Topografia della memoria
è un progetto fotografico che ha come obiettivo la documentazione dei
luoghi delle vittime innocenti della mafia nella provincia di Palermo.
Il periodo storico preso in considerazione copre più di un secolo di
fatti di cronaca: dal primo omicidio di mafia riconosciuto come tale, il
delitto “eccellente” dell’ex sindaco di Palermo Emanuele Notarbartolo
del 1 febbraio 1893,1
all’omicidio – oggi ancora oggetto di indagini da parte della
magistratura – dell’avvocato penalista Vincenzo Fragalà bastonato a
morte il 26 febbraio 2010.2
Ho iniziato a immaginare questo progetto nel gennaio del 2010 in
occasione dell’uscita del film d'animazione Giovanni e Paolo e il
mistero dei pupi.3
Avevo 27 anni e l’amara consapevolezza che non solo la mafia esiste,
come organizzazione e come mentalità, ma che le nuove generazioni sono
complici della perdita di memoria di certi avvenimenti storici. È dal
ricordo del sacrificio, spesso individuale, che credo sia necessario
ripartire. L’elenco delle vittime è lungo e include politici,
magistrati, poliziotti, uomini delle scorte, giornalisti, imprenditori,
donne, bambini e gente comune che ha avuto la sfortuna di trovarsi nel
posto sbagliato al momento sbagliato. Avevo nove anni quando Falcone,
Borsellino e le loro scorte saltarono in aria. È strano come funzioni la
memoria: della strage di Capaci ho un ricordo nitidissimo, di Rosaria
Costa, vedova dell’agente Vito Schifani. Di via D’Amelio ricordo solo le
parole del magistrato Caponnetto: «È finito tutto». Come spieghi a un
bambino di nove anni che è finito tutto? Falcone e Borsellino sono solo
l’apice di una lista troppo lunga e sconcertante di vittime.
Ho deciso di recuperare e costruire una mia memoria per provare a
condividerla, affinché il sacrificio di queste persone non vada perduto.
Nell’immaginario collettivo alcuni dei luoghi di morte, soprattutto
quelli che riguardano vittime eccellenti, sono associati a fotografie in
bianco e nero, costellate di lenzuola bianche, cadaveri, sedili di
automobili insanguinati, macerie. Nel mio progetto ho deciso di
rappresentare questi luoghi di morte inermi, ordinati, come se nulla
fosse successo. Su ogni fotografia sono scritti – con un carattere che
richiama quello delle carte geografiche – il nome della vittima, la data
e il luogo dell’omicidio. Ricostruire i luoghi è un’operazione non
facile. Mi sono accorta che ci sono vittime di serie A e vittime di
serie B, come se alcune meritassero di essere ricordate un po’ di più. O
forse la memoria segue un principio di economia per il quale è
impossibile, intollerabile ricordare tutto. Questa rimozione si
percepisce dalla presenza o meno di simboli della memoria; non è sempre
possibile individuare con assoluta certezza il luogo esatto
dell’omicidio nonostante abbia cercato, durante la mia ricerca, di
essere il più meticolosa possibile, confrontando tra loro diverse fonti.
Non vivo a Palermo dall’inizio del 2009. Sono fuggita, stanca e senza
sensi di colpa. Negli anni successivi la distanza e un punto vista
altro mi hanno permesso di scoprire un sentimento di affetto, non
immaginabile, per la mia città. Un affetto carico di amarezza e rabbia.
