di Salvatore D'Agostino
Fuga di cervelli è una TAG non una definizione. La TAG è contenitore di diversi 'punti di vista'.
L’audio (nella versione ridotta) e l’incipit di questo post costituiscono la parte iniziale del mio intervento - in occasione della festa dell’Architettura Index Urbis - sul tema: Architettura nei mass media, un’immagine distorta
Il 30 novembre 2009, attraverso la chat di Google.
Alle 10.47 del mattino il mio amico Daniele - che da qualche anno lavora a Londra come architetto - mi invia un link:
http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/celli-lettera/celli-lettera/celli-lettera.html
Repentinamente, risposi: Grazie. Buona giornata..
Senza nessuna pausa, Daniele scrisse: non ringraziarmi prima di leggere, io l'ho letta e sto uno schifo.
Il link rimandava all’articolo della lettera pubblica divulgata su 'La Repubblica' da Pierluigi Celli - l’attuale direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali Luiss Guido Carli - indirizzata al figlio Mattia, neolaureato in ingegneria meccanica.
Dal titolo: Figlio mio, lascia questo Paese.
La sezione dei commenti, quel giorno, registrò un'inaspettata incessante attività.
Al punto che dopo qualche ora dalla pubblicazione, la giornalista Rosaria Amato, pubblicò nella sezione online del giornale, un articolo di sintesi per spiegare l’inusuale fenomeno.
Titolo dell'articolo: Da "hai ragione" a "sei un ipocrita" Caro Celli, fuggire o resistere?
Chat 30 novembre 2009:
16.01 me: Adesso siamo a 1099 commenti
19.44 me: Aggiornamento 1623 commenti
1 dicembre 2009:
09.15 me: Ciao Da' 2097 commenti
19.03 me: Siamo a 2377 commenti
Quel giorno la mia disattenzione iniziale si trasformò in meticolosa attenzione. Non nei confronti delle opinioni che si susseguivano sui media cartacei, radio e TV ma nei confronti dei lettori.
Da subito notai che i loro commenti - stranamente - non scadevano nel consueto tono ‘opinionistico’. Il loro simultaneo susseguirsi si era trasformato in un caleidoscopico racconto spontaneo sulla condizione lavorativa del nostro paese.
Non erano semplicemente 2500 commenti ma una memoria collettiva del presente.
Vere e proprie confessioni, a tratti laceranti, di un Paese che appare incapace di ascoltare e risolvere i problemi primari. Su tutti: il lavoro.
Quelle storie, registrate nella sezione dei commenti di un sito internet, non erano virtuali, involontariamente raccontavano qualcosa di reale, sincero, profondamente vero e annullavano le mille opinioni dei giornalisti.
Rileggendoli non mi sono sentito di aggiungere altro poiché credo che non ci sia niente d’aggiungere.
Ve li ripropongo in due versioni:
Repentinamente, risposi: Grazie. Buona giornata..
Senza nessuna pausa, Daniele scrisse: non ringraziarmi prima di leggere, io l'ho letta e sto uno schifo.
Il link rimandava all’articolo della lettera pubblica divulgata su 'La Repubblica' da Pierluigi Celli - l’attuale direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali Luiss Guido Carli - indirizzata al figlio Mattia, neolaureato in ingegneria meccanica.
Dal titolo: Figlio mio, lascia questo Paese.
La sezione dei commenti, quel giorno, registrò un'inaspettata incessante attività.
Al punto che dopo qualche ora dalla pubblicazione, la giornalista Rosaria Amato, pubblicò nella sezione online del giornale, un articolo di sintesi per spiegare l’inusuale fenomeno.
Titolo dell'articolo: Da "hai ragione" a "sei un ipocrita" Caro Celli, fuggire o resistere?
Chat 30 novembre 2009:
16.01 me: Adesso siamo a 1099 commenti
19.44 me: Aggiornamento 1623 commenti
1 dicembre 2009:
09.15 me: Ciao Da' 2097 commenti
19.03 me: Siamo a 2377 commenti
Quel giorno la mia disattenzione iniziale si trasformò in meticolosa attenzione. Non nei confronti delle opinioni che si susseguivano sui media cartacei, radio e TV ma nei confronti dei lettori.
Da subito notai che i loro commenti - stranamente - non scadevano nel consueto tono ‘opinionistico’. Il loro simultaneo susseguirsi si era trasformato in un caleidoscopico racconto spontaneo sulla condizione lavorativa del nostro paese.
Non erano semplicemente 2500 commenti ma una memoria collettiva del presente.
Vere e proprie confessioni, a tratti laceranti, di un Paese che appare incapace di ascoltare e risolvere i problemi primari. Su tutti: il lavoro.
Quelle storie, registrate nella sezione dei commenti di un sito internet, non erano virtuali, involontariamente raccontavano qualcosa di reale, sincero, profondamente vero e annullavano le mille opinioni dei giornalisti.
Rileggendoli non mi sono sentito di aggiungere altro poiché credo che non ci sia niente d’aggiungere.
Ve li ripropongo in due versioni:
1. Audio
Ho dato voce, attraverso un sintetizzatore vocale, ad alcune di essi.
Sentirete dei racconti che si accavallano nel ticchettio solitario condiviso in rete.
2. Selezione commenti
Ho raccolto, senza nessuna censura, tutti i commenti legati al modo lavorativo degli ingegneri (evidenziati in rosso) e architetti.
Preparatevi comunque a soffrire
Inviato da giucsspa il 30 novembre 2009 alle 10:28
Sono un Ingegnere Elettronico V.O.. Sono scappato dalla mia terra, la Calabria, per i motivi che sono stati descritti nella lettera. Ora mi trovo ai confini con la Svizzera; un giorno passerò la frontiera. Se nella lettera è stata descritta la situazione italiana, vi garantisco che nel meridione è amplificata di 1000 volte. A volte ho nostalgia della mia terra, della mia gente. Ho sempre però la voglia di ritornare e di combattere contro i mulini a vento. Giuseppe
Inviato da guerriero911 il 30 novembre 2009 alle 10:40
È quello che penso da circa 15 anni, cioè da quando sono uscito dall'Università con una laurea in architettura per la quale già nutrivo un forte senso di sfiducia. Come per tutte le professioni anche questa in Italia è appannaggio di caste, e lo si vede già negli atenei dove i figli dei figli..... Il tempo ha confermato la mia angoscia. Le Amministrazioni di qualsiasi colore politico "regalano" gli incarichi agli amici degli amici in barba a tutte le leggi. Oggi sono padre di tre figli che cominciano a fare domande sulla giustizia con la sfrontatezza e la purezza propria dei giovani ed è duro spiegare le regole e poi far capire loro che in Italia "è tutto DIVERSO". Mi auguro e auguro fortemente a loro un carriera, ma soprattutto UNA VITA fuori da questo paese, visto che per me e tanti altri 30 anni sono serviti solo ad annientare il coraggio e la voglia di ribellarsi e di continuare a lottare per qualcosa di "NORMALE".
Inviato da marino10 il 30 novembre 2009 alle 10:56
Sono anch'io padre di due ragazze, una vive in Tanzania e l'altra in Santa cruz de Tenerife. La prima, ora sta facendo una buona carriera di manager e la seconda esercita come architetto ( anche se in questo momento c'è un po' di crisi!! ahimè!). Ma è da molti anni che ho preparato le mie figlie ad "emigrare. Le circostnze hanno fatto il resto. I miei nipoti ( 3 in Tanzania ) che ora hanno rispettivamente 5 anni e 2... ora parlano ben 4 lingue ( Italiano madrelingua, inglese madrelingua, kiswahili appreso dai locali e francese appreso a scuola)..Quando anche la quarta nipotina parlerà ( è appena nata!!!) parlerà almeno due lingue ...italiano madrelingua e spagnolo madrelingua. Quanti bambini italiani possono vantare una tale ricchezza??? Ho altri amici i cui figli sono all'estero per lavoro e a tutti i ragazzi che incontro dico loro, con il cuore sanguinante... abdatevene da questo caravan serraglio...
Inviato da emma5108 il 30 novembre 2009 alle 11:08
Ho letto la Sua lettera con profonda commozione perchè quanto da Lei descritto lo ho vissuto e sofferto personalmente. Mio figlio si è laureato nei tempi giusti in ingegneria meccanica col massimo dei voti. Ha lavorato un anno a Berkeley con una borsa di studio e un anno in Spagna. Successivamente ha ottenuto il phd presso l'università di Copenaghen. Ora lavora a Parigi da alcuni anni. Parla perfetttamente inglese, francese, spagnolo, danese. A sua insaputa, e me ne vergogno, ho inviato il suo curriculum alle più grosse aziende metalmeccaniche italiane. Niente da fare. Un cercatore di testa mi ha confessato che quelli veramente bravi in Italia non li vuole nessuno e forse la Sua lettera ne fornisce la spiegazione. L'allontanamento dei figli è necessario accettarlo con serenità anche se, specialmente quando sono costretti all'estero, grande umana tristezza e un velo di rabbia spesso prepotentemente affiora.
