di Salvatore D'Agostino
«Con dei contadini, per esempio, a volte ho dubitato che sappiano che cosa è un paesaggio, un albero. Sì. Le sembrerà strano: ho fatto a volte delle passeggiate, ho accompagnato un fittavolo che andava a vendere le patate al mercato. Egli non aveva mai visto la Sainte-Victoire. Sanno che cosa è stato seminato qui, là, lungo la strada, che tempo farà domani, se la Sainte-Victoire è incapucciata oppure no, lo sentono dall’odore, come gli animali, come un cane sa che cosa è questo pezzo di pane, soltanto secondo i loro bisogni, ma che gli alberi siano verdi, e che questo verde è un albero, che questa terra è rossa e che questi rossi franosi sono colline, io non credo, realmente, che la maggior parte di loro lo sentano, lo sappiano, al di là del loro inconscio utilitario». Paul Cézanne1
Osservando
l’Italia a piedi, ci potrebbero venire gli stessi dubbi di Paul
Cézanne, chi abita le città forse non ha coscienza del proprio intorno
urbano al di là dell’urgenza utilitaristica. La fumettista Cristina Portolano si è immersa in una delle tante città balneare nate in pochi
anni dal nulla, ambientando le sue storie in un paesaggio usato secondo
le necessità del momento. Mi sono fatto raccontare il motivo del suo
errare in questi paesaggi.
Foto Giuseppe De Mattia |
Salvatore D’Agostino
Ci sono luoghi che non andrebbero tutelati per legge ma dagli abitanti
del luogo. Luoghi che andrebbero presi in custodia collettivamente e
abbandonati all’ingegno creativo della natura.
Uno
di questi è il tratto di costa lungo circa tredici chilometri della
costa adriatica a sud di Bari, tra Bari-San Giorgio e Mola di Bari.
Una
battigia che hai percorso con il fotografo Giuseppe De Mattia bloccando
dei ‘fermo immagine’ da dove sei partita per disegnare le tue storie
dal C.E.P. village.
Che cos’è il C.E.P. Village?
Cristina Portolano
Il C.E.P. village è l'acronimo di centro edilizia popolare. Nel nostro
caso però, non è inteso il quartiere di San Paolo a Bari (detto c.e.p
appunto) ma l'estensione di costruzioni abusive sulla fascia costiera a
sud-est di Bari definite c.e.p village poiché con San Paolo hanno in
comune le personalità che le hanno costruite per passarci le vacanze e
di un modo di viverci. Per
disegnare le storie del C.E.P. sono partita dalle foto di Giuseppe, da
quell'atmosfera, per ambientarci storie di fantasia, ma non sempre la
fantasia coincide con la finzione. Io e Giuseppe abbiamo parlato molto
durante il percorso e ci siamo confrontati sul passato e sul presente di
quei luoghi dove lui è cresciuto. Sia io che lui ce ne siamo andati
dalla nostra terra e ci siamo incontrati a Bologna. Io sono di Napoli, e
con lui ho in comune questo senso di malinconia/sconforto nei confronti
della nostra città, del nostro mare.
Per
iniziare a disegnare ho avuto bisogno di un fil rouge e creare una
trama più ampia che contenesse le microstorie che avevo in mente e che
volevo si sviluppassero con ordine cronologico. Infatti
ho cercato di presentare quei luoghi com'erano (la storia di Michele),
cosa ci hanno fatto (la stecca di Marlboro), chi li ha abitati/costruiti
(Bibì dei gelati) e come vengono percepiti adesso (Ritorno a mare).
La
costa italiana è disseminata d’intere città balneari, nate dal nulla,
tra gli anni settanta e novanta in deroga alle normative urbanistiche.
Un silenzio assenso avallato dalle comunità locali. Evitando
l’estetizzazione, l’indignazione o il suo contrario l’accettazione
passiva possiamo iniziare a riflettere sull’identità di queste città
abusive?
Non credi che il C.E.P. village dietro la parola ‘abuso’ celi l’identità’ condivisa e quindi un luogo, dove ci si identifica?
Ricordo
che a diciassette anni un'amica ci invitò ad andare nella sua casa al mare. La
casa si trovava in un vecchio hotel adibito a palazzo residenziale con
tanti micro appartamenti. Mi ricordo l'aria spettrale, era ottobre e
c'era qualcuno che abitava lì durante tutto l anno. C'era comunque
un'aria estiva con i materassini di plastica, i teli da mare stesi ad
asciugare. Eravamo a Villaggio Coppola
vicino Castel Volturno. A Castel Volturno a diciotto anni ho lavorato in un
lido balneare abitando in una casetta costruita a 50 metri dal mare
nello stesso complesso del lido per due mesi. A quell'età non ne sapevo
niente e forse fingevo di non vederli gli abusi sul territorio. Tutto
ciò per dire che queste località hanno sicuramente un'identità forte su
cui dobbiamo seriamente riflettere e che non possiamo estirpare. Possiamo forse rendere un poco più consapevoli coloro che ci si identificano in quei luoghi, se li abitano per necessità. Qui sorge spontaneo fare una distinzione tra abuso edilizio per speculazione da abuso edilizio per povertà.
