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29 novembre 2008

0023 [SPECULAZIONE] L'Italia vista dalla giornalista inglese Lisa Hilton

Lisa Hilton*, corrispondete inglese dall'Italia, dopo tre anni trascorsi nel nostro paese ritorna in patria senza rimpianti. Nel suo articolo di commiato un ritratto dell'Italia di oggi.

Buon Viaggio.



Raccontate a qualcuno che vi siete trasferiti dall'Italia a Londra e sarete oggetto di compassione. "Oh, poverina", dirà, "e non ti dispiace?". Poi comincerà a raccontare di quella graziosa trattoria a Lucca, dei dipinti di Piero della Francesca o dell'uso ripetuto della parola "bella". Tutte le persone con cui parlo mi raccontano della loro Italia, un paese mitico e incantevole dove le logge sono baciate dal sole e le giovani contadine stendono la pasta sui gradini di casa nei borghi medievali.

Non vorrei deluderli, ma dopo tre anni a Milano mi sento in dovere di informarli che la dolce vita ormai è credibile quasi quanto i capelli finti di Silvio Berlusconi. Ogni volta che vedo l'ennesima rivista patinata descrivere un altro meraviglioso angolo del Belpaese, sono colta dall'irresistibile impulso di ficcarglielo dove il sole della Toscana non batte.

Non rimpiango il mio esilio italiano. Ma tornata a Londra mi rallegro per l'abbondante offerta dei supermercati Waitrose e sono felice di poter andare in banca all'ora di pranzo o di poter comprare un francobollo all'ufficio postale. L'Italia è nel migliore dei casi un ologramma da conservare per le vacanze estive. Da quelle parti la vita fa schifo, anche senza stare a Napoli. L'anno scorso, per esempio, abbiamo ricevuto le cartoline di Natale a marzo. Le mie lamentele si sono scontrate invariabilmente con un'alzata di spalle e un rassegnato "è così". La stessa cosa vale per la politica (corrotta al punto che nessuno riesce più a capirla), i servizi pubblici o i disgustosi episodi di razzismo. La televisione italiana è inguardabile: giochi a premi con fanciulle in perizoma, che prima o poi finiscono al governo, e personaggi che urlano contro Alessandra Mussolini.

La stampa è così cieca, pomposa e stupida da essere illeggibile. Oltre ai commenti sull'impossibilità di combattere la corruzione, i giornali contengono solo articoli datati e mal tradotti tratti dalla stampa anglofona.
E il cibo? Il risotto mi piace, certo, ma l'unica spezia in vendita nell'alimentari sotto casa era una polverina che chiamavano curry. Per quanto riguarda la cucina etnica, l'Italia è rimasta al 1953. E comunque gli italiani mangiano all'aperto solo due volte l'anno perché hanno paura del maltempo. In quel paese sanissimo, la malattia più diffusa è l'ipocondria. Per iscrivermi in palestra ho dovuto presentare due certificati medici (equivalenti a una settimana di fila).

La cosa più penosa è che gli stessi italiani ignorano le meraviglie del loro paese. Nella nazione che ha inventato quasi ogni dettaglio della civiltà, dal sonetto alla Nutella, Jack lo Sverniciatore imperversa staccando dai muri gli stucchi barocchi per riportare alla luce i banali mattoni a cui i turisti sono abituati. E la Scala è ferma perché i suoi musicisti vengono pagati in panini.
Perché sforzarsi di apprezzare il patrimonio culturale più ricco del pianeta quando ci si può limitare a essere bavosi parassiti che si accontentano delle americanate disprezzate perfino dagli ottusi inglesi?

Mescolando pensierosa il suo caffè a un tavolino di Cova, il locale settecentesco un tempo frequentato da Giuseppe Verdi, una mia amica italiana mi ha confessato che non vedeva l'ora di provare Starbucks. Se volete farvi un'idea dell'Italia autentica, leggete Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, che racconta una cultura meridionale, brutale e primitiva, tuttora esistente, come dimostra Roberto Saviano in Gomorra.

