17 novembre 2008

0002 [FUGA DI CERVELLI] Colloquio Italia ---> Svizzera con Marco Calvani

di Salvatore D'Agostino
Fuga di cervelli è una TAG non una definizione. La TAG è contenitore di diversi 'punti di vista'.

Dall'architetto emigrante all'architetto e-migrante, una nuova idea di architettura transnazionale?



Salvatore D'Agostino Marco Calvani di anni... abitante a... migrante a... qual è il tuo mestiere?

Marco Calvani anni 29, nato a Roma ed ora e-migrato a Lugano, in Ticino. Il mio mestiere... sarebbe doveroso aprire una parentesi. Apriamola. In Italia, già dall'apertura di una partita IVA esiste una designazione di base... solitamente il non iscritto all'Ordine ricade nella categoria "disegnatore"... ma di cosa? Grafico? Designer? Caddista? Non si sa. Vecchie dizioni.
Qui in Svizzera invece non è nemmeno necessario aprire un numero IVA (non partita). Inoltre c'è molta flessibilità per quanto riguarda le mansioni: architetto, fotografo, designer, grafico... poco importa. L'importante è lavorare.
Chiusa la parentesi. Posso quindi dire che il mio mestiere gravita attorno alla comunicazione dell'Architettura: dalla scrittura alla parte visiva.

Mi spieghi la tua correzione alla mia domanda, migrante con e-migrato?

Semplice. L'emigrante di oggi è enormemente diverso da quello di soli 5 anni fa. È un e-migrante perché grazie alle nuove modalità di connessione riesce a lavorare in qualunque angolo del pianeta raggiunto dal Web con chiunque e su qualunque tema. Il problema non è più "dove trovare lavoro" ma "dove lavorare". Semplice logistica: si sceglie il miglior posto, con meno burocrazia e più aria pulita. In più, tutta la catena di affetti, relazioni viene facilitata da perenni stati di connessione audio/video...

Sulla presS/Tletter n. 28-2008 Luigi Prestinenza Puglisi si sofferma sul lavoro all'estero:
«È inutile dare illusioni ai giovani. Anche nella migliore delle Italie possibili non ci sarà mai posto per i troppi architetti sfornati dalle troppe facoltà di architettura.Occorre che trovino lavoro all'estero. Ma per fare questo, e non da emigranti o da manodopera dequalificata, è essenziale che le istituzioni si attrezzino fornendo informazioni e supporto. Altro che parlare di italianità dell'architettura italiana. Quello che occorre è organizzare una strategia seria e consapevole per conquistare dei mercati, alcuni ancora promettenti. Cosa fa, in tutto questo, la Parc? Non è riuscita a organizzare neanche una mostra di quello che producono gli italiani fuori dai confini nazionali.»
Un tuo parere?

Meno architetti da sfornare equivale a meno cattedre universitarie da assegnare e meno esami di stato da incassare.... no, non è fattibile e l'Italia non può nemmeno farsi esportatore di architetti verso l'estero, essendo nemmeno tanto ben formati e competitivi. In Svizzera ho notato numerose richieste riguardo conoscenze di progettazione BIM... mentre noi stiamo ancora, per la maggior parte degli studenti, con il Cad bidimensionale e, se va bene, Primus per i computi metrici
Della PARC e di tutti gli altri acronimi italiani, ormai poco mi importa. Ho varcato la frontiera anche per non sentire più le solite polemiche ed i soliti schiamazzi. Meglio lavorare, ed in tranquillità.

Non è possibile che in Italia un architetto di 29 anni "lavori in tranquillità"?