Nel
senso che spesso le strutture abusive destinate a grandi giri d'affari
vengono bloccate e di conseguenza abbandonate e successivamente possono
venire occupate per necessità da chiunque. Poi il riccone che si è
costruito la villa sul mare andrebbe perseguito, ma sappiamo che
comunque avrà i soldi per passarla liscia. È auspicabile che comunque tutte queste strutture vengano abbattute e
alle persone che magari avevano preso ad abitarci, trovare un'altra
sistemazione più decorosa. Questa sarebbe la teoria, la pratica è
un'altra storia.
Provo malinconia perché desidero ritornarci. La città, i luoghi, le persone hanno un potenziale enorme che non riesce mai a venir gestito come dovrebbe e provo sconforto nel vedere le persone delle istituzioni che dovrebbero accorgersene barcollare nel buio e ricadere in errori stupidi. Perché non è la città in sé, che è immobile, ad essere sbagliata sono quelli che eleggiamo per prendersene cura che non lo fanno. Quando vedo il mare non posso far a meno di pensare a tutte le occasioni mancate, ai rifiuti che vi si riversano dall'entroterra trascinati nei canali quando piove, al lungomare di via Caracciolo maltrattato per via di un’operazione di facciata come l’America’s Cup. Per fare “spazio” a non so cosa, hanno smantellato, nei giardini della Villa Comunale, la Cassa armonica (una struttura del 1877) dove si potevano ascoltare le musiche di Verdi, Puccini, concerti di musica contemporanea e spettacoli. L’hanno dissacrata per far spazio durante le regate, che regate non erano ma prove di qualificazione.
Non c’è trasparenza neanche da parte di colui a cui hai dato la tua fiducia. Lo sconforto è quando vedi che per un pugno di spiccioli e per un evento più mediatico che altro, si buttano alle ortiche pezzi di storia che hanno formato anche la cultura di una città.
Gipi
ricordando Jean Giraud: Moebius, il fumettista francese morto il 10
marzo di quest’anno, ha raccontato il suo incontro:
«Dio lo guarda [ndr Jean Giraud: Moebius], prende la mia penna, sorride ed aggiunge sul foglio le unghie mancanti.Poi dice qualcosa in francese, che non capisco, ma sorrido. Falso.Dentro di me la vanità, innescata da quel maledetto premio prestigioso mi suggerisce che un vecchio ha fatto le unghie al mio disegno, perché quel vecchio ha uno stile antico, sorpassato, che ignora il mondo contemporaneo, che si è scollato, che ha avuto il suo momento di gloria e che è passato, e guarda come si manifesta, sulla carta, la sua distanza: due unghie dove non ce ne sarebbe alcun bisogno. Chi ha necessità di quel dettaglio? Cosa racconta? cosa aggiunge? Il mondo è cambiato e adesso siamo noi giovani a dettare le regole, a creare gli stili. Vanità».2
Un aneddoto che mi è venuto in mente mentre leggevo le tue tavole senza unghie.
In realtà, le unghie ci sono.3
Io ho adorato sia Moebius che Gipi.
:)
Hai ragione mancava la domanda.
Le
tue tavole senza unghie nel senso del tratto della matita spesso
sfumato, un po’ sospeso, con un realismo essenziale che cede il passo
alle storie che racconti.
Poiché, riprendendo Gipi, non c’è necessità d’inserire un dettaglio che non racconti o aggiunga qualcosa alla storia. Non credi?
Adesso ho capito, forse. Si io credo che, anche se come dici tu il tratto è sospeso, alcuni dettagli restano necessari ma solo quelli che raccontano, come dice Gipi. Tipo il vecchio cartellone eldorado che racconta di un tempo preciso in cui è ambientata la vicenda è necessario mentre il muscolo sartorio su una gamba accavallata no.
Dicevi «ho adorato sia Moebius che Gipi» e adesso chi segui e perché?
Al
momento non "seguo" nessuno in particolare. Il concetto di follower non
mi appartiene, però ti posso dire che libri ho tenuto nella mia
libreria dopo aver lasciato Moebius e Gipi nella casa dei miei genitori a
Napoli. Ho
delle antologie con i disegni degli allievi dei corsi che tiene Stefano
Ricci ad Amburgo, Angoulême e Gorizia. Questi almanacchi mi aprono una
finestra sul resto del mondo, l'ultima si chiama "un atto impossibile"
ed è un volumone con la copertina argentata. Poi ho delle antologie
francesi come L'épisode dei ragazzi di NA edition, Machine Dangereuse, vecchi numeri di Mome della Fantagraphics, e gli insormontabili Daniel Clowes e Adrian Tomine a cui non posso proprio rinunciare.