4 giugno 2012
Note:
1
Emanuele Notarbartolo fu sindaco di Palermo dal 26 ottobre 1873 al 30
settembre 1876 e, dallo stesso anno, direttore generale del Banco di
Sicilia. Fu accoltellato in treno nel tratto tra Termini Imerese e
Trabia il primo febbraio del 1893. Di questo omicidio Salvatore Lupo, in
Storia della Mafia
(Donzelli Editore, Roma, 2004, p. 122), scrive: «Questo delitto segna
un salto di qualità, ma per certi versi rimane un picco isolato, un
segnale di sviluppi futuri. Per avere la giusta scala di riferimento, si
pensi che per più di un secolo la mafia ha ardito colpire così in alto
solo in questo caso. Quello di Notarbartolo è il primo dei cadaveri
eccellenti, nonché l’ultimo sino alla morte del procuratore generale
Pietro Scaglione, e quindi dall’Unità al 1971».
2 Vincenzo Fragalà, già consigliere comunale palermitano nel Msi prima e
in An poi, eletto deputato per An nel 1994 e confermato per altre due
legislature. Nella sua professione forense ha partecipato a diversi
importanti procedimenti per associazione mafiosa.
3 Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi (2010)
è un film d'animazione (26 min.) che racconta una storia ambientata
nella Palermo degli anni cinquanta. Protagonisti sono due ragazzini,
Giovanni e Paolo, in omaggio a Falcone e Borsellino, che lottano per
liberare il quartiere dalla presenza di un mago malvagio che toglie
l'anima alle persone e le trasforma in “pupi''. Diretto da Rosalba
Vitellaro, coprodotto da Rai Fiction e Larcadarte (con lo studio di
animazione Musicartoon di Roma), in collaborazione con la Regione
Siciliana, distribuito da Rai Trade. Sceneggiatura di Alessandra Viola,
Rosalba Vitellaro e Valentina Mazzola. Direzione artistica di Enrico
Paolantonio. Tra i doppiatori: Leo Gullotta, Donatella Finocchiaro,
Claudio Gioè.
è un progetto fotografico lancinante, sulla memoria, sul senso dei luoghi. è sconvolgente vedere quanto poco rimanga nelle cose di quello che accade, anche quando si tratta di cose terribili e violente.
RispondiEliminaRem,
RispondiEliminaho conosciuto il lavoro di Michela Battaglia grazie a questo ascolto radiofonico.
Lancinante sono il silenzio e gli stereotipi ‘culturali’ nei confronti di un sud che lotta ‘morendo’ i mali estremi di un’economia criminale. Resto sempre basito nei confronti di una parte della nostra nazione che non vede, non sente, non agisce, non muore per i mali estremi causati dall’economia criminale.
Qui, da trent’anni, qualcuno si ostina a vedere, a sentire, ad agire e –ahinoi – a morire.
Una topografia della memoria, che con estremo dolore, alimenta la speranza di chi non si vuole arrendere.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Bellissimo lavoro. Bellissimo nel suo dolore di ri-denuncia e non rinuncia. Di tutti i dolori, in ogni storia, ognuno è colpito da un fatto particolare, qualche volta marginale tanto da far sembrare insensibile chi ne prova l'emozione, ma così non è. L'appassionato di ferrovia che è in me non può non pensare a Peppino Impastato, il ragazzo nato in una brutta Società, annientato dalla mafia perché parlava troppo, senza pensare che in quel modo stavano rendendo eterna la sua voce.
RispondiEliminaUn pugno allo stomaco.
RispondiEliminaDi quelli che servono.
Grazie a tutti!
RispondiEliminail vantaggio dei blog è che ci si può tornare sulle cose e sugli articoli. se non si è schiacciati dall'attualità e se ne semte il bisogno va fatto. così io adesso, quattro mesi dopo la pubblicazione.
RispondiEliminaconosco questo lavoro di michela battaglia... e ricordo la sensazione che m'ha dato quando l'ho visto, e che mi è confermata: come guardare il silenzio. ma è un silenzio la cui fermezza si incide in chi guarda.
Efrem,
RispondiEliminacondivido ciò che dici l’atemporalità in questo momento di estasi dell'iperattuale serve per fermarsi a guardare lavori come quelli di Michela Battaglia
Buona giornata,
Salvatore D’Agostino
buona giornata!
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