O magari provate con Outlet Italia di Aldo Cazzullo, che rivela come la piazza, un tempo luogo d'incontro della nascente democrazia, si sia svuotata perché gli italiani, obesi e ossessionati dal telefonino, passano le domeniche chiusi in capannoni industriali a comprare abiti Abercrombie & Fitch scontati. Al nord si respira lo smog peggiore d'Europa, mentre il sud è letteralmente tossico. E nessuno se ne preoccupa. È così.

29 novembre 2008
Intersezioni ---> SPECULAZIONE

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* Lisa Hilton, I don’t miss Italy. The dolce vita is a myth, Spectator, 5 novembre 2008. Traduzione apparsa sul settimanale 'Internazionale' n. 772, 28 novembre 2008, p. 25 con il titolo: Il miraggio della dolce vita.

21 commenti:

  1. Penso che non sarebbe difficile per me scrivere un articolo con lo stesso rancore riferendomi a Londra. In Italia abbiamo i nostri problemi, ma non per questo l'Inghilterra è esente da problemi. L'autrice fa indirettamente presumere che Londra e l'Inghilterra sia invece i baluardi della società civilizzata, il paradiso a cui ritoranre (tipico orgoglio inglese).
    Oltretutto Milano è una delle città più difficili da digerire ed è certamente ostica per vari aspetti.
    Io che oggi vivo in Olanda mi rendo conto di vivere, per certi aspetti, una realtà migliore rispetto quella italiana e anche inglese, ciò non toglie che anche qua vi siano parecchi problemi. Se la Hilton voleva una società pseudo-idilliaca poteva andare in Svizzera o in Svezia.
    In generale mi danno fastidio questi stranieri che vengono nel nostro paese e dimostrano totale intolleranza e incapacità di adattarsi alla situazione in cui si trovano, perchè sono loro gli ospiti. Io mi sono adattato a Milano a Londra, a Casablanca e poi a Rotterdam, ma non ho mai sputato fiamme come ha fatto lei per i problemi che ho incontrato nelle diverse città.
    Tanto più, trovo fuori luogo nell'articolo le uscite su Starbucks e la cucina etnica e le spezie del negozio sotto case... uscite che mostrano lo stato confusionario dell'articolo in preda ad una rabbia cieca.

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  2. ---> Marco,
    Lisa Hilton sicuramente è stata un po' eccessiva, ma mette in evidenza un carattere della nostra società, cioè la totale noncuranza per il futuro racchiusa nella consueta risposta «È così!».
    Marco mi piacerebbe rispondergli «No! Non è così!» ma mi viene difficile.
    Bisogna cambiare rotta anche partendo dalla considerazione un po' troppo rigida di straniero/ospite.
    Grazie per il commento a presto,
    Salvatore D'Agostino

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  3. Va bene, c'è molto di vero in questo sfogo e certamente l'Italia, o meglio gli italiani, hanno un rapporto un pò deformato con la modernità, prendendone solo i difetti e gli aspetti più consumistici. Però la giornalista prima dice che l'Italia è oleografica, la trattoria di Lucca, i dipinti di Piero (mi fa piacere che sia venuta nella mia Arezzo ad ammirarli), poi ammette che abbiamo il patrimonio artistico e culturale più grande al mondo. Si decida, per favore.
    Comunque ora sarà nel suo bel paese, a mangiare fish and chips appoggiata ad un muro, con le mani unte e il grasso che si accumula su fianchi e culo.
    C'è tutta una letteratura inglese che racconta l'Italia e, come nella famosa barzelletta, c'è chi ne dice bene e c'è chi ne dice male.
    La signorina mi fa venire in mente, non so perché, un proverbio: mogli e buoi dei paesi tuoi. Se lo porti nel suo paese (che io invece personalmente ammiro molto) come souvenir. Insieme ad un bidet e ad un miscelatore acqua calda e fredda.
    Saluti
    Piero

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  4. ottimo spirito di osservazione Lisa
    come al solito un esterno coglie a pieno l'essenza delle cose, con occhio neutro. Sottoscrivo tutto, vivo in belgio da un anno e sono come rinato. In italia torno solo per rapide vacanze. Lisa Italy is dowing apple and peers!
    Ernesto

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  5. ---> Ernesto,
    penso che bisogna accettare il punto di vista della giornalista inglese ma bisogna anche reagire.
    O forse non c'è più niente da fare per questa 'bisticciosa' e infantile Italia?
    Salvatore D'Agostino

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  6. ---> Pietro,
    non so perché ma io partirei con il cambiare questa atavica cancrena italiana: "è così che ci puoi fare!"
    Basta approssimazioni e superficialità, non credi?

