; [2]
  • Bollinger+Grohmann [1]
  • BM [1]
  • C&P (Luca Cuzzolin e Pedrina Elena) [1]
  • C+S (Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini) [1]
  • Calatrava, Santiago [1]; [2]; [3]; [4]
  • Campo Baeza, Alberto [1]
  • Carta, Maurizio [1]
  • CASE (David Fano) [1]
  • Catalano, Claudio [1]
  • Cirugeda, Santiago [1]
  • Clément, Gilles [1]
  • Cogliandro, Antonino [1]
  • Contemporary Architectural Practice - Ali Rahim [1]
  • Contin, Giulio [1]
  • Coppola, Dario [1]
  • Cosenza, Roberto [1]
  • Critical garden [1]
  • Cucinella, Mario [1]; [2]; [3]
  • Dal Toso, Francesco [1]
  • De Carlo, Giancarlo [1]
  • Decq, Odile [1]
  • Design Institute Cinesi [1]
  • Diffuse, Luca [1]; [2]
  • Diller Scofidio+Renfro [1]; [2]
  • Dogma [1]
  • Douglis, Evan [1]
  • Duminuco, Enzo [1]
  • Eifler, John [1]
  • Eisenman, Peter [1]; [2]
  • Elastik (Igor Kebel) [1]
  • EMBT | Enric Miralles - Benedetta Tagliabue | Arquitectes associats [1]; [2]
  • Emergent Architecture (Tom Wiscombe) [1]
  • Ferrater, Carlos [1]
  • Florio, Riccardo [1]
  • FOA [1]
  • Galantino, Mauro [1]
  • Garzotto, Andrea [1]
  • Gehl Architects [1]
  • Gehry, Frank Owen [1]; [2]
  • Gelmini, Gianluca [1]
  • Grasso Cannizzo, Maria Giuseppina [1]; [2]
  • Graziano, Andrea [1]; [2]
  • Graypants (Seth Grizzle e Jon Junker) [1]
  • Gregotti, Vittorio [1]
  • Guidacci, Raimondo [1]
  • Hadid, Zaha [1]; [2]; [3]: [4]
  • Hensel, Michael [1]
  • Herzog & De Meuron [1]; [2]
  • Holl, Steven [1]
  • Hosoya Schaefer architects [1]
  • Ingels, Bjarke [1]
  • Ishigami, Junya [1]
  • Kahn, Louis [1]
  • Kakehi, Takuma [1]
  • Knowcoo Design Group [1]
  • Kokkugia [1]
  • Koolhaas, Rem [1]; [2]; [3]
  • Kudless, Andrew [1]
  • Kuma, Kengo [1]; [2]
  • Lacaton e Vassal [1]
  • Lancio, Franco [1]
  • Libeskind, Daniel [1]
  • Le Corbusier [1]
  • Lomonte, Ciro [1]
  • Lynn, Greg [1]
  • MAB [1]
  • Made In [1]
  • Mau, Bruce [1]
  • MECANOO [1]
  • Melograni, Carlo [1]
  • Menges, Achim [1]
  • Moodmaker [1]
  • Morphosis [1]
  • Munari, Bruno [1]
  • Murcutt, Glenn [1]; [2]
  • MVRDV [1]
  • Najle, Ciro [1]
  • Njiric, Hrvoje [1]
  • Notarangelo, Stefano [1]
  • Nouvel, Jean [1]
  • Ofis [1]
  • Oosterhuis, Kas [1]
  • Oplà+ [1]
  • Oxman, Neri [1]
  • Palermo, Giovanni [1]
  • Pamìo, Roberto [1]
  • Parito, Giuseppe [1]
  • Park, Sangwook [1]
  • Piano, Renzo [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]
  • Piovene, Giovanni [1]
  • Pellegrini, Pietro Carlo [1]
  • Pizzigoni, Pino [1]
  • Porphyrios, Demetri [1]
  • R&Sie(n) (Francois Roche) [1]; [2]; [3]; [4]
  • RARE office [1]
  • Raumlabor [1]
  • Rogers, Richard [1]
  • Ruffi, Lapo [1]
  • Salmona, Rogelio [1]
  • SANAA (Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa) [1]; [2]; [3]; [4]
  • Sandbox [1]
  • Sanei Hopkins [1]
  • Sauer, Louis [1]
  • Schuwerk, Klaus [1]
  • Servino, Beniamino [1]
  • Siza, Alvaro [1]; [2]; [3]; [4]; [5];[6]
  • Soleri, Paolo [1]
  • SOM [1]
  • Sottsass, Ettore [1]
  • Souto de Moura, Eduardo [1]; [2]; [3]
  • Spacelab Architects (Luca Silenzi e Zoè Chantall Monterubbiano) [1]
  • SPAN (Matias Del Campo+Sandra Manninger) [1]
  • Spuybroek, Lars [1]
  • Studio Albanese [1]
  • Studio Albori [1]
  • Studio Balbo [1]
  • StudioMODE + MODELab [1]
  • Supermanoeuvre [1]
  • Tecla Architettura [1]
  • Tepedino, Massimo [1]
  • Terragni, Giuseppe [1]
  • Tscholl, Werner [1]
  • Tschumi, Bernard [1]
  • Uap Studio [1]
  • Uda [1]
  • UN Studio (Ben Van Berkel) [1]; [2]
  • Vanelli, Nildo [1]
  • Vanucci, Marco (Open System) [1]
  • Verdelli, Roberto [1]
  • Vulcanica Architettura [1]
  • Wiscombe, Tom [1]
  • Zoelly, Pierre [1]
  • Zordan, Filippo [1]
  • Zucca, Maurizio [1]
  • Zucchi, Cino [1]
  • Zumthor, Peter [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]

