16 giugno 2009

0024 [MONDOBLOG] Archistar o Archipov? 1° parte

di Salvatore D'Agostino

Un dialogo doppio con il gruppo blogger architetti senza tetto. Provincia, ironia, sbalzi umorali, Computer Aided Design, parcelle, uffici tecnici e storie di un gruppo di amici architetti che dialogano in rete.

Legenda: 
ANG Angiolo;
AST Architetti senza tetto;
LB Lina Bo;
MF Massimiliano;
RK Rem;
SD Salvatore D'Agostino;
TD Tadao;
ZH Zaha. 

Salvatore D’Agostino Gianni Biondillo, inizia così il suo libro Metropoli per principianti:
«Non fate studiare architettura ai vostri figli. Non ne vale la pena. Se non lo fate per il successo, per il denaro, per la fama, insisto, è un consiglio spassionato: lasciate perdere. Avreste speso i soldi delle tasse universitarie, del computer, dei costosissimi testi scolastici, assolutamente per nulla. È il peggior investimento che potreste fare, quindi non fatelo.»(1) 
ANG Chi non se lo è sentito dire almeno una volta nella vita (...o forse tutti i giorni!). Se ti fossi fatto prete, lo avresti fatto per diventare Papa?

LB Io non ho capito dove sta la domanda... (cominciamo bene!!!) 

TD Beh... direi che per ragioni contrarie, ma ha ragione... non fate studiare architettura ai vostri figli, se desiderano successo, denaro e fama... ma poi... stò Gianni Biondillo, chi è?

RK Biondillo al mio confronto è un pargoletto con gli occhi pieni di rosee speranze... Io, se avessi un figlio, il primo giorno dell'asilo gli direi: "caro Vibrato (perché se avessi un figlio si chiamerebbe Vibrato) vedi di non abituarti a libri e quaderni perché ti mando a scuola solo fino alle medie. Dopo devi imparare un mestiere solido e utile come l'idraulico, il cartongessista o il manutentore di caldaie. Se poi avrai guadagnato abbastanza per te e le tue future cinque generazioni, allora ti potrai dedicare a un hobby futile e masochistico da scegliere tra fare il candidato del PD in Abruzzo o l'architetto.

ZH La tua domanda mi ha fatto scoprire che Gianni Biondillo è un architetto. Ho letto due suoi libri e non lo sapevo. E ora credo che abbia il dente avvelenato. Vorrebbe dire che: o miri a fare l'archistar o non ti conviene fare l'architetto? E che se come architetto hai successo, fai i soldi, e/o diventi famoso, allora sei un cinico (o lo sono i tuoi genitori)? Naaa. (Anch'io ho il dente avvelenato).

AST Come promesso (anzi minacciato) eccoti una contro-domanda pescata tra quelle che ci sono venute in mente. Domanda di ZH: Questo è l'incipit della voce "Architetto" di Wikipedia in italiano:
«L'architetto è la figura professionale massimamente esperta della progettazione architettonica, del restauro dei monumenti, della pianificazione, dell'estimo in relazione alla costruzione di edifici e più in generale di spazi a livello architettonico e urbanistico. È storicamente tra gli attori principali della trasformazione dell'ambiente costruito»
Che ne pensi di questa affermazione? 

SD Una WIKIPEssima DIArroica affermazione.
Per me l'architetto (senza presunzione di definizione) è colui che ha il senso del grave, inteso nei due suoi significati:
  • (materia) come per Archimede che ignudo immergendo le sue terga dentro la tinozza, si accorse che la sua massa corporea occupava uno spazio causando l'innalzamento del livello dell'acqua, l'architetto capisce che tutto ciò che edifica occupa uno spazio di cielo che poggia sulla terra;
  • (tensione) del profondo rispetto per chi costruisce e per chi usufruirà della struttura, un architetto non ammetterebbe che si possa morire in cantiere per incuria o che si presentino degli esecutivi approssimativi.
Parafrasando Bruno Munari «Fare il contadino è un mestiere terra terra»(2), fare l'architetto è un mestiere fra le nuvole.

SD A proposito di Bruno Munari, nel 1972 propose un concorso "Il compasso d'oro a ignoto", venivano premiati gli oggetti di uso comune con caratteristiche tecnico estetiche indissolubili, come la sedia stradio, la lampada del meccanico, un utensile del vetraio, l'ombrello, il lucchetto per serrande, oggetti di cui si sconosce il nome del progettista. Una delle sezioni più interessanti del vostro blog è la rubrica NO!DESIGN prendendo spunto da un bel libro di Vladimir Archipov ‘Design del popolo’(3), riproponete oggetti che possiamo definire di design involontario: l'etichetta distintiva dell'acqua fatta, la cornice dell'immaginetta della madonna, una gruccia porta gruccia, il portarotolo a filo, un portacellulare imbottigliato. Cos'è il design per voi? 

