23 aprile 2013

0060 [MONDOBLOG] Parole di bit

di Salvatore D’Agostino
Riprendendo gli appunti mondoblog, sul rapporto tra scrittura web e architettura, non è stato difficile constatare come in questi anni in Italia non si è compreso il cambiamento della scrittura che offre la pagina digitale. Scrivere per una pagina web significa avere la consapevolezza di trovare sul nostro tavolo di lavoro digitale una nuova gamma di strumenti comunicativi: link, immagini, audio, video, mappe. I link permettono che le citazioni si trasformino in un dito che invita subito ad approfondire, mentre l’utilizzo d’immagini, audio, video e mappe mutano le parole in osservazione, ascolto e percorsi geografici sempre più dettagliati. In pratica, un foglio web non si nutre di sole parole.


Un esempio interessante di narrazione digitale è il lavoro di Orsola Puecher che, su Nazione Indiana, sperimenta l’ampia tavolozza espressiva della grammatica digitale, «mentre gli altri scrivono, Orsola crea», osserva il commentatore NC riprendendo un commento di Sparzani o Biondillo.




La pagina web - constata Puecher - ci spinge verso un salto creativo della scrittura che si fa blob di parole, immagini, video, suoni, mappe-territorio.


I blogger di architettura ad attuare questo salto creativo sono: Lebbeus Woods, Ai Weiwei e Léopold Lambert.

Lebbeus Woods, durante il suo breve blogging tra il settembre del 2011 e l’agosto del 2012,1 attraverso l’uso di immagini, disegni, sbobinature d’interviste, report di viaggi, screenshot di mappe e il continuo dialogo con «lettori brillanti ed energici» - così definiti nel suo ultimo preveggente post GOODBYE [sort of] – scopre, facendolo, di non dover più dipendere dal sistema dei media per comunicare.
Altro esempio è il disordinato e civico blogging di Ai Weiwei,2 in cui le parole, le immagini, i video diventano quotidiano esercizio di disegno creativo: «No, faccio il blog. – come afferma ad Hans Ulrich Obrist - Il blog per me è come il disegno».
Infine, il blogger francese Léopold Lambert, autore di The funambulist, trasforma l’idea stessa di libro, come fa nel suo libro Weaponized Architecture, ideato in collaborazione con Ethel Baraona Pohl e César Reyes Nájera,3 dove traspone la scrittura digitale. Il libro, infatti, non è pensato solo per la classica lettura statica cartacea, ma, grazie alla tecnologia Aurasma che permette la visione delle immagini o dei link attraverso l’uso di smartphone (realtà aumentata/ augmented reality), si apre ad una lettura ibrida.


Il libro diventa digitale, ideato da autori digitali, per lettori digitali abituati a leggere seguendo link, vedere video e ascoltare audio.


Se ritorniamo alle vicende italiane delle scritture web di architettura non è difficile affermare che fino ad oggi abbiamo sempre scritto e pensato come se la pagina web fosse un foglio di carta. Fa eccezione Parole ideato dal gruppo A12, Udo Noll e Peter Scupelli, un’esperienza iniziata sui banchi universitari da alcuni membri del gruppo A12 nel 1995 e maturata all'interno della Biennale di architettura curata da Massimiliano Fuksas nel 2000. L’ideazione grafica pensata per il web curata da Udo Noll e l’aggiornamento continuo delle pagine scritte fa di Parole il primo, e forse l’unico, in Italia spazio digitale ideato e pensato per il web. Non solo, ma attraverso le mostre di Venezia, Stuttgart, Saint Etienne e New York (MOMA PS1) si è tentato un dialogo ibrido tra spazi digitali e reali.

Questa nota, come di consueto, premette il prossimo dialogo, in questo caso doppio, con Andrea Balestrero e Fabrizio Gallanti, tra gli ideatori di Parole.

Di seguito, un’anticipazione di Andrea Balestrero su com'è nata Parole.

di Andrea Balestrero


Il nucleo iniziale di Parole è nato come un glossario, faceva parte della nostra tesi di laurea incentrata sugli strumenti di descrizione della città contemporanea, che risaliva al 1995. Non partiva con un intento teorico di organizzazione del sapere,4 ma di ogni parola erano comunque presenti almeno una definizione ed i riferimenti bibliografici. Quando abbiamo deciso di trasferire il progetto online abbiamo mantenuto una struttura che permettesse di organizzare informazioni di quel tipo, ma senza vincolare la presenza del termine nell'archivio alla completezza dei dati, che potevano essere integrati e modificati successivamente, anche grazie a contributi esterni. Insistevamo molto sul fatto che l'archivio fosse "dinamico".






In realtà, il sito non è mai stato veramente "aperto" ai contributi diretti di chi non faceva parte del gruppo di autori (non era cioè possibile a chiunque accedere all'archivio come autore iscrivendosi ed effettuando un log-in, a meno di non essere invitato), ma i contributi potevano solo essere suggeriti per essere poi inseriti da noi. Udo Noll, che ha ideato il sito dal punto di vista della programmazione e della grafica, aveva insistito particolarmente sulla necessità di interporre un "filtro" per poter tenere i contenuti sotto controllo, evitando lo spam. Ma questa era una limitazione solo nella prassi, dettata dalla volontà di mantenere l'accuratezza dei contenuti senza dover investire risorse eccessive in un'attività di controllo su quanto pubblicato da sconosciuti, non tecnica né concettuale. Anche l'interfaccia creata da Udo per caricare i contenuti era molto simile a quella a cui oggi chiunque abbia un blog è abituato. Vi era poi un altro aspetto che allora per noi era importante: come progetto artistico Parole viveva non solo della sua presenza on line, ma anche delle varie installazioni realizzate negli spazi espositivi che lo hanno ospitato e che erano concepite come occasioni ambivalenti per l'esposizione e la raccolta dei contenuti. Avevamo già sperimentato in altre occasioni questa modalità di creare un ponte tra il mondo virtuale della rete e la realtà fisica e da architetti ci era sembrato un campo di sperimentazione interessante.










Vale la pena di ricordare che l'uscita pubblica ufficiale di Parole risale al 2000 (in occasione della biennale di Architettura), un anno prima che nascesse Wikipedia e qualche anno prima che si iniziasse a parlare di web 2.0. Oggi siamo molto più abituati all'idea di un sito internet come qualcosa in grado di raccogliere informazioni e non solo fornirle, ma allora non era poi così scontato e per noi era l'aspetto più interessante. Molto più che la completezza delle informazioni o una qualunque forma di ordine teorico. Anche dal punto di vista visivo l'assenza quasi totale di gerarchia è un aspetto che rende il sito vitale a dispetto della sua semplicità.

23 aprile 2013
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Note:
1 Qualche mese prima di morire il 30 ottobre 2012.
2 Tra il gennaio del 2006 e il maggio 2009 data della chiusura coatta operata dai censori cinesi.
3 Coautori del blog DPR-Barcelona.
4 Un vocabolario in effetti non è molto di più di uno specchio della lingua, nel nostro caso dei termini incontrati nel corso della ricerca.

3 commenti:

  1. Grazie infinite per avermi fatto scoprire Orsola Puecher.

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  2. Rem,
    hai letto Ultimi Sospiri MILANO 1943-1945?

    Una lezione di urbanistica sociale meglio "una mappa dispersa di sentimenti" poiché urbanistica in questo caso è una parola fuori luogo.

    Saluti,
    Salvatore D'Agostino

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  3. @TorinoAnni10
    Le migliori diavolerie escono sempre dalla bottega di @Wilfing (occhi al video) / @paolocosta @piervaccaneo @udieci

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