10 novembre 2008

0001 [FUGA DI CERVELLI] Un problema o una risorsa?

di Salvatore D'Agostino

Fuga di cervelli è una TAG non una definizione. La TAG è contenitore di diversi 'punti di vista'.


Il concetto di brain drain, letteralmente fuga di cervelli, fu formulato dalla Royal Society nel 1963 per spiegare il fenomeno degli scienziati e ricercatori inglesi che emigravano negli Stati Uniti. In seguito, la definizione più accreditata fu data da S. Commander «le migrazioni di personale qualificato da paesi in via di sviluppo a paesi sviluppati.»1
Lorenzo Beltrame, dottorando presso la facoltà di sociologia di Trento, ha svolto uno studio2 sul brain drain focalizzando l'indagine sull'Italia e abbandonando la retorica dei media/politica evidenzia tre aspetti problematici:
  1. l’alto contenuto di capitale umano di coloro che lasciano il paese;
  2. la scarsa capacità attrattiva dell’Italia;
  3. i bassi livelli di qualificazione degli immigrati che entrano in Italia.
Una parte rilevante dell'analisi di Beltrame è dedicata all'inefficacia dell'azione politica iniziata nel gennaio 20013 con il ministro del centrosinistra Ortensio Zecchino e chiamata “Rientro dei Cervelli”. Con questo provvedimento si legiferavano le modalità di contratti e incentivi atti ad agevolare il rientro in patria del capitale umano altamente specializzato, in seguito questa legge è stata avallata dal ministro del centrodestra Letizia Moratti4.
«Quando ho letto della caccia ai cervelli in fuga, ho pensato "fantastico! forse posso tornare!". Ma poi ho pensato a come (in genere) queste cose vengono gestite in Italia.... Spero davvero che il progetto possa diventare qualcosa di buono, ma ho paura che alla fine tutto si riduca al solito spreco di quattrini per dirigenti e baroni che sistemeranno solo i parenti e gli amici degli amici.» [Forum Corriere, 28 ottobre 2003, post delle 10:24]
Questo entusiastico, ma subito realistico commento, non è distante dalla realtà, da allora sono stati spesi 525 o forse 806 milioni di euro per far rientrare l’1% dei nostri Cervelli in fuga secondo Beltrame.
«Sapete com'è finita? Che l'ambizioso programma, costato 52 milioni, si è infranto contro mille distinguo, mille cavilli burocratici, mille intralci procedurali. Tizio, Caio e Sempronio sono dei geni? Sarà. Ma bisogna vedere anche se tutti i moduli sono a posto, quanto vale in Italia la qualifica che avevano in America e poi i titoli e le carte e i timbri… Risultato: dei 460 faticosamente riportati in Italia, finora sarebbero stati richiesti ufficialmente dagli atenei italiani solo in una cinquantina e avrebbero superato le forche caudine del Cun (Consiglio universitario nazionale) solo in dieci. E il bello è che non possono manco tentar la carta dei concorsi: sono bloccati dal 2003 in attesa delle nuove regole. Auguri. O good bye...» [Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella]7
Eppure le risposte sulle motivazioni e le soluzioni date dai ricercatori nel rapporto del CENSIS del 2002 “Talenti nazionali: frustati in Italia delusi all’estero”8 sembravano chiare:
«Tra le motivazioni che hanno spinto i ricercatori a lasciare il nostro paese al primo posto si collocano le scarse risorse disponibili per l'attività di ricerca (59,8%), seguite da condizioni economiche migliori (56,6%) e dalle prospettive di un più rapido sviluppo di carriera (52,1%).
[…]
Suggerimenti in merito agli adeguamenti strutturali per arginare la fuga dei cervelli:
61,9% - incrementare la spesa per la ricerca;
42,4% - istituire centri di eccellenza;
42,1% - maggiore autonomia delle università su reclutamento, stipendi e rapporti con le imprese».
Le cifre sui migranti specializzati non sono chiare e non tutti sono dei Cervelli con contratti gratificanti. In Italia abbiamo più di 125.000 architetti e molti davanti una realtà lavorativa degradante e dequalificata hanno tumulti vittoriniani, gli stessi sconquassi umorali raccontati da Orhan Pamuk nel suo racconto “Perché non sono diventato architetto"9, Franco La Cecla nel capitolo “Perché non sono diventato architetto10 e Gianni Biondillo nel capitolo “Non fate studiare architettura ai vostri figli”.11
Architetti spesso promettenti incapaci di capire il linguaggio dei palazzinari e ingenui a non raccogliere il suggerimento politico “Bisogna convivere con la mafia";12