LB la traduzione letterale di design dall'inglese ha a che fare con il PROGETTO, cioè progettare o progettazione a seconda del caso che si tratti di verbo o sostantivo.
Ed è questo che dovrebbe essere un buon design (in quell'accezione contratta che comunemente diamo noi italiani all'industrial design, cioè al design di prodotti, oggetti, ecc...).
In questo senso credo che tutti gli oggetti NO!DESIGN in realtà siano perfetti oggetti di DESIGN, cioè frutto di una progettazione tutt'altro che involontaria: ... la ricerca di una risposta a un'esigenza, nuda e cruda (a volte più poetica a volte più terra terra, a volte a molte esigenze: funzionale, estetica, politica, ecc), e quindi sono progetto tout-court.
Poi c'è il design a forma di design... che di solito è "faticoso" o "gratuito", se ne trova un sacco sulle riviste e nelle fiere! 

MF Vedo gli oggetti di design più riusciti come forme senza tempo, perennemente attuali.
Da questo punto di vista credo possa essere utile per noi NON osservare altri oggetti "contemporanei".
Non credo si possa prescindere dal reale utilizzo degli oggetti.
No!design è per me anche sperimentazione di nuove necessità.

RK Innanzitutto grazie a te da oggi ogni qualvolta mi imbatterò nel principio di Archimede si ripresenterà nella mente l'immagine indissolubile di due grosse chiappone che si immergono... grazie, veramente grazie.
La nostra rubrica NO!DESIGN si ispira al bellissimo libro di Archipov, del quale vuol essere una declinazione in senso locale. Ci piacerebbe raccogliere oggetti autoprodotti che raccontino la storia ma anche la fantasia e la creatività della gente, non tanto del "popolo" in senso classista o sociale, ma di chiunque decida di risolvere un problema o un'esigenza con i propri mezzi e la propria fantasia. Gli oggetti raccolti da Archipov sono incredibili perché raccontano storie vere, sono dei brevi saggi di sociologia applicata, aforismi in forma materiale di storia recente. E in più sono poetici, emozionanti fino allo struggimento.
Ci sono pezzi di design contemporaneo in grado, non solo di svolgere egregiamente e semplicemente la funzione per la quale sono preposti, ma anche di raccontare storie affascinanti o un solo pensiero? Non credo, ed è per questo che il nome della rubrica va letta anche in senso letterale, con tanto di punto esclamativo.
Personalmente il design contemporaneo mi fa a dir poco ribrezzo, in particolare quello delle grandi firme ma anche di molti dei cosiddetti "giovani designer" che affollano fiere e convention sparse per il mondo alla ricerca di una visibilità transitoria ed effimera. A volte le mostre di design mi sembrano delle ipertrofiche mostre di lavoretti scolastici, quelle dove tutto sembra ricercare la carezza di un indifferente padre/produttore. Gli oggetti di NO!DESIGN, invece, se ne infischiano del giudizio altrui, sono diretti allo scopo, non cercano alcuna lode né aura intellettuale, non sono la soluzione ai problemi del mondo, non vogliono apparire su riviste patinate, ma soprattutto non hanno bisogno di nessun produttore in grado di trasformare un'idea "carina" in un prodotto di massa.
In questo senso mi sono divertito a leggere, su un numero di Abitare (n.d.r. n. 483), di un incontro al quale hanno partecipato vari intellettuali di levatura mondiale, tipo John Thackara, Aaron Betsky, Paola Antonelli, chiamati a discutere amabilmente e amichevolmente (come ama fare Abitare che quando organizza queste tavole rotonde sembra che tutti siano amici e compagnoni e sono appena usciti un po' sbronzi da una pizzeria) di Design e soprattutto del Torino geodesign. E a questo incontro c'era anche Archipov. Io me lo immagino mentre si rivolge alla supersnob e un po' schifata Paola Antonelli con un alito che sa pesantemente di cipolla e birra e dice sostanzialmente che la gente farebbe con giubilo a meno dell'intervento paternalistico e caritatevole dei designer. Della serie fate le vostre belle mostre in musei fichissimi, stampate le vostre riviste dal gusto fintamente popolare, preoccupatevi dell'influenza che avranno le nanotecnologie sull'estetica dell'arredobagno ma non rompete le scatole alla gente che, messa nelle condizioni giuste, sa risolvere i propri problemi pratici meglio di qualsiasi fratello brullè. Mi piace questo atteggiamento un po' rustico da Russia postsovietica perché punta l'accento sul fatto che la creatività non è appannaggio di una ristretta cerchia di eletti, vedi gli architetti e i designer, ma che appartiene a tutti: bisogna solo avere un problema pratico da affrontare per farla schizzar fuori in tutta la sua pirotecnica effervescenza.(4) 