Inviato da codore il 30 novembre 2009 alle 11:43
Condivido in pieno. Ma voglio fare l'avvocato del diavolo. Ognuno ha le proprie responsabilità dello sfascio, naturalmente in misura diversa. Lei Celli ha occupato posti di prim'ordine ,sicuro di aver fatto tutto il possibile per cambiare qualcosa? Naturalmente non le rivolgo nessuna accusa. Volevo sottolineare come la "classe dirigente" di questo paese si sia in genere appiattita verso questo andazzo di cose ,forse per proprio tornaconto personale. A Napoli questo è lampante. Mi consenta un'ultima constatazione che manca dalla sua lettera. Io ,figlio di un operaio del sud, in un paese come il nostro, nonostante capace e studioso (sono laureato in ingegneria), avrei mai potuto sperare di entrare alla Luiss? c.odore@alice.it
Inviato da furdino il 30 novembre 2009 alle 12:08
I miei due figli uno fisico dottorato,uno ingegnere hanno già dovuto lasciare questo paese.Non hanno avuto nessuna possibilità vera hanno rifiutato l umiliazione il servilismo e prevaricazione. Povera italia poveri noi condannati a viverci senza futuro senza dignità. Non sono argoglioso di questa Italia corrotta e malata.Condivido in toto il contenuto della lettera del direttore della luiss io ne pago già le conseguenze
Inviato da elvio007 il 30 novembre 2009 alle 12:25
Toccante ma vero; la lettera l'ho girata a mio figlio laureando in ingegneria gestionale. Questa è l'Italia assuefatta oramai ad accettare i malandrini italici con grana (perchè amiamo sono quelli con grana che... "ci hanno saputo fare"!! Possibile che noi italiani abbiam perso la dignità e non si riesce ad avere un moto d'orgoglio? Sono molto deluso. Elvio007
Inviato da robmalg47 il 30 novembre 2009 alle 12:31
bellissimo, commovente, vero.. mio figlio, ingegnere, si trova a Londra... dopo SryLanka,Afganistan,Kenya ora è a Londra... sono contento per lui... ormai questo è un paese per vecchi... più un cimitero che altro...
Inviato da benign2o il 30 novembre 2009 alle 13:12Io, nato 81n di PETTORANOSULGIZIO, dovetti fare la stessa scelta che Lei DIRETTORE predice a suo figlio. Dio sa quando costò a MAMMA dirmi varie volte "vai figlio mio vai non pensare a noi". Io giovane Ingegnere che lavorando a Napoli mi ero trovato a dover scegliere "Prendi la pistola che sta sotto il sedile oppure ... vai a fncl e trovati un altro lavoro, strnz". Decisi via da NAPOLI. Andai in AltoEgitto x 2 anni. Feci lalbero di natale con dermascheletri di ricci disseccati sulle spiagge del MarRosso e a maggio Mamma mi ridisse "Vai, figlio mio, vai". Ero Consulente delle NU, ma emigrante. 7 anni in Sudamerica. L'ultima volta tornai precipitosamente: MAMMA era morta io via! Ecco, DIRETTORE, ora mio figlio FILIPPO, Arch.110lode, concorsi internazionali vinti, è a MILANO. Prof a contratto all'UNI-MI, insegna ad Agrigento e progetta a Venezia per il MOSE e forse gli rinnoveranno il contratto di fame. "Vai, FILIPPO MIO. In CINDIA, in AMERICA c'è lavoro, non pensare a noi, vai ..."
Inviato da zak76 il 30 novembre 2009 alle 13:37
Ho una laurea con lode in ingegneria (e un diploma di Consevatorio con lode) e sto completando un dottorato di ricerca. Parlo tre lingue e sto imparando la quarta. Unica mia pecca, non aver completato gli studi nel tempo minimo previsto. Ho provato a cercare lavoro nella mia città; ad un colloquio per un posto a tempo determinato (una delle poche volte in cui il mio cv ha superato la selezione) mi sono sentito dire: "ma Lei non sapeva che laureandosi così tardi avrebbe avuto difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro?". Ora lavoro in Austria, mi hanno offerto subito un contratto a tempo indeterminato, guadagno il doppio di quello che mi avrebbero offerto in Italia, ho orari superflessibili in un ambiente di lavoro interessante ed internazionale. Qui non interessa a nessuno quanti anni ho.
Inviato da giovma il 30 novembre 2009 alle 14:10
Realisticamente parlando basta vedere quante persone consigliano ai propri figli la fuga all'estero.Io personalmento so di decine di figli di conoscenti che lavorano o studiano all'estero (Francia Germania Spagna Austria e USA)con la prospettiva di rimanerci, altri che insistono con le lingue per i propri figli per prepararli a questa evenienza e loro stessi hanno acquistato una casa e messo una seconda residenza come garanzia per il futuro.Dopotutto guadagna più un cameriere in Germania che un giovane ingegnere in Italia.La realtà sta correndo più della fantasia e della polemica
Gentile Tiziana, le rispondo direttamente. Lei mi dice di non leggere biografie per conoscere la famiglia Celli, ma di "vivere". Chiudo la polemica dicendole: io la famiglia Celli la conosco personalmente e sono un amico del figlio, quindi a differenza sua, della natura delle sue scelte ne sono confidente e sincero ammiratore. Mattia è un ragazzo che sgobba dalla mattina alla sera per avere una preparazione accademica ineccepibile e per essere un lavoratore valido. Sta scrivendo un libro di ingegneria, ha fatto una tesi di laurea che la maggior parte degli studenti avrebbe persino difficoltà a capire. Il padre è una persona che dire meritocratica è poco, oltre ad avere una disponibilità incredibile per i propri studenti. La madre di Mattia è una lavoratrice e persona rispettabile e di successo. Non è una famiglia di pescecani, né di persone che se ne stanno colle mano in mano. Lei forse, prima di giudicare le persone per sentito dire, dovrebbe conoscerle personalmente, Arrivederci
Inviato da felixcipria il 30 novembre 2009 alle 15:00
Poco prima di leggere la notizia ho ricevuto una telefonata del figlio di un cugino in cui mi chiedeva informazioni sugli Stati Uniti e le opportunità che possono esserci per un ingegnere specializzato in ambiente. Dopo avergli dati rifermenti ed appoggi l'ho consigliato di andarsene dall'Italia. Questa è purtroppo la situazione e detta da un anziano come me la dice lunga sulla situazione in Italia. Un Italia monarchica, in cui vige la dinastia economica e politica. Se Tocqueville vivrebbe direbbe: " se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto del dispotismo potrà avere in Italia, vedo una folla innumerevole di uomini eguali intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari,ognuno di loro tenendosi da parte e sopra di loro si eleva un potere immenso e tutelare".... Questa non è l'Italia di Calamandrei, Matteotti, De Gasperi e Amendola è l'Italia del cavaliere. Felix
Inviato da valeriobo il 30 novembre 2009 alle 15:27
Abbiamo fatto del tutto io e mia moglie per fornire tutti gli strumenti idonei acciocché un nostro figlio se ne andasse da questo dannato paese. Dalla tenerà età, l'obbligo dello studio della lingua inglese, oggi è perfettammente bilingue, poi i massimi voti con lode alla laurea in ingegneria aerospaziale. Oggi vive in Germania, è rispettato accettato ed ottimamente pagato. Progetta componenti strutturali di aerei per un grande consorzio aeronautico europeo. Caro Professor Celli come vede confermiamo la sua solitudine e condividiamo la sua profonda amarezza. Ci siamo passati già. Questo paese non merita la migliore risorsa che sono i nostri giovani operosi e seri ricercatori. Quì contano i vari Corona, le veline, e monnezza varia, contano l'apparire e non l'essere. Un caro saluto da due genitori che credono e sperano ancora, nonostante tutto. Siamo fermi da circa 15 anni dietro il peggio che politicamente ci poteva capitare. fermi dunque dove oggi, il futuro non è progetto.
Inviato da mart1 il 30 novembre 2009 alle 15:51
La lettera del Dott. Celli mette perfettamente a fuoco la nostra drammatica realtà. Il mondo politico e il mondo del lavoro sono sempre più avviluppati, integrandosi con sistemi di gestione lobbistici e trasversali a tutti i colori politici. Il merito non è più un prerequisito per entrare nel mondo del lavoro e il valore retributivo della propria professionalità non segue alcuna regola oggettiva. Mio figlio, laurea in ingegneria, dopo inutili colloqui di lavoro e concorsi, si è rivolto al mercato estero e quando ha ricevuto ottime proposte professionali e si è trasferito, io e mio marito ne siamo stati felicissimi. Non nascondo che poi è seguito uno stato danimo di grande nostalgia per la perdita di un figlio che forse non tornerà più in Italia, ma che, per assurdo, devo considerare un privilegiato, perché è giovane, ha potuto trasferirsi e ha voluto farlo. Chi non è più giovane, chi è stato licenziato o semplicemente chi non può emigrare, non ha questa fortuna.
Inviato da utente03 il 30 novembre 2009 alle 15:51
Prima di finire la mia laurea in ingegneria a Bologna ho contattato universita' in Francia e in US. Ho studiato in Francia, e ho un dottorato in US. Ho lavora molto (come tanti miei amici che vivono ancora in Italia), ma con grandi soddisfazioni. Mi manca la famiglia e gli amici di sempre, li vedo meno di una volta all'anno, mi manca il cibo della Romagna e l'atmosfera ludica creata dal vicinato della casa dei miei genitori. Non mi manca l'Italia, mi mancano gli italiani con cui sono cresciuto. Non mi manca l'Italia, ma la spensieratezza di quando ero piu' giovane. I ricordi sono associati all'Italia, ma mia moglie (franco-tedesca) in Italia non ci vuole vivere perche' teme che i suoi titoli e le sue esperienze non saranno apprezzati come e' stato in US. Ora viviamo in Svizzera, con tanti altri connazionali che hanno avuto simili esperienze. Prima o poi trovero' il modo di tornare in Italia, perche' mi mancano i miei ricordi, ma l'Italia...no, non mi manca.
