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27 febbraio 2009

...a proposito di bagno di sangue, Postopolis! e il potere dell'architettura...

di Salvatore D'agostino

...bagno di sangue,



Leggendo questo articolo di: Richard Waite, It's a bloodbath': architects savaged by the recession, The Architect’s Journal, 20 febbraio 2009.
Dove si racconta del ‘bagno di sangue degli architetti’, da intendersi come perdita del lavoro, causata dalla recessione economica, resto esterrefatto sull’apparente passività italiana verso questo problema. Forse perché non esistono studi di architettura ben strutturati?
Ne ho parlato, fugacemente, con Daniele A. Diana, architetto Italiano a Londra, che collabora da due anni alla progettazione di uno dei più prestigiosi aeroporti del Medio oriente.

Daniele,
[...]
ti passo questo link: http://www.architectsjournal.co.uk/news/daily-news/its-a-bloodbath-architects-savaged-by-the-recession/1990568.article
Aspetto un tuo cenno.
Saluti,
Salvatore D'Agostino
Mail spedita il 22 febbraio 2009 23.21

grazie Salvatore

Posso solo confermare quello che l'articolo scrive. Credo di averti raccontato che la nostra azienda ha dovuto fare a meno di un centinaio di persone poco prima dello scorso Natale. Studi ancora più numerosi e solidi a livello mondiale come Foster & Partners ha annunciato che sarà costretto a considerare un esubero di quattrocento persone. I progetti vengono sospesi o cancellati settimanalmente ormai da un bel po' di tempo.

Al momento non ho, e non voglio avere, il tempo per preoccuparmi di perdere il posto di lavoro, non ne ho mai avuto motivo da quando ho iniziato a lavorare, più di dieci anni fa, fortunatamente. Ma non è forse vero che non si finisce mai di fare nuove esperienze?
Se dovesse succedere: non mi mancano le risorse, probabilmente dopo un certo sconforto proverei a prenderla come un'opportunità.
Per esempio un amico, a cui è recentemente capitato, ha fatto di necessità virtù: E' stata una benedizione! Mi ha detto. Si è messo a lavorare in proprio. In altre circostanze non avrebbe avuto l'opportunità di pensare ad emanciparsi, forse. È anche vero che è un fortunato: la moglie da alcuni anni lavorava già in proprio per piccole committenze private.
Talvolta sono un po' infastidito dalle notizie che circolano, sembra che vogliano contribuire a seminare il panico (che purtroppo è comunque motivato).
Il Credit Crunch ha dato a molte aziende l'opportunità di effettuare innanzitutto una grossa scrematura: molte delle persone che sono state licenziate, spesso non erano semplicemente produttive, sopratutto rispetto ai loro guadagni.

Sappiamo bene che noi architetti non siamo impiegati delle poste ma liberi professionisti e quindi le nostre prestazioni vengono principalmente valutate secondo diversi criteri: qualità, efficacia, esperienza, attendibilità, skills (ciò che sai fare), e molto altro.... la lista può essere più o meno lunga.
È proprio in virtù della nostra libera professione che dobbiamo anche essere disposti ad accettarne pro e contro.
Rimane comunque il fatto che la crisi è vera. Molti istituti di credito hanno chiuso i battenti. Non ho la competenza per spiegarne i perché o i come, ma, nella sostanza, molti budget sono stati ridotti, dimezzati o spariti del tutto.
Se il committente chiude, l'architetto è a spasso - più o meno bravo.
Un abbraccio.
Daniele.


Mail spedita il 23 febbraio 2009 0.19


...Postopolis!,
caro salvatore
[...]
ti mando un link. dovrebbe interessarti.
http://www.storefrontnews.org/event_dete.php?eventID=88
a presto
louis [Kruger ndr]

Mail spedita il 23 febbraio 2009 0.19


Louis,

grazie per il suggerimento, ho notato che manca un blogger italiano, ma questo è normale dato che assorbiamo sempre in ritardo le innovazioni tecnologiche. Come puoi osservare, i 'blog di architettura' in Italia sono quasi inesistenti, spesso legati a logiche autoreferenziali o trasposte da altri media. Nessuno riesce a sfruttare a pieno le sue potenzialità, recentemente la rivista 'Abitare' ha aperto una pagina simile al forum/blog, interessante perché catalizza il meglio dei suoi scritti/ori, ma non è una voce indipendente.
Il problema principale di tali operazioni è la mancanza di finanziamenti economici. Negli Stati Uniti (come puoi ben vedere dal link che mi hai inoltrato) ci sono due modi per autofinanziarsi: le pubblicità sul sito (i cosiddetti clic per pagina) e le donazioni. In Italia la prima funzione è stata recentemente introdotta, ma premia solo i grandi numeri (accessi sul sito); la seconda non funziona perché le donazioni, culturalmente, si fanno solo per scopi umanitari.
Infine per ottenere facili accessi devi strutturare gli argomenti in modo tale da richiamare i possibili lettori (o guardoni che entrano nel sito e fanno numero) questo è possibile farlo in tanti modi, ma due sono più efficaci: il 'gossip notizia' anche non vera, ma pruriginosa e lo 'scandalo notizia' anche non vera, ma pruriginosa (ripetizione voluta). Anche le notizie alla 'Grillo' sono efficaci perché attirano i 'Troll', ovvero gli indignati del divano, ma questa è un'altra storia.
[...] a presto,
Salvatore D'Agostino