TD Partiamo dal fondo.
Non saprei definire il design, perché non sono addentro a questa materia, ma direi che il design della rubrica "NO!DESIGN" non è "involontario", anzi, è forse una espressione incolta (e per questo geniale), ma volontaria per rispondere a una determinata esigenza.
Mentre sulla definizione di architetto direi che:
1) non mi preoccupo del fatto che gli (sporadici) edifici che costruisco "occupino" una porzione di cielo, ma mi preoccupo del fatto che costruendo sto modificando lo spazio intero e quella porzione di cielo che, forse, senza quell'edificio sarebbe stata meno... meno... non so meno cosa, ma diciamo semplicemente "meno"...
2) una persona che muore e degli esecutivi imprecisi, sono due concetti che non riesco ad accomunare.
2a) ho visto l'indifferenza degli operai ai temi della sicurezza, la loro evidente e incomprensibile noncuranza della propria incolumità... ma credo che non sia dappertutto così, credo che in alcune realtà siano anche le ditte a contravvenire i fondamentali della sicurezza... ma il tema, di per sé, è troppo complesso. Io mi fermo a questa constatazione.
2b) gli esecutivi normalmente li porto al 50, con (rari) dettagli al 10 o al 5... poi mi accorgo che siccome l'impresa esecutrice non capisce una sezione, usa direttamente i 100 depositati in comune, perché più chiari...
ZH davvero abbiamo preso spunto da Vladimir Archipov? ma esiste davvero uno che si chiama Vladimir ARCHI-POV, e non è un situazionista?
Quanto alla domanda vera e propria: per me, il design è nell'occhio di chi guarda, e diventa indispensabile affezione/afflizione quando si possiede un oggetto di design. con tutte le contraddizioni del caso
  • mi piace la grafica dell'ISBN (e ne posseggo alcuni esemplari);
  • mi piace (e posseggo) il portacenere CUBO di Munari. Mai usato, non vorrei sporcarlo, ci metto dentro i bigliettini da visita; checché ne dicesse Munari, ora non ha più scopo, è puro design, e cioè piacevole da guardare e toccare (e possedere), e basta;
  • mi è stato fatto notare da un ospite recente che su una mensola della nostra cucina c'è il famoso spremiagrumi di Philippe Starck: "ma è funzionale?" "boh, non l'ho mai usato!"; è stato un acquisto consapevole (credo e spero) della futilità dell'oggetto e del ruolo ambiguo che il design svolge in questo caso;
  • mi piace, e posseggo, e mi ha profondamente deluso, un macinapepe di design nordico: in questo caso, l'acquisto era volto all'uso, e diversamente da quello che in genere si dice sul design nordico, è bellissimo e appare funzionale da vedere e toccare, ma è assolutamente inutilizzabile per macinare il pepe. Si potrebbe continuare all'infinito.
Direi che l'importante (come per l'arte, sempre secondo me) è la consapevolezza nella fruizione. Inutile in questo caso dare la colpa agli altri.
Aggiungo come riflessione secondaria, originata proprio dall'ospite sopra menzionata: spesso veniamo giudicati dagli oggetti che ci appartengono, e quando ce ne accorgiamo, siamo in imbarazzo. Vorremmo aver scelto con più oculatezza. (o vale solo per me?)
E come riflessione terziaria: saremmo felici in una casa fatta solo di oggetti NO!DESIGN (o di "design del popolo")?

AST Perché gli architetti finiscono sempre per "fare le notti"? e quanto questo influenza la produzione del progetto? Per mia esperienza, studi anche importanti finiscono sempre per utilizzare questo tempo alla chiusura di un lavoro, ad una consegna... di solito sono i disegnatori, che ci rimettono... 

