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30 luglio 2009

0013 [OLTRE IL SENSO DEL LUOGO] Identità e città di Giovanni Mendola

Salvatore D’Agostino:
  • Qual è l’architetto noto che apprezzi e perché?
  • Qual è l’architetto non noto che apprezzi e perché?
Qui l’articolo introduttivo



Identità e città di Giovanni Mendola

1 Vittorio Gregotti, per i lavori svolti in oriente; nel modo in cui utilizza gli spazi. Anche se attaccato da molte critiche per lo ZEN di Palermo (periferia nord) lo ritrovo in altre parti del mondo più sicuro di se stesso e del suo lavoro. I vincoli degli Architetti sono troppo legati ai problemi politici, di cui non fanno parte. Ammiro l'operato di chi mantiene una linea fino alla fine. L'operato di un architetto, si ama o si odia.

2 Sono molti, ma in particolare Maurizio Carta, la sua capacità di trovare strategie nel territorio mi sconvolge.


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4 commenti:

  1. Giovanni,

    io credo che il lavoro in Cina di Vittorio Gregotti sia quello più debole.

    Una trasposizione quasi disneyana della sua idea del ‘belpaese’.

    Tu apprezzi la tenacia di chi perseveri sulle proprie idee, io credo che questo sia il suo limite, in qualche modo si è arroccato su posizioni non più condivisibili. Nel suo ultimo libro ‘Contro la fine dell’architettura’ sostiene la tesi che occorre tornare all’architetto demiurgo e abbandonare la multidisciplinarietà.

    Ti cito un passaggio: «Gli architetti comunque sembrano oggi non organizzarsi più in gruppi teoreticamente e artisticamente fondanti e miranti a una speciale interpretazione della disciplina come fu nel periodo dell’avanguardia, quanto piuttosto, nella logica delle lobbies, in gruppi di dipendenza degli assetti e dai poteri della società finisce per stabilire nuove condizioni di lavoro dove il successo mediatico conta di più della produzione di senso. Niente ha più successo nei nostri anni dell’apparenza del successo.»

    Io credo che sia una critica di chi si è stancato di leggere i processi architettonici in corso.

    L’architettura contemporanea non può fare a meno dei media, mi sembra naturale. Domus, sotto la direzione di Stefano Boeri, fece uscire uno speciale dedicato e curato da Rem Koolhaas parlava di alcune sue opere, la maggior parte delle immagini si riferivano al ‘battage’ dei media (TV, politica, giornali, blog, forum).

    Siamo nel 2009 e ancora temiamo che la cultura ‘alta’ sia volgarizzata dai media?

    Forse occorre cambiare strategia per non subire l’utilizzo banale di questi strumenti, ma qui apriamo una parentesi molto ampia.

    Da qualche tempo seguo i lavori di Maurizio Carta, che contrariamente a Vittorio Gregotti è molto attento alle nuove dinamiche sociali.

    In riferimento alla tua passione musicale (http://www.myspace.com/acusticopopolaregiovannimendola ) se mi permetti ti vorrei porre una domanda: che cos’è per te l’identità?

    Saluti,

    Salvatore D’Agostino

    RispondiElimina
  2. l'identità è la tua casa, il tuo carattere, la tua originaria formazione, la tua voglia di rimanere in un luogo, se quest'ultimo dimostra essere un "non luogo" hai perso le radici della tua vera origine. Nessun tipo di processo o strategia territoriale potrà mai ridarti la tua vera identità. La musica in questo senso funge da canale e ricerca delle mie più profonde radici, in quanto cerco di arrangiare solamente "I CANTI DELLA TRADIZIONE POPOLARE DI MILENA" il mio paese; "il paese delle robbe".
    giovanni mendola

