da leggere insieme l’intervista al sociologo Marco Omizzolo
La prima volta che Martino Di Silvestro ha fotografato i sikh dell'agro pontino era il 2004 quando, per puro caso, partecipa al corteo religioso che si svolge tutti gli anni nel mese di giugno a Sabaudia. La festa celebra il sacrificio del quinto divino sikh, considerato dai devoti un’incarnazione consapevole della grazia di Dio, Shri Guru Arjan Dev Ji. Da allora una o più volte all'anno ritorna in questi luoghi aggirandosi nei paraggi di un residence per la villeggiatura estiva mai abitato dai vacanzieri nei pressi di Bella Farnia.
L’indole mite dei sikh, l’assenza di diffidenza e la totale disposizione a lasciarsi ritrarre gli hanno offerto la possibilità di un atto fotografico lento e prolungato in controtendenza al suo consueto fotografare rapido quasi furtivo.
I sikh, in queste fotografie, non costituiscono lo sfondo di un paesaggio ma sono il paesaggio che ogni giorno trasformano con il proprio lavoro e abitano dispersi nei mille anfratti abbandonati all'interno della pianura. I sikh sono terra. Una terra che racconta l’ennesima dura storia delle ‘terre di speranza’.
Nella bassa Reggiana, a Novellara, hanno costruito il loro tempio. Sono instancabili allevatori di bovini, gente che lavora sodo dalle 4 alle 21, nella filiera del Parmigiano Reggiano. Brava gente, tranne quando litigano tra loro, perché tra loro non si usano mezze misure.
RispondiEliminaVil geometra
Vil geometra,
Eliminatutti noi, intesi come gruppi sociali, quando litighiamo tra di noi non usiamo mezze misure, non credi?
Mediaticamente i reati dei gruppi sociali diversi da noi (semplifico per capirci) spesso riempiono le pagine con grossi titoloni urlanti ‘questi qui fanno ciò che vogliono a casa nostra’ diversamente quando ‘muore o viene sfruttato’ un migrante restiamo indifferenti e gli stessi giornali fanno fatica a imbastire i titoloni urlanti, si limitano a opinioni soft.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Per salti mi viene in mente l'amato Pessoa che nel libro dell'inquietudine scrive: "E’ in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo come vedo gli altri. …
RispondiEliminaLa vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo."
bellissima citazione
Elimina@Luciano,
Eliminaquesta frase di Pessoa mi ricorda la poetica di Andrea Zanzotto soprattutto il suo 'Dietro il paesaggio' del 1951.
@rem,
condivido bellissima
S
Ecco un'altra citazione:
RispondiElimina... parlo di segni. Li potrei fare anche sulla carta, nel mare, ma sarebbero tutti voluti, quindi falsi. A me interessano i segni che fa l'uomo senza saperlo, ma senza far morire la terra. Solo allora hanno significato per me, diventano emozioni. In fondo, fotografare è come scrivere: il paesaggio è pieno di segni, di simboli, di ferite, di cose nascoste. E` un linguaggio sconosciuto che si comincia a leggere, a conoscere nel momento in cui si comincia ad amarlo, a fotografarlo. Così il segno viene ad essere voce: chiarisce a me certe cose, per altri, invece, rimane una macchia... Mario Giacomelli
Un’intervista al sociologo Marco Omizzolo e alcune fotografie di Martino Di Silvestro a proposito della popolosa comunità sikh delle campagne pontine: lavoratori di origine indo-pakistana, insediati nelle terre bonificate negli anni del fascismo e al tempo popolate attraverso altre migrazioni, veneto-friulane.
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