Inviato da otacon il 30 novembre 2009 alle 16:04
Buongiorno a tutti quanti. Sono uno studente dell'Alma Mater Studiorum di Bologna. Studio ormai da 5 anni Ingegneria Informatica ed è almeno da 3 che discuto con amici, parenti, colleghi e, perchè no, sconosciuti del "lasciare l'italia". Si dice da tempo che il settore ingegneristico è l'unico settore tramite il quale è facile trovare un'impiego. Ma facciamoci un po' i conti in tasca: 3 anni per la laurea triennale (chi ce la fa a laurearsi in 3 anni?) : 3 x 1600€ 2 anni per la laurea specialistica (anche qui, sono di più): 2 x 2400€ Master post laurea: in media 10.000€ Sono peraltro uno studente fuori sede quindi dobbiamo parlare degli affitti, 300€ per una singola per 5 anni: 18.000€ In qualche modo dovrò anche mangiare, pagare bollette, vestirmi e, se permettete, una birra il sabato sera: 20.000€ Lasciamo perdere le spese per tornare a casa dalla mia famiglia.arriviamo sui 60.000€ in 5 anni (quindi nelle più rosee aspettative). Il tutto quindi si traduce (continua prossimo commento)
Mi ha fatto davvero piacere leggere questa lettera. Io sono emigrato in Francia come ingegnere informatico. Le umiliazioni che ho avuto in Italia (cercando un lavoro e facendo stage) le ho cancellate in poco tempo. Ho scoperto un mondo del lavoro corretto e che ti permette di crescere ed avere una carriera vera. Sto progettando già di andare in Canada. Mio padre e mia madre vogliono che torni ma non se ne parla. Ho fatto tanto per guadagnarmi quello che ho. Gli faro' leggere la lettera di Celli, sono sicuro che gli aiuterà a capire. Quando un politico attacca l'Unione Europea é per paura dell'influenza positiva che gli altri paesi possono avere sui giovani. Meno male che ci sono loro (con tutte le cautele del caso naturalmente). VIVA L'EUROPA.
Inviato da otacon il 30 novembre 2009 alle 16:13
Il tutto si traduce in un' "investimento" (chiamiamolo così) di circa 12.000€/anno -> 1.200€/mese lo stipendio di un lavoratore "benestante". Esco dall'ambiente universitario e mi catapulto nel mondo del lavoro, ammesso che qualcuno mi prenda, mi daranno AL MASSIMO 1000€-1200€ con, ovviamente, un contratto a tempo DETERMINATO, ciò significa che non sarò mai in grado di costruire il mio futuro (per ovvi motivi). Per recuperare il mio 'investimento' dovrò lavorare NELLE PIU ROSEE ASPETTATIVE almeno altri 10 anni (perchè le spese, anche da lavoratore, sussitono ugualmente). Incoraggio tutti voi a trovare gli stipendi di ingaggio all'estero per un'ingegnere, raffrontarli. NON SIAMO PERSONE, SIAMO SCHIAVI, tenetelo sempre presente!!! IL MONDO DEL LAVORO ITALIANO NON PAGA!!!
Inviato da primativo il 30 novembre 2009 alle 16:28
Ciao papà! Leggiti la lettera che il direttore della Luiss ha scritto a suo figlio (mi sembra di risentire le tue parole); questa e' la mail ricevuta da mio figlio, oggi 28enne, laureato da 4 anni in ingegneria aerospaziale, presso il politecnico di napoli, con il massimo dei voti; oggi mio figlio vive e lavora a tolosa, e' un ragazzo felice e soddisfatto, se fosse rimasto in italia non so se avrei potuto dire la stessa cosa......... riporto l'antica frase detta da eduardo ai napoletani, "fuitevenne", oggi il consiglio vale per tutti i giovani italiani in cerca di aria pulita. antonio primativo
Inviato da jago78 il 30 novembre 2009 alle 16:47la prima volta cheho sentito un discorso analogo a questo avevo 12/13 (circa 1990). mio padre stava invitando mio fratello (prossimo all'università) ad andarsene dal nostro paese, a studiare all'estero dove meritocrazia, rispetto, trasparenza sono valori diffusi e condivisi. mio fratello non ascoltò. non ascoltò neanche il suggerimento di studiare qualcosa che fosse comunque rivendibili all'estero. io ho commesso il primo errore (ho studiato in italia) e tuttora lavoro nel bel paese. fortunatamente gli ingegneri sono richiesti anche all'estero e conto di emigrare al più presto. l'italia è un paese condannato. e non è certo colpa del solo signor B. sarà il clima, il buon cibo, la bellezza del luogo. non so. gli italiani sono cicale, non formiche. purtroppo sta arrivando l'inverno.
Inviato da unoc il 30 novembre 2009 alle 16:48
E', purtroppo, tutto vero. Ha ragione Celli (e vorrei vedere se un uomo del suo calibro poteva dire sciocchezze). Ormai l'Italia è un paese che sta andando alla malora. Tra l'altro posso riportare anche un caso, a mio avviso emblematico. Ho un amico, ingegnere, che all'università era il punto di riferimento per tanti. Geniale e preciso, gran lavoratore e amante del suo lavoro di ingegnere elettronico esperto in sistemi di telecomunicazione. Per un sadico gioco di "cessioni di rami d'azienda", l'ultimo ritrovato di chi per fare cassa venderebbe anche la madre qualora servisse a qualcosa, è disoccupato. Casi come questo, immagino ce ne siano tanti e quindi il Paese Italia si deve privare di menti geniali a casusa di menti ottuse, chiamate alla guida di lavoratori tra i migliori del mondo. E' assurdo, terribilmente assurdo. Come se una capra guidasse una folla di pastori. Con queste premesse c'è poco da fare in Italia. O sei figlio o nipote di una di queste capre, oppure fai la fame.
Inviato da ifrdon il 30 novembre 2009 alle 16:56
Scrivo questo commento dopo aver appreso pochi minuti fa, ad esempio, che una Amministrazione locale ha emanato un bando per un incarico di 3 anni per una collaborazione esterna (di Architetto) per complessivi 50.000 euro nel quale manca solo il nome e il cognome del candidato futuro vincente. Come non dare ragione a Celli?
Inviato da steflo19 il 30 novembre 2009 alle 17:04
Innanzitutto mi complimento per l'interessamento a questo tipo di problemi. Come padre mi trovo nella stessa situazione del prof.Celli e condivido la sua analisi. Premesso che le soluzioni passano attraverso un impegno del o dei governi nazionali ed una difesa dei posti di lavoro nel settore industriale vorrei ricordare al sindacato che gli stipendi degli ingegneri nel pubblico impiego sono regolati da contratti e sono ad oggi indecorosi. Nel settore sanità, per esempio, esistono dirigenti amministrativi che raggiungono stipendi di 100 mila euro ed ingegneri che superano di poco i 25000 netti. Vorrei precisare che l'ingegneria sia biomedica, sia clinica, sia delle telecomunicazioni in sanità, come in tutti i servizi rivolti al cittadino è di vitale importanza.
Inviato da luciano01 il 30 novembre 2009 alle 17:14
Sono padre di due figli, la maggiore con laurea in biologia sanitaria, con un contratto con a termine l'ASL di Padova, il minore iscritto al secondo anno di ingegneria dell'informazione. Io sono docente universitario e mia moglie insegna alle elementari. Sia mia moglie che io abbiamo per anni tentato di contribuire a formare cittadini, sia nella scuola che nella famiglia, che potessero andar fieri di essere italiani; tutto ciò che di buono abbiamo dato ai nostri figli e ai nostri discepoli, anche sbagliando, ma sempre in buona fede, è stato costantemente demolito da una classe politica incapace di operare scelte tese a migliorare le condizioni dei nostri giovani, più occupata a salvaguardare lobbies di potere (banche, assicurazioni, ordini professionali, taxisti, camionisti e quant'altro) che a investire sul futuro dei ragazzi, sulla ricerca, sull'istruzione. Se i miei figli, i miei studenti avranno l'opportunità di emigrare, che lo facciano; senza esitare e con la mia benedizione.
Inviato da menadel2009 il 30 novembre 2009 alle 17:43
Mia figlia Architetto ha resistito circa 3 anni dopo la laurea partecipando a concorsi in Enti Locali già stra-assegnati al momento del bando, facendo colloqui ovunque, lavorando con compensi da fame in vari studi professionali (tutti agganciati alla politica per avere appalti e/o subappalti) poi non ha resistito più. Ha preparato tramite email o telefono tre colloqui di lavoro ed è partita per Londra portandosi solo i suoi book ed il suo curriculum. Mai stata a Londra prima di quella data quindi senza agganci di alcun genere tranne amicizie on-line. Scrivo dei numeri per far capire le differenze con il nostro paese.Il giorno 5 giugno 2008 atterra a Londra, sostiene i 3 colloqui (VERI!) il giorno 17 giugno inizia a lavorarare con uno dei tre. Il giorno 30 giugno ha ricevuto il primo bonifico in banca per i giorni lavorati. Altro mondo.Purtroppo! Perchè, come genitori, inizialmnete ci è costato molto vederla partire dopo immensi sacrifici da parte di tutti. Ma ora siamo contenti per lei.
Inviato da ersorcio il 30 novembre 2009 alle 18:17
Negli USA da 20 anni, gli amici de Roma mo' me dicono "aho, hai fatto bene a annattene". A sentillo di', ho pensato che me sa che nun je piacevo. Pero' quanno lo vedo una vorta l'anno che faccio na rimpatriata, quello sta' davvero a pianje. A momenti je devo paga' er caffe', me racconta che arrivati a 40 anni, je arrivata 'a crisi personale. Se svejato un giorno, se visto 'o specchio, e se vergognato de vedesse. Co li genitori che l'hanno tirato su nel DopoGuerra co tutti li sacrifici, i panini co la mortadella, le enciclopedie a rate, in quattro dentro la seicento, mo questo e' architetto, geometra, dottore, ricercatore. Ma arrivati a 40 anni, se reso conto che dopo a porta 'e borse pe' dieci anni, e' ancora un precario. Me sembra de vede' la fine dell'italia descritta dall'antropologo Donald Pitkin nel libro "Mamma, Casa, Posto Fisso". Aho, famo l'aggiornamento ar libro, e rintitolamo "Addio Mamma, Casa, Posto Fisso"
Inviato da jacker3 il 30 novembre 2009 alle 18:27
Sono un giovane studente di ingegneria al politecnico di milano, nonchè studente momentaneamente (spero) in fuga da una realtà tremendamente difficile come la calabria. E' comodo per un membro della "casta" consigliare a migliaia di giovani italiani di fuggire: è la via più semplice per mantenere il potere scaturito da quel sistema e garantire ai propri figli la continuità di quelle prassi. Quella lettera è scritta solo su basi di terrorismo sociale. Di certo l'Italia non è il paese delle meraviglie: i problemi sociali ed economici oramai non si contano più. Ciò nonostante non coprirei a priori il nostro paese di letame: il nostro sgangherato diritto allo studio mi ha permesso di conseguire una laurea in ing. chimica. In america (ad esempio), a meno che non fossi stato un cervellone di prima specie o un cestista provetto non avrei potuto fare altrettanto. I nostri padri, dovrebbero spronarci a rimanere per migliorare la situazione piuttosto che incitarci a scappare.