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  7. Da alcuni commenti riconosco l'odiosa tendenza da italianetto di borgata che tende comunque a difendere a spada tratta la propria "piazzetta" nonostante la rovinosa evidenza...

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  8. ---> Emmanuele,
    neghiamo l'evidenza.
    Un primo ministro re degli spot che fa perfettamente il suo mestiere ha anche un riconoscimento politico.
    Una sinistra totalmente incapace di misure 'democratiche', che contrasta in modo stupido e fallace la politica di destra.
    Infine il comune italiano ormai incapace di avere un'opinione pubblica rilevante.
    Molte cose non vanno cominciando soprattutto dalle piccole accortezze: biblioteche/banche aperte non negli orari di lavoro.
    A presto,
    Salvatore D'Agostino

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  9. C'è troppo '68 nella sinistra italiana e lo hanno dimostrato le varie correnti interne (della serie tutti uniti, ma ognuno pensa come gli pare), prima fra tutte il Big Bang. L'ho ascoltato poco ieri sera, ma il tema dominante era: ci avete stancato, aggiornatevi o andate via. Detto questo, nell'articolo si evince troppo il nostro stile di vita, ambiguo e ottusamente orgoglioso "è così, che ci vuoi fare" e "è così, se non ti sta bene, vattene". Allora si che si può inquadrare lo straniero/ospite e "i disgustosi episodi di razzismo" (ma qui entrebbe in gioco anche un retaggio culturale democristiano falsamente cristiano, non solo "fassista" come farebbe piacere ai sinistri).
    Non possiamo nasconderci dietro i problemi e cadere nel "così è" e poi dire che la Hilton ha torto, perché è proprio così che viene dimostrato il Teorema. Appunto Saviano scrive: "Ribellatevi prima che sembri tutto normale" e continuo a credere che non sia arrivato affatto tardi.

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  10. per tre quarti è 'na boiata pazzesca 'sto articolo... :-)

    robert

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  11. Salvatore, queste sono cose che avrei potuto dirti anch'io che sono italiano.
    E più che altro, continuo ad aspettare una reazione del popolo italiano che tarda a venire...ma non saprei se gli inglesi siano molto meglio di noi in questo senso (visto che Cameron di batoste ne ha date in questi tempi, tanto da far rimpiangere la Tatcher).
    Che siamo destinati tutti ad una forma di dispotismo leggero, senza oppositori e/o sovvertitori?

    (in ogni modo sottoscrivo l'affermazione di Pietro sul bidet)

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  12. Francesco,
    ieri ascoltavo alla radio (tre) Simone Ragazzoni (che non conoscevo) parlare dell’altro. Citava questa frase di Jacques Derrida: «L’altro è un’altra origine del mondo».
    Serve sovrapporre una nuova identità poiché questa dell’È così” non funziona. Ci ha portato (non solo quest’aspetto) in questo baratro.
    Abbiamo costruito e avallato amenità tremende.
    Siamo troppo passivi (forse più al nord che al sud – se ci pensi al sud ci sono da tempo sacche di resistenza e molti morti sul campo -) dobbiamo cambiare identità non a parole ma con le azioni.
    Con una variante sostanziale non siamo tutti uguali, identici ma tutti diversi (diverse identità), riprendendo Simone Ragazzoni: «Imparare a convivere con l’altro, significa imparare a convivere proprio con l’estraneità di un altro mondo, ma senza cancellarlo fagocitarlo riconoscendo all’altro il diritto a coltivare, quella che potremmo chiamare con una citazione “la propria legittima stranezza”».
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  13. Robert,
    prendo atto del tuo disappunto; mi piacerebbe conoscere il perché dell’ ¼ o i ¾.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  14. Giulio Pascali su fb mi scrive:

