9 dicembre 2008

0004 [FUGA DI CERVELLI] Colloquio Italia ---> Olanda con Maria Elena Fauci

di Salvatore D'Agostino
Fuga di cervelli è una TAG non una definizione. La TAG è contenitore di diversi 'punti di vista'.
E-migrare e non conformarsi, l'identità come valore, tra design, casa e affetti.

Salvatore D'Agostino 
Maria Elena Fauci di anni..., abitante a... migrante a... qual è il tuo mestiere?

Maria Elena Fauci Sono di Sciacca ma vivo a Mijdrecht in Olanda. Sono architetto.


Nella presS/Tletter n.29-2008, rispondi all'editoriale di Luigi Prestinenza Puglisi 'Lavorare all'estero' (presS/Tletter n. 28-2008) ridimensionando il nuovo fenomeno del lavoro specializzato fuori dall'Italia. In una mia precedente intervista con Marco Calvani* questa nuova figura è stata definita 'Archimigrante'. Perché sono richiesti 'all'estero' gli architetti italiani?

Io non credo che gli architetti italiani siano molto richiesti all'estero. Per quel che ho avuto modo di appurare, in base naturalmente alla mia esperienza personale, non c'è molta differenza se sei italiano o giapponese. Non c'è una preferenza particolare per la nostra italianità.

Semmai è importante quanto vali tu come professionista in base al curriculum che hai costruito con la tua esperienza, i tuoi interessi e i tuoi studi. Le nostre scuole sono considerate positivamente ma non sono altamente specialistiche.

Gli architetti italiani hanno un bagaglio culturale diversificato, ma non specifico.

La specializzazione che conta fa parte del tuo bagaglio culturale, e le nostre scuole hanno ancora un'impostazione troppo generica, se facciamo un paragone con quelle straniere.

Ad esempio, in Olanda sono considerata un interieurarchitect (ndr architetto d'interni).
Io ritengo invece di essere solamente architetto.
Posso dirti invece che i giovani professionisti italiani sono fortemente incuriositi dal fenomeno straniero. La qualità dell'architettura contemporanea in Olanda, Germania, Inghilterra è di altissimo livello, come sai, sino al più impercettibile dei dettagli nelle rifiniture.
C'è una grande libertà di espressione, resa possibile attraverso un'intensa cooperazione con le industrie che ti permettono di realizzare davvero tutto quello che progetti.
Questo è davvero stimolante per tutti noi.

In base alla tua esperienza l'archimigrante per essere selezionato da uno studio di architettura deve avere alcune caratteristiche: 
  • l'età; 
  • pluriconoscenza linguistica; 
  • esperienza lavorativa passata qualificata; 
  • conoscenza regolamenti edilizi locali; 
  • deve capire il sistema e rispettarlo;
  • deve avere una personalità empatica. 
Cosa intendi per età? Queste esperienze/conoscenze fanno parte del patrimonio formativo dello studente medio italiano? 

No. La formazione di uno studente medio italiano è molto teorica. Più vasta, senza dubbio ma meno pratica rispetto alla formazione media di uno studente olandese o belga ecc.
Per cui la specializzazione, seppure cominciata durante gli studi universitari, si completa se nel mercato, hai la possibilità di approfondirla con incarichi compatibili con il tuo corso di studi.
Come sappiamo, questo non sempre accade in Italia.
Semmai, durante la tua esperienza professionale, acquisisci altre conoscenze e ti specializzi in altri campi a seconda della tipologia degli incarichi ricevuti.
Qui invece è più facile percorrere la strada che si è prescelta durante il corso degli studi universitari.
L'età è un fattore importante, perché in base ad essa (puoi chiamarla anche esperienza) viene computato lo stipendio. Naturalmente più giovane sei, meno sei pagato.
Ovviamente viene preferito mediamente un architetto con un massimo di esperienza lavorativa di 5 anni, perché quest'ultimo non rappresenta un costo eccessivo per l'azienda (a qualsiasi scala). Si pensa che non abbia ancora maturato quell'autonomia e sicurezza che si acquisisce con il tempo e con tutti i meccanismi che entrano in gioco lavorando.
Naturalmente devi essere flessibile e socievole, lavorare in maniera indipendente ma anche in un team diversificato e sapere utilizzare molti programmi di grafica e visualizzazione. E anche se l'abilita' nell'utilizzo di softwares teoricamente non è indispensabile, secondo me viene tenuta in massima considerazione, perché molto spesso qui cominci come disegnatore... 