Inviato da ferraccio il 30 novembre 2009 alle 18:53
Ho una figlia laureata in architettura, da quando e laurata lavora saltuariamente in nero ha 31 anni e non ha ancora un contributo previdenziale versato. Abita ancora con me e anche volendo non può smettere di fare la bamocciona, ora sta anche cerado lavoro come commessa.Sono daccordo questo per i giovani ,ormai e un paese sensa futuro anche io che sono un modesto operaio da tempo gli ho detto di andarsene via dall'italia
Inviato da morgilloagostino il 30 novembre 2009 alle 19:04
Parte 1 Caro dott. Celli, sono Agostino ed ho 35 anni. Fino a pochi mesi sono stato un lavoratore precario. Abito in Provincia di Caserta, una provincia tuttaltro che tranquilla (chi non ha letto Gomorra?). Sono ormai passati 7 anni da quando ho conseguito una laurea in Economia (purtroppo fuori corso nemo potest duobus dominis servire perché ho voluto lavoricchiare per non pesare eccessivamente sul bilancio familiare) ed un master in Ingegneria Informatica. Ho sperimentato sulla mia pelle molte delle forme contrattuali atipiche che la legge consentiva ai datori di lavoro di poter sfruttare per rendere flessibili le rispettive piante organiche e risparmiare qualche euro. In questi anni ho cambiato 4 lavori decenti, svolto diverse docenzedi impieghi indecenti ho perso il conto. Da luglio del 2008, e per 7 mesi, ho tentato, invano, di trovare lavoro qui, nella mia terrain Regione Campania.
Inviato da morgilloagostino il 30 novembre 2009 alle 19:04
Parte 2 Mi sono ritrovato a sbattere contro un muro di gomma, respinto per i più disparati motiviper alcuni ero troppo in là con gli anni, per altri troppo specializzato, qualcuno mi ha fatto capire di non gradire la mia militanza politica e sindacale. Mi ritengo comunque un privilegiato, ho avuto una famiglia che mi ha permesso, tra molti sacrifici, di poter studiare, però da pendolare (non volevo gravare con una stanza in affitto a Napoli sulle casse familiari) e non in prestigiosi istituti(quanto avrei voluto studiare alla Bocconi, alla Luiss!!dalle mie parti si dice cà nisciun è fess). Ho pensato a quanti non hanno potuto fare altrettanto e stanno incontrando difficoltà maggiori rispetto alle mie. Mi sono rimboccato le maniche e, come libero professionista, mi sono rimesso in gioco, sto tentando di scommettere di nuovo, investire unaltra volta sulla mia Terra dorigine
Inviato da morgilloagostino il 30 novembre 2009 alle 19:04
Parte 4 La lotta alla criminalità organizzata comincia dal lavoro, dalla dignità delle persone, dal creare le condizioni affinché le persone non debbano essere private della loro libertà e della loro dignità); un sano funzionamento degli enti pubblici e della politica; la memoria (dobbiamo fare me¬moria.è innanzitutto un dovere di riconoscenza verso chi ha seminato, con la propria vita, il proprio sangueuna testimonianza che non ci può essere rubata da alcunchè.queste persone hanno tracciato un percorso che io sento il dovere di seguire e il dovere di non scordare); uninformazione sana. Tutto questo senza doversi piegare alle camorre, ai soprusi e senza dover abbandonare le proprie radici. La nostra Terra ha tante potenzialità da poter esprimere. Ognuno di noi deve lavorarci. Voglio trasformare la mia rabbia, la mia delusione in qualcosa di positivo. Credo fortemente nel contributo che ognuno di noi può e deve dare perché tutto ciò si realizzi.
Inviato da morgilloagostino il 30 novembre 2009 alle 19:09
Parte 5 La parola d'ordine è continuità. Contro la camorra, contro i soprusi bisogna combattere tutto l' anno, perché, loro, agiscono per tutto l'anno. Sento il dovere di non girarmi dall'altra parte. Non dobbiamo far passare nelle nostre menti un concetto di giustizia e di legalità sostenibile che accetta mediazioni. Non chiediamo solamente allo Stato, dobbiamo essere noi cittadini i primi a fare il nostro dovere, la nostra parte. Se ognuno di noi pensasse solo a coltivare il proprio orticello, si chiudesse tra le quattro mura di casa propria, di che futuro potremo godere, in quale società ci ritroverremo a vivere tra qualche anno?, Quale società consegneremmo a chi verrà dopo di noi? E la domanda che mi pongo ogni volta che guardo negli occhi i miei nipotini di un anno e mezzo. Riappropriamoci di questa terra. E giusto chiedere alle istituzioni di fare la loro parte ma solamente se la faremo an¬che noi. Siamo tanti, la maggioranza
Inviato da morgilloagostino il 30 novembre 2009 alle 19:09
Parte 6 Dobbiamo combattere qualsiasi zona grigia. Dobbiamo ricostruire dalle fondamenta la pienezza del proprio destino, dei propri diritti, la responsabilità di riappropriarci fino in fondo delle nostre vite. Sarebbe una bella stagione, di grande forza, grande dignità, grande responsabilità. Dobbiamo perseguire la coerenza, la credibilità e soprattutto è importante la continuità delle nostre azioni, delle nostre scelte e dei nostri impegni, è anche questo il senso di essere qui. Il coraggio, la normalità del bene dovrebbe essere la vera struttura di tutta la nostra società. Dobbiamo avere il coraggio di lottare, ognuno per la propria piccola parte, con il proprio ruolo, con le proprie competenze. Cè bisogno che i diritti non siano scritti solo sulla carta, non siano solo parole enunciate ma che siano carne, siano vita. Cè bisogno di creare queste condizioni.
Inviato da morgilloagostino il 30 novembre 2009 alle 19:09
Parte7 Dobbiamo essere corresponsabili perché noi possiamo e dobbiamo chiedere alle istituzioni di fare la loro parte ma se noi facciamo innanzitutto la nostra parte fino in fondo con coerenza. Lalternativa qual è? Scappare? E se scappassimo tutti la mia Italia, la mia Regione, la mia Provincia,l fra qualche anno, che fine avrà fatto? E molto più difficile restaresoprattutto nelle nostre terre.glielo assicuro dottore Celliè molto più difficile rimanere da questaltra parte del campo della vitapiuttosto che oltrepassare quella linea che ti separa da strade in discesaquella linea che, dalle nostri parti, è così sfuocata, labile, scolorita..
Inviato da horse25 il 30 novembre 2009 alle 19:20
Io, non piu' giovanissima, ingegnere in un settore tecnologico, mi sono ritrovata a lavorare all'estero, ancor prima della crisi. Continue ristruturazioni del settore..Mio figlio e' a New York, sta seguendo un master e venerdi' scorso gli ho detto su skype: "Se riesci, cerca di trovare un modo per rimanere li' in America, l'Italia sta diventando sempre piu' un luogo dove si sta cancellando il futuro (ed anche il presente e' piuttosto deprimente). Si sta perdendo la capacita' di ricordare e di pensare, di rispecchiarsi in valori quali la decenza, l'onesta', la capacita' , lo sforzo. Di fatto si sta accellerando la decadenza di una nazione, tra la completa ignavia di una gran parte delle persone, l' intolleranza di altri e l'invidia diffusa ed ammirata verso il potere e la malavita da parte di altri ancora. Mia figlia, appena laureata e' a Roma e aspetta un'opportunita'. Amo i miei figli ed il mio paese, ma skype e' l'unico mezzo che ci permette ancora di essere una famiglia.
Mio fratello è ingegnere elettronico, lavora nel campo aereo spaziale. Da molti anni lavora all'estero prima in Olanda, poi in Germania e adesso in Francia. Per il tipo di lavoro che conduce, non esiste una professionalità nel ns. paese, se dovesse rientrare resterebbe dietro ad una scrivania senza fare niente. Purtroppo ci sono lavori che all'estero esistono e sono ben remunerati, mentre restare in Italia non ti permette di crescere in professionalità. Ci sono professioni che ti permettono di vivere esperienze all'estero e di riportare la tua competenza nel ns. paese per migliorarlo, ma sono casi molto rari. Il nostro è un paese che non offre tante opportunità, non permette di portare dei grandi cambiamenti, chi può vada all'estero, scoprirà un ambiente culturale diverso, più aperto alle novità e al confronto di nuove idee, oltre ad avere un riconoscimento economico non indifferente. Quando si è cresciuti in professionalità e competenze, rientrare per cambiare le cose nel nostro paese
Inviato da delbia68 il 30 novembre 2009 alle 19:49
Dice bene Celli! I soliti sentimenti son quelli che mi spinsero 10 anni fa a lasciare la mia pur bella Toscana. Una laurea in ingegneria e uno stipendio di 1 milione e 680 mila lire al mese era un'offesa all'intelligenza ed al sacrificio che i miei genitori avevan fatto per il mantenimento degli studi. Dopo qualche anno rientrai in Italia nella speranza che le cose potessero andare diversamente con l'esperienza maturata. Il problema e' che quando ti rendi conto che non e' utopia lavorare in un ambiente di lavoro meritocratico che offra prospettive di crescita pur senza raccomandazioni o leccaculi, allora tornare indietro e' contro natura. Son tornato all'estero 5 anni fa e da allora seguo con tristezza il teatrino politico ridicolo che riempe le pagine dei giornali ogni giorno in Italia. Ci vorranno generazioni per cambiare l'attuale classe dirigente e la razzia di sani valori che ha fatto. Gli anni lavorativi e di vita intanto passano..ad ognuno la scelta di come viverseli al meglio.