Mail spedita l'8 febbraio 2009 9.57





POSTOPOLIS! parola che coniuga post articolo per i blogger e polis città:


sei blogger da cinque diverse città del mondo ospiteranno una serie di dibattiti, interviste, presentazioni, pannelli, colloqui sull’approccio interdisciplinare e informale della blogosfera e la loro influenza sull’architettura.

Ecco gli invitati:
ArchDaily (English) & Plataforma Arquitectura(Spanish), David Basulto (Santiago, Chile);
BLDGBLOG , Author: Geoff Manaugh (San Francisco);
City of Sound , Author: Dan Hill (Sydney, Australia);
Subtopia , Bryan Finoki (San Francisco);
Mudd Up! , Jace Clayton (New York);
We Make Money Not Art, Regine Debatty (Paris, France).

...il potere dell'architettura...
Emanuele,
interessante vorrei linkarlo sul mio blog nella rubrica ...a proposito di…
Ti faccio una domanda con cui dopo costruisco il post, basta solo una tua risposta:
Così Vitruvio introduceva il suo lavoro, nonché il primo trattato sull’architettura ‘De Architectura’: «Fino a quando il tuo spirito divino e la tua volontà, o Cesare Imperator, erano impegnati a conquistare il dominio sul mondo e i tuoi concittadini, ormai abbattuti i tuoi nemici tutti grazie al tuo invincibile valore, traevano vanto dal tuo trionfo e dalla tua vittoria e tutte le popolazioni sottomesse stavano in attesa di un tuo cenno e il popolo romano e il Senato liberati dalla paura cominciavano a farsi guidare dai tuoi disegni politici e dalle tue decisioni altamente autorevoli, non osavo, in mezzo a situazioni così impegnative, pubblicare quanto sull'architettura avevo già scritto e le idee cui avevo dato sviluppo dopo lunghe riflessioni, trattenuto com'ero dal timore di andare incontro alla tua irritazione, disturbandoci in un momento poco opportuno.
Quando notai però che tu non ti prendevi cura soltanto della vita pubblica della comunità e dell'organizzazione dello stato, ma anche dell'opportunità di dare sviluppo all'edilizia pubblica, in modo tale che per opera tua non solo lo stato risultasse accresciuto grazie alle nuove province, ma la grandezza del potere si manifestasse anche nello straordinario prestigio degli edifici pubblici, ritenni di non dovere lasciare passare la prima occasione per pubblicare, dedicandoli a te, quei miei scritti sull'argomento in questione, e la ragione prima era che in relazione ai miei interessi in questo campo ero stato conosciuto da tuo padre ed ero stato un ammiratore del suo valore.»… (Vitruvio, De Architectura, Libro I, Einaudi, 1997, p. 11.)

Mail spedita il 25 febbraio 2009 19.14

Emanuele Piccardo: Vitruvio ben rappresenta questo rapporto tra l'architetto e il potere, quando afferma di non voler irritare Cesare con le sue riflessioni d'altronde è un rapporto antico quello di cui discuteranno gli ospiti che ho invitato a Genova il 5 marzo. Si discuterà, appunto, sul tema Architettura e Potere, una riflessione necessaria dopo le recenti vicende giudiziarie che hanno coinvolto alcuni progettisti italiani con ruoli importanti, ma non si personalizzerà anzi si cercherà di esprimere un pensiero critico attraverso uno sguardo multidisciplinare sul rapporto architettura-affari-politica. Architettura intesa come rappresentazione fisica di un potere dominante: economico e politico. Alla luce della recente crisi economica che ha generato architetture di carta, in assenza di un progetto politico di città, qual è il ruolo che deve assumere l'architetto? Ha ancora senso che l'architetto sia il portavoce del mercato? Ha ancora senso parlare di etica nel fare architettura?
Una discussione tra Stefano Boeri/direttore Abitare, Massimo Ilardi/sociologo urbano, Enrico Arosio/L'espresso, gli architetti Tommaso Principi e Paolo Brescia fondatori di OBR, Giovanni Caudo/urbanista, Fabrizio Violante/critico cinematografico.

Mail spedita il 25 febbraio 2009 19.32

Architettura e Potere: Genova, 5 marzo 2009 ore 17

27 febbraio 2009 (Ultima modifica: 9 giugno 2010)


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N.B.: La vignetta di Dilbert mi è stata suggerita da Damiele Diana.