    Giulio Pascali: Anche il best seller di Stella e Rizzo é illuminante, senza contare la Storia dell'abusivismo di Berdini
    29 ottobre alle ore 9.32
    Wilfing Architettura: Sì anche se questi libri (a parte Saviano) sono scritti da indignati sul divano. Troppo poco popolari e molto borghesi con deriva politica. Praticamente parole inane. Né saggio, né saggi, né attivisti. 29 ottobre alle ore 9.40

    Giulio Pascali: Infatti non hanno smosso alcuna coscienza. Però non ne sottovaluterei il contenuto. Cederna é sempre nei nostri cuori. 29 ottobre alle ore 10.00

    Wilfing Architettura: Su Cederna avrei molte riserve. Ma adesso sono di passaggio. Copio e incollo questo piccolo scambio su WA per darti una risposta in seguito; poiché m'interessa approfondire questo tema.
    Per me Cederna è l'artefice culturale di questo sfascio a dopo :-)
    29 ottobre alle ore 10.14


    Giulio,
    ti cito l'introduzione di 'Vandali in casa' di Antonio Cederna:
    «[...] I vandali che ci interessano sono quei nostri contemporanei, divenuti legione dopo l’ultima guerra, i quali, per turpe avidità di denaro, per ignoranza, volgarità d’animo o semplice bestialità, vanno riducendo in polvere le testimonianze del nostro passato: proprietari e mercanti di terreni, speculatori di aree fabbricabili, imprese edilizie, società immobiliari industriali commerciali, privati affaristi chierici e laici, architetti e ingegneri senza dignità professionale, urbanisti sventratori, autorità statali e comunali impotenti o vendute, aristocratici decaduti, villani rifatti e plebei, scrittori e giornalisti confusionari o prezzolati, retrogradi profeti del motore a scoppio, retori ignorantissimi del progresso in iscatola. Le meraviglie artistiche e naturali del “Paese dell’arte” e del “giardino d’Europa” gemono sotto le zanne di questi ossessi: indegni dilapidatori d un patrimonio insigne, stiamo dando spettacolo al mondo.
    Tra le persone civili e i vandali odierni nessun compromesso è possibile: affinché l’eventuale lettore sappia a quale delle due schiere appartiene, gli sottoponiamo subito, tra mille, un caso esemplare che perfettamente esprime il cieco furore dei distruttori d’Italia.

    [ndr segue esempio Chiesa San Raffaele e Rinascente a Milano]

    Così facendo, Curia e Rinascente non si comportano forse come i papi, principi e cardinali che per tanti secoli hanno distrutto i monumenti antichi, costruendo i nuovi sulle loro rovine? Chiunque si sia posto simili domande o abbia ad esse risposto affermativamente, costui non è dei nostri, ma è una testa di legno o un malfattore un vandalo appunto».


    Cederna, come ti dicevo su FB, è stato una delle tante concause del nostro sfascio urbano.
    Con la sua sindrome NIMBY da ‘centro storico’ e la fatidica zona A - un’ossessione per alcuni legislatori italiani - ha contribuito a rompere il ciclo virtuoso delle nostre città che si rigeneravano su se stesse.
    Una visione devastante e distruttiva.
    Basta, appunto, rileggere il suo libro.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  15. Matteo,
    infatti non è importante guardare dentro il bidet degli inglesi ma reagire iniziando –come mi diceva Junko Kirimoto – dal rispetto per le persone e le cose.

    Ovvero dalle basi civiche.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  16. salvatore, era da un po' che volevo risponderti, ma non ne avevo il tempo. un bell'articolo dell'internazionale mi viene in soccorso:

    http://robertogoldin.wordpress.com/2012/01/15/il-tramonto-dellinghilterra/

    le salsine che la giornalista trova da waitrose passano in secondo piano :-)

    robert

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  17. Prima di sposarmi, trascorrevo all'estero la totalità di ogni vacanza o ponte disponibile. Ogni volta poi che varcavo tornando il Brennero o il Tarvisio, al primo cartello verde in lingua italiana mi lasciavo andare a ogni tipo di bestemmia e torpiloquio. Dopo le autostrade - biliardo gratis della Germania, dover pagare caro quella merda di Benetton per trecento o quattrocento chilometri di buche e sorpassi - soprusi, metteva davvero a dura prova il mio amor patrio, per non parlare degli Autogrill austriaci, più puliti di casa mia, in cui con 2 euro potevi fare una doccia, paragonati a quelli italiani...
    Eppure, quando i miei amici dell'Europa centrale ricambiavano le mie visite, li portavo in giro per le città d'arte del nord e del centro, oltre che alle compiante Cinque Terre spezzine, e loro garantivano che non c'era al mondo posto più bello del mio bel paese.
    Chi ha ragione?
    Vil italiota.

