29 settembre 2010

0079 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Si preferisce 'chi non fa il filosofo'

Chi sono i blogger?
Semplicemente i titolari (come li definisce Antonio Sofi) di alcune pagine elettroniche.
Pagine numerate in ordine cronologico inverso.
Dietro le pagine ci sono delle persone.
«SPIRITO LIBERO: Sono uno studente di architettura un po' "attempato" con tanti interessi e tante passioni.
Ho 34 anni, sono di Caserta e, dopo molti (troppi) sacrifici, dopo essere stato preso in giro da subumani datori di lavoro, finalmente sono riuscito ad iscrivermi all'Università.
Ho dieci anni di esperienza come programmatore Web e disegnatore AutoCAD, cinque di professione di geometra, ma quello che è più importante, nessuna di queste mie referenze è certificabile!
Fa niente, a meno che non venga la fine del mondo in questi giorni, dovrei laurearmi nel 2011. Sono fidanzato e vorrei sposarmi, ma non abbiamo un lavoro (soliti problemi).
Stiamo facendo il possibile per creare una società (lei è laureata in Conservazione dei Beni Culturali) mettendo insieme la mia esperienza di programmatore e la sua professione di Storico dell'Arte e Bibliotecaria.
Ci riusciremo.
Un giorno.
Forse non lontano.
Forse...»


L’inchiesta, interessante, ha prodotto numerosi spunti di riflessione, eppure era partita con due, apparentemente semplici, domande, dirette ed a bruciapelo. Le risposte non sono state univoche e non è emerso un solo architetto noto, ma tanti, senza contare i non noti che sono stati anche di più. Alcuni ipotizzano come causa di questo fenomeno la mancanza di un riferimento univoco da seguire/non seguire come un trattato o una scuola architettonica o uno stile architettonico ben codificato. Altri lo addebitano alla profonda crisi socio-politica e culturale italiana ed al cronico ritardo nel recepimento di determinate correnti culturali che oggi più che mai fa sentire i suoi effetti. 

Ma se le risposte sono state così diverse, così non è stato per i commenti a queste. In tutti traspare un pensiero comune: la crisi socio-politica e culturale che tanta importanza riveste nel discorso architettonico. Non è più possibile lavorare in un sistema che preferisce l’edilizia del massimo profitto all’architettura, l’urgenza alla pianificazione, il “compagnuccio della parrocchietta” al concorso pubblico: così non si fa architettura, ma affare, di pochi e sempre gli stessi. Quando si tratta poi di un evento internazionale, ecco che appare non l’archistar, ma il Demiurgo in persona, colui che da solo, si crede possa rimettere in ordine ed in equilibrio l’intero sistema urbano, anche lontano da questo o anche vedendolo soltanto in foto (ed oggi anche con GoogleMaps® e StreetView®). 

Ma la crisi culturale non riguarda solo fattori esterni, ma anche fattori interni: gli architetti stessi e quelli in “nuce” cioè, gli studenti delle facoltà di architettura. Si sta manifestando, in maniera sempre più palese, il problema relativo ad una certa facilità delle facoltà universitarie e questo è un fattore preoccupante poiché gli effetti, probabilmente devastanti, si avranno fra qualche anno e continueranno perché una parte di questi studenti non uscirà dalle università per intraprendervi una carriera che sarà costellata, se le cose continueranno ad andare alla stessa maniera di oggi, di pubblicazioni “A cura di”, scritte male, stampate peggio, spesso costose fuori da ogni congruità oggettiva, utili nei curriculum per i tanto agognati concorsi da associato che però sono nelle mani di chi nell’università è già da tempo trapanato sulla sedia. Ad onor del vero, da studente, come uso dire, “attempato”, devo dire che c’è chi nelle università si impegna, sia esso ricercatore (pluri)confermato o ordinario, ma resta il fatto che l’eccesso di atenei spesso distanti pochi chilometri gli uni dagli altri e con le stesse facoltà universitarie, creano un’oggettiva concorrenza che può essere combattuta facendo trapelare una certa “leggerezza” nel dare esami rispetto alla facoltà concorrente, così da attrarre più utenti (orrore!). Altre volte qualche facoltà presenta un piano di studi con meno esami (magari vengono tolti i moduli), oppure vengono proposte facoltà di architettura senza esame di restauro (che detto fra noi, facoltà del genere, le considero da quattro soldi), che formano architetti legalmente identici a chi quell’esame l’ha dato e, spesso, più volte e che magari vedrà fra i suoi ex-iscritti anche Soprintendenti. 