19 febbraio 2009

0021 [MONDOBLOG] 41 verticale: Architetto senza tetto

di Salvatore D'Agostino
intervista prima e seconda parte


«Venuto meno il ruolo di alfabetizzazione delle grandi ideologie politiche, l'Italia non è ritornata al silenzio. Al contrario. E bisogna proprio essere Arbasino per vedere in questo impulso alla presa di parola soltanto fracasso, volgarità e mugolii da Zombi.
Che ci sono, eccome, ma la democrazia non è un pranzo di gala, e non c'è nulla di più sterile che avere orrore del basso, perché basso è ciò che d riguarda tutti e alto è solo l'uso che ne facciamo.
Che tutti possano parlare, e lo facciano, è un bene di per sé.
L'errore speculare è però pensare che basti. A nessuno piace stare a sentire sciocchezze, e non a caso in Italia si parla molto ma si ascolta poco.
Le opportunità non colte sono trappole mortali. Un buon esempio è la straordinaria diffusione dei blog, dei forum, dei diari in rete, dei siti di discussione in cui si esprime la nuova sfera pubblica: una grande potenzialità, talora sfruttata, più spesso sprecata - ma è un mezzo ancora giovane. Nel bene e nel male, l'Italia di oggi assomiglia molto a un enorme blog. Una micro-fenomonolgia della blogsfera può offrirci un ritratto fedele, anche se parziale, del nuovo spirito pubblico italiano: non tanto dei suoi temi ma piuttosto del suo stile, delle attitudini comunicative e delle tonalità affettive attraverso cui si caratterizza e si costituisce.
Un ritratto, più che dell'Italia com'è, di come può – rischia e spera-di essere».1 (Daniele Giglioli)


Questo è stato ed è lo scopo della rubrica mondoblog, aperta nell'aprile 2008 su Wilfing Architettura. Attraverso lo strumento dell'intervista, snellita dalla sua deriva vip/star/personaggio, s'intrecciano storie, ricerche, speranze, illusioni e appunti legati al mondo dell'architettura.

Dopo nove mesi e quasi nove dialoghi non ho elementi sufficienti per fare un'analisi approfondita o il ritratto accennato da Daniele Giglioli, comunque una considerazione mi sento di farla: il panorama dei 'blogger architetti' non è così ricco e autorevole come si possa immaginare, un raffronto con i blogger inglesi, americani, francesi e spagnoli non è ipotizzabile. C'è da chiedersi perché gli architetti italiani, avendo uno strumento a disposizone così semplice e accessibile, non lo utilizzino?

Questo non è un blog divertente o superficiale, perché gli Architetti senza tetto, amano l'ironia e si sa che quest'ultima non è sempre facile da capire. L'ironia è come Giano, possiede due facce e spesso, come in questo caso, la parte nascosta rileva, più di qualsiasi 'dotto' saggio, lo stato attuale dell'architettura in Italia, che sembra persa tra le patinate fotografie dell'architettura 'IN' ed incapace a leggere la realtà di uno dei tanti studi di architettura che si confronta con l'architettura 'OUT' cioè quella più verace e viva.
Ecco alcuni post senza tetto:
19 febbraio 2009 (modificato il 25 maggio 2010)
Intersezioni ---> MONDOBLOG
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Note: 
1 Daniele Giglioli, Blog Italia, Abitare, n. 488, p. 83-84.

15 febbraio 2009

0028 [SPECULAZIONE] L'archistar è in crisi

di Fulvio Irace


Pubblico un articolo di Fulvio IraceL'archistar è in crisi, Domenicale del Sole 24 Ore, 15 febbraio 2009, p. 35.

   Sarà ricordato come l'11 settembre della super-architettura, il 9 febbraio 2009? Come il fuoco delle vanità dell'architettura iconica del nuovo millennio? Impazzano su Youtube i video dell'incendio che ha devastato parte di uno dei simboli della Pechino olimpica, il Cctv di Rem Koolhaas. Crollano le borse, crollano i consumi e neanche le archistar stanno tanto bene. Parafrasando Woody Allen, Rem Koolhaas - il profeta nero dell'iperarchitettura del supercapitalismo - ha annunciato la Götterdämmerung degli architetti nell’era della recessione globale e con una dose di autoironia al limite della faccia tosta ha annunciato al pubblico del Renaissance Theater di Berlino (sold out per l’occasione della sua Berliner Lektion ai primi di febbraio) il crollo dell’«YES regime», il regime dominato dallo yen, dall’euro, e dal dollaro e, come il presidente Obama, l'avvento di una nuova era.