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  18. LdS,
    ottimo articolo perfetto contraltare dello sfogo della Hilton.
    Peccato per le foto troppo ‘manipolate’ sia nei colori sia nella rappresentazione.
    Riporto il finale: «Forse tocca a noi provare a capire “cosa non è andato per il verso giusto”».
    Questo è ciò che mi preme sottolineare. Non possiamo più usare parole vuote come ‘identità italiana’, ‘sicurezza’, ‘italianità’, ‘mafia’, ‘padania’, ‘nord e sud’ come scudo per le semplificazioni degli ‘opinion leader’.
    Serve andare oltre le parole e toccare il fondo con i nostri piedi.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  19. Vil italiota,
    se ci pensi la nostra fortuna di viandanti si deve all’accordo di Schengen il 14 giugno 1985; prima ogni nazione era un castello barricato.
    Ho speso alcune estati dei miei vent’anni attraversando l’Europa a piedi, dormendo a terra, nelle stazioni, insomma ovunque. Non imitavo la beat generation né il dogma del sessantotto: sesso, droga e rock & roll (a parte, ogni tanto, la prima).
    Avevo una gran voglia di viaggiare per conoscere mondi diversi dal mio.
    Mi è rimasto il gusto del ‘diverso’ perché ogni luogo non è comparabile a un altro.
    Siamo tutti diversi e questa è la nostra ricchezza.
    Declinare i comportamenti sociale secondo un modus operandi comune è da folli o da politici ‘semplificatori’.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  20. Salvatore,
    anche i miei viaggi erano pre-Schengen. Io però non usavo il treno, ma un incredibile furgone VW transporter III (l'ultimo col motore posteriore) a gpl, con camera da letto illegale nel vano carico. L'ho demolito nel 99 dopo aver percorso oltre 400.000 km, la maggior parte fatti col sistema testa o croce (ad ogni diramazione autostradale tiravo la monetina per sapere dove andare!), con l'unico rammarico che la monetina non ha mai deciso per il sud (davvero, non racconto balle!).
    Ho ricordo di frontiere attraversate dopo ore di attesa, con tanto di perquisizione di cani antidroga, mentre le Mercedes nere della mafia russa passavano senza alcun controllo.
    Ma bando ai ricordi, chiudo con una lieve polemica e una pacca sulle spalle alla signorina Britannica, autrice di cotanto velenoso articolo.
    Se si arriva allo Stivale venendo dall'Austria, dalla Germania o persino dalla ex Cecoslovacchia (ma non dall'Ungheria!), davvero viene voglia di arrabbiarsi già dopo 10 chilometri di A22 o A23, dato che magicamente incominciano le buche, i sorpassi a destra, gli abbaglianti, i gestacci, le cartacce, il puzzo di piscio ai gabinetti (e non solo lì), le file alle barriere, i questuanti nei parcheggi... Ma l'Italia per fortuna non è solo fatta di Benettoniana Autostrada, ma anche di Alpi Carniche, Dolomiti/Dolomiten, Venezia, Verona e poi tutto il resto a scendere. Certo, venire in Italia e abitare in quel freddo squallore, in quella stupida e inutile ostentazione chiamata Milano (e per GIUNTA Morattiana!), non deve aver di certo aiutato la nostra ragazza... se solo avesse lasciato i falsi ori e lustrini modaioli di via Montenapoleone e si fosse adattata alla cittadina o al paesello, forse il suo giudizio sarebbe stato meno ostile e anche più obiettivo.
    Vil Europoide.

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  21. Vil Europoide.
    era sicuramente una monetina ante litteram 'padana'.
    Saluti,
    Salvatore D'Agostino

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