13 ottobre 2008

0017 [MONDOBLOG] Intervista a Marco Pasian del gruppo Opla+

di Salvatore D'Agostino

L'architettura concettuale e l'uomo di concetto in un colloquio con uno degli autori del blog Opla+.

Salvatore D'Agostino Per Jerry Yang fondatore e presidente di Yahoo!
«Stiamo osservando che ciò che si manifesta nel Web 2.0 e nel Web 3.0 sarà una grande estensione di tutto ciò, un vero e proprio mezzo comune ... la distinzione tra professionista, semi-professionista e consumatore andrà sfocandosi creando un effetto rete per business e applicazioni.» 
Questa contaminazione fluida è applicabile all'idea di città/architettura italiana? Non credi che il limite (o anche la forza latente) della nostra cultura sia l'incapacità a farsi contaminare?

Marco Pasian Come Opla+ ci viene naturale lasciarsi contaminare, dando sempre valore nobile al processo maturato e condiviso, più che esclusivamente al risultato estetico, che pure ha il suo contenuto. Come esperienza cumulata negli anni, mi pare di poter dire che sono proprio gli architetti, più di altri artisti o studiosi, ad avere problemi di contaminazione e di appartenenza ad identità collettive e quindi credo che sia assai difficile oggi come oggi in Italia teorizzare idee urbanistico/architettoniche 2.0 o 3.0. Però per noi è auspicabile, e forse inevitabile, un approccio olistico alle "cose" di architettura dove prevalgano regole di ascolto attivo, flussi di pensiero e contaminazioni. Trovo perciò condivisibile la citazione di Jerry Yang, e mi vengono in mente anche certe definizioni di Jeremy Rifkin circa i modelli energetici, democratici, con produzione dal basso e scambio attraverso “reti intelligenti” così come oggi si produce e condivide l’informazione, tramite internet.

Ci puoi parlare dei vostri lavori dove l'interazione Opla+/territorio ha avuto dei buoni risultati?

Oh, oh! Domanda impegnativa! Credo che tutti i lavori del gruppo Opla+ sottendano una interazione con il territorio e con chi il territorio lo uso e lo frequenta. Anzi ci piace pensare che le installazioni temporanee che noi realizziamo siano elementi di collaudo comportamentale dove anche l'estrema indifferenza o la fruizione casuale sia per noi indici di una analisi territoriale. In tal senso e come esempio esplicativo, negli ultimi anni abbiamo fatto girare in contesti ambientali diversi un piccolo padiglione facilmente smontabile, riaggregabile, modulare dal nome L.I.U. (landscape interface unit).


Una scatola nera con interno rosso, collocata in maniera strategica nel paesaggio e permeabile attraverso evidenti ritagli nelle pareti a forma di sagome umane. L'utente poteva entrare, interagire giocando, intravedere ritagli di paesaggi, scoprire nuove visuali, raccogliere una cartolina esplicativa, oppure defilarsi interpretando l'oggetto come ostacolo. Lo slogan all'interno era "il paesaggio esiste in quando percorso" e gli effetti di luce naturali ed artificiali prodotti rendevano LIU, con le sagome stagliate, un elemento attrattore. E' stato sorprendente osservare i comportamenti delle persone nei diversi siti di collocazione: lungo un percorso pedonale a fianco di un torrente montano, in un incrocio di camminamenti all'interno di un parco pubblico, nei pressi di un ingresso di una dimora storica, dentro una fiera del giardinaggio, durante un happening in un centro sociale e in posizione strategica al centro del parco della scultura in architettura di S.Dona' del Piave. Su tutti, i bambini sono stati i più attenti e i più creativi protagonisti, tanto ad esser loro ad invitare i più grandi ad entrare.