   Brillante copywriter di termini che hanno sostituito Vitruvio nel gergo degli architetti - junk space, manhattanism, generic city -, il guru olandese: non ha rinunciato al piacere del colpo di scena, mettendo alla berlina i suoi colleghi più famosi. Libeskind, Gehry, Zaha Hadid, Paul Andreau, Calatrava. Dall'arma del ridicolo non si è salvato nessuno, con la sola eccezione dello stesso Koolhaas, che, con l'abile; mossa del cavallo, ha dato scacco matto cambiando la casacca e lanciando una nuova parola d'ordine generic architecture.

   Che cos'è l'architettura generica? Inutile rincorrere astrusi significati filosofici, basta rivolgersi alla esperienza di consumatori. Come i farmaci generici hanno sconfitto i medicinali griffati proponendo la funzionale semplicità della molecola di base, l’architettura generica è quella che riscopre la funzione e in fondo il buonsenso oltraggiato dalle stravaganze della moda e dalle pressioni del mercato. Una rivoluzione che sa di antico. Fa senso sentire il teorico dello shopping=urbanistica, teorizzare la necessità della funzione come negli anni duri del tanto vituperato modernismo del XX secolo e turba non poco il clamoroso voltafaccia del cantore della globalizzazione che ha voluto intitolare la sua lecture addirittura l’«Architettura delle differenze». Ripudiando lo slogan «fuck the context» cui negli anni 90 dedicò pagine e pagine di pensose meditazioni. Koolhaas ha sostenuto la necessità di ascoltare il passato affidando il commento visivo alle sue parole al progetto in corso per la sistemazione del complesso dell’Hermitage a San Pietroburgo. Certo il “generico” dell’olandese è ancora troppo esotico per il gusto del pubblico generico e alcune soluzioni pensate per il Museo sembrano solo la versione aggiornata di un’avanguardia che ricopre le sue radici formali. Meglio dei veli metallici di Perrault per il teatro Puskin, però e sicuramente più discreto nella scelta di operare solo all'interno, lasciando inalterati i contenitori storici e lo spazio urbano. Niente effetto Bilbao insomma e per una volta la città si prende la sua rivincita contro la logo-architecture.

   Forse ha ragione il critico del «Times» - Nikolai Ouroussoff (sic) – quando scrive che la recessione non ucciderà la professione. La renderà anzi più necessaria e veritiera, lasciandola in culotte e spogliandola delle inutili pailettes. La spingerà forse a ridefinire i suoi obiettivi rendendola consapevole del suo ruolo sociale, quindi dei suoi limiti e dei limiti delle risorse. La lezione di Koolhaas nella patria del Moderno può essere dunque un buon segnale: a patto però che si accompagni a un'autocritica evitando il rischio di un ennesimo escamotage intellettuale. Qualcosa simile al famoso paradosso di Maria Antonietta all'incontrario: «non hanno brioches, allora dategli il pane!»

15 febbraio 2009

Video incendio Cctv di Rem Koolhaas a Pechino:


Video progetto Cctv di Rem Koolhaas:

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Note:
E-mail di contatto:

Gentile Fulvio Irace,
ho letto il suo recente articolo sul 'Sole 24 Ore', L'archistar è in crisi.
Vorrei pubblicarlo sul mio blog dedicato all'architettura.
Le chiedo, a tal proposito, la sua autorizzazione.
Cordialmente,
Salvatore D'Agostino.
Inviato: Domenica 15 febbraio 2009 14.54 

si certo usalo pure.
saluti e auguri per il tuo blog.
Fulvio Irace
Inviato: Domenica 15 febbraio 2009 17.16

10 febbraio 2009

0027 [SPECULAZIONE] Monito di Stefano Boeri sull'EXPO 2015

Per Stefano Boeri ci sono segnali preoccupanti sul successo o meno della prossima EXPO, che si terrà in Italia a Milano nel 2015.1

Per il direttore di Abitare, il tema dell'EXPO, l'alimentazione, deve, non solo essere manifesto all'interno dell'area di esposizione, ma quest'idea si deve leggere in tutta Milano: «serve un’agricoltura plurale, promossa da politiche urbane plurali. Serve una nuova cintura di agricoltura estensiva che - se unita con i boschi, i parchi e le aree di rinaturalizzazione - potrebbe ridisegnare il perimetro della città ed evitarne ogni ulteriore espansione; ma ci serve anche un’ “agricoltura a chilometro zero” per dare un senso alle migliaia di piccole porzioni di spazio vuoto che costellano la grande città diffusa del nord Milano.»2
Analizzando il fallimento della precedente EXPO tenutasi nel 2008 a Saragozza e il cambiamento culturale del 'turismo globale', Boeri, individua tre coppie di priorità, invitando gli interlocutori ad abbandonare beghe istituzionali o politiche per iniziare un percorso virtuoso ed evitare il fallimento dell'evento.
Ecco la ricetta:
  • Prima coppia di riflessione: integrare le aree agricole con le aree urbane. Milano potrebbe diventare la prima metropoli a inglobare nel tessuto urbano, l'agricoltura, grazie alle distese coltivazioni ancora attive che lambiscono la cintura urbana.
  • Seconda coppia di riflessione: la ricchezza alimentare portata dai migranti deve essere diffusa nel suo territorio in modo da legare il concetto di accoglienza con la ricchezza alimentare. Idea simile al milanese gastronomo Allan Bay: la tradizione è meno ricca delle commistioni gastronomiche rintracciabili nella cucina dei migranti. [Inciso: Capire che la diversità culturale può migliorare la nostra fragile democrazia, per me, resta una grande sfida.]
  • Terza coppia di riflessione: l'architettura si deve confrontare concretamente con la sostenibilità e quindi con la democratizzazione, cioè la condivisione d'idee. A tal proposito invita a leggere il proclama di Jeremy Rifkin "Rivoluzionare l'architettura"3.

