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27 giugno 2008

Il fotografo Carlos Freire e l'arte dell'incontro

Dialogo con il fotografo brasiliano Carlos Freire (Rio de Janeiro, 1945; vive a Parigi) e la sua vita itinerante

Salvatore D'Agostino: Una domanda che ho sempre voluto fare ad un fotografo: qual è stata la sua prima macchina fotografica?

Carlos Freire: La mia prima macchina fotografica era una Yashica, una giapponese, era stata comprata da mio padre ed io l’ho usata per tanti anni. Per un periodo non ho fatto fotografie, perché ero giornalista. A ventitré anni ho comprato una Pentax e ho cominciato a fare fotografie; in seguito ho usato una Leica, Canon; e attualmente una Nikon.

SD: Com’è avvenuto il passaggio da giornalista a fotografo?

CF: Il passaggio è stato semplice, io sono venuto in Europa per quattro mesi e per vivere ho fatto una scelta, il giornalista che ho continuato a fare per due anni. Dopo sono passato alla fotografia, perché la fotografia era più vicina, alla mia sensibilità. Scrivere in un’altra lingua è molto complicato, fotografare da un paese all’altro non tanto. Si aggiunga che la mia formazione era da autodidatta, la formazione di una persona che andava per musei per vedere la pittura. Inoltre, a Rio De Janeiro, avevo poi un cineclub dove ho visto tutti i film di Bergamn, Rossellini, Pasolini, Visconti, Antonioni e questo mi ha molto impressionato.

SD: I suoi primi reportage?

CF: Il primo, Stati Uniti 1973 a Miami in Florida, è stato fotografare una convention repubblicana all’interno di un impianto sportivo di Richard Nixon.
In seguito ho seguito tutta la contestazione, tutto quello che era contro Nixon Quella è stata la mia prima volontà di scrivere qualcosa con la luce, con la forma e con l’evento, in quel caso con l’evento.

SD: Vedendo la sua mostra, ho percepito l’aurea di alcuni fotografi come
Robert Capa, Henri-Cartier Bresson che hanno avuto un rapporto sociale con la fotografia, lei si ci ritrova come compagno di viaggio?

CF: Non sono in questa compagnia perché sono bravissimi e grandissimi fotografi, no. Io penso che il mio progetto, la mia traiettoria è singolare perché ho fatto i conti con le persone che ho conosciuto che non sono celebrità, ma gente con talento e valori riconosciuti. Ho avuto la possibilità di fare questi ritratti di gente e di luoghi.

SD: La fotografia che mi ha colpito è il ritratto di Samuel Beckett, credo che racconti il carattere della sua opera. Lo ha mai incontrato?

CF: I tre incontri avuti con Beckett erano sempre quasi silenziosi, lui parlava pochissimo, ma gli piaceva il fatto che ero brasiliano e che potevo raccontare qualcosa del Brasile. Per me la sua era una presenza più intellettuale. Lui era come un santo. Fuori da ogni movimento letterario e dai saloni letterali. Era sempre concentrato nel suo lavoro e la sua visione del mondo.

SD: Che cosa rappresenta per lei la fotografia?

CF: Per me la fotografia è la volontà d’incontrare l’altro, di vedere dove vive, il suo paese, la sua cultura. Come quando sono andato ad
Aleppo in Siria per fare un libro con il poeta Adonis e ho visto questa civilizzazione della Mesopotania che è straordinaria. Lo stesso quando sono andato in Egitto, in Alessandria, in Giappone a Genova, in Sicilia, a Napoli, è sempre un preteso per vedere e vivere con questa gente che ha lo stesso Dio.

SD: Negli ultimi due anni sta facendo un lavoro in Sicilia. Che cosa le sta raccontando quest’isola?

CF: Io non racconto niente, io vedo e scatto la fotografia, il resto spetta a voi che vedete che guardate le mie fotografie. Nella mostra ci sono dieci fotografie ambientate in Sicilia: la processione dei misteri di Trapani; un paesaggio di Trapani; la festa di San Paolo a Palazzolo Acreide; una giovane madre di quattordici anni a Palermo che mi ha colpito perché era una bambina già con una figlia; un tramonto a Segesta; un paesaggio di Morgantina con due anziani; Lucca Sicula; Cefalù; le catacombe dei Cappuccini a Palermo. Queste sono visioni, ma non racconti. La Sicilia è un paese ricchissimo di cultura, di tradizione, di modernità, e il popolo siciliano è un popolo che è stato invaso e conquistato da spagnoli, arabi, francesi, greci, romani, tutti sono stati qui, e da queste unioni di culture diverse, da queste stratificazioni è nato un popolo che oggi ha una cultura mediterranea ricchissima. Io non posso venire qui e dire: vado a fare un libro sulla Sicilia. Non si può. Il mio intento è dare una visione poetica di questo paese.