Inviato da angie1981 il 30 novembre 2009 alle 19:58
Sono emigrata dal Sud a 17 anni per studiare a Roma. Mi sono laureata in ingegneria a 23 anni. Sono partita per studiare negli Stati Uniti e poi, purtroppo, sono tornata, vinta dalla malinconia... Ho provato a farcela qui, ho fatto il Dottorato in Italia ma adesso, a 28 anni, dopo tanti sacrifici mi accorgo che è davvero tutto inutile... E fa tanta tanta rabbia rendersi conto che l'unica possibilità è andare via di nuovo, con la morte nel cuore... Ho avviato le procedure (si li esistono) per avere un posto da ricercatore in Europa, ma in cuor mio ho la folle speranza che nel frattempo cambi qualcosa e che non dovrò più partire... Follia pura, ma, anche se ci hanno rubato tutto, qualche sogno in fondo al cuore ci è rimasto... E a chi ci consiglia di restare, rispondo che evidentemente non si rende conto dello stato di frustrazione che si prova dopo tanto impegno a vederesi superare dal parente di turno... E allora migrerò per la terza volta, ma questa volta, ahimè, sarà per sempre.
Inviato da evacca il 30 novembre 2009 alle 20:05
Sono d'accordo con Celli purtroppo la situazione del mercarto italiano è diventato impossibile e mal pagato per giovani brillanti anche noi da Torino abbiamo avuto nostro figlio brillante ingegnere informatico laureato a Politecnico che dal centro ricerca Motorola dopo appena 12 mesi si è dovuto cercare un'altro impiego ed ha trovato in Francia una grande società che ne utilizza le capacità. Ora senz'altro per lui è una importante esperienza internazionale ma, fermo restando l'esperienza di distacco famigliare di cui Celli parla e che abbiamo già provato da giugno di quest'anno, il problema è che dal nostro paese i talenti migliori, istruiti a spese statali oltre che familiari, se ne vanno e poi a farli tornare sarà sempre più difficile per il livello mediocre al quale saremo giunti nel modo industriale. Padre imprenditore.
Inviato da gianka1972 il 30 novembre 2009 alle 20:13
Si, sono uno di quelli. Uno di quelli che ha lasciato l'Italia in mano alle veline e ai tronisti. Uno di quelli che non ha accettato di comprarsi la Virgin Cola (come mi e' stato consigliato al mio primo colloquio di lavoro), per poter dire che un ingegnere al primo impiego puo' campare a Milano. Uno di quelli che crede che il lavoro sia un diritto prima e una responsabilita' poi, non un favore ne' un premio. Si, sono uno di quelli. Signor Celli, se lei non fosse stato il dg della Rai e della Luiss, uomo di potere e di cultura, Repubblica probabilmente la sua lettera non l'avrebbe pubblicata. Ma proprio perche' lei appartiene, che le piaccia o no, alla casta, ha potuto creare il casus belli. Come finira' questa discussione? Non ne sono sicuro, credo ci siano un paio di opzioni: o la invitera' Vespa o Santoro. Poi tutti a dormire, che domani si lavora.
Inviato da democracy il 30 novembre 2009 alle 20:13
...purtroppo é cosí. Io lavoro in Germania per una multinazionale Americana e ho due figli in Italia; uno laureato in Ingegneria e che ora stá svolgendo un Dottorato, il secondo che si laureerá l'anno prossimo. Il messaggio che continuo a ripetere loro é che appena finiti gli studi devono preparare le valigie ed andarsene. Giusto per dare una idea di come i giovani sono considerati....il mio primo figlio doveva preparare la tesi di Laurea possibilmente presso una Azienda. Siccome conosco molte Aziende in Italia, di livello internazionale, gli ho preparato un elenco a cui ha spedito la domanda di stage...risultato: nessuna disponibilitá ma non dopo una risposta. Nessuna Azienda ha mandato una semplice Email per confermargli la cosa. Che cosa ci possiamo aspettare da Aziende di questo tipo? Che sappiano valorizzare i Giovani? È triste dirlo ma i giovani non hanno futuro in Italia...chi dobbiamo ringraziare di questo?
Inviato da chatwin0101 il 30 novembre 2009 alle 20:20
Mi sono riconosciuto talmente tanto nelle parole di Celli che mi è tornata la voglia di scrivere un libro sulle mie esperienze... ho conosciuto, talvolta, anche gente abbastanzadegna in posti di potere ma sono l'eccezione.. come lo è lo stesso Celli. Dopo 25 anni a fare l'impiegato sempre "inspiegabilmente" scavalcato da mediocri e baciapile di ogni risma sono prima finito in depressione, poi ho trovato un ammanco di milioni di euro nel bilancio della mia azienda (una multinazionale con sede in italia) ed ho deciso, ben sapendo ciò che rischiavo, di farlo sapere all'hedquarter all'estero. Naturalmente sono stato cacciato ed adesso, a 50 anni suonati, mi arrabatto con qualche consulenza mal pagata (quando viene pagata....).. anche io quando ho modo di parlare con un giovane brillante, ambizioso e di buoni principi (come un mio nipote neolaureato in ingegneria elettronica a pieni voti ) gli do lo stesso consiglio di Celli, anche se Celli ha usato parole più belle....e tragiche !!!
Inviato da specchio03 il 30 novembre 2009 alle 20:38
Nella bella lettera di Celli ho riascoltato molte delle cose che anchio vado dicendo a mio figlio,laureando in ingegneria,da qualche anno a questa parte,sempre con il tormento nel cuore.Il tormento una intera generazione che registra il proprio fallimento non avendo oggi altra alternativa da offrire ai propri figli che quella di fuggire dallItalia per costruirsi un futuro E allora mi pongo il beneficio del dubbio: non è forse anche questa una scelta egoistica, elitaria, individualista? Un modo per bypassare il problema, per sfuggire alle responsabilità di cittadinanza e di appartenenza ad una comunità che si chiama Nazione?Giustamente Celli ricorda tra i mali oscuri che infettano lItalia lindividualismo,la frantumazione di ogni coesione sociale,legoismo e lopportunismo più sfrontati: se è così lesortazione alla fuga per i nostri ragazzi è ancora una volta lesatta controprova del nostro inveterato individualismo, egoismo,utilitarismo.Quello che oggi ci fa detestare il nostro Paese.
TROPPO COMODO. Io ritirerei il passaporto al padre e al figlio perche devono vivere nello schifo che hanno contribuito a creare. Mai nessun rettore ha alzato la mano per denunciare e/o sorvegliare i concorsi universitari e non solo... Sono una donna, un ingegnere e da quindici anni faccio ricerca all'estero, da tre sono "assistant professor" in una universita americana...Inviato da repu il 30 novembre 2009 alle 20:51
Interesssante. Cosa c'e' che non va con gli Ingegneri Meccanici ? Io mi sono laureato in Ingegneria Meccanica a Roma con 110 Laude oramai 15 anni fa ! Me se sono andato dall'Italia subito dopo la laurea .. l'Italia puzzava gia' allora .. e figuriamoci poi, io sono figlio di operai. Adesso guadagno la bellezza di 12,000 EUR lordi al mese, ho la station wagon, moglie fichissima, due figli della madonna .. e torno in ferie quando mi pare. Non male . Tips: Anadatevene appena laureati. Ciao
Inviato da california007 il 01 dicembre 2009 alle 00:08
Sono un figlio che si e' laureato in Ingegneria Elettronica a Catania con enormi sacrifici dei genitori. Devo ammettere che ho avuto diverse proposte di lavoro decenti in Sicilia subito dopo la laurea. Le ho rifiutate per accettare un' offerta in Irlanda. Conti alla mano, economicamente avrei guadagnato di piu' in Italia che in Irlanda il primo anno. Cosa mi ha fatto fare le valigie allora? Un po' la curiosita', un po' la voglia di liberta'. La cosa che di sicuro non mi piaceva in Italy era come ero stato trattato nei colloqui: ho notato una forte gerarchia ed un ambiente di lavoro poco accogliente, basato sulla competizione tra colleghi. A farla breve, dopo 10 anni sono ancora all' estero, mi trovo in California da 5 anni e sono in attesa della carta verde. Ho due figli meravigliosi e per il bene che gli voglio penso proprio di non tornare in Italia se non in vacanza. Perche' l' Italia e' davvero bellissima, manca solo la speranza di un lavoro dignitoso.
Inviato da galan50 il 01 dicembre 2009 alle 08:53
Mia figlia, architetto, 4 anni fa, incoraggiata anche da noi,ha fatto le valigie ed è andata in Spagna: ha trovato e cambiato lavoro con le sue sole forze, grazie alle sue capacità e non grazie a raccomandazioni o conoscenze, e ora sta pensando di prendere la cittadinanza spagnola. In Italia, se continua questo andazzo, non c'è futuro se no0n si hanno le conoscenze giuste. Condivido quindi pienamente quello che scrive Celli.
Inviato da vikingo il 01 dicembre 2009 alle 09:05
L'articolo ha espresso quello che io sempre dico a mio figlio, con parole che non sarei riuscito così bene ad esprimere. Prossimo laurendo ingegneria meccanica gli dico sempre vai via: in Australia, Nuova Zelanda, Canada non negliUSA però. Quì non hai futuro, noi padri non siamo riusciti a fare una Patria degna di voi, perdonami, anche se nel mio piccolo non ho mai portato un granello di sabbia a questo sistema. Sono stato ramingo una vita sugli oceani del mondo, tu lo sarai sulla terra si, ma straniera.