Si, le università stanno diventando facili e non va bene. L’università è il tempio del libero pensiero non il botteghino dove staccare il biglietto per la vita professionale, anche se fuori ci sono papà o zizì che aspettano a braccia aperte “quello con la carta” che farà risparmiare loro tanti bei soldini.
Le università dovrebbero offrire qualità nell’insegnamento piuttosto che semplicità nel collezionare esami e garantire il diritto allo studio non significa assicurare una laurea a tutti, ma offrire un’opportunità e chi ne comprenderà l’importanza sarà un professionista che conoscerà il suo mestiere e la selezione sarà naturale, non burocratica. 

Forse l’Italia è l’unico paese al mondo nel quale, nelle facoltà scientifiche, c’è anche un approccio umanistico nell’insegnamento che ha antiche origini profondamente radicate nella nostra storia: questo è un pregio da non mettere in secondo piano, ma da valorizzare, secondo il mio modesto parere. Oggi il risultato finale di questi insegnamenti non si vede poiché già durante il percorso di studi si evidenziano carenze di preparazione di base. Gli studenti non leggono e, se lo fanno, sono letture “indotte”, cioè suggerite con finalità didattiche e che vengono affrontate come male necessario per raggiungere l’esame finale. 

Naturalmente il discorso è generale. Ci sono le eccezioni e fortunatamente, spesso, sono formidabili eccezioni. Sono, però, poco visibili, anche dopo la laurea, perché sommersi dalla mediocrità del “campare quotidiano” o dalla sub-cultura dilagante che favorisce chi “non fa il filosofo”  o chi antepone l’interesse a tutto. Sarebbe bello se l’eccezionalità diventasse la regola, ma qui si ritorna al problema di apertura: la crisi socio-politica e culturale.

29 settembre 2010
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Come usare WA ----------------------------------------------------------------Cos'è WA
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L'indice dell'inchiesta:

Prologo: Maledetti imbianchini


Gli interventi:

Gli architetti dell’inchiesta

  • 3XN [1]
  • Aadrl [1]
  • Abcarius & Burns [1]
  • AKT (Adams Kara Taylor) [1]
  • Alberti, Emilio [1]
  • Alles Wird Gut [1]
  • Altro Modo [1]
  • Altro_studio (Anna Rita Emili) [1]
  • Amatori, Mirko [1]
  • Antòn Garcìa-Abril & Ensamble Studio [1]
  • Aragona, Guido [1]
  • Aravena, Alejandro [1]
  • Archingegno [1]
  • Architecture&Vision [1]
  • Architecture for Humanity (Cameron Sinclair) [1]
  • Archi-Tectonics [1]
  • Asymptote Architects [1]; [2]
  • Atelier Bow Wow [1]
  • Ban, Shigeru [1]
  • Barozzi-Veiga [1]
  • Baukuh [1]
  • Baumschlager & Eberle [1]
  • Blogger donne (Lacuocarossa, Romins, Zaha, LinaBo, Denise e tante altre) [1]; [2]
  • Bollinger+Grohmann [1]
  • BM [1]
  • C&P (Luca Cuzzolin e Pedrina Elena) [1]
  • C+S (Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini) [1]
  • Calatrava, Santiago [1]; [2]; [3]; [4]
  • Campo Baeza, Alberto [1]
  • Carta, Maurizio [1]
  • CASE (David Fano) [1]
  • Catalano, Claudio [1]
  • Cirugeda, Santiago [1]
  • Clément, Gilles [1]
  • Cogliandro, Antonino [1]
  • Contemporary Architectural Practice - Ali Rahim [1]
  • Contin, Giulio [1]
  • Coppola, Dario [1]
  • Cosenza, Roberto [1]
  • Critical garden [1]
  • Cucinella, Mario [1]; [2]; [3]
  • Dal Toso, Francesco [1]
  • De Carlo, Giancarlo [1]
  • Decq, Odile [1]
  • Design Institute Cinesi [1]
  • Diffuse, Luca [1]; [2]
  • Diller Scofidio+Renfro [1]; [2]
  • Dogma [1]
  • Douglis, Evan [1]
  • Duminuco, Enzo [1]
  • Eifler, John [1]
  • Eisenman, Peter [1]; [2]
  • Elastik (Igor Kebel) [1]
  • EMBT | Enric Miralles - Benedetta Tagliabue | Arquitectes associats [1]; [2]
  • Emergent Architecture (Tom Wiscombe) [1]
  • Ferrater, Carlos [1]
  • Florio, Riccardo [1]
  • FOA [1]
  • Galantino, Mauro [1]
  • Garzotto, Andrea [1]
  • Gehl Architects [1]
  • Gehry, Frank Owen [1]; [2]
  • Gelmini, Gianluca [1]
  • Grasso Cannizzo, Maria Giuseppina [1]; [2]
  • Graziano, Andrea [1]; [2]
  • Graypants (Seth Grizzle e Jon Junker) [1]
  • Gregotti, Vittorio [1]
  • Guidacci, Raimondo [1]
  • Hadid, Zaha [1]; [2]; [3]: [4]
  • Hensel, Michael [1]
  • Herzog & De Meuron [1]; [2]
  • Holl, Steven [1]
  • Hosoya Schaefer architects [1]
  • Ingels, Bjarke [1]
  • Ishigami, Junya [1]
  • Kahn, Louis [1]
  • Kakehi, Takuma [1]
  • Knowcoo Design Group [1]
  • Kokkugia [1]
  • Koolhaas, Rem [1]; [2]; [3]
  • Kudless, Andrew [1]
  • Kuma, Kengo [1]; [2]
  • Lacaton e Vassal [1]
  • Lancio, Franco [1]
  • Libeskind, Daniel [1]
  • Le Corbusier [1]
  • Lomonte, Ciro [1]
  • Lynn, Greg [1]
  • MAB [1]
  • Made In [1]
  • Mau, Bruce [1]
  • MECANOO [1]
  • Melograni, Carlo [1]
  • Menges, Achim [1]
  • Moodmaker [1]
  • Morphosis [1]
  • Munari, Bruno [1]
  • Murcutt, Glenn [1]; [2]
  • MVRDV [1]
  • Najle, Ciro [1]
  • Njiric, Hrvoje [1]
  • Notarangelo, Stefano [1]
  • Nouvel, Jean [1]
  • Ofis [1]
  • Oosterhuis, Kas [1]
  • Oplà+ [1]
  • Oxman, Neri [1]
  • Palermo, Giovanni [1]
  • Pamìo, Roberto [1]
  • Parito, Giuseppe [1]
  • Park, Sangwook [1]
  • Piano, Renzo [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]
  • Piovene, Giovanni [1]
  • Pellegrini, Pietro Carlo [1]
  • Pizzigoni, Pino [1]
  • Porphyrios, Demetri [1]
  • R&Sie(n) (Francois Roche) [1]; [2]; [3]; [4]
  • RARE office [1]
  • Raumlabor [1]
  • Rogers, Richard [1]
  • Ruffi, Lapo [1]
  • Salmona, Rogelio [1]
  • SANAA (Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa) [1]; [2]; [3]; [4]
  • Sandbox [1]
  • Sanei Hopkins [1]
  • Sauer, Louis [1]
  • Schuwerk, Klaus [1]
  • Servino, Beniamino [1]
  • Siza, Alvaro [1]; [2]; [3]; [4]; [5];[6]
  • Soleri, Paolo [1]
  • SOM [1]
  • Sottsass, Ettore [1]
  • Souto de Moura, Eduardo [1]; [2]; [3]
  • Spacelab Architects (Luca Silenzi e Zoè Chantall Monterubbiano) [1]
  • SPAN (Matias Del Campo+Sandra Manninger) [1]
  • Spuybroek, Lars [1]
  • Studio Albanese [1]
  • Studio Albori [1]
  • Studio Balbo [1]
  • StudioMODE + MODELab [1]
  • Supermanoeuvre [1]
  • Tecla Architettura [1]
  • Tepedino, Massimo [1]
  • Terragni, Giuseppe [1]
  • Tscholl, Werner [1]
  • Tschumi, Bernard [1]
  • Uap Studio [1]
  • Uda [1]
  • UN Studio (Ben Van Berkel) [1]; [2]
  • Vanelli, Nildo [1]
  • Vanucci, Marco (Open System) [1]
  • Verdelli, Roberto [1]
  • Vulcanica Architettura [1]
  • Wiscombe, Tom [1]
  • Zoelly, Pierre [1]
  • Zordan, Filippo [1]
  • Zucca, Maurizio [1]
  • Zucchi, Cino [1]
  • Zumthor, Peter [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]