SD: Il suo approccio non è…

CF: E’ irrazionale. Non si può essere razionali, accademici, nel mio libro con Vincenzo Consolo non c’è e non si trova un riassunto della storia siciliana.

SD: Ci racconta l’incontro con Vincenzo Consolo?

CF: E’ avvenuto a Parigi da un amico che si chiama
Fortunato Tramuta proprietario della più importante libreria italiana a Parigi, che si chiama Tour de Babel. Lui mi ha fatto incontrare il suo amico Vincenzo Consolo, perché sapeva che io volevo fare un libro sulla Sicilia e così è nato il progetto, questo tre anni fa.

SD: Lei ama incontrare la gente che secondo lei hanno uno spessore, un ‘valore’: Marguerite Yourcenar, Roland Barthes, Francis Bacon, Orson Welles e tant’altri. Lei vive a Parigi, ma dove sono avvenuti questi incontri?

CF: Francis Bacon a Londra, Marguerite Yourcenar a Londra, ma sono andato anche a trovarla negli Stati Uniti e vista a Parigi, Bill Brandt a Londra, André Kertèsz a New York a casa sua, Tina Modotti a casa sua. Io sono andato da tutte le parti. Parigi è il mio centro di partenza, il chilometro zero. Da lì parto verso la Siria, l’Egitto, il Giappone per ritornare sempre nel mio chilometro zero.

SD: Essendo brasiliano lei ha vissuto l’evento della costruzione e inaugurazione della capitale ‘
Brasilia’?

CF: Sono nato a Rio De Janeiro, ma non ho vissuto in Brasile. Sono andato via quarant’anni fa. Quando ‘Brasilia’ è nata io ero giovanissimo, ho visto l’inaugurazione in televisione. Una meraviglia.

SD: In seguito lei ha incontrato Lucio Costa e Oscar Niemeyer?

CF: Io sono andato a vedere Brasilia troppo tardi, nel 1996, era già una città di 36 anni. Io la trovo molto bella, piena di verde, alberi, un lago, tanti piccoli laghetti e una vegetazione magnifica che creano un microclima perfetto per la salute. La gente che vive lì non vuole vivere da nessun’altra parte. Quelli che sono nati in ‘Brasilia’ vivono benissimo lì. Quando ho incontrato Oscar Niemeyer gli ho chiesto se le trasformazioni recenti in alcune opere come il Ministero degli Affari Stranieri potevano aver danneggiato la sua opera, lui mi ha risposto di no perché gli hanno chiesto l’autorizzazione prima, e poi sotto i suoi consigli, hanno fatto i cambiamenti.
Con Lucio Costa ho parlato moltissimo della sua relazione con Le Corbusier, perché lui era molto amico di Le Corbusier, è stato lui che ha trasportato il corpo di Le Corbusier, quando è morto, da Toulon verso Parigi.

SD: Vi è un contrasto evidente tra Brasilia e le città brasiliane?

CF: Non credo. L’architettura di
San Paolo è più bella di quella di New York è un condensato di tutta l’architettura brasiliana e del lavoro dei più grandi architetti del mondo. Esiste un problema politico nelle città. Una città che non può dare lavoro è un problema politico che condiziona la bellezza dell’architettura, ma al centro di San Paolo, l’architettura è straordinaria. Quella di Rio De Janeiro è un po’ più caotica, perché da città balneare è stata trasformata in città di affari. Ad esempio Curitibia, capitale dello stato del Paranà, è bellissima, hanno posto l’ecologia al servizio dell’uomo. La bellezza dell’architettura brasiliana è indubbia, quello che è grave è la povertà e la differenza sociale che noti quando vai a vedere una favelas vicino a un bellissimo palazzo. Sono tutti vicini. Ma questo non è un affare d’architetti. Ho parlato con Renzo Piano a Genova, che voleva eliminare l’orrore della sopraelevata che taglia tutto il centro storico con una strada sotterranea, ma non è la volontà di un architetto che può cambiare le cose, perché quello che l’ha fatto è un politico.