«Invece che litigare su chi guiderà l’Expo’, bisognerebbe mettersi a discutere con grande serietà e urgenza di queste tre coppie di grandi questioni. Perché se vogliamo aiutare Milano a accendere una luce inconfondibile nella geopolitica dei prossimi anni, dobbiamo realizzare una sola e grande condizione: che la nostra città riscopra quei valori di coraggio politico e di generosità sociale senza i quali l’ Expo’ del 2015 rischia di diventare l’ennesima sfilata delle nostre (mediocri) vanità.»4

Area destinata all'Expo del 2015

L'urbanistica, cioè la scienza della città, è una disciplina di recente formazione, nata da riflessioni igienistiche più che architettoniche. Ma fu Le Corbusier a sostenere il cambiamento radicale della città e teorizzò l’idea ecologica nell’architettura, «Il tetto-giardino restituisce all'uomo il verde, che non è solo sotto l'edificio ma anche e soprattutto sopra.»5
Il moderno è imbastito di ecologia.
«Per allontanare l'angoscia per il futuro, da tempo, la produzione architettonica si trova così accompagnata a una ideologia ambientalista attraverso cui prova di colmare lo scarto apertosi tra il fallimento del modello di sviluppo capitalistico e la presa di coscienza delle responsabilità collettive e individuali, cosicché stiamo assistendo all'affermarsi di una irrituale "naturalizzazione" dell'architettura che oltrepassa gli aspetti di ecocompatibilità e biosostenibilità in rapporto all'ambiente prima ricordati6 e che ha, nella maggior parte dei casi, come effetto immediato quello della "sparizione" dell'oggetto architettonico, quest'ultima motivata dal condiviso rifiuto collettivo di un mondo costituito da manufatti.»7
Per Francesco Rephisti l’ossimoro green architecture
è un pensiero debole per «sanare i nostri sensi di colpa e la volgarità attuale. Per ora nulla di più.»8 (Questo insieme di paradigmi ecologici li troviamo condensati nella torre manifesto di Stefano Boeri “Bosco verticale”).
Bisogna superare quest’ambiguità, abbandonare le 'strategie' ecologiche perché è la città che deve conquistare il verde e non l’architettura. Capire che l’idea più genuina dell’ecologica è poter: «Elevare l’improduttività fino a conferirle dignità politica.»9. Lezione da apprendere dal giardiniere Gilles Clément»10
Perché, se continuiamo ad osservare l’area progettuale/città nella sua peculiarità più emblematica a volo di uccello o googliana satellitare con il vecchio concetto speculativo/architettonico ritorniamo a sbagliare rifugiandoci nella stupidità del moderno: consumare.
«Istruire lo spirito del non fare così come si istruisce lo spirito del fare.»11
Del monito di Boeri non si può non condividere lo sprono verso una città e una nazione che si è dimenticata di riflettere e agire, per chiudersi nelle piccole idee di uomini di potere che per primeggiare amano confrontarsi con il peggio. Una pratica, ahimè, non esclusiva della storia recente.
Alberto Arbasino nel 1980 scrisse un libro dal titolo “Un paese senza” racconta 'Italia degli anni settanta prossima ai «misteriosi anni ottanta»10. Il suo racconto non è filologico ma prosegue per benjamiani frammenti. L'Italia si sfrangia. L'incipit è un gioco letterario, amato anche da Carlo Emilio Gadda, l'elenco caotico, eccolo:

«Un Paese senza memoria collettiva: con perdita generale e capillare di sapere collettivo, storia collettiva, realtà collettiva, conoscenza collettiva?
Un Paese senza « presa di coscienza » nei confronti della propria antropologia, con un rigetto deciso delle proprie attitudini; e un rifiuto diffuso di riconoscere i propri Corsi e Ricorsi Storici nell'atto stesso di viverli o riviverli come Tragedie che si replicano come Farse o viceversa?
Un Paese onirico senza nessi con la realtà né rapporti con l'esistente, senza resistenza ai <> nell'immaginario, voltando le spalle a se stesso, liberando forze o fissando energie soprattutto in sperperi ideologici e/o desideranti e/o bovaristici, senza volersi render conto che anche troppo spesso « tutto questo è già accaduto », e accaduto magari identico, proprio l'Inopinato di oggi, nel passato italiano, nel vissuto locale, e più volte, secondo schemi assai simili, ripetitivi e coatti, con varianti (tutto sommato) minime: la violenza, la ferocia, la volubilità, l'irresponsabilità, l'intolleranza, l'arroganza, il discorso teorico, il dibattito astratto, la asocialità, l'aggressività, la superficialità, la leggerezza, la conflittualità, la criminalità, la volgarità, la villania, l'incompetenza, la ladreria, il banditismo, il teppismo, la vivacità, la luttuosità, la furberia, lo scetticismo, il cinismo, il melodramma, la canzonetta, l'opportunismo, il trasformismo, il machiavellismo, il dannunzianesimo, il birignao, l'imbroglio, la cosiddetta arte d'arrangiarsi, il presunto dolce far niente, l'incoerenza nei conformismi, gli scontri stradali, le lotte giovanili, i conflitti corporativi, l'alterco fra minoranze concorrenti, la rivendicazione di privilegi a spese d'altri, l'inventarsi deleghe mai conferite, l'inconsistenza e incostanza nelle prese di posizione, la smania di teatralità e di processioni, l'ingordigia di apparati circensi, le energie vitalistiche buttate in manifestazioni tombali e funebri, lo snobismo di massa, la capricciosità del Principe e dei principii, la prepotenza e l'indolenza pubbliche e private, l'incertezza e vaghezza del diritto e della giustizia, la superficialità camuffata da seriosità, la smorfiosità e noiosità del pedantismo accademico, il latino rum dell'Azzecca-garbugli e il prestigio curiale che l'accompagna, i <>, i <>, le case trasformate in fortilizi, i potenti barricati dentro, i sicari sulla porta, il brigantaggio, le bande, le minacce, le vendette, gli agguati, i rapimenti, i ricatti, l'armarsi, il rinchiudersi, il far prigionieri, l'industriosità e laboriosità nel fabbricare strumenti di morte e poi usarli, le guerre sbagliate, le battaglie costose, le <> deliranti, le speculazioni insensate, gli investimenti rovinosi, la riluttanza a ogni previsione, la dissimulazione sistematica, le commozioni ridicole, l'incoscienza anarchica, il provincialismo autarchico, il prender sul serio sciocchezze, il linguaggio alienato dalle cose, il « volerla sapere più lunga » di chicchessia a ogni costo, la <> omnium contro omnes, l'insofferenza per qualunque <> altrui, l'ingordigia di volersi imporre con la repressione e l'oppressione, le risse di marciapiede e gli avversari di quartiere riconosciuti e combattuti per il colore degli abiti o per il taglio dei capelli... la vaghezza nelle faccende più importanti e la sopraffazione anche nelle cose marginali e minime...»13


Leggi su Wilfing Architettura: oo17 [CITTA'] Per Stefano Boeri Milano può rischiare di vedere sorgere favelas e slums.

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1
Stefano Boeri, Milano deve cominciare a riflettere sull'EXPO' 20015, Abitare Featured, 6 febbraio 2009
già pubblicato su: Stefano Boeri, Perché 29 Milioni di Visitatori dovrebbero venire a Milano per l' Expo?, Corriere della sera, 27 settembre 2008. Articolo di Tito Boeri
2
Stefano Boeri, op.cit.
3
Jeremy Rifkin, Rivoluzionare l’architettura Un proclama per affrontare la crisi energetica globale e i cambiamenti climatici pubblicato su Abitare, n. 486, ottobre 2008. Su Abitare Featured, 6 febbraio 2009

4
Stefano Boeri, op.cit.
5
a cura di Willy Boesiger, Le Corbusier, 2. ed., Bologna, Zanichelli, 1991.
6
«Accanto a una pratica architettonica sincera e positiva che ricerca e applica ogni forma di salvaguardia, rinuncia, autolimitazione e atteggiamento parsimonioso, il "naturale", "il risparmio energetico" o il "bio" sono così apparsi anche come un'arma in più al servizio dell'edilizia, alla quale oggi niente è più negato se occultato o ingentilito o scambiato per un intorno verde o un camouflage vegetale. Inoltre, come documentano gli esempi più recenti, l'architettura e l'urbanistica, sostenute dal nuovo paradigma ecologico, sembrano aver sposato la causa del verde anche per una incapacità nell'affrontare e risolvere alcuni luoghi urbani, ricorrendo così al paesaggismo come agente di rigenerazione urbana.» Francesco Rephisti, Green Architecture, Oltre la metafora, Lotus, n. 135, 2008, p.34.
7
Francesco Rephisti, Op. cit., p.34.
8
Francesco Rephisti, Op. cit., p.37.
9Gilles CLément, Manifesto del terzo paesaggio, Quodlibet, 2005, p. 63.
10Letture consigliate, libri tradotti in Italia: Gilles CLément, Manifesto del terzo paesaggio, Quodlibet, 2005 - Gilles Clément, Il giardiniere Planetario, 22 publishing, Milano, 2008a cura di Alessandro Rocca, Gilles Clément. Nove giardini planetari, 22 publishing, Milano, 2007.
11Gilles Clément, op. cit., p. 59.
12
Alberto Arbasino, Un paese senza, Garzanti, 1980, quarta di copertina.
13
Alberto Arbasino, Un paese senza, Garzanti, 1980, pp. 7-8.