Epilogo: Il massimo di diversità nel minimo spazio

Note conclusive sull'inchiesta:

27 settembre 2010

0078 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] In medium stat virtus (la virtù è nel medium)

A margine di queste considerazioni su OLTRE IL SENSO DEL LUOGO di Rossella Ferorelli riprendo - parte - della risposta data da Luca Molinari alla stessa.
Chiamata in quel caso, a formulare una domanda al curatore del Padiglione Italia della Biennale di Venezia attualmente in corso:
Luca Molinari: Il problema della produzione teorica nell’ambito dell’architettura contemporanea è serio ma forse dovremmo cambiare prospettiva. Forse non è più tempo di grandi narrazioni teoriche, dei volumi decisivi che spostavano i baricentri tematici, forse il sistema carsico e frammentario dei blogger contemporanei sta modificando il nostro modo di produrre e scambiare teoria in architettura. Insieme credo che la cultura architettonica debba fare uno sforzo diverso, cercare in un mondo che sta cambiando radicalmente e drammaticamente le parole, gli stimoli e le risorse per ridefinire confini disciplinari e elementi per rielaborazioni teoriche.

In medium stat virtus (la virtù è nel medium): considerazioni a margine dell’indagine

Molto è stato già detto, negli ultimi tempi, sulle caratteristiche del blog come mezzo di comunicazione; eppure, molto probabilmente è ancora da dire sull’argomento. In particolare, a margine di un’indagine che ha avuto come consapevole oggetto, appunto, dei blogger, è necessario operare qualche considerazione basilare.

In primis occorre osservare la natura ibrida dello strumento, che galleggia in un limbo – fortissimamente rappresentativo del periodo in cui viviamo – tra cultura alfabetica e cultura elettronica.
Della cultura alfabetica conserva chiaramente la struttura del diario, e presenta una certa resistenza all’integrabilità dei contenuti multimediali che invece gli deriva dalla percentuale di cultura elettronica in cui risulta calato. L’integrabilità è limitata, dicevamo, dalla rigidità della struttura linguistica con la quale i blog sono costruiti per facilitarne la gestione da parte di utenti che non conoscano approfonditamente i linguaggi di programmazione. 
È, insomma, uno strumento che permette la condivisione di contenuti non-letterari in un numero limitatissimo di modi: sostanzialmente, tramite il link e l’embedding, mentre la più evoluta delle indicizzazioni possibili è il tagging1. 
Ogni altro tipo di riferimento, sia esso interno (cioè un riferimento ad un post, contenuto in un altro post del medesimo blog) od esterno, è possibile solamente attraverso la pratica del copia-e-incolla, che è per costituzione l’ultima propaggine alfabetica, e tra l’altro la più obsoleta, a cui siamo attaccati sulla via della connessione totale.
È chiaro infatti che il concetto di copia è del tutto estraneo alla logica connettiva, perché se un oggetto/contenuto è presente in rete, dato che i gradi di separazione tra me e tale oggetto/contenuto sono annullati da una connettività totale, è del tutto inutile che esso venga replicato. Devo solamente esplicitare il collegamento diretto ad esso, e ne avrò il pieno possesso. È interessante notare come, invece, il ricorso alle tecniche del copia-e-incolla e della scrittura manuale dei link sia stato necessario nella costruzione dei post che costituiscono l’indagine e nelle conclusioni riassuntive dei dati da essa emersi.