giovani uomini/donne curiosi, con identità trans nazionale, lontani dalla retorica di una classe politica italiana posticcia e mediocre;

giovani uomini/donne stufi di aspettare che l’adulto possa capire il linguaggio del loro tempo, perché quest’ultimo è impegnato ad occupare ad oltranza la poltrona sudata per usucapione;

giovani uomini/donne che non migrano, ma si spostano perché la loro formazione (spesso da autodidatta) è trans culturale;

giovani uomini/donne che mi auguro cambieranno la nostra Italia.
Wilfing Architettura con questa rubrica apre un’indagine con il semplice strumento dell’intervista/ascolto. Chiede un aiuto ai migranti (o a chi li conosce): di inviare una mail al blog per iniziare questo nuovo racconto.

Iniziamo con due storie Laura G e Maria Elena Fauci:  

Giancarlo De Cataldo, Storia amara di un ricercatore, Unità, 25 ottobre 2008
Mi chiamo Laura G. Ho trent'anni.
Due anni fa ero ricercatrice all'Università.
Un giorno fui chiamata a rapporto dal mio Professore.

«Laurè, ma come devo fare con te?».

Spaventata, azzardai una timida protesta: «Ma che c'è, professore?

Che ho combinato? Ho sbagliato qualche calcolo? Ci sono state lamentele dagli studenti?».

«Niente di tutto questo», sorrise lui, mesto «è che vai troppo veloce...».

Con un sospiro, cominciò a scorrere l'elenco dei miei ultimi lavori.

«Tu sei troppo brava, Laurè, e questo è un problema! Fra sei mesi si riunisce il consiglio di facoltà per decidere la nomina del nuovo associato alla cattedra.... il posto tocca a Giovanni, che, poverino, non è una cima, ma sta in lista d'attesa da un sacco di tempo! Ora, se tu ti presenti con tutti questi lavori , mi metti in imbarazzo... perché a te non ti possiamo scegliere, sei troppo giovane, ma se premiamo Giovanni scoppia un casino...»

«E allora?» «E allora devi rallentare! Prenditi una vacanza, no? Stattene buona per un po'! Così Giovanni ha la sua nomina, e tutti siamo felici e contenti. E poi noi due ne riparliamo. Sei così giovane, tu, puoi aspettare...».

Più che il tono del discorso, fu la risatina ammiccante del Professore a farmi decidere, su due piedi, di piantare in asso il mio lavoro, la mia città, il mio Paese.

Mi guardai intorno. Spedii una mail a un'università inglese che aveva bandito un concorso per un posto di ricercatore nella mia materia. Nel giro di ventiquattr'ore ricevetti la convocazione.
Una settimana dopo venni ricevuta dal Senato Accademico. Esaminarono il mio curriculum e mi intervistarono per un paio d'ore abbondanti.
Poi mi pregarono di attendere la risposta nell'anticamera.
Un quarto d'ora dopo si presentò il Decano della facoltà con il contratto d'assunzione in quadruplice copia.

Mi chiamo Laura G.
Ho trent'anni. Insegno all'Università di Cardiff, nel Sud dell'Inghilterra.
A volte provo nostalgia per il sole e per la dolcezza dell'Italia.
Per gli italiani, mai.
Maria Elena Fauci: Lavorare all'estero. Pubblicato sulla PresS/Tletter 29-2008.
Caro architetto, ho letto con interesse il suo articolo nella presstletter [ndr 28-2008], ma la situazione all'estero non è nemmeno tanto rosea per quegli italiani, che vogliono scommettere su se stessi, in una nuova realtà lavorativa, così stimolante e innovativa come quella olandese, ad esempio.
Le posso raccontare tanti di quegli aneddoti, sperimentati sulla mia pelle negli ultimi due anni, che sono stati veramente al limite di ogni sopportazione.
Tuttavia col tempo ho potuto verificare che il mio non era un caso unico, ma una realtà che accomunava tanti altri architetti italiani, che come me, si sono trasferiti qui a seguito di una scelta di vita familiare e per inseguire un sogno.
La selezione negli studi di Architettura (a tutte le scale) viene operata in base all'età, alla pluriconoscenza delle lingue straniere (io ne parlo e ne scrivo 4) al tipo di clientela che si è avuta nella propria esperienza lavorativa passata e alla conoscenza dei regolamenti edilizi locali!!!
Per farla breve, qui si ragiona così. Niente investimenti su persone che non si conformano ad un sistema o un piano di studi che non sia il loro. Niente rischi su personalità, comunque interessanti o qualificate, che rappresentino quella diversità che non possono appieno controllare.
Questa è la non piacevole realtà a cui non riesco a dare una spiegazione convincente, visto che gli olandesi sono innamorati pazzi dell'Italia e non vi è casa o negozio che sciorini con orgoglio solo Design italiano!
Quindi, non resta che guardare avanti sempre con il sorriso, sperimentandoci da soli in terra straniera, nella speranza che l'occasione giusta arrivi un giorno anche per noi, indipendentemente da tutto.
Un caro saluto, Maria Elena
10 novembre 2008
Intersezioni ---> Fuga di cervelli