Gli altri lavori Opla+ invece sono stati realizzati in "site specific" ma sempre con forte valenza interattiva. Volevo infine ricordare il recente lavoro "Torrate Marittima 2010" che abbiamo realizzato come un'installazione performance in stile situazionista. In un'area di risorgive destinata a parco di tutela ambientale, abbiamo fatto installare un grande cartello dei lavori con immagini e dettagli immobiliari di un'enorme insediamento turistico, picchettato e tracciato il perimetro per la realizzazione di una darsena fluviale su un'area appena disboscata da pioppeto, collocato un container di cantiere con funzione ufficio vendite e con presenza di personale con caschetto di sicurezza per visita lotti. Una pro_vocazione ambientale andata a segno: dall'ambientalista incazzato al proprietario terriero felice della sua nuova rendita di posizione, fino al consigliere comunale di turno che chiede un'interrogazione telefonica al sindaco su questo in_verosimile sviluppo territoriale.

Vladimir Archipov intervenendo su abitare n. 483, a proposito della manifestazione 'Geodesign' tenutasi a Torino, afferma:
«Comunque l'idea che sta dietro a Geodesign mi sembra un approccio dà "tappabuchi", un camuffamento. Anche se l'arte, come il design, ha un'importante missione sociale, così diventa un atto di carità. Mi sembra strano che alla domanda "Hai un problema?" si possa rispondere "Non ti preoccupare te lo risolvo io!". Non dovremmo essere più preoccupati delle disfunzioni della società invece che affrontare questa crociata della bellezza? Non sarebbe meglio un genere di approccio diverso, del tipo "se hai tanti soldi da spendere, perché non li dai al popolo?". Così si potrebbe poi capire cosa la gente "comune" sia capace di creare, con un po' di fondi e in modo autonomo, senza essere sostituita da un designer.»
Qual è il punto di vista di Opla+?

Conosco poco il contesto di discussione sulla manifestazione torinese Geodesign come pure so' poco del pensiero di Archipov. Però mi par di capire che Vladimir Archipov accusi il mondo dei designers in generale in quanto troppo al servizio del mercato. Se in parte il pensiero è condivisibile d'altro lato, proprio per una radicale autonomia dal dio denaro, non trovo una grande soluzione, per chi avesse dei soldi da spendere, darli al popolo per vedere cosa la gente comune sia capace di fare!
Opla+ da grande valore al processo progettuale, quanto e forse più del risultato estetico, che pure ha un suo linguaggio complesso. Interferenze e apporti disciplinari paralleli sono alla base delle nostre modalità operative e questo ci permette di non escludere affatto la considerazione del design di oggetti semplici e spontanei come quelli autoprodotti dalla gente comune (e qui mi viene in mente, a proposito di blog, l'ironica sezione NO!DESIGN di architettisenzatetto.net).
Non so' quanto l'arte e il design abbiamo un'importante missione sociale, ma se il progetto è identificato in un processo, il risultato pur nullo o minimale, può contenere forti significati intrinsechi, così come un "oggetto" caricato di soli valori estetici può nascondere scarsi significati ideativi. Ecco che ci è più facile anche capire, in un parallelo tra design e architettura, come tanto di quanto ci circondi sia mediocre edilizia e di esempi d'architettura ne contiamo solo sulle dite di una mano.

In Italia ci sono le condizioni economiche/culturali per costruire un 'edificio' utilizzando una grammatica colta o prossima alla sufficienza?

Forse più che le condizioni economiche (si può costruire "bene" a budget contenuti) mancano, o semplicemente si sono perse, delle solide basi culturali e di identità culturale. Troppo spesso si confonde una ostentata qualità materica con i valori di una qualità ambientale diffusa, favorendo tecniche di giustapposizione di gusti effimeri più che di coerenti processi evolutivi.

Per finire a cosa serve un Blog per un architetto?

Se il blog funge da diario in rete anche un architetto può servirsene, sempre se ha qualcosa da dire. E in un sistema libero di flussi comunicativi "quanto riceverete dipenderà da quanto date di voi stessi", citando Vittore Baroni, esperto di mail-art.

13 ottobre 2008
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Note:
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1 commento:

  1. Bhè, già detto: una ersona molto stimolante! Spero di incontrarlo a Venezia

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