Qual è la tua prossima storia?
La mia prossima storia è su un architetto, urbanista e artista a 360°: César Manrique. Vorrei
disegnare la sua biografia e indagare la sua concezione di arte e
natura. Lui è natio dell'isola di Lanzarote, nelle Canarie, dove ha
costruito in maniera etica delle strutture che ad oggi restano le uniche
attrazioni turistico/culturali dell'isola. Ha
fatto murales, sculture del vento, e architettura a bassissimo impatto
ambientale che si confonde con la natura vulcanica dell'isola. Lanzarote
è stata completamente devastata dalle eruzioni vulcaniche che dal 1730
al 1732 hanno ricoperto l'isola di uno strato di lava e cenere le cui
tracce sono ancora visibili ovunque. Piano piano gli isolani hanno
ripreso ad abitarla e grazie a lui ad oggi l'isola è una meta del
turismo mondiale. Purtroppo,
proprio per il turismo, dopo la morte di Manrique si è iniziato a
costruire delle vere e proprie città per i turisti in cui gli
anglosassoni e non solo, ripropongono il proprio stile di vita e gli
autoctoni servono ai bar e cucinano fish and chips. Tutto ciò è
allucinante ed è proprio quello che Manrique non voleva.
Ecco la mia prossima storia è su di lui.
18 giugno 2012
Intersezioni ---> A-B USO
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Note:
1
Joachim Gasquet, Ciò che mi ha detto..., in Michel Doran, Cézanne.
Documenti e interpretazioni, Roma, Donzelli, 1995, pp. 128-129.
3 Giuseppe De Mattia e Cristina Portolano,
Storie dal C.E.P. Village, Bologna-Bari 2010-2012; stampato presso Fina
Estampa via Filippo Turati, 8 - 40134 Bologna; rilegato presso Il
Cartiglio, via San Carlo, 44 - 40121 Bologna; immagine descritta nella
storia di Bibì dei gelati, tavola 6 vignetta 2 pag 50 del libro.
Sono stato a Lanzarote nel 1991, prima della sua cementificazione totale. Il genio di Manrique sta proprio nel tentativo di trovare un tipo di architettura originale per la sua isola, senza demonizzare il turismo. Purtroppo è fallito. N.B.: in una casetta bianca progettata da Cesàr Manrique ha vissuto ed è morto Josè Saramago.
RispondiEliminaLa frase che più ci ha colpito è questa: "Ci sono luoghi che non andrebbero tutelati per legge ma dagli abitanti del luogo".
RispondiEliminaÈ proprio quello che stiamo cercando di fare noi qui al Nuovo San Paolo. Con le nostre forze stiamo cercando di riqualificare una zona spesso diventata terra di nessuno o, peggio, terra di speculazione politico-elettorale. Come Comitato abbiamo messo in piedi un ufficio ed un team di persone che hanno a cuore questa zona. Perché hanno investito e stanno investendo per avere dei servizi presenti SOLO su carta. Come dice la frase stessa, la tua frase, tutti dovrebbero amare il luogo in cui si vive. Ma spesso diamo per scontate cose che assolutamente non lo sono. Il "Cep Village" però, NON è solo abusivismo edilizio, NON è sconforto, ma è anche e soprattutto il contrario.
Perché non venite a trovarci?
Comitato Nuovo San Paolo
@anonimo è proprio ciò che voglio raccontare. Il fallimento di un progetto rivoluzionario di un uomo fuori dagli schemi. (...e pochi giorni prima che finalmente si incontrassero lui e Josè, César morì in un incidente stradale)
RispondiElimina@ComitatoNuovo San Paolo i comitati sono fondamentali per la dedizione che ci mettono nel rendere vivibili zone al limite, ma so' che non bastano solo le loro forze. E' tutto un sistema sociale e politico che dovrebbe muoversi per capire che tutelare il territorio significa tutelare le persone. tutte. Per quando riguarda il lavoro per me mostrare i lati negativi, lo sconforto reale e molti altri sentimenti è più efficace che elogiare gli aspetti positivi. E' un discorso complicato che va' oltre la denuncia. Ma nelle storie NON c'è solo abusivismo e sconforto. :)
Verrò sicuramente a trovarvi!
Anonimo e Cristina non conoscevo la storia di Saramago e il mancato incontro con César Manrique.
RispondiEliminaBella storia.
Aspetto di leggere la tua storia.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Comitato Nuovo San Paolo,
RispondiEliminavi va di raccontare il vostro lavoro?
Saluti,
Salvatore D’Agostino
PS: verrò sicuramente a trovarvi.