SD Una domanda maledettamente difficile ed è uno dei pretesti che mi hanno spinto ad aprire il blog Wilfing Architettura.
Ti elenco alcune delle ragioni che condizionano il lavoro dell’architetto:
  • ignoranza tecnologica: mancano dei corsi di aggiornamento o meglio scuole post laurea per professionisti come indicate dal linguista Tullio De Mauro;
  • studi tecnici strutturati artigianalmente e non organicamente seguendo la logica del processo edilizio;
  • assenza di cultura architettonica, il 95% delle nostre costruzioni sono opere di edilizia. Chiamata dai giornalisti di Report il Male oscuro;
  • gli ordini degli architetti difficilmente promuovono attività culturali. La figura professionale dell’architetto non è tutelata;
  • diffusa cultura misoneista, si pretende la rivoluzione per ogni opera d’architettura trascurando ‘giornalisticamente’ la colata di cemento anonimo che devasta quotidianamente il paesaggio italiano;
  • illegalità diffusa.
In poche parole l’architetto è un mestiere da sfigati dato che si lavora 24 ore per essere considerati onanisti perditempo.

SD Dal 23 aprile 2008 il blog indaga sulle misteriose apparizione di seppie giganti a Pescara. Raccogliete informazioni, descrivete il luogo dell'avvistamento, lo taggate in una mappa in continuo aggiornamento e li descrivete come critici televisivi dell'arte. Esempio: sono ben due seppie che s'intrufolano tra le lettere della scritta. La capoccia è blu/viola, gli occhi celeste e i tentacoli magenta. Per alcuni critici i graffiti sono forma d'arte, per altri messaggi da non sottovalutare, per i politici del decoro atti di vandalismo e c'è anche chi propone i graffiti per abbellire gli edifici nati dopo il 1950.
Che cosa sono i graffiti per voi?  

LB Che noia l'annosa questione del graffito come opera d'arte o atto vandalismo... ma voglio essere banale fino in fondo: mi ricordo che quando ero bambina avevo una scatola di matite colorate di marca "giotto" la cui confezione cartonata ritraeva Giotto intento a disegnare un cerchio perfetto ( o era forse una pecora?) su una pietra sotto gli occhi attenti del suo maestro Cimabue e di un paio di pecore interessate all'opera (un testo raccontava appunto la storiella di quell'evento artistico)... ad avercelo ora quel pezzo di muro della campagna toscana. I graffiti sono delle splendide opere d'arte contemporanee (non tutti ovviamente). Punto. 

RK Quando guardo i graffiti provo in genere una sorta di invidia: perché loro possono intervenire sull'estetica della città e io, che sono architetto, no?
É questa “invidia della bomboletta” che mi spinge a osservare in particolare quei graffiti in cui mi sembra di intravedere un progetto artistico che superi il mero atto vandalico. Penso proprio che prima o poi anch'io mi travestirò da writer e nella notte pescarese darò libero sfogo alla mia frustrata voglia di lasciare il segno su una città per il resto indifferente verso qualsiasi azione architettonica, artistica o minimamente estetica che possa avvenire sul suo suolo. 

ZH A parte che non ho ben capito l'esempio... ti riferisci al banner del sito? comunque, per me, una risposta univoca non è possibile. I graffiti possono essere qualsiasi cosa tra quelle citate nella domanda, anche se (quasi) mai contemporaneamente. L'unica cosa su cui ho dei dubbi è la questione dell'abbellimento per edifici posteriori al 1950... in tal caso, in quanto eventi organizzati, sarebbero da definirsi più correttamente "murales" o "affreschi" (qui volevo fare dell'ironia sorvolando esplicitamente la generalizzazione implicita sul valore dell'architettura del dopoguerra... si capisce?) 

AST Una delle sezioni della PresS/Tletter di epoca pre-web2.0 (per intenderci quella lunghissima e impossibile da leggere) che ci piaceva di più era quella delle interviste perché aveva un tono più spigliato e meno palloso (per intenderci alle "Iene") di quello paludato da rivista di architettura.
Ti proponiamo qui la classica sfilza di domande a cui, mi raccomando, devi rispondere in non più di 10 secondi l'una per evitare di essere intelligente o anche minimamente serio. Noi questo gioco l'abbiamo fatto e qui puoi leggere le risposte che avevamo dato. 
Pronto? Via! 

SD Grazie io vi faccio una domanda voi tredici!!! 

AST & presS/Tletter Una auto-presentazione in quattro righe. 

SD
NO
!
Archi
Tetto 

AST & presS/Tletter Cosa ne pensi della ricerca architettonica in Italia oggi? 

SD Esiste ed è latente, bisogna cercarla nei sottoscala, ahimè posti poco frequentati dai critici. I grandi problemi in Italia sono dati dai gerontocratici del decoro e dalla gestione politica dell'eccellenza una contraddizione di termini. 

AST & presS/Tletter Il nome di un architetto italiano vivente al quale faresti progettare casa tua.

SD Usurato Vittorio Giorgini di prima mano Salottobuono.  

AST & presS/Tletter Il nome di una star internazionale alla quale non la faresti progettare.  