SD: C’è ancora la possibilità di avere un’idea politica che possa aiutare sistemi più degradati e marginali come potrebbero essere alcune aree della Sicilia, alcune zone di Rio de Janeiro o di altre metropoli/megalopoli?

CF: Non è la mia competenza, sinceramente, come essere umano posso vedere le ingiustizie, ma il mio campo di azione è la fotografia, non ho formazione economica o politica. Io sono nato a Rio, ho vissuto negli ambienti culturali, non economici o politici, non posso rispondere.

SD: Lei ha incontrato negl’anni settanta, il giovane Renzo Piano a Parigi autore con Richard Rogers del
Centre Pompidou in un’area densa e degradata. Il museo era stato molto contestato come la torre Eiffel nel 1889. Adesso per Parigi è un luogo simbolo. Ci può parlare dell’incontro?

CF: Oggi è un posto molto importante vengono a visitarlo da tutto il mondo. Renzo Piano l’ho conosciuto nel 1978, aveva lavorato dal 1975 al 1977 alla costruzione del suo progetto con Richard Rogers. Aveva un piccolo studio a Parigi di 45 mq da dove lentamente è diventato uno dei più bravi architetti di ‘Architettura umana’ al mondo. Il Centre Pompidou all’inizio nessuno lo comprendeva, pensavano che fosse una stravaganza, non volevano costruirlo, oggi è totalmente integrato alla città . Questa è una visone che appartiene ai grandi talenti, vedono le cose e la loro necessità prima degli altri. Oggi il Centre De Pompidou ha trent’anni e si vede che è un posto importante, non si può andare a Parigi e non vedere il Centre Pompidou.

SD: Tra le tante città che ha visto, quali sono quelle che le hanno raccontato qualcosa?
CF: Sono molte le città che mi hanno colpito: Kyoto, in Giappone, è una città silenziosa, almeno nella zona storica, dove si possono ascoltare gli uccelli,il rumore della pioggia e dove le case sono di legno antico; Aleppo, in Siria, dove c’è un suk di undici chilometri di labirinti coperti dove vendono di tutto e questo nessuno lo sa ed è lì, c’è anche una cittadella che è una roccaforte costruita nel dodicesimo secolo dai Normanni e per me è una città magica; Rio de Janeiro, la mia città, ha una bellezza geofisica dove trovi la montagna, il mare, il cielo, la selva, una fauna lussureggiante, ciò che vedi dal monte Pan di Zucchero o dal Cristo Redentore è una meraviglia; mi ha colpito Palermo, Napoli, Lucca Sicula, un piccolo borgo siciliano, Leonforte, mi piace la struttura civica, dove trovo un conforto fisico,inteso come relazione con l’architettura e il paesaggio che incontro, e un conforto mentale, perché se sei stressato da una città non puoi viverla bene. Io mi sento bene a Rio, ma non a Bangkok. Altre città sono: Roma; Arezzo, piccola, ma bella; Genova, con un centro diverso dalle altre città italiane, non ci sono piazze, è più compatta, posta di fronte al mare, poggiata sulla montagna in prossimità delle ‘Cinque Terre’; Napoli, dove sono stato in compagnia di Cesare De Seta, un grande architetto che ha scritto un testo per un piccolo libro che abbiamo fatto insieme ‘Napoli, il reame della gente’, parlando con lui ho potuto conoscere zone di Napoli che altrimenti non avrei conosciuto; il Monte Athos, in Grecia, ha un’architettura unica, ci sono monasteri costruiti nel 700-1000 a.C., con una tecnologia che tuttora ci meraviglia.

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“La vita è l’arte dell’incontro”. La frase del poeta brasiliano Vinicius de Moraes potrebbe essere il sottotitolo della mostra del connazionale Freire. Per la prima volta in Italia... ...continua a leggere la mia recensione su Exibart

Pubblicato nella rubrica 'conversazioni' della presS/Tletter

26 giugno 2008

0017 [SPECULAZIONE] Andrea Zanzotto non Marco Casamonti

di Salvatore D'Agostino 

   Giuseppe Pontiggia sosteneva che, per affinare la propria scrittura, bisogna essere dei buoni lettori, non credeva negli scrittori artisti cioè quelli che per non rovinare la propria aurea non si fanno contaminare da altre idee. 