Inviato da eleonorapimentel il 01 dicembre 2009 alle 09:08
Laureata in Architettura con 110 e lode (sudatissimo e senza falsa modestia.. meritatissimo, dopo 10 lunghi anni di studio!), ora cultrice della materia all'Università (leggi lavoro nero di stato), commissioni d'esame e correzioni senza essere pagata e senza punteggio. centinaia di curriculum inviati, proposte di lavoro serio? Nessuna.. solo qualche collaborazione in nero su studi di "palazzinari" e ammanigliati (mi trattengo dal dire con chi)... ciò con la speranza che possa "uscire qualcosa". Come mi mantengo? facendo la cameriera nei pub saltuariamente e dando lezioni private. Vivo con i miei e per qualcuno sono una bambocciona. Dopo anni di questa vita e dopo aver visto emerite schifezze passarmi avanti solo perchè figli di e raccomandati da o apartenenti a questo o quel partito politico.. dico andate tutti a..... Io me ne vado!
Inviato da morgoth81 il 01 dicembre 2009 alle 09:07
Sono quasi 4 anni che sono in Germania. Sono uno di quei cervelli in fuga. Sto terminando un dottorato in Ingegneria Geologica. Dopo ho la possibilitá di far quello che voglio senza contratti a progetto o i soliti bla bla italiani. L'Italia purtroppo sta finendo...
Inviato da delu2009 il 01 dicembre 2009 alle 09:08
Laureato in architettura ho capito da subito che non solo non avrei potuto far strada in questo paese, ma non sarei mai riuscito a costruirmi una famiglia e comprarmi una casa dove poter vivere. Il mio futuro sarebbe stato segnato da frustrazione e malumore , per l'incapacità del mio paese di poter offrire, a chi meritevole, le possibilità che nella maggior parte degli altri paesi d'Europa con un livello culturale pari al nostro, vengono offerte.Ho lasciato tutto e ,alla soglia dei miei allora trent'anni, mi son recato in Belgio, e pieno di sogni e progetti irrealizzati ho iniziato a sperare.A distanza di 7 anni sto' aspettando il secondo figlio, ho comprato una casa a tre piani con giardino al centro di Anversa e guadagno piu' di quanto tutti gli amici che son rimasti in patria - quelli che hanno un lavoro - riescono a tirar su con lavori a cococo ( parola che mi ha sempre fatto sorridere) o in nero. Fiero di essere italiano, ma piu' fiero di essermi lasciato quel paese alle spalle.
Inviato da bilancino1610 il 01 dicembre 2009 alle 09:47
Ho 36 anni una laurea ed un master, un lavoro a tempo indeterminato ma senza prospettiva di crescita economica e professionale. Quello che posso vedere sono offerte di lavoro dallo scarso contenuto professionale. L'italia oramai è un paese che non punta più sulla produzione dall'alto contenuto tecnico ma solo sui servizi e lavori nei ministeri. Questo modo di concepire il lavoro fa si che il livello retributivo sia sempre allineato tra i 1200-1400. Il problema dell'italia si vede osservando la difficoltà che incontrano i giovani ingegneri...offerte ridicole per lavori ridicoli. Oggi le aziende cercano smanettoni nel campo del IT dove in passato bastava un diplomato ed oggi un laureato triennale. Se avessi avuto la fortuna di conoscere bene due lingue avrei provato la strada dell'estero tuttavia è necessario andare via appena laureato perchè dopo qualunque lavoro svolto in italia non sarà rivendibile per lo scarso contenuto tecnico/professionale...
Inviato da lscalzullo il 01 dicembre 2009 alle 09:59
Che dire. Vivo un realtà fatta solo di ricordi. Ho lavorato due anni come ricercatore negli Stati Uniti dopo una laurea in Ingegneria Chimica. Ho goduto dei privilegi della meritocrazia, ho apprezzato con quanti sforzi l'istituzione, lo stato o la stessa università si tenesse legata alle persone valide e volenterose. No, non era affetto, niente di questo. Solo la consapevolezza che un elemento valido in un gruppo di ricerca, diventa volano per una crescita culturale ed economica di una intera Nazione. Sono rientrato inItalia, per amore e per affetto di una Nazione che non CI vuole. Ora, con discreto successo, faccio un altro lavoro, annaspando tuttavia in una mediocrità sociale ed in un'arretratezza culturale che ci sta portando a diventare una società museo, immobile e ferma ad autocelebrare il suo passato, ma in caduta libera e cieca verso un futuro senza prospettive. E' con molto rammarico, Dott. Celli, che senza mutamenti, quando sarà, a mio figlio, scriverò la stessa lettera.
Inviato da arco1941 il 01 dicembre 2009 alle 11:13
il mio primo figlio : laurea con lode in ingegneria meccanica, dottorato di ricerca, grande impegno professionale. a dieci anni dalla laurea circa 1700 euro mensili in una grande azienda, con mal celata frustrazione. la seconda figlia : laurea con 105/110 in ingegneria chimica ; lavoro a tempo indeterminato con inquadramento non corrispondente alla qualifica, a tre anni dalla laurea 1300 euro mensili e tanta frustrazione anche per lei. il terzo figlio ha conseguito la laurea triennale in ingegneria meccanica e sta studiando per la specialistica. anche a lui, come ho detto agli due, dico vattene via da questo paese. speriamo!
Inviato da cugumi il 01 dicembre 2009 alle 11:24
Sono d'accordo col Prof. Celli, solo chi è laureato in Ingegneria o Economia ha qualche possibilità di trovare un impiego decoroso e idoneo abbastanza in fretta. Chi ha fatto altri studi è destinato a peregrinare a lungo e elemosinare miseri contratti a termine. La soluzione ideale sarebbero concorsi regolari ogni 2 anni, per qualsiasi settore. Noi laureati non aspettiamo altro. Io il lavoro giusto per ciò che ho studiato l'ho trovato, peccato che mi si propongano esclusivamente contratti a progetto di 4 mesi, con un compenso basso versato ogni 6 mesi. Per forza prima o poi ci si orienta verso altri impieghi, si guadagna di più a lavare le scale. E la laurea diventa davvero solo un pezzo di carta, anzi: più sei specializzato, meno vieni considerato. All'estero avviene il contrario, ecco perché un laureato italiano (se se la sente e se può) è meglio che espatri.
Inviato da bellaste il 01 dicembre 2009 alle 11:24
io sto provando a fare il percorso opposto. 28 anni, ingegnere con un phd in Irlanda, 4 anni passati all'estero ho deciso di tornare. I miei colleghi indiani, spagnoli, polacchi hanno come fine ultimo quello di mettere a frutto l'esperienza accumulata per rendere il proprio paese un po' migliore. perche' io non dovrei farlo? tra 2 mesi torno a Bologna, e spero proprio di non pentirmene!
Inviato da dom61 il 01 dicembre 2009 alle 12:30
Nella risposta del figlio ("Nel nostro paese gli ingegneri hanno spazi e possibilità per sfondare se possiedono un'adeguata base di conoscenza, anche se spesso la loro professionalità non è adeguatamente considerata, soprattutto da un punto di vista economico"Rep.oggi) tutta la storia di un precariato sottopagato e declassato, disincentivato a fare le cose per bene, che ha contribuito allo sfascio ambientale del nostro Paese. Amico, prova a vedere quanto e come viene riconosciuto il lavoro degli ingegneri all'estero e poi vedi se non ti viene voglia di emigrare pure se sei ingegnere...!
Inviato da antoncleto il 01 dicembre 2009 alle 12:30
Il mio figlio maggiore (architetto laureato con 110 e lode) lavora all'estero da parecchi anni e dice che non vuole tornare in Italia perche' non vede prospettive. Io e mia moglie ne soffriamo , il fatto di vedere i nipoti una volta all'anno se va bene e sentirli parlare un'italiano arrangiato e' triste , ma francamente non mi sento di spingerlo a tornare in questo paese che fatica a riconoscere il merito e che si chiude sempre piu' su se stesso. Fintanto che i problemi principali saranno i minareti o i processi del presidente del consiglio non riusciremo ad alzare lo sguardo e vedere cosa c'e' fuori casa nostra.
Inviato da nadiaricci84 il 01 dicembre 2009 alle 12:48
mio figlio si è laureato nel 2004 in ingegneria meccanica con lode a Bologna e ha subito lavorato sei mesi in Austria. Ha poi ottenuto un contratto di tre anni presso la Daimler Benz di Stoccarda per un dottorato di ricerca. Attualmente lavora in Austria in un centro di ricerca di ingegneria farmaceutica nella città di Graz. All'inizio tutta la famiglia ha preso molto male il fatto che lui lasciasse l'Italia ma ora siamo molto contenti perchè qua il massimo che poteva trovare era un contratto a termine per quottro soldi ed il suo dottorato andava a farsi friggere. Spero che sua sorella, che sta per laurearsi in ingegneria faccia altrettanto
Inviato da giacintolombardi il 01 dicembre 2009 alle 13:07
Di questi argomenti, anche per non dare l'idea dello spot pubblicitario, è meglio parlare in famiglia. Ai miei figli (La Sapienza - Ingegneria Meccanica - Psicologia) raccomando di dedicarsi con impegno al loro lavoro partendo anche dal gradino più umile.
Inviato da llengui il 01 dicembre 2009 alle 14:14
Questo appello non mi trova impreparato. Nell'articolo si parla di Italia, ma noi al Sud siamo ulteriormente penalizzati. Ho quattro figli. Il primo,ora 32enne, nel 1999 si è trasferito in Francia nella stessa azienda multinazionale in cui ora è manager. Il secondo, ora 28enne, da 14 mesi si è trasferito in provincia di Varese dove lavora nel settore finanziario. Il terzo, ora 25enne, da 18 mesi si è trasferito a New Haven (USA) dove è stato assunto come ricercatore alla Yale university, La quarta (ora 20enne) è al 3° anno di architettura e già pensa di seguire i fratelli. Purtroppo, devo ammetterlo, ho caldeggiato queste scelte perchè il merito non ha precedenza. Il curriculum eccezionale non serve, servono le raccomandazioni, una non basta. La colpa di tutto ciò? è collettiva, perchè permettiamo che avvenga. L'Italia, il più bel paese del mondo, non è capace neanche di sfruttare questa sua fortuna.