Quindi, testimoniata la (pur assolutamente affascinante) obsolescenza dello strumento blog nella logica dell’evoluzione della rete, si potrebbe ulteriormente osservare che lo stesso format dell’intervista asseconda decisamente questa obsolescenza, tant’è vero che si presta al passaggio cartaceo, la qual cosa sarebbe anch’essa di per sé degna di un’analisi che però conviene rimandare ad altra sede.

Ci si potrebbe, però, chiedere se sia questo il giusto modo di fare un’analisi dei blog, o se un giusto modo esista. Piuttosto, una simile operazione, portando senz’altro allo scoperto i limiti di cui si è detto, deve spingerci a chiederci di quali possibilità avrebbero bisogno i blogger per meglio integrare vicendevolmente i propri contenuti, e se esistano necessità specifiche dei blogger di architettura in questo senso. Forse, un motore grafico online con una logica wiki, o in generale una più semplice interfaccia di condivisione delle immagini e dei modelli potrebbero facilitare lo scambio di informazioni tra gli utenti architetti.

Questo, per quanto riguarda il metodo.

Per entrare, invece, nel merito dell’indagine, e volendo accettare che i blogger intervistati costituiscano quantomeno un campione fortemente rappresentativo della blogosfera architettonica italiana, si deve sottolineare, come pure è stato già fatto, che questi costituiscono una percentuale irrisoria (appena lo 0,13%) degli operatori del settore presenti nel paese. Ma occorre a questo punto chiedersi: che fetta, qualitativamente parlando, di tali operatori è stata intercettata dall’indagine?

La risposta a questa domanda può aprire diversi scenari interpretativi, se si considera l’assoluta disomogeneità delle preferenze espresse dagli intervistati.

Se, infatti, consideriamo i blogger come una categoria di per sé caratterizzante (perché denota una certa confidenza con la cultura informatica e della rete, il che potrebbe implicare quantomeno un discrimine anagrafico), allora la mancanza di una linea anche solo vagamente comune nelle scelte stupisce ancora maggiormente. Il fenomeno sembrerebbe confermare la scarsissima tendenza dei titolari di blogger al reciproco confronto e scambio, o se non altro l’assenza di qualsivogliano tentativi di fare rete, direzioni di ricerca comuni, o anche solo tendenze corporative.

Ma probabilmente è sbagliato, a questo punto, attribuire una componente unitaria alla blogosfera degli architetti, anche solo su base generazionale. D’altronde, quale tratto accomuna blogger dai 20 ai 65 anni, alcuni dei quali sono studenti, altri professori, altri professionisti della progettazione o della realizzazione, certi ancora sono teorici o critici, altri solo appassionati?
Un generico senso di appartenenza ad un settore culturale/economico e poco più, probabilmente, dato che le stesse ragioni che gli autori adducono all’apertura del loro blog variano dalla ricerca teorica a quella tecnologica, dall’approfondimento di temi di attualità alla semplice promozione del proprio lavoro2.

Compatibilmente con quanto detto, infatti, i dati restituitoci dall’intervista fanno emergere preferenze che è difficile confrontare tra loro per trarne conclusioni, soprattutto statistiche.

Che tipo di considerazioni, allora, ci restano?

Ci resta constatare ancora la duplice natura culturale della nostra nazione, divisa tra una sorta di anarchico rifiuto di conformarsi ad avanguardie d’importazione ed una patologica incapacità di porre le basi per la creazione di movimenti autoctoni.
Un problema vecchio di ottant’anni, se vogliamo.

