Oggi, le analisi di mercato delle grandi aziende, i filtri di google (o dei diversi motori di ricerca) e l'editoria manualistica, sembrano i più attenti osservatori delle dinamiche sociali. In Italia ci sono più di 125.000 mila architetti e molte migliaia di laureandi, tra questi difficilmente ci sono compratori abituali di libri di critica o approfondimento, ma tutti almeno possiedono un manuale. Nelle mie frequentazioni in libreria mi hanno sempre incuriosito i titoli e gli editori di libri di pronto intervento, perché rispondono con tempismo alle esigenze dell'utente quando le istituzioni nicchiano. A tal proposito ne ho discusso con Sabrina Nart autrice di un manuale di orientamento per futuri e neo architetti.
Salvatore D'Agostino: A settembre è uscita la nuova edizione della sua guida sul Fare l'architetto in Italia, contiene dei suggerimenti di orientamento, per la scelta dell'università, i corsi post laurea e le prime informazioni sulla professione. La sintesi che sta alla base del suo studio implica una conoscenza abbastanza ampia del sistema universitario e professionale in Italia, quali sono i suoi punti di forza? E quali sono state le difficoltà per scriverla, se ci sono state?
Sabrina Nart: La principale ricaduta, verificatasi sul sistema universitario italiano dopo la riforma didattica a seguito del DM 509/99, è stata una generale semplificazione dei percorsi di laurea. Lo scopo della riforma era anche l’ottimizzazione delle risorse delle università e la maggior integrazione dei diversi cicli didattici all’interno dello spazio europeo della formazione, obiettivi che però stentano a verificarsi.
L’unico punto di forza del sistema universitario italiano è rappresentato da quelle Università che producono le eccellenze, cioè cercano di evitare di riprodurre all’infinito dovunque le stesse specializzazioni che rappresentano di fatto le maggiori difficoltà per l’orientamento studentesco.
SD: Francesco Dal Co nel suo editoriale sul numero 737 (ottobre 2005) di Casabella In Italia ci sono ventitré facoltà di architettura. Prossima tappa i Corsi di Laurea di quartiere?, accusava il sistema universitario di un dispendio di energia "intellettuale" a favore di "insegnanti privi di ruolo" esclusi dal mondo del lavoro e accolti dalle stesse università in cui si sono formate. Nella tua ricerca hai riscontrato questo decadimento degl'insegnanti?
SN: Per diventare professori universitari di II fascia (associato non confermato) occorre una valutazione comparativa di titoli pubblicati, integrata dalla discussione degli stessi titoli e da una lezione cattedratica di fronte a una commissione nazionale di cinque componenti (tre professori ordinari e due associati confermati, uno dei quali è indicato tuttavia come "membro nominato" dalla Facoltà che ha bandito il posto dopo aver avuto la garanzia della copertura stipendiale da parte del Senato Accademico e del Consiglio d'Amministrazione di un Ateneo). All'atto della chiamata in ruolo da parte delle Facoltà universitarie (qualora vi siano più idonei nello stesso concorso, spetta al Consiglio di Facoltà stabilire chi debba essere reclutato, tra gli idonei), s'assume per un triennio il titolo di professore associato (non confermato). Dopo un triennio di servizio in qualità di associato non confermato, si procede alla conferma in ruolo da parte di una commissione nazionale di tre professori (due ordinari, un associato), che esamina l'attività di ricerca e di didattica svolte nel triennio di prova. A seguito sempre di valutazione comparativa dei titoli pubblicati, si può conseguire l'idoneità a professore di I fascia dopo giudizio favorevole della maggioranza di una commissione di cinque professori ordinari, uno dei quali designato come "membro nominato" dalla Facoltà che ha bandito il concorso pubblico). All'atto della chiamata in ruolo da parte delle Facoltà universitarie (qualora vi siano più idonei nello stesso concorso, è la facoltà che decide chi debba essere reclutato e, generalmente, viene reclutato il candidato interno), l'idoneo assume per un triennio il titolo di professore straordinario. A seguito poi di una valutazione dei titoli pubblicati e delle attività istituzionali svolte da parte di una commissione nazionale di tre professori ordinari, dopo un triennio il professore straordinario, qualora venga confermato in ruolo, consegue la qualifica di professore ordinario, massimo grado della docenza accademica.Alla base della piramide ci sono i ricercatori universitari. Si diventa ricercatore universitario a seguito di una valutazione comparativa bandita dalle singole facoltà universitarie ed espletata da una commissione di tre membri (un professore ordinario, uno associato e un ricercatore confermato) che sottopone il candidato a esami scritti e orali, e alla disamina delle eventuali pubblicazioni a stampa. A decorrere poi dal terzo anno dalla presa di servizio, il ricercatore universitario può ottenere la conferma in ruolo da una commissione nazionale di tre membri. Attualmente il ruolo di assistente ordinario è assimilato a quello di ricercatore.Questa è la trafila per diventare docenti universitari e non mi sembra una gavetta così facile ed immediata; il consiglio per gli studenti è di verificare il ruolo del proprio docente di corso e quindi la sua qualità in base al percorso che occorre seguire per poter insegnare. Indubbiamente questo può essere un parametro per valutare l’eccellenza di una Università che non può fornire tutors che siano poco più grandi degli allievi, in termini di età naturalmente.