SD Vittorio Gregotti perché è ancora convinto che lo ZEN di Palermo è mal abitato. 

16 giugno 2009 (ultima modifica 11 settembre 2012)
Intersezioni ---> MONDOBLOG

Come usare WA ------------------------               ---------------------------Cos'è WA
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Note: 
(1) Gianni Biondillo, Metropoli per principianti, Guanda, 2008
(2) Bruno Munari, Spazio abitabile, Nuovi Equilibri, 1999.
(3) Vladimir Archipov, Design del popolo. 220 inventori della Russia post-sovietica, ISBN, 2007
(4) di questo convegno Wilfing Architettura ne aveva parlato con Marco Paisan: 0017 [MONDOBLOG] Intervista a Marco Pasian del gruppo Opla+

20 commenti:

  1. Che dire?
    Gli AST sparano cazzate con magnifica e travolgente eleganza! e l'architettura? una sfumatura essenziale...

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  2. ---> alcune note e domande:

    ----> LB: «In questo senso credo che tutti gli oggetti NO!DESIGN in realtà siano perfetti oggetti di DESIGN, cioè frutto di una progettazione tutt'altro che involontaria» condivido occorre osservare meglio la realtà. Come fa il blog “The sartorialist” http://thesartorialist.blogspot.com/
    Che annota l’alta moda (parafrasi di design) da strada (parafrasi di NO!Design).

    ---> RK: Perché chiameresti tuo figlio vibrato? Che significa fratello Brullè?

    ---> TD: «una persona che muore e degli esecutivi imprecisi, sono due concetti che non riesco ad accomunare.» Io credo che in Italia si costruisca male, che l’edilizia sia in mano a gente avida, ignorante e spesso senza scrupoli. Siano essi tecnici professionisti o semplici manovali. Occorre cambiare questa tendenza per cominciare a fare architettura ‘diffusa’, cioè far emergere le migliaia di latenti architetti bravi italiani.

    ---> ZH:«E come riflessione terziaria: saremmo felici in una casa fatta solo di oggetti NO!DESIGN (o di "design del popolo")» Non credo, ma io non vivrei mai in una casa imbalsamata dalle scelte di design di un architetto. Una curiosità mi passi il link del macinapepe?

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  3. Ciao. Mi piace molto questo post (anche perchè poi seguo quotidianamente le spassose vicende di architetti senza tetto).
    A proposito di graffiti: il primo concorso cui ho partecipato (e ovviamente perso) era una proposta per il solito "centro giovani"; avevo così pensato ad un edificio (abbastanza banale in effetti) con una facciata che si "staccava" dal corpo principale e diventava quindi un muro a se stante progettato apposta per i graffiti. Mi hanno detto che se i giovani volevano pitturare i muri dovevano farlo su quelli di casa loro (in effetti ogni 5 o 6 anni io passo una mano di bianco in casa).
    Io (visto che sono ingegnere) concordo con Biondillo: a mio figlio pago solo ingegneria, medicina o simili; se sceglie di fare architettura o filosofia se li paga da solo gli studi! :P
    Ciao ciao

    Matteo

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  4. Ehm, ragazzi, poi il mio libro prosegue e dice altro. Ben altro. In fondo è un vero canto d'amore per la professione. Quella fatta non necessariamente dalle archistar; nessun dente avvelenato, insomma... ;-) G.B.

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  5. vedermi pubblicata, e letta, e pure commentata... non ci pensavo, quando ho risposto alle domande. devo metterlo nel curriculum!
    per quel che riguarda Biondillo... ops, ciao! ...confesso che non ho letto Metropoli per principianti, bensì per cosa si uccide e con la morte nel cuore. e quindi pensavo a come sono delineate le figure di geometra e costruttore in quest'ultimo, quando ho parlato (scherzando!) di "dente avvelenato" (alla rivelazione che l'autore è un architetto, mi è venuta in mente la classica opposizione architetto vs geometra/imprenditore). anche in questo caso, nel libro c'è ben altro.
    comunque, quando parliamo della nostra professione, mi sembra che il dente avvelenato sia diffuso. lo riconosco in me: e il regolamento edilizio mi tarpa le ali, e non mi hanno dato l'incarico, e se me lo hanno dato non mi pagano abbastanza (o non mi pagano proprio), e... e insomma! a' zaha, mo' basta! (ZH)

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  6. ps. @salvatore: il macinapepe non lo trovo su internet... da qualche parte dovrei avere la scatola originale, o al più farò una foto. ti farò sapere.