L'Olanda sembra essere la patria ideale dell'architetto: Hendrik Petrus Berlage (1866-1934), Gerrit Rietveld (1888-1964), Jacobus Johannes Pieter Oud (1890-1963), Rem Koolhaas (1944) OMA/AMO, Wiel Arets (1955), Francine Houben (1955) Mecanoo, Ben Van Berkel (1957) UN Studio,Winy Maas (1959) MVRDV, Lars Spuybroek (1959) NOX, Adriaan Geuze (1960) WEST 8, ne cito solo alcuni per brevità, i quali hanno una notevole influenza internazionale, sia teorica che architettonica, una caratteristica endemica, un caso, una strategia o altro?

Bella domanda.
No non è un caso. È lo stesso identico quesito che mi sono posta anch'io e sul quale ho chiesto spiegazione a tanti designers olandesi intervistati (Aldo Bakker, Maarten Baas, Kiki van Eijk, Richard Hutten, Claudy Jongstra, Edward van Vliet) che già a soli 26 anni sono famosi in territorio internazionale e presenti all'interno delle più prestigiose gallerie d'arte contemporanea del mondo.
Per cui se consideri gli architetti che hai citato (ce ne sono talmente tanti altri...) e li sommi ai designers (anche loro numerosissimi) il risultato che ottieni è davvero sorprendente.
Le università sono di buon livello, e cosa non da poco, il governo finanzia i progetti di laurea delle accademie di design.
Poi, devi anche considerare che l'Olanda è un piccolo stato, e puoi raggiungere la notorietà in tempi brevi. Economicamente è in espansione e ci sono tantissime imprese che si spingono al di là dei confini prettamente territoriali.
Gli olandesi sono prevalentemente uomini d'affari, grandi risparmiatori (sino al più piccolo dei centesimi) e amano investire e sperimentarsi in nuove cose.
Inoltre, gli studi che hai citato sono delle vere e proprie aziende, con una media di 50 professionisti suddivisi gerarchicamente.
Credo che il loro successo sia una caratteristica endemica, potenziata in ottime scuole, ma anche tanta strategia e tenacia in un terreno sicuramente fertile per la crescita e l'evoluzione.

Quale esperienza italiana università/lavoro/incontri ti è servita in Olanda?

Purtroppo nessuna fino ad adesso. Vivo in Olanda da due anni e ancora non ho trovato un lavoro. Ma in ogni caso, da 6 mesi circa ho smesso di cercarlo.
Durante il mio ultimo colloquio, i due architetti che mi stavano intervistando, decisero improvvisamente di non proseguire la conversazione ulteriormente. Avevano capito che i miei clienti in Italia erano stati prevalentemente dei privati o medie imprese di costruzione, mentre loro lavoravano esclusivamente con project developers e quindi non andavo bene... A quel punto, gli ho spruzzato un po' del mio veleno, lasciandoli imbambolati nella loro sala riunioni.
Non ho concluso nulla, ma togliendomi quel doloroso sassolino, ho potuto camminare con quella fierezza di un tempo, almeno per quel pomeriggio.
Ma scrivo moltissimo, leggo, dipingo, progetto la mia nuova casa e sto provando a partecipare ad un concorso di idee, nella speranza di crearmi addosso un "Personaggio" che diverso dal contesto, possa aprirmi quella porta e farmi vivere questo mondo, non soltanto da spettatrice.

Che cosa intendi per «crearmi addosso un 'Personaggio' diverso dal contesto»?

Vorrei, se ci riesco, accentuare quello che di diverso ho, rispetto agli olandesi, per provenienza, cultura, educazione, interessi e maniera di operare. Vorrei suscitare interesse o quanto meno incuriosire, proprio per queste differenze (per le quali forse, non sono stata mai selezionata dopo i miei colloqui), una nicchia di mercato.
Non avrebbe senso per me, uniformarmi a quello che qui già esiste e che è di ottima qualità. Perché per facilità di comunicazione, naturalmente, sarei preferita ad un architetto olandese. Cercherei di fruttare il mio essere italiana, quanto più posso, attraverso un'immagine che dovrebbe venire fuori dal mio website (in costruzione) e che potrebbe farmi uscire finalmente dal rifugio.
Credo sia difficile: l'Olanda non è il posto in cui sono cresciuta e non so davvero ancora come muovermi, ma chissà.