   L’architetto spesso confuso come artista, ricade nella categoria dei non lettori, raramente riesce a leggere in profondità testi (architettonici) altrui, scadendo nella dialettica da bar: bello/brutto, hard/soft, antico/moderno; ma se la conversazione popolare è importante per le sane dispute tra amici e per una risata sarcastica, può non servire per affinare gli strumenti del mestiere. Seguendo il pensiero di Pontiggia, non solo un buon lettore osserva meglio la realtà evitando di parlare a vuoto di intuizioni già analizzate da altri, riconosce la paternità di un’idea, elabora connessioni e non crea confusioni.

   La citazione non è un diritto d’autore, ma semplicemente elaborazione di un pensiero forte e pregnante che ci sta portando altrove. Saper citare significa saper crescere. 

   Nel vedere i video degli incontri della Festarch, mi sono imbattuto in due interventi dell’architetto Marco Casamonti di Archea, impegnato nella sua conquista del mondo attraverso i luoghi topici (Milano, Pechino) e un centinaio di neoarchitetti (da 1500 euro mensili). In tutte e due gli interventi si dimentica di attribuire una frase al poeta Andrea Zanzotto (V. 0002 [A-B USO] C'è una vera e propria malattia del costruire). La frase, priva di retorica ecologista, sintetizza la devastazione del cemento negli ultimi cinquant’anni in Italia: “L’Italia è passata dai campi di sterminio allo sterminio dei campi”. 

   Architetto Marco Casamonti le chiedo è un furto d’autore o è la frenesia da ‘parole icone’, che includono tutto e il suo contrario, nel desiderio di diventare POPolare?
26 giugno 2008 (Ultima modifica 13 agosto 2012)
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22 giugno 2008

0011 [MONDOBLOG] L'architettura di pietra

di Salvatore D'Agostino

Perdendo la sua peculiarità di appunti condivisi, una variante del blog è la promozione di un'idea. Il sito Architettura di pietra pubblica (il libro omonimo è consultabile on-line) e pubblicizza una ricerca, mediando attraverso il blog con gli utenti. Sembra inutile spiegare il contenuto dato che Architettura di pietra si presenta sin dal suo titolo come un manifesto di retroguardia. 

22 giugno 2008 
Intersezioni ---> MONDOBLOG
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Note:
Pubblicato sulla presS/Tletter n. 24-2008

12 giugno 2008

0010 [MONDOBLOG] Blu lo sporca muri

di Salvatore D'Agostino

In uno dei miei wilfing tra i blog ho conosciuto il lavoro di ‘Blu’. Blu è uno sporca muri, cioè una persona che cammina in luoghi marginali per trovare la tela dove esprimere la propria arte, insomma un tipo di cui diffidare, per la polizia un ricercato. 

   Ecco la sua risposta:
ciao salvatore
grazie dell'invito ma non amo molto le interviste
preferisco lasciar parlare i disegni
ciao.
Il giorno 30/mag/08, alle ore 1.35 inviato a Salvatore D'Agostino


   Capisco il suo punto di vista, ma mi sembrava la persona ideale a cui chiedere:
  • ...Qual è la tua idea di città?
  • ...Una parola molto abusata di oggi è periferia, spesso buona per: dibattiti politici televisivi, urbanisti da poltrona, architetti del centro storico. Qual è il tuo punto di vista?
  • ...Un muro rappresenta l’inizio di un edificio e della socialità. Cos’è per te?
  • ...Tu vivi nei margini, abiti il residuo, sei apolide, mi descrivi la tua idea di luogo?
Ciao blu.
 

12 giugno 2008
Intersezioni ---> MONDOBLOG
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Note:
Pubblicato sulla presS/Tletter n. 23-2008

8 giugno 2008

...a proposito di architettura in mutande, brache politiche e uomo resort...


...architettura in mutande,
"Quello che gli artisti hanno trovato nel sistema delle gallerie, dei curatori e nel mercato dell’arte, gli architetti lo hanno trovato nelle vetrine e negli stilisti. Anzi, afferma La Cecla, gli architetti hanno direttamente «preso il posto della maglietta firmata, sono diventati quella maglietta e quel paio di mutande». E una volta che sono diventati mutande, anche i mass media si sono accorti degli architetti." Tratto da: Pierluigi Panza, 'La moda ha ucciso l'architettura', Corriere della Sera del 22 maggio 2008.