Epilogo: Il massimo di diversità nel minimo spazio

Note conclusive sull'inchiesta:

6 commenti:

  1. Emanuele,
    due cose che non condivido e un auspicio.

    La prima, il termine ARCHISTAR è un neologismo per argomentazioni e titoli giornalistici svelti, populisti e vendibili.
    La storia dell’architettura si è sempre confrontata con degli architetti considerati più bravi di altri.
    Spesso venivano finanziati con logiche simili al mercato contemporaneo.
    A mio parere, in Italia non vi un’emergenza ‘archistar’ ma una carenza cronica di figure professionali non biecamente speculative.

    La seconda, le RIVISTE PATINATE, io non credo che le riviste italiane siano così scadenti.
    Le quattro più note CASABELLA, DOMUS, ABITARE E LOTUS, non sono riviste a tiratura nazionale ma internazionale.
    Abitare ha una redazione in Cina e Bulgaria con delle pubblicazioni autonome.
    Casabella è edita in lingua giapponese.
    Il loro sguardo non può che essere globale.
    Uno sguardo globale implica un racconto spesso iconico.

    L’AUSPICIO
    Una crescente qualità dei contenuti e della scrittura blog, ancora non paragonabili alle scritture che tu chiami ‘riviste patinate’.
    Spesso il blogger-architetto osserva il suo orto o parla semplicemente di sè.
    La blogosfera architettonica deve ancora crescere.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  2. Grazie di nuovo, Salvatore, per lo spazio che mi concedi.
    Ribatto ai tuoi due punti per affinare il mio pensiero e rimettere in discussione quelle che sono sempre sintesi temporanee e in via di miglioramento.
    Lo ammetto: utilizzare il nomignolo di "archistar" è un po' furbetto e approssimativo. Non si dovrebbe affibbiare questa etichetta all'architetto di fama internazionale di turno, ma distinguere caso per caso, intervento per intervento. Quindi faccio ammenda e mi impegno a limitarne l'uso in futuro! Quel che accomuna secondo me le esperienze riconducibili a questa facile formuletta, l'archistar appunto, è una serie di varianti, in particolare: un committente (spesso un'istituzione) che vuole realizzare un edificio che avrà vasta eco mediatica ma allo stesso tempo non ha le idee molto chiare su cosa precisamente l'edificio debba fare; un architetto di fama internazionale che è più interessato a costruire una nuova tappa dell'evoluzione del proprio stile piuttosto che porsi il problema del come e da chi l'edificio verrà utilizzato. Il risultato, credo, è spesso un edificio iconico, particolarmente apparisciente, nella sostanza però insensibile ai futuri fruitori (nascono così auditorium difficili da gestire, sale da museo troppo piccole o senza pareti per cui non si sa come riempirle!).
    Riguardo alle riviste di architettura italiane, io non credo che siano provinciali, o comunque che non sia questo il loro principale difetto. Quello che non trovo in queste riviste è un dibattito, una verve critica, una presa di posizione originale: tutti gli articoli pubblicati sono ripieni di grandi lodi per l'edificio e l'architetto, mentre trascurano quasi sempre l'iter progetturale, le difficoltà, le soluzioni trovate giorno per giorno, al tavolo da disegno o in cantiere. E' come se ogni edificio fosse stato partorito dall'architetto direttamente dalla propria mente e trasferito nella realtà, senza nessuna variante o ripensamento. Le radici del progetto vengono asportate per presentare un capolavoro nato di getto al tavolo da disegno, un frutto del genio in fondo non troppo lontano dagli deali romantici. Per non parlare dell'assenza delle persone, sia nelle foto che nei pensieri del redattore: l'architettura sembra solo una bellissima scultura, un insieme di brillanti soluzioni formali da sottoporre al ridotto pubblico degli esperti della materia.
    Nei blog c'è ancora molto da fare. Io per primo parlo molto spesso più delle mie riflessioni del momento, nei campi più svariati, piuttosto che andare a sbirciare cosa fanno gli altri e intessere un dialogo. Ma quello che i blog hanno in più, rispetto alle riviste, è la libertà di poter esprimere critiche e la voglia di riportare l'architettura sul pianeta terra, nel quotidiano, invece di ridurla solo ad opere paradigmatiche e iconiche.