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Note: 
Per saperne di più visita il sito del governo: Rientro dei cervelli e un'interessante pagina di blogger migranti sul sito professione architetto.

1 Per una definizione più esaustiva vedi: Lorenzo Beltrame, Realtà e retorica del brain drain in Italia. Stime statistiche, definizioni pubbliche e interventi, Quaderno n.35, Dipartimento di sociologia e ricerca sociale di Trento, marzo 2007, pp. 8-9. Link.
2 op. cit. (Lorenzo Beltrame) 
3 Decreto Ministeriale 26 gennaio 2001, Incentivi per la chiamata di studiosi stranieri ed italiani residenti all'estero. Link. 
4  Decreto Ministeriale 20 marzo 2003, Rientro cervelli 2003. Link.
5 Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, Sotto i 35 anni solo 9 docenti su 18 mila, Corriere della sera, 09 gennaio 2007. Link. 
6 Lettera aperta dei docenti del Programma “Rientro dei Cervelli”. Link. 
7 op. cit. (S. Rizzo e G.A. Stella)
CENSIS - XXXVI Rapporto sulla situazione sociale del paese - 6 Dicembre 2002 - Talenti nazionali: frustrati in Italia delusi all'estero. Link.
Orhan Pamuk, Other Colours. Essay and a Story, Faber & Faber, London 2007
10 Franco la Cecla, Contro l’architettura, Bollati Boringhieri, Torino, 2008
11 Gianni Biondillo, Metropoli per principianti, Guanda, Parma, 2008
12 Dichiarazioni dell’allora ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi il 23 agosto 2001. Link.

Pubblicato sulla PresS/Tletter n.32-2008

6 commenti:

  1. Grazie Salvatore per questo articolo ricco e pieno di rimandi! Purtroppo non c'è niente da aggiungere. Veramente purtroppo...

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  2. ---> Emmanuele,
    grazie a te per la tua puntuale presenza.
    Io aggiungere una contraddizione di termini la “decisione politica nella scelta delle eccellenze”, non credi?

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  3. Io credo che ci sia una contraddizione in termini tra politica e scelta. La politica deve organizzare, non fare le scelte per gli altri. Non deve tanto prendere provvedimenti, tanto dare indicazioni.
    Però ovviamente, siamo in preda tra mafiosi, massoni, pazzi con deliri di onnipotenza...

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  4. ---> Emmanuele,
    credo che la politica gestionale/familistica sia uno dei mali più evidenti, ma questi ultimi sono amati dagli italiani che li votano.
    Quegli italiani che emulano la commedia all'italiana senza capire l'ironia e il messaggio profondo di decadenza che l'autore vuole trasmettere.
    Un esempio l’episodio “Il mostro” nel film 'I mostri' di Risi (1963), dove due poliziotti (tipici impiegati di concetto) interpretati da Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi si prestano con il loro migliore sorriso al fotoreporter che li immortala dopo la cattura di uno sgangherato pluriomicida.
    Purtroppo il riso amaro è scambiato per crassa risata.

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  5. Grazie del link a questo blog, sembra veramente top notch...
    Un saluto da un collega bloggista
    Federico

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  6. ---> Federico,
    grazie a te e al particolare della barba.
    Mi piacerebbe ospitare il tuo punto di vista.
    A presto SD di WA

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