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  7. ---> Gianni Biondillo,
    il 19 febbraio stavo inviando una mail alla redazione del blog ‘Nazione Indiana’.
    Oggetto: Intervista su Wilfing Architettura
    Testo: Gentile redazione Nazione Indiana,
    vorrei fare un’intervista allo scrittore Gianni Biondillo per la sua affinità con i temi trattati sul mio blog dedicato all’architettura.
    Sperando in una vostra intermediazione.
    Buon lavoro.
    Salvatore D’Agostino.
    Ma non l’ho mai spedita.
    Avevo la sensazione di circumnavigare l’Africa per arrivare in Israele ed, essendo siciliano. mi sembrava un’operazione un po’ da matti.
    Grazie per il tuo commento (ti do del tu, non per mancarti di rispetto, ma perché è l’etichetta usata sui blog) a tal proposito ti propongo l’invito ufficialmente per un dialogo ‘blog’ (aspetto una tua mail di conferma).
    Potrebbe essere un’occasione per approfondire le tue idee.
    Cito l’epilogo dell’introduzione di cui si parla in questo post: «Quindi, massì, mandatelo pure vostro figlio a studiare architettura. Fatelo. Impegnatevi a pagare le tasse, il posto letto a costo proibitivo se abitate fuori sede, le fotocopie, i libri, i programmi di CAD, le attrezzature, tutto. Fatelo laureare.
    Poi però mandatelo subito all’estero. Ché qui non c’è speranza.
    GB,
    t’invito a leggere la rubrica Fuga di Cervelli ---> http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2007/12/fuga-di-cervelli.html
    Un’inchiesta sulla nuova emigrazione degli italiani ‘specializzati’, che si smarca dalla retorica politica della ‘fuga di cervelli’.
    Ecco, Wilfing Architettura nasce da questa consapevolezza di un’Italia ‘cementificata’ dall’edilizia ovvero dalla cultura dell’edile e dalla mancanza di una cultura architettonica (che significa mancanza di dignità del lavoro, come evidenziato da ZH).
    In Italia, l’architetto bravo (che non sia un vip) è considerato spesso come lo scemo del villaggio.
    Invito i lettori di WAa leggere la risposta di Francesco Dal Co e Stefano Boeri al libro di GB---> http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=41811 e quella di GB ---> http://www.nazioneindiana.com/2008/10/15/urbanita-4/
    Infine una curiosità, avete presente il primo numero di Wired Italiano quella con la copertina di Rita Levi Montalcini? Andate a pag 47: «Grattacieli e ruote panoramiche sono nati assieme, sono entrambe figli delle illusioni progressiste tardo ottocentesche. Mentre si edificava Manhattan si apriva Coney Island. La città di pietra, da una parte, e quella effimera dall’altra. Come Sofronia, una delle città invisibili di Italo Calvino. Una parte di Sofronia è fissa, l’altra provvisoria. Quando è tempo la città provvisoria viene smontata e portata da un’altra parte. Quella che resta , però, non è la città fatta di monumenti, ospedali, fabbriche, ma la città dei tirassegni, delle giostre, degli ottovolanti. La città delle ruote panoramiche.» GB
    Concordo il libro «prosegue e dice altro» Gianni Biondillo, ne possiamo parlare? ;-)
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  8. ---> Marco +,
    da noi si dice: Babbiannu, babbiannu si rici à virità.(Scherzando, scherzando si dice la verità).
    Sintesi del concetto di satira.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  9. ---> Matteo,
    non è per piaggeria ma gli ‘architetti senza tetto’ sono gli imbratta muri della critica blog dell’architettura italiana.
    Ma non vorrei aprire: “l'annosa questione del graffito come opera d'arte o atto vandalismo... “ cito LB.
    Sappi solo che per me, il decoro, è un luogo comune politico molto aristocratico.
    Non ho volutamente citato l’autore di questa idea: «c'è anche chi propone i graffiti per abbellire gli edifici nati dopo il 1950.» Sai chi è?
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  10. Salvatore,
    quella di scrivere alla posta di NI era la strada giusta.

    Dialoghiamo pure, basta organizzarsi.

    Un caro saluto, G.B.

