di Salvatore D'Agostino
Due anni fa moriva, in modo violento, Ludovico Corrao ideatore e infaticabile promotore della rifondazione di Gibellina, distrutta dal terremoto nel 1968. Il paese, per motivi di sicurezza, secondo un decreto del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, non poteva essere ricostruito sulle proprie macerie, ma andava rifondato altrove. Ludovico Corrao, allora sindaco di Gibellina, pensò che fosse venuto il momento del riscatto di un popolo da secoli povero e vessato dai potenti affiancando alla costruzione della nuova città progetti d’arte contemporanea. L’arte a Gibellina nuova doveva essere non più espressione del potere dominante ma a servizio di tutti i cittadini. Mentre gli edifici seguivano il percorso, spesso non facile, dei finanziamenti statali, le opere d’arte furono sovvenzionate con i soldi degli stessi abitanti.
Fu così che alcuni artigiani della nuova Gibellina come Carlo La Monica, Luigi e Girolamo Ippolito, Antonio Renda, Giuseppe Barbera, Egisto Artale, Alfonso Terranova, Damiano Arcilesi, Cristoforo e Vito Evola, Pippo Ferrara, Franco Cassarà Ignazio Giacone, Maria Capo, Franca Ippolito, Angela Casciola, aiutarono e costruirono le opere di artisti come Scialoja, Paladino, Burri, Consagra, Pomodoro, Cascella, Franchina, Mirko, Uncini, Staccioli, Schifano, Beuys, Xenakis, Kokkos, Isgrò, Colla, Cucchi, Briggs, Accardi, Noetti, Ciussi e tanti altri.
Questi artigiani, in un libro inchiesta di Davide Camarrone ‘I maestri di Gibellina’, raccontano con orgoglio la straordinaria opportunità che ebbero nel cooperare con artisti provenienti da tutto il mondo, affrontando le sfide che si volta in volta gli proponevano. Sfide che uscivano fuori dalle consuete mansioni quotidiane e che innescarono un dialogo creativo, come ricorda il fabbro Carlo La Monica: «Lui (ndr Corrao) diceva sempre: “La musica la scrivono loro però i musicanti li mettiamo noi.»
A seguire, pubblico l’introduzione che Ludovico Corrao scrisse per questo libro che, per una strana coincidenza, è stato pubblicato lo stesso mese della sua morte. Questo testo, appare come un inconsapevole testamento di chi consegna un’opera appena abbozzata: «Una città non si ricostruisce - ricorda Corrao - con un disegno e una bacchetta magica, imponendo uno stile su un altro. Una città si ricostruisce negli anni, nei secoli.»
Quasi come un monito pieno di speranza conclude: «Questo, per Gibellina, è solo l'inizio di un cammino.»
Fotografia di Mimmo Jodice