Inviato da steffy2702 il 01 dicembre 2009 alle 14:43
ciao...purtroppo conosco e capisco questa situazione, sono laureata in ingegneria elettronica con un dottorato in elaborazione numerica dei segnali e cosa faccio? faccio il dba (data base administrator) e mi è andata meglio che a molti altri miei colleghi...inutile dire che tutto avrei creduto di fare nella mia vota tranne questo...ho studiato per fare ben altro ma ancora oggi alla fine del primo decennio del 2000 ci ritroviamo in un paese dove se non hai lo sponsor politico non vai in nessuna direzione...e ora mi chiedo perchè ho rovinato la mia vista (e vita) ? quando mi sono iscritta all'università mi aspettavo ben altro dalla mia vita...ma purtroppo anch'io sono troppo provinciale e romantica e ancora credo che lottando qui possiamo ancora migliorare la situazione e se non ci crediamo noi giovani...e se scappiamo anche noi cosa e soprattutto chi resta in Italia? non possiamo far diventare l'Italia un paese di veline e calciatori...(con tutto il rispetto per queste categorie)
Inviato da francesca77 il 01 dicembre 2009 alle 14:43
BEL PAESE...dopo i vari condoni ...ora anche il progettista non serve più a nulla...e cosa ci rimaniamo a fare in Italy??? Poveri noi....
Inviato da paolocastle il 01 dicembre 2009 alle 16:04
Mattia dice che per gli ingegneri c'è spazio... purtroppo si sbaglia alla grande ... se lo lasci dire da un ingegnere informatico (110 a Pisa nel '99 ... prima del 3+2) . A ingegneria ti prende anche una certa passione per le cose che funzionano bene... e il groviglio di interessi personali è talmente incacrenito in questo paese che questa passione serve solo a farti stare male. Abbandonate la nave se potete ... scriverei la stessa lettera a mio figlio ... io sono ritornato per la famiglia... ma non credo lo avrei fatto se fossi stato da solo.... magari sul relitto rinascerà nuova vita. Paolo
Inviato da pp521 il 01 dicembre 2009 alle 16:23
come è che allora importiamo ingegneri indiani, romeni, turchi , inglesi etc. disposti a lavorare in societa impiantistiche e di costruzioni disposti a lavorare nei cantieri piu o meno disagiati?
Inviato da andreaz1980 il 01 dicembre 2009 alle 16:59
per pp521: importiamo ingegneri dall'estero come dici perchè li sottopaghiamo, come succede a noi del resto... in molti si sono scandalizzati per la proposta dei minimi salariali per i praticanti avvocati, ma provate a fare gli ingegneri: se ti va bene ti sfruttano più di 9 ore al giorno senza ferie, permessi, mutua, tredicesima etc... già perchè se vuoi lavorare devi aprirti partita Iva con tutte le spese che ne conseguono (commercialista, etc) lavori come dipendente ma senza avere alcun diritto nè alcun contratto e in più ti pagano al lordo se ti va bene dopo 5-6 anni di esperienza 1800-2000 euro... a conti fatti ti resta meno dello stipendio di un'impiegato neoassunto
Inviato da biancolit il 01 dicembre 2009 alle 17:39
Purtroppo il prof. Celli ha ragione: siano ormai un Paese in cui i meriti non contano nulla. Mio figlio, con dottorato di ricerca e quattro anni di esperienza in aziende negli USA, è rientrato nel 2005 in Italia. Dopo due anni e mezzo, ha dovuto ritornare negli Stati Uniti perchè sua moglie (laurea in ingegneria negli USA e con esperienza di lavoro nella Genentec) in Italia non è riuscita ad avere nemmeno un colloquio di lavoro, salvo trovare in una settimana un lavoro negli USA. Anche nel mondo del lavoro, come nel'università i meriti contano poco, mentre pesano molto di più conoscenze e raccomandazioni perchè per un manager è più importante ingraziarsi chi ha potere che contribuire allo sviluppo della sua azienda assumendo giovani brillanti. Non più è l'Italia che ho conosciuto io e che si basava sui principi dell'impegno individuale e dell'etica che si sono persi negli ultimi 15 anni. no molliamo: anche noi anziani oggi dobbiamo lottare insieme ai giovani per cambiare il Paese.
Inviato da masmar35 il 01 dicembre 2009 alle 17:40
Sono perfettamente d'accordo con il prof.Celli. Mio figlio , dopo la laurea in architettura , con esperienze pluriennali in Israele , Inghilterra ,Spagna Danimarca e varia Stati medio orientali , con la conoscenza parlata e scritta dell'inglese , spagnolo , francese e arabo classico oltre ovviamente all'italiano , per trovare una occupazione appagante e fissa , nella seconda metà dei anni novanta ha dovuto trasferirsi stabilmente in Spagna!
Inviato da iladelve il 02 dicembre 2009 alle 09:48
Rispondo a chi accusa Mattia di essere "un figlio di papa'", arrabbiata e amareggiata per chi non capisce il male che possono arrecare parole dette senza senno e cognizione di causa. Mattia Celli si è maturato con 100 al liceo Avogadro di Roma, con 110 e lode alla triennale in Ingegneria meccanica alla Sapienza e la media quasi del 30 alla specialistica; non sono i numeri che contano, conta il sacrificio di una persona che potrebbe ottenere tutto senza fatica, che sacrifica le proprie vacanze per studiare e lavorare, che si ammala per le troppe aspettative di una posizione scomoda. A chi giudica senza sapere quanto possano ferire delle semplici parole, sappia che Mattia Celli è un semplice ragazzo, con i suoi pregi e le sue insicurezze, che si ritrova a rispondere ancora di qualcosa che non dipende da lui.
Inviato da kolokotronis il 02 dicembre 2009 alle 09:52
Fa un pò ridere che il direttore dell'università della confindustria dica a suo figlio, un privilegiato, di andare all'estero. Io sono figlio di un operaio ed ho potuto solo fare l'elettricista quando volevo studiare ingegneria, questo è uno schifoso paese classista dove anche i leader della fu sinistra disprezzano i morti di fame, mentre magari uno come Veltroni figlio di un direttore generale della Rai preferisce gli immigrati. Privilegiati ........
Inviato da budduit il 03 dicembre 2009 alle 10:04
Ho un figlio laureato in ingegneria con 110 e lode a 25 anni lo hanno cercato tante aziende ma il massimo che gli hanno offerto un contratto di formazione per 1300 euro mensili , dopo tre anni di lavoro ancora è fermo allo stesso stipendio , sta meditando di andare via dall'Italia mi si stringe il cuore , proprio domenica scorsa gli ho detto , vai . La colpa è di tutti noi ,e dei nostri governanti abbiamo investito nelle pensioni baby invece che nella ricerca nei giovani , cosi oggi abbiamo ancora giovani pensionati cinquantenni da mantenere chissà per quanto tempo ancora ,mentre i giovani mancando le risorse ,devono necessariamente o accettare un lavoro sottopagato o andarsene .
Inviato da alida09 il 03 dicembre 2009 alle 13:48
l'unico commento che posso fare e dirvi che mio figlio laureato con ottimi risultati al Politecnico di Torino si è trasferito, dopo aver fatto il ricercatore presso l'università per 1 anno, negli Stati Uniti insieme all'attuale moglie (anch'ella laureata in ingegneria a Torino), dove hanno lavorato per tre anni. Attualmente risiedono felicemente in Norvegia, nei pressi di Oslo. Detto cio' ricordo che molti meridionali (come me e mio marito) sono stati costretti a venire al Nord per lavorare ed erano lontani dalla proprio famiglia di origine ..diciamo... 12 ore di treno, oppure 8-9 ore di auto! Bene adesso in tre ore di volo + 3 di auto (per arrivare agli aeroporti raggiungo mio figlio! Con cio' voglio dire che le distanze si sono accorciate e che i nostri figli li abbiamo educati ad essere anche cittadini del mondo!
Inviato da rappan il 26 dicembre 2009 alle 15:33
Caro sig. Celli, ho una brutta notizia per lei. Sono di origine Olandese e ho avuto la fortuna dopo i miei studi all´università di Eindhoven, Olanda, di lavorare come ingegnere/manager in Olanda, Italia, Inghilterra e negli Stati Uniti. Purtroppo la mia esperienza in tutti questi paesi dove ho lavorato non è molto differente di quello che lei descrive nella sua lettera. I minimi valori da lei menzionati stanno cambiando ovunque! Io mi sono reso conto che mi dovevo concentrare su altri valori di questa vita e meno della carriera o della politica (che disastro Berlusconi...). Per me l'esperienza di in totale 13 anni in Italia è stata la piu bella di tutte. Il calore umano, la cultura, la storia sono assulutamente superiore in Italia. Io sono convinto che soldi, carriera o politica non sono poi cosi importanti. Da parte mia consiglio a suo figlio di godersi piu possibile le belle cose di questa vita e possibilmente in Italia! Vai all'estero solo per l'esperienza poi torna... Un amico.
19 ottobre 2010
Intersezioni ---> Fuga di cervelli
Caro Salvatore, io mi trovo in una situazione analoga alla tua. Ho una figlia laureanda il architettura e sono preoccupato per il suo futuro. Io la incoraggio a cercare qualcosa all'estero. Leggo che tu non sei d'accordo con la scelta di tua figlia che è andata a Londra. Sono desideroso di leggere i motivi per i quali non condividi la scelta di tua figlia.