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  11. caro salvatore,
    definirci "gli imbratta muri della critica blog dell’architettura italiana" è un onore che non meritiamo, diciamo che siamo dei gran cazzeggioni che cercano di ridere per non piangere. Hai qualcosa contro il nome Vibrato? a me piace un sacco perché mi ricorda il cemento, un modo di cantare e, soprattutto, la Val Vibrata. Per quanto riguarda Brullè, voleva richiamare i fratelli Bouroullec, ma l'ho capita (a stento) solo io.
    @marco+, la tua definizione di architettura ("una sfumatura essenziale") mi piace talmente tanto che ho deciso di tatuarla nella parte interna del braccio destro, subito sotto l'ascella.
    @gianni biondillo, sei meglio di Sherlock Holmes, mi hai sgamato in pieno, del tuo libro ho letto solo le prime pagine, nemmeno tutta l'introduzione, ma l'ho fatto di nascosto alla commessa della libreria, pensando che un giorno, quando uscirà in edizione economica lo leggerò tutto e per bene. Hai ragione a dire che si tratta di un canto d'amore, ma disperato e disperante, come è per tutti quelli che pensavano di poter fare gli architetti (ingenui...)

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  12. ---> Gianni Biondillo,
    ho circumnavigato l’Africa.
    Temo la frase «Dialoghiamo pure, basta organizzarsi» poiché gli assegni postdatati sono illegali.
    Approfitto per farti una pre-domanda: negli anni cinquanta Italo Calvino scrisse ‘La speculazione edilizia’, tra i personaggi c’è Pietro Caisotti un montanaro che si arricchisce costruendo case nella riviera ligure, con operazioni di mera speculazione (interessante anche la figura di Lina la segretaria sedicenne, ma è meglio evitare in questo momento ‘la questione morale’).
    Pietro Caisotti è il prototipo dello speculatore di massa che soppianta lo speculatore ‘aristocratico’.
    È possibile trovare delle strategie, non retoriche, per far conciliare le esigenze speculative con l’urbanità?
    Saluti,
    Salvatore D'Agostino

    RispondiElimina
  13. ---> Rem
    Mi hai convinto, Vibrato è proprio un bel nome.
    Sui fratelli Brullè ho riso a crepapelle, occorre aggiungere questa voce sulla “Nonciclopedia”.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    RispondiElimina
  14. Salvatore, scrivi:
    *Temo la frase «Dialoghiamo pure, basta organizzarsi» poiché gli assegni postdatati sono illegali.*

    Dio mio, come sei sospettoso!

    Alla tua domanda è semplice rispondere: è una questione di politica. Quella con la P maiuscola, quella che manca qui da noi. Non è che nel resto d'Europa l'economia capitalista non venga applicata (e quindi l'interesse privato delll'imprenditore, etc.). Ma com'è allora che loro non hanno lo sfacelo urbanistico che abbiamo noi?
    La gestione del territorio è la questione centrale della politica. ma da noi il pubblico "non è". Ciò che "è" è solo l'interesse privato.
    Siamo "Il paese dei cachi" per dirla con Elio e le Storie Tese.

    RispondiElimina
  15. ---> Gianni Biondillo,
    hai ragione, ho fatto una battuta dal carattere siculo. La globalizzazione non è sempre pervasiva.
    Buon inizio, spero di ricevere una tua mail per il seguito.
    Non son per quale associazione d’idee a me è venuta in mente la canzone di Lelio Luttazzi ‘l’ottimista’.
    Sarà il caldo.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    RispondiElimina
  16. -> Salvatore: purtroppo so che si tratta di Sgarbi (anche se, a questo proposito, in un faccia a faccia con Cacciari erano emerse delle idee tutt'altro che scontate sul patrimonio edilizio esistente e sugli obrobri contemporanei). E' un pò la filosofia dei "mettete dei fiori sui vostri cannoni" :)

    Anche a me Vibrato piace.

    Ora vorrei invece sovvertire l'ordine di idee fin qui espresso: è veramente possibile scindere la costruzione di qualsiasi manufatto architettonico dall'interesse speculativo? In fondo ogni costruzione è anche una applicazione economica (economia ovviamente intesa in senso lato, come scambio di materie e prestazioni) ed in quanto tale soggetta intrinsecamente a regole di massimizzazione dei propri fini in rapporto alla materia usata.
    Non è più un problema di coscienza critica e cultura che manca ai "nuovi" possessori di ricchezza? Perchè un quartiere ad alta densità deve essere per forza squallido?
    Mi sembra ad esempio che ci fosse lo stesso problema agli albori del ricambio generazionale di "ricchezza" fra la vecchia aristocrazia e la borghesia industriale (vedi i quartieri descritti da Dickens). Vi ricordate come è stato risolto il problema e in che lasso di tempo?