L'antropologo Franco La Cecla non ha tutti i torti, ma i problemi in Italia sono da ricercare tra: i palazzinari, i tecnici compiacenti e gli accademici borbottoni (Segue: Pierluigi Panza 'Architetti: la moda non fa paura' Corriere della Sera del 23 maggio 2008). Benvenuti nell'Italia 2;

...brache politiche,
«La qualità dell’architettura è sempre stata, in larga parte, dettata dalla politica, soprattutto la qualità dell’architettura pubblica, la qualità dell’architettura monumentale […] Io credo che è molto pericoloso non vedere se ci sono responsabilità nel governo del territorio, nel governo della città, nella distribuzione e organizzazione delle opere di architettura, queste stanno alla politica. […] E’ molto pericoloso far credere, a noi architetti, di essere così potenti da poter perfino determinare le scelte politiche, quanto invece il nostro ruolo, fondamentale, è un ruolo di traduzione in vetro, in pietra, in ferro, in cemento di scelte che non prendiamo noi, quindi io trovo che quest’atteggiamento di denuncia così confusa e generalizzata dell’architettura rischi poi di nascondere le vere responsabilità, che ripeto sono politiche». Stefano Boeri a Radio Tre 'Fahrenheit', Declinare la democrazia, del 30 maggio 2008. Lo ripeto anch’io: in Italia le responsabilità sono politiche. Palazzo Italia 2;

...uomo resort...
«Occorre diffidare del viaggio, quando non è una necessità o una forma di vita. Dettato dalla curiosità, è l’espressione dell’irresponsabilità umanistica». Renato Solmi. Per chi si è perso ‘Festarch’ interessante sezione video dell’evento, quest’anno dedicato al ‘Turismo planetario’. Italia 2 resort.

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6 giugno 2008

0008 [A-B USO] San Berillo e l'architettura. Chiarimenti di Giacomo Leone

Aspettando il progetto di San Berillo, nella speranza che sia architettura e non edilizia, l'architetto Giacomo Leone mi ha spedito un'e-mail dove chiarisce il suo acceso e caloroso intervento:

ho visto sul suo blog, la citazione che ha richiamato anche luigi prestinenza puglisi nella sua press letter. Per completezza di informazione le invio copia della mail inviata, come appello, quando si annunciò una possibile transazione. Il contenuto voleva essere un segnale di allerta.

Cordialmente giacomo leone

Il giorno 5/giu/08, alle ore 18:42 inviato a Salvatore D'Agostino


Riportiamo l'allegato all'e-mail:

Ai Sig.ri
Procuratore della Repubblica Dott. Vincenzo D’Agata
Tribunale Piazza Verga Catania
Procuratore Aggiunto Dott. Renato Papa
Via Francesco Crispi 268 Catania
Al Comandante Nucleo Polizia Tributaria Dott. Giuseppe Arbore
Via Vittorio Emanuele, 222 Catania

LETTERA APERTA

Oggetto: Piano Particolareggiato e concessioni edilizie Corso Martiri della Libertà

Il Consiglio comunale di Catania si appresta ad autorizzare il più grave attacco al cuore della città degli ultimi sessant’anni, il colpo di grazia.

Nessuna scusa o motivo potranno sollevare dalle responsabilità i rappresentanti politici catanesi, di ogni schieramento.

L’operazione Martiri della Libertà, già paventata, oltre vent’anni addietro, da illustri urbanisti di fama europea con un appello, a cui aderiva anche il famoso storico dell’architettura Bruno Zevi, è un coacervo di provvedimenti gravi, di dubbia utilità pubblica e di inammissibili forzature interpretative delle norme. Questi originano dalla partigiana proroga, concessa dall’Assemblea Regionale, come al solito di Natale, quello del 1983, con il parere favorevole di tutti i gruppi politici, nessuno escluso, anche da qualche rappresentante regionale che aveva condotto le battaglie per la salvaguardia e l’acquisizione di quelle aree per uso pubblico, dai banchi del Consiglio Comunale di Catania, con il supporto della previsione di spesa inserita nel bilancio approvato.

Ora, il Piano Particolareggiato, predisposto da privati, supportato dal parere della Commissione Consiliare Urbanistica, presieduta da un medico, certo non esperto in materia , viene portato frettolosamente dal Commissario al Consiglio Comunale, quasi fosse vitale, dargli la precedenza rispetto ai gravissimi problemi che assillano, questa sciagurata città.