Sciacca presenta due paradigmi che trasposti descrivono la Sicilia: la 'roba' e l'abbandono.
Il primo è condensato nella leggenda/storia dell'isola Ferdinandea, emersa e inabissatasi nel 1831 e contesa tra francesi, inglesi e borboni. Poiché possedere l'isola era strategicamente importante.
Il secondo è il teatro progettato dall'architetto Giuseppe Samonà nel 1975, secondo le previsioni del piano razionalista Sciacca doveva munirsi di una grande sala data la sua imminente crescita demografica. La costruzione mai ultimata, sembra un'astronave di cemento posteggiata tra la città e il promontorio. Adesso è un pezzo pregiato dell'incompiuto siciliano del collettivo 'Alterazione video'.
Qual è il tuo paradigma?

Nei miei momenti di sconforto, credo che gli esempi che hai citato e che descrivono la mia Sicilia, potrebbero calzare anche su di me.
Per quanto nel mio piccolo universo, io senta di avere delle potenzialità, che potrebbero essere utilizzate anche da questa realtà, penso anche di essere come una delle opere incompiute siciliane, perché di fatto, la mia carriera proprio all'apice si è interrotta.
E non è continuata qui, come di fatto avevo immaginato.
Ma non ho nessun rimpianto, per avere scelto la via romantica.
Le difficoltà che sto incontrando e le esperienze anomale che ho vissuto nel tentativo di introdurmi nel mondo del lavoro, non hanno ancora infranto i miei sogni.
Ho per fortuna sempre degli obiettivi da raggiungere, ogni giorno.
E nei momenti positivi preferisco pensare che anch'io avrò un giorno la mia occasione, come tutti.
Non sono sicura di avere paradigmi, ma ho conosciuto Giuseppe Samonà da bambina.
È venuto a casa mia.

Ti va di raccontare quest'incontro?

È venuto con mio padre a casa nostra, e la sua inseparabile assistente, di cui adesso non ricordo il nome. "Ti presento un grande architetto!" mi disse mio padre e io ero contenta perché ero stata la prima in casa, ad essergli stata presentata...

In bocca al lupo.


Crepi il lupo!

9 dicembre 2008

Intersezioni ---> Fuga di cervelli
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6 commenti:

  1. Viene difficile commentare questo dialogo.
    La concretezza del lavoro che si scontra con i sogni, raccontato con delicatezza e disincanto.
    Pone delle riflessioni e non delle considerazioni.
    Un grande in bocca al lupo Maria Elena.

    Sandro

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  2. Mi spiace dover entrare nel personale, ma è l'intervista che mi ci trascina. La considerazione che facco è la seguente: l'intervista ha, all'inizio, un tono da conquista di un nuovo mondo, di interesse ad affermarsi in una realtà diversa dalla nostra, visto che da noi è più difficile, ecc., ecc.
    Inevitabilmente, come nel commento di Sandro, si è portati ad una forte partecipazione simpatia verso Maria Elena che, migrante, combatte contro un mondo difficile sia in patria che fuori. Poi, alla fine, si scopre che è due anni che vive là, senza lavoro, prepara la casa, fa strategie, ecc. ecc.
    Scusate, ma mi ricorda la famosa frase di Nanni Moretti in Ecce Bombo: "Faccio cose, conosco gente...".
    Saluti
    Pietro

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  3. Non ho visto il film di Nanni Moretti per poter rispondere adeguatamente... e francamente non capisco appieno il parallelismo. Ma forse e' d'obbligo un chiarimento.

    La mia scelta di vivere in Olanda non e' scaturita da un'insoddisfazione lavorativa maturata in Italia. Ho conosciuto il mio Olandese e l'ho sposato. Ecco perche' sono qui.

    Nella mia vita passata sono sempre stata dedita al lavoro in maniera completa, e pur avendo le difficolta' che tutti hanno, mi sono sempre ritenuta soddisfatta per i risultati che con sacrificio e negli anni ho raggiunto.

    Appena trasferita, cercare lavoro e' stato il mio primo passo su questo mondo, per me ricco di fascino e di possibilita', per integrarmi, sentirmi parte di esso.

    Inizialmente, ho cominciato a mandare il mio CV in Inglese e mi sono sentita bombardata di telefonate. Sembravano tutti come api al miele.

    In Olanda, il colloquio che ottieni e' da considerarsi gia' una grande conquista. Perche' tra tutte le application letters che gli studi ricevono, se ne selezionano solo 5. Io ero tra queste per l'80% delle lettere da me trasmesse. Non sono stata mai selezionata, perche' non parlavo l'Olandese (…ma non lo sapevano gia', visto che il colloquio si era svolto solo in Inglese?).

