«oggi, è cruciale individuare le forme dell’Anticittà; riconoscerle con precisione, per evitare di considerarle estranee alla nostra vita. E capire dove e come operano, quali regole seguono, chi le promuove.Perché l’Anticittà, ci piaccia o no, siamo noi».1
L'anticittà, titolo dell'ultimo libro di Stefano Boeri, rischia di diventare una delle tante frasi contenitore dell'architettura, ideale per i titoli dei giornali dall’effetto notizia, per i convegni sui massimi sistemi dell’urbanistica e gli speaker’s corner blogger. Dalla confezione del libro in stile da scaffale al titolo da copyright ©, ammiccante, svelto e semplice è studiato per vendere un prodotto ma non per approfondire i suoi concetti.
L’anticittà, per Boeri, è la pratica urbana individuale e indifferenziata che ha ridefinito e abitato il territorio italiano negli ultimi decenni, usando pochi elementi 'edilizi' come campioni, tipo: le villette isolate e recintate, i capannoni da lavoro sul bordo delle strade, la palazzina fitta di appartamenti senza spazi sociali, la casa a schiera che simula la villetta isolata e i centri commerciali a ridosso degli snodi di comunicazione.
L’anticittà, per Boeri, è la pratica urbana individuale e indifferenziata che ha ridefinito e abitato il territorio italiano negli ultimi decenni, usando pochi elementi 'edilizi' come campioni, tipo: le villette isolate e recintate, i capannoni da lavoro sul bordo delle strade, la palazzina fitta di appartamenti senza spazi sociali, la casa a schiera che simula la villetta isolata e i centri commerciali a ridosso degli snodi di comunicazione.