Abbiamo due ipotesi: la prima, vede il giovane architetto come dipendente in uno studio, il più delle volte rimediato attraverso conoscenze. Prestazione occasionale, nero o partita IVA che sia, prende tra i 5 e gli 8 euro l'ora, non ha ferie, malattia, orari fissi, aggiornamenti professionali od altro. C'è la passione, vero... ma l'Acea non la vuole in cambio di elettricità né, tanto meno, il padrone di casa al posto dell'affitto.
Seconda ipotesi. Lavora in proprio. Rarissima. Ma esiste. Per accedere al lavoro deve prima sostenere la lotteria dell'esame di stato con i relativi pellegrinaggi... Aversa, Palermo, Milano... poi deve vedersela con i primi committenti. Ho visto scendere, di preventivo in preventivo, l'onorario per una DIA da 1.200 a 300 euro in due giorni.
Nessuno ti vuole pagare, nemmeno a lavoro compiuto. Prima o poi, il giovane architetto tenterà di fuggire o di cambiare settore... proverà anche ad insegnare come supplente in una scuola media di periferia... seguirà a pagamento i corsi della SISS per almeno due anni per poi veder andare tutto in fumo dopo l'ennesima riforma.

Ma cosa c'è da salvare della didattica universitaria in Italia? Qual è il il corso, il professore o l'esperienza che ti ha formato?

L'esperienza di studio in Italia non è così pessima... eccezion fatta per l'organizzazione interna delle facoltà.
Difatti, se andassimo a fare un confronto diretto tra un laboratorio di progettazione di una facoltà italiana e quello di un'Europea troveremo una profonda divergenza che compromette profondamente la qualità dell'insegnamento: da un lato abbiamo classi stracolme con un centinaio di studenti assiepati ed impossibilitati a progettare, un insegnante solo attorniato da una schiera di assistenti non retribuiti... dall'altro 15-20 studenti con doppio docente ed eventuali supporter stipendiati. Per tacere delle attrezzature.... evito di continuare a parlarne perché il tema è attualissimo e su tutti i Tg e quotidiani.
Andando nel particolare, gli insegnamenti italiani che non rimpiango assolutamente di aver ricevuto sono quelli attinenti la parte storico-artistica: Storia dell'Architettura (basta citare Viscogliosi, Fagiolo, Muratore), Storia dell'Arte (Fonti, Caruso, Carbonara), di Museografia e Museologia (Mazzantini, Caruso). Ciò non toglie il fatto che un anno di Erasmus all'estero abbia influito come tre anni di didattica italiana, almeno a livello della progettazione.

L'architettura, l'architetto, il mestiere da e-migrato?

Un'unica parola: l'archimigrante, la nuova generazione di architetti italiani.

17 novembre 2008

Per saperne di più: leggi il blog di Marco Calvani l'Archimigrante
Intersezioni ---> Fuga di cervelli
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Note:
Pubblicato sulla presS/Tletter n.33-2008

3 commenti:

  1. Qui c'è poco da commentare. L'e-migrante ha ragione su tutto. Dalla partita IVA, alla libertà di lavorare liberi da vincoli opprimenti e antichi, alla situazione negli studi, a tutto insomma.
    Certo è che il numero di architetti è impressionante ed è letteralmente impossibile che ognuno trovi una strada decente. Qui siamo all'architetto di condominio!! In queste condizioni non vedo soluzioni. Pensare che ancora c'è chi crede agli Ordini Professionali!
    Quanto alla situazione degli studi: l'essere pagati poco, e talvolta niente, è anche il sintomo di una situazione d'incertezza perenne che vige nelal professione e che, tra l'altro, impedisce agli studi italiani di crescere. Come fai a pensare al BIM (di cui io faccio uso) se non hai la certezza che coloro che lo hanno imparato poi restino con te? E come fai a tenerli con te? Devi pagarli meglio. Ma come fai a pagarli meglio se qualche anno è difficile pagarsi per sè stessi? E come fanno a restare con te se vivono a malapena? E' un circolo vizioso da cui non si scappa e allora....vige l'arte di arrangiarsi.
    Saluti
    Pietro

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  2. Sono daccordo con Pietro Pagliardini. Come al solito, è un problema di sistema che sta per esplodere: gli italiani guardano l'Europa, ma restano fermi, invece di camminargli incontro. Bell'affare, no?

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  3. ---> Pietro e Emmanuele,
    io mi chiedo come possiamo qualificare “l’architetto di condominio”? (Come è stato giustamente definito da Pietro).
    Credo che sia una domanda che gli architetti dovrebbero porsi, perché quest’Italia così litigiosa, incoerente, inaffidabile, provinciale, illetterata non giova a nessuno.

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