Il giornale “La Sicilia” che sponsorizza tutti i macrointerventi imprenditoriali in project financing, dai parcheggi, alla cementificazione del porto, del quartiere S. Cristoforo, delle aree prospicienti l’aeroporto e quelle in prossimità della foce del Simeto, Corso Martiri della Libertà ecc., in merito a quest’ultimo, ospitava il 26/2/84 un articolo su sette colonne dal titolo “Requiem per il Corso Sicilia” dove si riportava, la scandalosa votazione dell’Assemblea Regionale Siciliana.

Il viatico ai “Martiri” gode il supporto dei noti consulenti del pubblico e del privato e del responsabile del P.R.G., Ing. Luigi Asero, che avviano la città al “crematorio” senza preoccuparsi di doversi cospargere la testa delle sue ceneri.

Il Commissario ad acta e il Consiglio Comunale, sembrerebbero determinati, ad autorizzare contestualmente all’approvazione del piano anche la concessione preferenziale (in project financing o altro, senza le opportune gare di appalto) per la realizzazione di attività commerciali direzionali e finanziare, interpretando sorprendentemente la D.P.R. n.47/A del 1/3/1973, che viceversa al capo II, punto 4 , così recita:

destinazione delle aree edificabili, per non meno del 50% ad edilizia per attrezzature e servizi pubblici.

Inoltre all’ Art. 2 delle Norme di riedificazione annesse al Piano Integrativo di Risanamento del Rione San Berillo, specifica, al punto 2:

la costituzione del vincolo di destinazione ad uso pubblico delle aree e degli spazi liberi da edificazione che non saranno destinati a parcheggi ed a verde privato od altri usi condominiali, previsti dal progetto.”

E al punto 3:

L’assunzione a carico del proprietario degli oneri per la sistemazione delle aree e degli spazi destinati ad uso pubblico, compresi gli impianti tecnologici.”

Lasciando al Comune soltanto l’onere della manutenzione.

In merito alla definizione di servizi pubblici ci si deve richiamare alla Giurisprudenza consolidata ed alle sentenze del Consiglio di Stato (p. es. la n. 2605/2001), suffragate da un’approfondita ricerca condotta dal “Dipartimento di Scienze della Gestione d’Impresa dell’Università La Sapienza di Roma” (v. http://www.managementuniroma1.it/DSGIWeb/showpage/1), che tra le caratteristiche dei servizi e delle attrezzature pubbliche, individua nelle qualità gli elementi costitutivi :

- indispensabilità per i consumatori;

- interesse generale;

- universalità (obbligo di fornitura a tutti, obbligo di praticare un’unica tariffa nazionale).

Ma i dubbi sulla convenienza e la normalità dell’operazione del Corso Martiri della Libertà aumentano anche per le seguenti considerazioni:

a) per la “generosa” disponibilità della proprietà, all’acquisizione della scuola pubblica esistente (di recente costruzione), per realizzarne una nuova in sito ritenuto più idoneo dall’Amministrazione, acquisendo di conseguenza il diritto di realizzare una cubatura del 150% superiore a quella esistente (2 metricubi su metroquadro, contro i 5 del piano) in una zona in cui le percentuali di permuta sono rilevantissime.

b) la proposta, altrettanto “disinteressata” di permutare aree di Corso Martiri della Libertà con il maxi-relitto di Piazza Grenoble, per trasferirvi una piccola parte del mercato di Piazza Carlo Alberto, senza considerare il conseguente intasamento della rete viaria circostante.

c) l’acquisizione, seppur onerosa, dell’area di proprietà della Curia Arcivescovile destinata ad edifici di culto ed oggetto di un concorso nazionale espletato nel 1963, destinandola presumibilmente a residenzialità.

d) la generosità di destinare, come si legge sui giornali e proposto dal comune, l’ingente somma prevista per gli oneri di urbanizzazione, per la realizzazione di una nuova stazione della metropolitana a qualche centinaio di metri da quelle previste in piazza Giovanni XXIII e Stesicoro, per servire un insediamento, residenziale e commerciale, di interesse prevalentemente privato. Lasciando quindi a carico del Comune le opere di urbanizzazione (strade, parcheggi, verde pubblico, impianti, ecc.).

Tutto ciò cancellando, quelli che la stessa Amministrazione, segnalò in qualità di spazi di raccolta e di soccorso, in caso di eventi sismici.

Si ritiene, pertanto che detti argomenti possano essere motivo di riflessione ponderata. Sarebbe saggio rinviare ogni decisione alla futura Amministrazione.

Giacomo Leone U. Architetto. Catania, 29 Aprile 2008

Pubblicato sulla presS/Tletter n. 23-2008

Intersezioni ---> A-B USO

3 giugno 2008

0007 [A-B USO] San Berillo la 'Citylife' di Catania?

Leggendo la rassegna quotidiana dei blog, mi sono imbattuto in un'accorata lettera dell'architetto Giacomo Leone indirizzata al capo dello stato Giorgio Napolitano: v. Catania: al via transazione illegittima, a rischio sicurezza. Lettera Aperta a Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica scritta dall'architetto Giacomo Leone.
In seguito, ho scritto una mail, per chiedere all’architetto se aveva intenzione di avviare a tal proposito una petizione. Mi ha prontamente risposto e, con il suo assenso, pubblico l’estratto della mail.

Egregio amico combatto questa guerra da oltre quarant'anni e avevo con me Italia Nostra, urbanisti di fama internazionale, partito comunista e sindacati di un tempo. Defilata, sempre, la facoltà di Ingegneria; insensibili gli Ordini professionali; disinteressati i cittadini che, come nei secoli addietro, cercano una città da "mostrare" e non da vivere.
Siamo assediati da grilli parlanti, graffitari da protesta, movide ..... senza riferimenti.... Anche l'immondizia produce denaro.
Una petizione?
Nel nostro Paese si cerca di trovarsi un posto a tavola, come tanti altri.
La Sicilia di ieri registrava, fra i critici "qualche isolato intellettuale" senza citare la lettera che oggi trova spazio su internet ricercando "catania san berillo lettera aperta a Napolitano" grazie per la solidarietà.
Saluti giacomo leone.
Il giorno 31/mag/08, alle ore 16:02 inviato a Salvatore D'Agostino

Tralasciando la sensibilità e il coinvolgimento emotivo dell'architetto catanese, è indubbio che, per Catania, il vuoto del quartiere 'San Berillo' (Corso dei Martiri della Libertà) può diventare una sfida per una rivendicazione culturale ed estetica assopita da tempo. Chi però cerca elementi qualitativi, tra le righe degli accordi politici, trova solo numeri: il costo dell’operazione immobiliare, i posti di lavori e le cubature. Nessuna descrizione del progetto. (v. Giuseppe Bonaccorsi, Svolta per S. Berillo.-Tra sei mesi le ruspe.-Lavori finiti in 5 anni, La Sicilia 31 maggio)
Mentre a Milano si procede alla demolizione dei caseggiati dell'area che ospiterà il controverso Citylife, a Catania i proprietari del cinquantenario 'Ground Zero' prendono accordi senza progetto.
Se i cittadini milanesi possono definire i grattacieli sghembi e poco meneghini, esercitando la facoltà della critica, ai cittadini catanesi non è data neanche quest’opportunità sul vuoto di San Berillo.
L’architettura può aspettare o, come dichiara l'avvocato Andrea Scuderi, consulente dell'Istica (una delle società coinvolte) e responsabile degli aspetti urbanistici: «[…] ad occuparsi del piano di risanamento saranno architetti di fama mondiale, come Massimiliano Fuksas. Ma accanto al nome dell’architetto romano lavoreranno moltissimi altri tecnici. E tra quelli più importanti si fa strada quello di un altro professionista di fama mondiale, un architetto iraniano che dovrebbe occuparsi di disegnare e realizzare il mercato coperto che diverrà la nuova fiera.»
E’ questo l’effetto Bilbao: una cittadina sconosciuta chiama un noto architetto, per osmosi diventa una cittadina nota e cambia progressivamente l’economia locale. Anche in Italia i politici hanno capito il trucco della formula Bilbao e, per far uscire le loro città di provincia dall’anonimato, la utilizzano, chiamando, senza concorso, le grandi firme. Spesso con l’aggravante di giustificare mega speculazioni immobiliari.
Ma Catania, con la sua vis etnea, ha bisogno di uno shock architettonico o di un’architettura innovativa e glocale (v. Restauro del monastero di San Nicolò l'Arena a cura di Giancarlo De Carlo, Winebar CafHè di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Zoculture di Nigel Allen)?


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