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  17. ---> Matteo,
    ogni edificio possiede un carattere speculativo.
    Occorre capire la natura/cultura dell’italiano nell’edificare ‘socialità’ o per usare un termine caro a G. Biondillo ‘Urbanità’.
    T’invito a leggere sul blog Nazione Indiana i suoi articoli.
    In ‘Urbanità 2’ mette a confronto la fisicità delle città europee con quelle italiane.
    Conclude in questo modo: «Insisto, come faccio a spiegare alla mie bambine che Milano è la città giusta dove crescere? Mai andare all’estero, insomma. Bisogna restare nel proprio brodo, nelle proprie illusioni provinciali, come fa la nostra politica che finge interesse per i temi della famiglia, in teoria però, ché in pratica, nei fatti, se ne disinteressa bellamente. Dovrei fare, insomma, come quei spocchiosi milanesi che vanno in ferie nel centro-sud dello stivale, e, puzzetta sotto il naso, si atteggiano da vecchi habituè dei modi urbani, che si indignano per la disorganizzazione degli alberghi, o per i ritardi nei ristoranti, loro, vecchi uomini di mondo, abituati alla grande Milano, cittadini europei. Loro che l’Europa, probabilmente, non l’hanno mai neppure vista. Né capita.»
    Giustamente citi Dickens e l’Inghilterra.
    In Italia dopo la descrizione della Campania di Roberto Saviano credi che sia possibile un cambiamento culturale?
    Occorre riflettere sul nostro essere italiano ti offro due recenti news:
    «Le disse qualcosa?
    "Mi raccontò di aver avuto un rapporto sessuale con il Presidente. E aggiunse di non essere stata pagata. Aggiunse anche però che non le interessavano tanto i soldi quanto che lui le desse una mano con una questione che riguardava la costruzione di un residence".»
    Link: http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-8/barbara-papi-berizzi/barbara-papi-berizzi.html
    «Messina, 22 giu - Tre persone sono finite agli arresti domiciliari per falso ideologico nell'ambito dell'inchiesta condotta dalla polizia di Messina sul danneggiamento di una rampa di accesso dell'autostrada A20 Messina-Palermo, in viale Boccetta, durante i lavori di costruzione di un edificio. Si tratta di Giuseppe Termini, 64 anni, progettista e direttore dei lavori, di Benedetto Sidoti Pinto, 59 anni, funzionario della Provincia, e di Antonio Teramo, 58 anni, consulente tecnico. La rampa dello svincolo autostradale di viale Boccetta era stato sequestrato dalla procura lo scorso 11 marzo dopo che una perizia aveva accertato il rischio di crollo perche' le strutture portanti erano state danneggiate nel corso di lavori eseguiti da una ditta privata.»
    Link: http://www.asca.it/regioni-MESSINA__DANNI_A_RAMPA_ACCESSO_SVINCOLO_AUTOSTRADA__3_ARRESTI-406028-sicilia-16.html
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  18. come approfondimento, il link per il mio macinapepe è questo:
    http://www.bodum.com/pages/products/product_frame.asp?famId=12&subFamId=1207&id=0286-10

    mi sa che è svizzero. e che la versione in mio possesso (legno al posto del plexiglass) non è più in commercio, ma è secondo me più bello di questo in plastica (se interessati, ho le foto).
    motivi di insoddisfazione: l'apertura per caricare con i grani di pepe avviene dal basso, svitando un "pirolino" a vite che chiude il fondo. quindi, se chiudendo serri troppo il pirolino, il macinapepe girando serra ancora di più e si blocca. se chiudi poco, dopo un po' ti si apre il fondo riversando pirolino e grani di pepe nella pentola o nel piatto. nel brevissimo intervallo tra le due operazioni, durante le quali riesci a macinare un po' di pepe nonostante la mano scivoli sul liscio alluminio, la suddetta parte in alluminio stride contro il legno emettendo versi simili a quelli di una forchetta sul fondo di una pentola...
    utilizzato 5 volte.
    ciao, zaha

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  19. ---> ZH,
    mi viene in mente il bel libro di Norman A. Donald, La caffettiera del masochista. Psicologia degli oggetti quotidiani, lettura essenziale per chi si occupa di design. Ahimè, il libro si trova nella libreria di casa e non ti posso citare un brano significativo.
    Ti confesso che anch’io ho come soprammobile lo spremiagrumi di Philippe Starck, tipico regalo da lista nozze per un imberbe architetto.
    Per quanto riguarda la caffettiera di Aldo Rossi ‘La cupola’, dopo qualche anno, mia moglie l’ha buttata nel cestino della spazzatura, poiché non faceva del buon caffè, ho provato a dirgli che poteva servire anche da morta ma vivendo in 45 mq non mi ha ascoltato.
    Invece ‘La conica’, rovinatasi la cromatura dopo i primi caffè, dorme da qualche parte ma ho il sospetto che sia scomparsa.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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