RispondiEliminaCiao
Roberto Camiz
Se il figlio del prof. Celli è un privilegiato, non lo invidio, ma non lo invidio sinceramente, non vorrei essere al suo posto per il semplice fatto che non sono Mattia, ma Francesco, ovvero un'altra persona. Non credo che nascere da un padre già "famoso" e "importante" sia una colpa, anzi, è una fortuna come per la pluribocciata Trota o una disgrazia per chi deve dimostrare soprattutto a se stesso di non essere un semplice cognome. Da quanto si legge, sembra che stia facendo anche lui gli sforzi che qualsiasi giovane fa e che sto facendo anche io. E so che potrei essere fuori dal mercato come è stato già detto perché conseguirò la laurea a 35 anni essendomi iscritto all'università solo a 30, ma con la differenza che detesto dal più profondo delle viscere e con umano disprezzo, il piangersi addosso. Sapevo già bene il passo che stavo per compiere prima di iscrivermi ed ancora precedentemente quando gli anni passavano l'uno dietro l'altro inesorabilmente. Ci sono arrivato con i sacrifici e me li tengo e me ne vanto. Verrò rifiutato dagli studi? Va bene, ma non sarà solo un fatto italiano, aprirò uno studio da solo, l'esperienza per mandarlo avanti ce l'ho perché altrove ho "fatto il geometra", ma sostanzialmente ero amministratore delegato se così si può dire. Mi manca l'esperienza da architetto, senz'altro, ma ho un paio di amici d'infanzia che architetti già lo sono, uno dei quali (figlio di un idraulico che lavora a cottimo) mi chiede, ogni volta che lo vedo, se ho terminato gli studi o no. Sono un privilegiato? Può essere, di certo non mando tutto all'aria per sentirmi artificiosamente parte del problema sociale.
RispondiEliminaNon mi piace chi critica il "mondo ovattato" del figlio di famiglia perché un domani potrebbero essere i loro nipoti, cioè i figli dei loro figli, a trovarsi nella stessa situazione, ed allora? per coerenza dovrebbero disprezzare anche loro. Altrimenti, per cosa si sacrificherebbero i genitori se non per preparare un domani migliore ai propri figli? Meno male che mio padre prima di morire ha lasciato un gruzzoletto che è praticamente scomparso e che mia madre riesce bene a gestire pur non essendosi laureata al LUISS (ma non è neanche diplomata).
I problemi non si risolvono con i "povera Italia" perché di questo sistema facciamo inesorabilmente e drammaticamente parte, volenti o nolenti. Ci vuole volontà a cambiare le cose, coscienza del proprio esistere, lasciare le invidie da parte perché il raggiungimento di uno status di vita da parte di una persona non è per forza per "meriti" altrui e soprattutto non può essere fonte di disprezzo.
C'è senz'altro un problema di "fuga di cervelli" che non può essere risolto soltanto con l'ammissione della sua esistenza. C'è un problema di fondo che è culturale e non è fuggendo dal problema che si risolve (sarebbe da leggere Gomorra). Serve coraggio, perché le riforme in quanto tali, non possono accontentare tutti come si vuole far credere oggi per recuperare qualche miserrimo consenso. Perché Berlusconi ha scontentato gli operai, ma Bersani ha scontentato i professionisti e né nell'uno, né nell'altro caso ci sono stati miglioramenti. Finiamola con la commiserazione "il povero operaio" perché esiste, che si creda o no, "il povero professionista" che ha avuto l'opportunità di studiare perché qualcuno prima di lui è riuscito a concedergliela, si è laureato e fa tutt'altro lavoro: anche questa è una disgrazia e prima che sociale è psicologica.
Non bisogna chiedere per avere e basta, bisogna chiedere un'opportunità e giocarsela fino alla fine: è questo che poco si offre in Italia, ma è anche questo che poco si chiede.
---> Roberto,
RispondiEliminaun equivoco:
Sullo stato di facebook ho inserito parte di questo post, non il mio commento.
Non sono io il padre con la figlia architetto a Londra ma menadel2009: “Mia figlia Architetto ha resistito circa 3 anni dopo la laurea partecipando a concorsi in Enti Locali già stra-assegnati al momento del bando, facendo colloqui ovunque, lavorando con compensi da fame in vari studi professionali (tutti agganciati alla politica per avere appalti e/o subappalti) poi non ha resistito più. Ha preparato tramite email o telefono tre colloqui di lavoro ed è partita per Londra portandosi solo i suoi book ed il suo curriculum.Mai stata a Londra prima di quella data quindi senza agganci di alcun genere tranne amicizie on-line. Scrivo dei numeri per far capire le differenze con il nostro paese.Il giorno 5 giugno 2008 atterra a Londra, sostiene i 3 colloqui (VERI!) il giorno 17 giugno inizia a lavorarare con uno dei tre. Il giorno 30 giugno ha ricevuto il primo bonifico in banca per i giorni lavorati. Altro mondo.Purtroppo! Perchè, come genitori, inizialmnete ci è costato molto vederla partire dopo immensi sacrifici da parte di tutti. Ma ora siamo contenti per lei”.
T’invito a leggere (anche trasversalmente) quest’articolo e se vuoi ascolta l’audio.
Chiarito l’equivoco rispondo alla tua domanda.
Io sono siciliano e sono cresciuto con il mito (luogo comune) della ‘terra ingrata’.
Sintetizzata in un proverbio popolare ‘Cu nesci arrinesci’ (chi va fuori dalla Sicilia si realizza sul lavoro e come uomo), letteralmente un mantra senza via di scampo.
Ciò che mi stranisce che adesso questo proverbio ha varcato i confini delle regioni ‘diversamente appetibili’ (dal punto di vista lavorativo).
Secondo me è arrivato il momento di cambiare litania: “Figlio mio costruiamo insieme il nostro futuro e prepariamoci a soffrire”.
Uscire fuori dalla stasi generazionale (ormai priva di senso) e iniziare a prenderci cura di noi stessi.
Cambiando approccio cognitivo.
Osservare il presente (in blocco passato-presente-futuro) senza edulcorare lo stato d’indigenza (da nord a sud) in cui viviamo.
Sguardo che ha bisogno di visione non globale ma geografica. Complessa e non riduttiva.
Senza scappare o attribuire agli orchi (i diversi sotto ogni punto di vista) la colpa del nostro malessere quotidiano.
Proviamo a cambiare mantra: Figlio mio costruiamo insieme il nostro futuro e prepariamoci a soffrire (con orgoglio).
Saluti,
Salvatore D’Agostino
---> Francesco,
RispondiEliminaempatizzo.
Una piccola nota.
Fin dalla nascita di WA ho aperto un approfondimento sul tema (anch’esso luogo comune) ‘Fuga di cervelli’.
M’interessa capire chi, come e perché decide di uscire fuori dall’Italia.
Memoria dopo memoria sta uscendo fuori una storia che va oltre il significato ‘mediatico’ del termine.
Tralasciando i pochi ‘geni’ che giustamente sono dei transfrontalieri.
Vi è tanta ‘mano d’opera’ qualificata - richiesta da nazioni più ‘evolute’ - che letteralmente emigra.
Non serve solo capire.
Serve –come sostieni attraverso il tuo impegno – agire.
Altrimenti resta argomento per inani talk televisioni o blog ‘bla, bla, bla’.
Questo post vuole dare dignità al vivere quotidiano: oltre il senso ‘mediatico’.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Caro Salvatore,
RispondiEliminagrazie della tua risposta che mi è piaciuta molto, perché (un po' come la mia - diversa - opinione) affonda le radici in un vissuto. Vedi, anche per noi, di stirpe ebraica, e quindi "erranti" per definizione, vale il detto siciliano: il lavoro uno lo va a cercare dove c'è. E' bella l'idea di rimanere in Italia, costruire un Paese diverso. Era l'idea anche di mia cognata, ricercatrice, che tornata in Italia da un phd negli USA, se ne è dovuta tornare dopo qualche anno di umiliazioni alla Statale di Milano. Era anche la mia idea: sono rimasto, ho fatto la mia piccola carriera senza raccomandazioni e senza appoggi. Ma ho paura che il futuro diventi sempre più difficile. E non è giusto non dare ai figli tutte le opportunità che possano esistere di realizzarsi professionalmente, se necessario andando all'estero.
Un caro saluto
Roberto,
RispondiEliminacondivido.
Costruire insieme significa non usare il mantra ‘vai via’come scudo per non affrontare il problema nella sua complessità.
Questa immersione nella società ‘globale’ ha bisogno di una sana attività locale per vivere bene.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
Le testimonianze di chi va via sono sempre molto drammatiche e toccanti e dicono molto dello stato di deliquio e di miseria autodistruttiva in cui è caduto il nostro paese. nessuno dovrebbe esseere costretto ad andare via, fuga dei cervelli o altro. ma ho sempre più l'idea che anche restare a costo sconfitte, di frustrazioni e combattimenti quotidiani e forse più disperanti contro ogni genere di abuso sia una condizione altrettanto notevole e degna di attenzione. altrimenti che cazzo di senso avrebbe il nostro essere italiani e credere ancora alla speranze di avere un paese per cui valga la pena di sprecare le poche possibilità che ognuno di noi ha per essere, non dico felice, ma almeno 'civile', ma un individuo che ha oltre i propri bisogni personali anche il compito di diventare un cittadino attivo e consapevole di una comunità di simili in cui riconoscersi. anch'io posso andare via, sarebbe in fondo molto più facile. ognuno di quelli che va via si di porta dietro il proprio guscio. si illude di avere con se tutto quello che serve. ma non credo sia giusto, anche per chi verrà dopo di noi; per me vale l'esempio di libertà, di onore e di dignità che occorre testimoniare e consegnare ai più giovani. se vanno via tutti l'italia muore o diventa del tutto un paese di stronzi. ci siamo quasi.
RispondiEliminaMauro Minervino,
RispondiEliminacondivido la tua amara considerazione.
Saluti,
Salvatore D’Agostino