SD: Franco Purini, anche nel suo recente libro La misura italiana dell'architettura, ribadisce che in Italia c'è un numero eccessivo di laureati che congestionano il mondo del lavoro e della ricerca. Ci sono delle strade alternative per un'università di qualità e non di quantità?
SN: Dato per scontato che l’università di massa è un fatto naturale e corrisponde ad un innalzamento dei livelli medi di studio, all’allungamento della vita, alle maggiori possibilità economiche della popolazione e alla volontà di promozione sociale e professionale, il vero nodo dell’istruzione universitaria è la qualità media del sistema e del suo prodotto formativo. La situazione attuale dell’Università non consente di fornire adeguati strumenti di studio ad un numero illimitato di studenti e talvolta coloro che si iscrivono non sono in possesso dei requisiti adeguati a fornire un successo formativo. Il problema nasce dalla necessità di limitare gli accessi alle facoltà italiane e dall’affrontare il problema del numero chiuso richiesto dalla comunità europea ma inconciliabile con la Costituzione Italiana che sancisce il diritto per ogni cittadino di raggiungere i livelli più elevati di studio. Occorre quindi agire sull’orientamento e sulla formazione costante e non limitata al periodo universitario, come accade nel resto del mondo. In questo modo si potrebbe riequilibrare un’offerta che non prescinde mai dal mondo del lavoro, ma che continuamente dialoga con lui per mantenere e garantire un continuo livello di aggiornamento metodologico e didattico.
SD: Davide Del Giudice giovane architetto, in una mia intervista Blog, afferma: «Vorrei anche sfatare il luogo comune della facoltà di architettura italiana che non prepara lo studente. La facoltà da gli strumenti per capire come organizzarsi una volta raggiunto il mondo del lavoro; certo facciamo una fatica immensa, ma a questo ci si abitua». Tutte le università italiane riescono a dare gli strumenti di base al neo architetto?
SN: Dal VII rapporto del CNVSU si notano un numero eccessivo di abbandoni, la frammentazione dei percorsi, la scarsa o nulla internazionalità e deboli raccordi con il mercato del lavoro. Questi dati dimostrano come è difficile arrivare alla fine del percorso universitario per storture interne al sistema ma non tolgono l’ineludibile verità che sia necessario fare fatica e avere talento per diventare architetti. Dopodiché possiamo parlare di quali siano le Università che preparino meglio il neo architetto: quest’anno primeggia il Politecnico di Milano che torna in testa dopo aver ceduto la palma a Modena e Reggio oggi al terzo posto dietro Trieste. Ottime sono anche Architettura a Ferrara, il Politecnico di Torino e Roma Tre.
SD: Il maggiore studio al mondo di architettura è Gensler con 1216 professionisti, il quinto è Foster & Partners con 913 architetti, nessuno studio italiano è presente tra i primi 50 in Europa. Che lavoro svolge l'architetto in Italia e nel mondo?
SN: In parte la risposta si trova nel libro, dove indico quali siano attualmente alcuni sbocchi lavorativi per i neo laureati ma, se la domanda si riferisce espressamente all’architetto progettista la situazione in cui versa la cultura del progetto in Italia è abbastanza drammatica.
Il motivo dipende dal fatto che in Italia si privilegiano i progettisti stranieri che hanno avuto la possibilità di acquisire nei loro paesi - grazie alla realizzazione di grandi opere “di interesse sociale” - competenze tali da far privilegiare questi ai nostri architetti che si vedono ora sfuggire di mano analoghe “occasioni di lavoro”. Questa condizione di stallo che determina l'impiego sempre più massiccio di architetti stranieri nelle opere pubbliche e artistiche può essere poi spiegata con la presenza in Italia di un patrimonio storico massiccio che impone la salvaguardia nei confronti di “molte opere significative rimaste sulla carta”.
Intersezioni ---> SPECULAZIONE
Pubblicato sulla presS/Tletter
Salvatore questa è una strana intervista, fuori dalla retorica di alcuni architetti e dentro gli addetti ai lavori a 360°.
RispondiEliminaBravo.
Sandro
Un'intervista davvero molto interessante.
RispondiEliminaAggiungo che in Italia ormai sempre più velocemente si sta diffondendo la fuga di cervelli anche per quanto riguarda l'architettura. All'estero si è pagati di più, si hanno più possibilità progettuali, c'è più lavoro, si portano a termine e si realizzano i progetti. Dobbiamo solo imparare dagli altri, come sempre siamo l'ultima ruota del carro.
davide
---> Sandro,
RispondiEliminagrazie è mio intento cercare altrove senza preconcetti.
L'architettura tra architetti porta alla demenza.
Osservare 'altro' ci può aprire nuove prospettive, gli scaffali dei manuali di pronto intervento spesso ci aiutano a capire le richieste dell'architetto.
Ciao
---> Davide,
Wilfing Architettura presto aprirà una nuova pagina che indagherà su questo fenomeno chiamato 'fuga di cervelli' una frase spesso usata in modo demagogico dai politici.
Mi chiedo perché restare? Quali sono le garanzie per la ricerca e lo sviluppo professionale?
A presto.