Ci resta sottolineare che questa schizofrenia coinvolge tutti i gradi dell’opinione, dal blogger autonomo ed autoreferenziale, che legge e rilegge quasi solo la sua produzione, agli istituti di formazione e ricerca, incapaci di comprendere i cambiamenti in atto e farne materia di discorso (polifonico) e di progetto.

Ci resta infine sperare che una piccola rete si stia creando proprio intorno a Wilfing Architettura e lavorare sodo per tenerla in vita.
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27 settembre 2010
Intersezioni --->OLTRE IL SENSO DEL LUOGO

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Note:

1 Cfr. The era of the TAG, Derrick de Kerckhove, pdf consultabile online qui

2 Cfr. 0005 [BLOG READER] Homophilia e nuovi blog, indagine precedente ad Oltre il senso del luogo, condotta sempre da Salvatore D’Agostino, 16 maggio 2009. Disponibile online su Wilfing Architettura qui.

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L'indice dell'inchiesta:

Prologo: Maledetti imbianchini


Gli interventi:

Gli architetti dell’inchiesta

  • 3XN [1]
  • Aadrl [1]
  • Abcarius & Burns [1]
  • AKT (Adams Kara Taylor) [1]
  • Alberti, Emilio [1]
  • Alles Wird Gut [1]
  • Altro Modo [1]
  • Altro_studio (Anna Rita Emili) [1]
  • Amatori, Mirko [1]
  • Antòn Garcìa-Abril & Ensamble Studio [1]
  • Aragona, Guido [1]
  • Aravena, Alejandro [1]
  • Archingegno [1]
  • Architecture&Vision [1]
  • Architecture for Humanity (Cameron Sinclair) [1]
  • Archi-Tectonics [1]
  • Asymptote Architects [1]; [2]
  • Atelier Bow Wow [1]
  • Ban, Shigeru [1]
  • Barozzi-Veiga [1]
  • Baukuh [1]
  • Baumschlager & Eberle [1]
  • Blogger donne (Lacuocarossa, Romins, Zaha, LinaBo, Denise e tante altre) [1]; [2]
  • Bollinger+Grohmann [1]
  • BM [1]
  • C&P (Luca Cuzzolin e Pedrina Elena) [1]
  • C+S (Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini) [1]
  • Calatrava, Santiago [1]; [2]; [3]; [4]
  • Campo Baeza, Alberto [1]
  • Carta, Maurizio [1]
  • CASE (David Fano) [1]
  • Catalano, Claudio [1]
  • Cirugeda, Santiago [1]
  • Clément, Gilles [1]
  • Cogliandro, Antonino [1]
  • Contemporary Architectural Practice - Ali Rahim [1]
  • Contin, Giulio [1]
  • Coppola, Dario [1]
  • Cosenza, Roberto [1]
  • Critical garden [1]
  • Cucinella, Mario [1]; [2]; [3]
  • Dal Toso, Francesco [1]
  • De Carlo, Giancarlo [1]
  • Decq, Odile [1]
  • Design Institute Cinesi [1]
  • Diffuse, Luca [1]; [2]
  • Diller Scofidio+Renfro [1]; [2]
  • Dogma [1]
  • Douglis, Evan [1]
  • Duminuco, Enzo [1]
  • Eifler, John [1]
  • Eisenman, Peter [1]; [2]
  • Elastik (Igor Kebel) [1]
  • EMBT | Enric Miralles - Benedetta Tagliabue | Arquitectes associats [1]; [2]
  • Emergent Architecture (Tom Wiscombe) [1]
  • Ferrater, Carlos [1]
  • Florio, Riccardo [1]