4 febbraio 2009

0002 [BLOG READER] Notizie sullo stato dell'architettura in Italia

«E strano: crediamo di sapere tutto sull'ultimo concorso di Berlino o sulle Olimpiadi di Barcellona ma siamo sempre più imbarazzati a soddisfare la curiosità di chi ci chiede notizie su Milano. Dipenderà di certo dalla loro maggiore trasparenza, mentre da noi le cose più importanti non si vengono a sapere. Di fatto, per paura di fare brutte figure, diciamo sempre più spesso che non succede niente. Ancora adesso, se mi chiedono chi ha progettato le torri di Ligresti a Milano non so rispondere se non azzardando un'analisi alla Morelli; posso dire, deducendo dai dettagli: forse lo studio BPR (sic), ormai ridotto al solo attempato Belgioioso. Ci comportiamo nello stesso modo di chi lamenta che non ci sono più romanzi in letteratura.»
[…]
«Non bisogna pensare ingenuamente che negli altri paesi l'architettura goda di ottima salute: non siamo i soli ad avere problemi, condividiamo i drammi epocali con il resto del mondo, e i fenomeni di degrado osservati nel nostro territorio sono soltanto un frammento della rovina generale, anche se da noi non c'è altro. E poi hanno proporzioni colossali. Tuttavia esiste un'anomalia italiana, che consiste innanzitutto nella difficoltà a dar conto della situazione.»
[…]
«Così il problema della corruzione pone domanda che supera le altre: che cosa ha reso possibile che non si aprisse il fronte della denuncia? E ancora: perché nessuna reazione seria da parte della cultura architettonica?»1 (Pierluigi Nicolin - 1994)

Pierluigi Nicolin fu invitato ad una riflessione su 'Tangentopoli' e scrisse un piccolo saggio ponendosi una domanda: «Tangentoli è premoderna, moderna o postmoderna?»2
Dopo quindici anni le riflessioni di allora appaiono immutate, architetti incapaci di opporsi alla corruzione e spesso complici di azioni speculative.

Questo blog reader inizia con una lettera di Stefano Mirti inviata al direttore della rivista Abitare, Stefano Boeri, in conseguenza del Caso Casamonti nella quale pone una domanda: «Perché su “Abitare” non promuovete un dibattito vero sulle nuove modalità di rapporto tra soggetti pubblici e soggetti privati? »
E si chiude con l’editoriale di Stefano Boeri conseguente a quest’invito.

La professione in Italia - Una discussione aperta sulla professione in Italia | Abitare Featured ---> 14 dicembre 2008
Abitare ha aperto uno spazio simile ad un blog: Abitare Featured. In un post vi è una lettera di Stefano Mirti che invita la direzione di ‘Abitare’ ad aprire una discussione seria sull'essere architetto in Italia, lo spazio dei commenti è stato congestionato e per motivi redazionali al centesimo è stato sospeso.

Racconto del primo dell'anno. Autobiografia dei luoghi | Luoghi sensibili ---> 1 gennaio 2009
Fabio Fornasari c'invita a camminare nei luoghi con l'attitudine a stupirsi perché: «per ascoltare un luogo “… basta un po (sic) di fantasia e di bontà…”»

Il caso Casamonti | presS/Tletter ---> 2 gennaio 2009
La presS/Tletter cambia aspetto e la sua homepage diventa più dinamica simile ad un blog, con continui aggiornamenti, unica differenza la mancanza dei commenti.Il critico Luigi Prestinenza Puglisi parla del caso Casamonti, mette da parte la vicenda giudiziaria e analizza la strategia dell'architetto per diventare una star del sistema e chiama in causa Paolo Portoghesi, Franco Purini e Stefano Boeri.
Il 20 gennaio 2009 Stefano Boeri risponde adirato: «Non puoi giocare così con la credibilità di altri. (sic) e la stessa cosa, se mi permetti, vale per Purini.»
Il 27 gennaio 2009 e la volta di Franco Purini anch'esso stupefatto: «Trovare il mio nome in un articolo nel quale si parla di “giochi di potere” e di “opportunismo” mi ha sorpreso.»