    http://www.youtube.com/watch?v=pFXHkAQtib0

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  3. Giovanni,
    verrò a trovarti nel tuo paese, Milena mi ha incuriosito.
    Il 1 agosto mi trovavo a Polizzi Generosa per lo spettacolo inaugurale della ‘Macchina dei sogni’ un festival ideato dal puparo Mimmo Cuticchio.
    Metteva in scena ‘Tancredi e Clorinda’, abbandonando la macchina scenica classica del puparo, Cuticchio occupava la scena con i suoi pupi, in modo tale che le techiche segrete erano svelate o meglio erano in scena. Anche le musiche potevano essere ascoltate in diretta attraverso una piccola orchestra posta sotto il palco.
    Alla fine dello spettacolo, dopo aver recitato il classico: «questa storia è troppa lunga per raccontarla tutta, qui vi lasciamo e un’altra volta ve la raccontiamo. (Traduzione in italiano)», un avventore commentava alla moglie che questa ‘cosa moderna’ non gli era piaciuta.
    Il mio concetto d’identità risiede nella logica dello spettacolo di Mimmo Cuticchio raccontare con la grammatica del presente le storie antiche.

    Link: http://www.figlidartecuticchio.com/MdS2009/LaMacchinaDeiSogni2009-Presentazione.htm

    Da qualche tempo vado a osservare la gente che compra/passia al centro commerciale ‘Etnapolis’ progettato da M. Fuksas nel catanese, facendo ‘mente locale’ (concetto espresso da Franco La Cecla in un suo vecchio saggio) non si può non notare che quel popolo produce identità, vive e non surfa sul luogo.
    I giovani popolano, anche dopo la chiusura, il luogo il cinema multisala e alcuni locali permettono gli incontri. Tutto si svolge in una cornice sorvegliata e protetta (i vigilantes privati sono sempre attivi). I paesi limitrofi si svuotano per ritrovarsi in questo luogo. Ripeto un luogo vivo, lasciamo perdere la retorica/borghese dell’uomo bancomat di Marc Augé.
    L’architetto snob/identità dimentica il dialogo con il contemporaneo arroccandosi spesso dietro le parole vuote di concetti nati morti come l’identità.
    Io vivo nella Val Demone, mi sento arabo ma il mio dialetto deve molto ai lombardi. La mia identità ogni giorno muta come il paesaggio che osservo dalla mia finestra e mi devi credere sono stato forgiato con uno stampo antico ma non credo nella finzione folk, che trasposta in architettura significa la museizzazione del centro storico. Una retorica del falso che ama i luoghi morti e non dialogano con i luoghi vivi.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  4. Salvatore,
    ti aspetto e non ti deluderà scoprire che alcune realtà attuali non sono poi così lontane dal vecchio paese che era Milena un tempo. Sono perfettamente d'accordo quando dici che "Una retorica del falso che ama i luoghi morti e non dialogano con i luoghi vivi", una volta Leon Battista Alberti era capace di utilizzare le chiavi giuste per "unire" in modo funzionale l'antico con il moderno. Purtroppo non esiste più la città a scala di uomo ma bensì a scala di macchina. Non sono nostalgico ma solamente troppo lontano dal pensiero contemporaneo. Non mi dispiace pensare che tutto si "fà" in funzione di quella che è una società assolutamente malata e materialista; un giorno potrei essere capace di progettare qualcosa che accontenti tutti, ma ne rimarrei troppo deluso. Accettare vuol dire arrendersi, adattarsi invece comprendere, ma dove è andato a finire il vero senso del vivere bene. La città dei bambini di Tonucci, forse utopie. Questo lo penso, ma la razionalità più acuta mi porta a pensare con la logica di chi può fare bene senza abbandonare alcune idee morte e sepolte come quelle che circondano il concetto d'identità. Questa è effetivamente una falsità, cercare di "utilizzare" un passato, ormai lontano da noi. Se ne è parlato anche abbondantemente ma senza venire a capo di nulla. La società è in continuo mutamento, ogni giorno la nostra identità cambia, me ne sono già fatto una ragione, ma non penso che ci sia cosa più bella di spulciare il passato e farsi 4risate con la musica con la pittura e con tutte le forme d'arte che conosciamo. Siamo divisi in due bisogna semplicemente scegliere.
    giovanni

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