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25 luglio 2024

0016 [WILFING] un arrivederci a settembre, #amanolibera e i dieci post più letti su Wilfing Architettura

di Salvatore D'Agostino

    Certo, ho appena riaperto il blog e scrivo per dirvi che ci leggiamo a settembre. Vado in pausa, e se avrò le forze posterò delle foto di viaggio tratte dal mio album fotografico che ho postato sulla mia pagina personale di Facebook #amanolibera.
    Ovvero delle foto che scatto senza mai guardare dall’oculare, ma tentando con la mano di fotografare il paesaggio che vedo attraverso i finestrini durante i miei viaggi di lavoro e di svago. Un ritratto casuale del paesaggio, di ciò che il nostro sguardo vede percorrendo le strade che ci portano nei luoghi dove abbiamo fissato le nostre tappe.
    Il progetto comprenderà 999 foto di immagini imperfette, casuali, pensate con il semplice gesto della mano libera che si sposta nello spazio.
    Prima di augurarvi buone vacanze, nel riprendere le pubblicazioni ho trovato molto interessante l’elenco dei primi dieci post più letti in questo blog. Credo che questi post non siano stati mai costruiti usando il tono ammiccante di molta pubblicistica di settore. Anzi, sono dei post che richiamano attenzione e richiedono una buona dose di pazienza per essere letti. Magari da leggere con calma sotto l’ombrellone.
Ci rileggiamo a settembre con nuovi post e interviste.
I dieci post più letti su Wilfing Architeturra
    Una lunghissima intervista realizzata il dieci novembre 2005 a cura di Pierfrancesco Sacerdoti e Tommaso Cigarini, forse uno dei testi più estesi pubblicati sul blog. Un'intervista in cui emerge il saper fare dell'architetto, grazie alle domande abilmente poste dai due architetti. Si parla anche di una questione morale che l'architetto deve avere nei confronti del committente e della responsabilità pubblica:
«Un architetto deve essere una persona perbene, una persona onesta negli intenti. Non deve fare per sé, deve fare per gli altri. Deve far bene per tutti e due. La priorità è il cliente, chi ti domanda. Naturalmente se domanda una cosa immorale io non gliela faccio.» (Luigi Caccia Dominioni)
    Un'intervista a uno dei più bravi fumettisti italiani, dove si indaga la relazione del fumetto con il paesaggio e la città, senza trascurare i fattori sociali:
«E comunque, in una società che spinge alla bellezza esteriore, al successo, alla ricchezza, senza considerare minimamente la pratica attuata per raggiungere questi obiettivi, fare schifo è, forse, davvero, un dovere morale.» (Gipi)
    Un importante recupero video grazie a Isidoro Pennisi di un'intervista dell'architetto Mario Fiorentino per una mostra. A proposito del suo progetto al Corviale, l'architetto chiarisce subito un equivoco:
«Va sventato subito l'equivoco che il Corviale sia qualcosa come un'unità di abitazione. Corviale si pone proprio al contrario dell'unità di abitazione, che è stata pensata come elemento ripetitivo, studiato nella sua complessità e funzionalità e che può essere replicato. Il Corviale nasce come un unicum per quel sito specifico e per la città di Roma.» (Mario Fiorentino)
    Un’intervista un po’ scorretta da entrambe le parti. Importante questa citazione sul Ponte dello Stretto, su cui tornerò presto con una vera e propria indagine.
«Sul Ponte sullo Stretto c'è ben poco da dire. [...] È un'opera stupida, dubbia, che non serve perché oggi i veri flussi si spostano in nave sui container e in più il progetto migliore ammette una oscillazione centrale di cento giorni (con escursioni fino a venti metri) all'anno, tale da dovere in quei giorni chiudere il ponte al traffico.» (Franco La Cecla)
    Una parodia delle riviste d'interni, utilizzando il dispositivo narrativo delle immagini con didascalia, lo scrittore Giuseppe Genna ci presenta la sua miserabile soluzione abitativa.
«Il letto monastico, anorgasmico, prosolinghi, matrimoniale bianco, saturnino, de-eccitante e anche disfatto dove il Miserabile cura i mali dell'anima e del corpo, pur non avendo un cilicio, ma a questo punto ambendovi. Nel comodino a sinistra, si notino due cassetti: in uno il Miserabile vorrebbe nascondere un dildo come le protagoniste di "Sex & the City", ma non lo fa, perché di un dildo non saprebbe che farsene». (Giuseppe Genna)
    Walter Siti andrebbe letto e riletto; in quest’intervista si delinea il suo profilo di grande scrittore:
«Ora ho l’impressione che quella borghesia sia una specie in via d’estinzione e che molti abbiano dato le loro figlie in spose ai nuovi barbari. Dove le figlie sono proprio le idee, le antiche certezze. I nipotini assomigliano un po’ al nonno che ascolta Schubert e un po’ al nonno che si diverte con La pupa e il secchione; non sapranno più che cosa gli viene dall’uno e che cosa dall’altro.». (Walter Siti)
    Con stupore mi sono trovato questo post della mia inchiesta. Spero a settembre di editare il libro nato da questa inchiesta, che è stato fatto a più mani.
Vi ricordate le domande?
Qual è l’architetto noto che apprezzate e perché?
Qual è l’architetto non noto che apprezzate e perché?
Di seguito le risposte date a più voci del blog collettivo.
    Uno dei pochi testi in inglese. Ecco perché con questo nuovo inizio tradurrò tutti gli articoli grazie all’uso dell’AI.
«La tecnologia è un grande strumento, quando è usata responsabilmente, come a Rio. Ma una città non è una macchina. Come a Masdar e a Songdo, la tecnologia può intorpidire e indebolire le persone che vivono passivamente nel suo efficiente abbraccio onnicomprensivo. Vogliamo città che funzionino bene, ma che siano aperte alle trasformazioni, alle incertezze e alla confusione della vita reale.» (Richard Sennett)*
    Un'altra intervista tratta dall'archivio audiovisivo dell'università di Reggio Calabira grazie a Isidoro Pennisi.
«Uno dei grandi vantaggi della sperimentazione architettonica intorno al rapporto con la storia e soprattutto in una sorta di metodologia del doppio binario tra approfondimento spaziale e archetipo figurativo. Credo che questo approccio possa dare oggi risultati molto positivi.» (Alessandro Anselmi)
In pratica una non intervista e forse la mia migliore intervista, perché a volte non c’è nulla da dire o non c’è la pazienza di essere attenti e andare in fondo alle cose.
«Io però non sono né un critico né un teorico, sono un architetto. Una volta finito un lavoro, lo considero chiuso dal punto di vista intellettuale, e passo al successivo. Le cose che avevo lasciato indietro per fare la Biennale mi sono cadute in testa tutte in un sol colpo, non lasciandomi tempo per altro.» (Cino Zucchi)

23 luglio 2024

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