N.B.: Da queste osservazioni è evidente che in Italia il conflitto d'interesse è molto più ampio di quello che si possa immaginare. Ho la sensazione che si preferisce sempre il sistema oligarchico in modo tale che: «le cose più importanti non si vengono a sapere.»3

Maniera | PEJA TransArchitecture research ----> 2 gennaio 2009
Peja e Valerio dialogano sulla Torre all'EUR di Franco Purini, Purini teorico, Valle Giulia, studenti passivi, studio e dei progetti alla 'Maniera' di Zaha Hadid o Steven Holl.
Tra i commetattori troviamo l'architetto Franco Purini:
«Gentile Marco Alcaro
le chiarisco che il mio rapporto con l’università è a tempo limitato.
Franco Purini»

La finestra Rotta su internet * Does the broken windows theory hold online? | Internazionale * KOTTKE ---> 9 gennaio 2009
Ricordate le finestre rotte! Jason Kottke un designer e blogger newyorchese prende spunto dalla teoria della finestra rotta per parlare della gestione di un blog: «Una pagina disordinata, confusa e piena di banner e di pubblicità è una mancanza di rispetto nei confronti del lettore, che di conseguenza ha una minore predisposizione a una partecipazione civile o moderata.»

Basta con la storia pulp della fuga dei cervelli | Il primo amore ---> 19 gennaio 2009
Giuseppe Caliceti: «L'articolo sulla "Fuga dei cervelli" fa ormai parte di un genere letterario delle terze pagine dei giornali nazionali. E' un articolo che va bene per tutte le stagioni. Io, ormai, quando leggo 'sti articoli mi immagino proprio questa massa cerebrale spappolata che corre via su millepiedi. Diciamo la verità: gli articoli sulla "Fuga dei cervelli" hanno rotto... [...] Non è forse meglio che certi "talenti" operino dove il contesto sociale, culturale e scientifico è migliore?»

N.B.: Condivido e rimando alla rubrica su Wilfing Architettura 'Fuga di Cervelli' un'indagine sulla migrazione degli architetti.

Jan Kaplicky | Rosy e Filippo da Londra su Professione Architetto ---> 22 gennaio 2009
Il 14 gennaio 2009 è morto Jan Kaplicky architetto e fondatore della Future Systems il ricordo delicato di Filippo, architetto italiano e suo collaboratore: «Jan mi chiese di come andavano le cose e si accerto' che io fossi felice in studio con il mio lavoro. Per la prima volta mi fece i complimenti per tutto quel che avevo fatto fino a quel momento e poi disse qualcosa che mai scordero'.....ma quello lo portero' dentro di me. Un piccolo segreto tra me e il vecchio Jan».


Il giorno della memoria a Monaco | Der Pilger (Il Pellegrino)---> 27 gennaio 2009
Memoria dal vivo.

«
E' per questo che dico che il giorno della memoria andrebbe eliminato e i campi chiusi, perche' fungono da alibi. Mantere la memoria significa evitare i pericoli, significa riconoscere le stesse situazione e a cambiare il corso degli eventi, significa evitare di commettere gli stessi errori.
Se non si riconosce che anche oggi, anche adessso si stanno commettendo dei piccoli olocausti, con modalita' e simboli diversi ma sempre con lo stesso atteggiamento, quello che de-umanizza la gente, allora che senso ha ricordare?
»

Lo spazio crea la società | Abitare Featured ---> 3 febbraio 2009

Pubblicato anche on-line l’editoriale di Stefano Boeri sul numero di Abitare, n. 489, febbraio, 2009. Soffusamente dedicato al caso Casamonti, per il direttore in Italia si rischiano tre voragini:

«La prima potenziale voragine è dovuta al rarefarsi nel nostro Paese di amministratori locali che svolgano seriamente una funzione di rappresentanza istituzionale degli interessi collettivi.

[…]

La seconda voragine, conseguente alla prima, corrisponde all’alzarsi nella nostra professione della soglia di tolleranza nei confronti di comportamenti non deontologici o addirittura illeciti.

[…]

Del resto, il terreno su cui matura questa tolleranza eccessiva è anche la scarsa consapevolezza che la nostra professione ha una implicita funzione critica rispetto allo stato delle cose. Questa dimenticanza è una terza voragine. Perché ogni contatto tra ricerca e professione, tra didattica e professione, tra media e professione, rischia di essere equivocato in assenza di una forte intenzionalità critica. »

Infine invita gli architetti a recuperare il significato civile del fare architettura.


N.B.: Il direttore dimentica di indicare la strada per avviare una profonda analisi sullo stato dell’architettura. Credo che la sola coscienza civile non possa bastare e temo che il suo sia un editoriale come atto dovuto. Letto con riserva.


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1Pierluigi Nicolin, Notizie sullo stato dell'architettura in Italia, Bollati Boringhieri, Torino, 1994.
2
op. cit.

3op. cit.