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  3. Buon giorno,
    Complimenti per l'articolo: semplice e conciso -e per usare una rima - efficacemente informativo.


    Buon lavoro!

    architetto verona

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  4. Emanuele,
    interessanti le tue note sulle riviste.

    ASSENZA DI UN DIBATTITO
    Condivido il tuo disagio, le riviste sembrano ricalcare le dinamiche attive oggi nella rete, ovvero l’incapacità dei vari siti/blog di relazionarsi criticamente.
    Preferiscono isolarsi nelle loro riserve indiane evitando qualsiasi relazione con gli altri HUB (stadio infantile dell’essere).
    Ogni rivista in assenza di una sana disputa si autopromuove come portatrice sana di architettura.

    L’IMMAGINE DELL’ARCHITETTURA
    L’assenza della critica (la comparazione storica sia del passato sia del presente e le sue dinamiche spaziali) ha generato la presentazione asettica (simile a una pagina pubblicitaria) delle architetture.

    BLOG D’ARCHITETTURA
    Hanno la bellezza della libertà ma nessuno sembra accorgersene.
    Molti preferiscono urlare, inveire, scrivere post contro qualcosa o qualcuno, copiare l’aspetto fashion delle riviste di settore e sono spesso affetti dalla sindrome NIMBY.
    Condivido i blog possono fare molto ma devono emanciparsi dai ‘luoghi comuni’, dalle parole tasca comodi ‘per i titoli del giornalismo eccitato’ ma soprattutto offrire uno sguardo diverso sui temi della città e dell’architettura.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    P.S.: Non mi preoccuperei degli errori delle poche architetture mediatiche. Comincerei a osservare e correggere gli errori - direi gli orrori - dell’architettura concepita per mera speculazione (dove spesso tutto è sbagliato) poiché lì vive la gente e da qualche tempo a causa della banalità imperante nell’edilizia italiana abbiamo costruito male – malissimo - i luoghi del nostro vivere quotidiano.

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  5. Tre brevi riflessioni sull'ultimo punto di Salvatore, una domanda non da poco che troppo raramente ci si pone nell'ambiente architetonico: perché il panorama degli edifici

    realizzati in Italia oggi (e negli ultimi 50 anni) fa rabbrividire (escluse poche isole felici, come il Trentino)?
    1. Gli utenti, quelli che comprano casa, gli enti statali provinciali comunali che realizzano archittetture, hanno conoscenze sulla materia molto scarse. Forse non ritengono importante COME è fatto un edificio, preoccupandosi solo che l'edificio sia completo, abbia tetto e finestre e ci si possa vivere decentemente;
    2. I costruttori e le manovalanze del settore edile hanno perso il senso dell'orgoglio di quello che si costruisce: hanno fretta di completare e il rispetto del lavoro si è perso, a favore del guadagno consistente e veloce. E' praticamente scomparsa la figura del muratore capace, con esperienza, responsabile e contento del proprio lavoro.
    Il più delle volte si ha a che fare con gente svogliata, truffaldina, poco seria, improvvisata.
    3. I tecnici (architetti ingegneri geometri) che progettano, dirigono i lavori, danno permessi di costruire e abitabilità, quando realizzano evidenti schifezze, perché non hanno un moto di repulsione, una reazione di rifiuto? Forse per la logica del tirare a campare troppi tecnici hanno preferito leggere le riviste per rifarsi gli occhi e intanto lavorare sciattamente.
    Mi sembra che da nessuna parte qualcuno abbia fatto riflessioni sui ruoli, nella storia architettonica italiana dal dopoguerra ad oggi, di questi tre attori: utenti, addetti ai
    lavori e tecnici.

    RispondiElimina
  6. Emanuele,
    condivido ciò che dici.
    Altrove (o qui) tra il serio e il faceto dicevo che gli accademici + gli architetti italiani sarebbero da denunciare per mancata omissione di soccorso nei confronti del nostro territorio urbano-campagna.
    Nel passato ci sono stati timidi tentativi, ma non movimenti potenti d’opinione.
    Si deve al giornalista Antonio Cederna il primo libro d’allarme -scritto nel 1956 - I vandali in casa.
    In seguito Italo Calvino con il suo personaggio Pietro Caisotti e Carlo Emilio Gadda con Pastrufazio raccontarono il cambiamento del ‘genius loci’ o ‘l’identità italiana’ avvenuto dopo la seconda guerra mondiale.
    Hai perfettamente ragione la storia delle nostre città/architetture andrebbe raccontata includendo i “tre attori: utenti, addetti ai lavori e tecnici”.
    Non possiamo reiterare più gli errori di una pesudo modernità fatta a colpi d’edilizia speculativa.
    Serve cambiare l’atteggiamento culturale ai “tre attori: utenti, addetti ai lavori e tecnici”.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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