    Allora ho studiato l’Olandese.

    In 6 mesi ho raggiunto una conoscenza della lingua (e' difficilissima) che mi ha permesso di affrontare anche conversazioni di architettura con gli studi che mi avevano invitato per un incontro. Alla fine non sono stata scelta perche' “troppo qualificata”.

    Allora ho rimpicciolito il mio CV, parcellizzandolo in settori.

    Cosi' per una vacature di interieurarchitect, ho selezionato i miei lavori di interni. Per una vacature editoriale, ho selezionato solo i mei articoli, per una vacature di progettazione di mobili, ho selezionato solo i miei mobili ecc. per sentirmi dire che non avevo conoscenza dei regolamenti nei vari settori, per cui avevo fatto richiesta di lavoro. “Tanti auguri... e bla bla!”

    A quel punto, dopo il mio ennesimo colloquio, sei mesi fa ho detto: “Basta!”

    Tutto questo stava spezzandomi le gambe.

    E per il rispetto che ho di me stessa e delle persone che mi stanno vicino, ho deciso di cambiare strada. Rimuginare tutto il giorno sui perche' e per come il mondo in cui ti sei ritrovata ti respinge, non e' la via giusta per affrontarlo, mi sono detta.

    Non sto mai ferma ad aspettare che il treno passi per me, da sempre!

    Ma non credo di avere le qualita' per vendere vino italiano, come vuole fare il mio collega Florindo di Utrecht, o di cucinare per il jet set olandese, con un’agenzia di catering , come il mio collega di Amsterdam. Entrambi hanno provato le mie stesse esperienze!

    Cosi' tra i miei mille, milioni, centinaia di miliardi di pensieri, unica compagnia delle mie lunghe giornate, tento di tenermi occupata focalizzando in alcune cose, che mi possano dare gioia e il coraggio per farmi avanti tra l'ostilita' e la diffidenza, riscontrate anche in tante piccole cose quotidiane, nella speranza che un giorno, tra le attivita' che sto cercando di concretizzare, sempre intrise di passione per il mio mestiere, possa ritrovare quella consapevolezza di me che in questi due anni difficili ho quasi perso nel gelo.

    Non credo in una vita senza obiettivi da raggiungere. E nel mio caso, questi rappresentano la mia forza, insieme all'amore delle persone care, vicine e lontane.

    Credici o no, Pietro, ma e’ cosi’.

    Maria Elena

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  4. Maria Elena, hai chiarito benissimo e capisco tutto. Mi scuso sinceramente per il mio tono ironico però mancava, a mio avviso, un dato fondamentale nell'intervista: il dato importantissimo che tu ti sei sposata con un olandese. Non è affatto secondario perché quando si leggono storie di trasferimenti all'estero, per uno della mia età e per di più padre, il primo dato di interesse è: ma di cosa vive? Non è curiosità è semplice inquadramento del problema.
    Nella fuga di cervelli ci può essere una scelta precisa, ci può essere anche una necessità e un misto di tutte e due le spinte. Ci può essere un caso come il tuo che è probabilmente il caso migliore.
    Il film di Nanni Moretti è bello ma datato, difficilmente comprensibile per la tua generazione.
    Auguri e ancora sincere scuse
    Pietro

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  5. Sandro e Pietro,

    Grazie, per gli auguri e gli incoraggiamenti.
    Si, ho un marito che mi aiuta e sostiene moltissimo e una famiglia solida che, seppur lontana, segue di pari passo, ogni mio singolo movimento. Puoi immaginare la preoccupazione dei genitori che ti conoscono meglio di quanto tu possa credere, a pensarti da sola in una terra cosi' diversa in tutto dalla tua d'origine, e sottoposta a tutte queste peripezie ... Ma non sono l'unica.

    Lavorare, anche se praticamente gratis, rappresenta il mio modo di ricostruirmi, di sentirmi utile e di provare a me stessa che ce la posso fare. Qualche cosa cambiera' prima o poi.
    Vi tengo aggiornati. Un caro saluto.
    Maria Elena

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  6. Bhè, però in questo caso non si può parlare di archimigrantismo, letti i commenti. Del resto, non è stata la necessità a muovere Maria Elena, a cui vanno ovviamente i miei auguri da un futuro co-nazionale (mi trasferirò anche io in Olanda), ma il caso!
    Ad ogni modo, è interessantemente emotiva la lettura.

    www.piliaemmanuele.wordpress.com

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