  • FOA [1]
  • Galantino, Mauro [1]
  • Garzotto, Andrea [1]
  • Gehl Architects [1]
  • Gehry, Frank Owen [1]; [2]
  • Gelmini, Gianluca [1]
  • Grasso Cannizzo, Maria Giuseppina [1]; [2]
  • Graziano, Andrea [1]; [2]
  • Graypants (Seth Grizzle e Jon Junker) [1]
  • Gregotti, Vittorio [1]
  • Guidacci, Raimondo [1]
  • Hadid, Zaha [1]; [2]; [3]: [4]
  • Hensel, Michael [1]
  • Herzog & De Meuron [1]; [2]
  • Holl, Steven [1]
  • Hosoya Schaefer architects [1]
  • Ingels, Bjarke [1]
  • Ishigami, Junya [1]
  • Kahn, Louis [1]
  • Kakehi, Takuma [1]
  • Knowcoo Design Group [1]
  • Kokkugia [1]
  • Koolhaas, Rem [1]; [2]; [3]
  • Kudless, Andrew [1]
  • Kuma, Kengo [1]; [2]
  • Lacaton e Vassal [1]
  • Lancio, Franco [1]
  • Libeskind, Daniel [1]
  • Le Corbusier [1]
  • Lomonte, Ciro [1]
  • Lynn, Greg [1]
  • MAB [1]
  • Made In [1]
  • Mau, Bruce [1]
  • MECANOO [1]
  • Melograni, Carlo [1]
  • Menges, Achim [1]
  • Moodmaker [1]
  • Morphosis [1]
  • Munari, Bruno [1]
  • Murcutt, Glenn [1]; [2]
  • MVRDV [1]
  • Najle, Ciro [1]
  • Njiric, Hrvoje [1]
  • Notarangelo, Stefano [1]
  • Nouvel, Jean [1]
  • Ofis [1]
  • Oosterhuis, Kas [1]
  • Oplà+ [1]
  • Oxman, Neri [1]
  • Palermo, Giovanni [1]
  • Pamìo, Roberto [1]
  • Parito, Giuseppe [1]
  • Park, Sangwook [1]
  • Piano, Renzo [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]
  • Piovene, Giovanni [1]
  • Pellegrini, Pietro Carlo [1]
  • Pizzigoni, Pino [1]
  • Porphyrios, Demetri [1]
  • R&Sie(n) (Francois Roche) [1]; [2]; [3]; [4]
  • RARE office [1]
  • Raumlabor [1]
  • Rogers, Richard [1]
  • Ruffi, Lapo [1]
  • Salmona, Rogelio [1]
  • SANAA (Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa) [1]; [2]; [3]; [4]
  • Sandbox [1]
  • Sanei Hopkins [1]
  • Sauer, Louis [1]
  • Schuwerk, Klaus [1]
  • Servino, Beniamino [1]
  • Siza, Alvaro [1]; [2]; [3]; [4]; [5];[6]
  • Soleri, Paolo [1]
  • SOM [1]
  • Sottsass, Ettore [1]
  • Souto de Moura, Eduardo [1]; [2]; [3]
  • Spacelab Architects (Luca Silenzi e Zoè Chantall Monterubbiano) [1]
  • SPAN (Matias Del Campo+Sandra Manninger) [1]
  • Spuybroek, Lars [1]
  • Studio Albanese [1]
  • Studio Albori [1]
  • Studio Balbo [1]
  • StudioMODE + MODELab [1]
  • Supermanoeuvre [1]
  • Tecla Architettura [1]
  • Tepedino, Massimo [1]
  • Terragni, Giuseppe [1]
  • Tscholl, Werner [1]
  • Tschumi, Bernard [1]
  • Uap Studio [1]
  • Uda [1]
  • UN Studio (Ben Van Berkel) [1]; [2]
  • Vanelli, Nildo [1]
  • Vanucci, Marco (Open System) [1]
  • Verdelli, Roberto [1]
  • Vulcanica Architettura [1]
  • Wiscombe, Tom [1]
  • Zoelly, Pierre [1]
  • Zordan, Filippo [1]
  • Zucca, Maurizio [1]
  • Zucchi, Cino [1]
  • Zumthor, Peter [1]; [2]; [3]; [4]; [5]; [6]

Epilogo: Il massimo di diversità nel minimo spazio

Note conclusive sull'inchiesta: