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26 ottobre 2006

La sfida dell’architetto

Leggendo la lettera di Luca/Guido Incerti sulla presS/Tletter n. 29 - 2006, mi è venuto in mente il paradosso indicato da Adolf Loos, sul rapporto antinomico dell’architetto e il committente. Loos in Parole nel vuoto nel racconto, A proposito di un povero ricco, ammonisce l’architetto sul suo essere conclusivo e onnipotente. Questo sembra chiaro a Carmelo Baglivo che nella “casa” vede proprio il luogo del limite dell’architetto. La “casa” è lo spazio dell’alterità quasi inconciliabile con la ricerca spesso autocelebrativa degli architetti. Carmelo Baglivo non sembra temere l’orlo di questo precipizio, individua i problemi del nostro strapaese: «Il popolo italiano pensa di essere un popolo di architetti. Non c’è una cultura architettonica diffusa. Committenza ignorante». Dimostrando con il suo gruppo IANPLUS che non è momento delle chiacchiere ‘accademiche’.
Nella presS/Tletter n.10-2006, avevo posto una domanda “Qual è la sfida intellettuale per l’architetto?
Quel quesito era rivolto soprattutto agli assessori all’urbanistica di qualsiasi comune italiano, al presidente del Consiglio Nazionale Geometri (Piero Panunzi), al presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Sergio Polese), al presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (Raffaele Sirica), ai Rettori delle Università di Ingegneria-Architettura. Mi interessava conoscere l’indirizzo politico e legislativo.
Mi hanno risposto gli architetti:
Carlo Ratti: «L'architettura in Italia oggi è morta. Ma la sfida, da noi come altrove, è chiarissima!»;
Alessandro Mendini: «La sfida è continuare a cambiare rimanendo se stessi.»;
Giuseppe Merendino: «Ricostruire! Perché l’architettura in Italia è un Ground Zero.».
Caro Luca/Guido Incerti il problema dell’architettura in Italia sono proprie quest’“e-mail un po' così” indirizzate a chi lavora con tenacia su questo devastato patrimonio edilizio. Il problema è nell’ignoranza diffusa e innocente (escludendo le poche eccezioni) di chi ha il potere decisionale/culturale e preferisce l’omologazione folk-storica alla globalizzazione attenta alla tradizione ma innovativa.
IN CERTI momenti la sfida deve essere indirizzata verso i potenti inamovibili.
La sfida dell’architetto non è tra architetti.



Pubblicato sulla presS/Tletter n.30-2006

Guido Incerti: sull’orgoglio dell’architetto

Con questa mia volevo rispondere a Salvatore D'Agostino.

Sono già stupito che qualcuno abbia ritenuto la mia lettera degna di esser letta. Ne sono contento. Vede Signor D'Agostino, innanzitutto non invio delle e-mail un pò così contro gli architetti. Io son anche Architetto, un giovane architetto che si scontra quotidianamente con quel potere che spesso molti architetti dicon di combattere, perchè sembra sia nell'ideale utopico della figura dell'architetto combatterlo, ma che alla fine, e dalla notte dei tempi è così, assecondiamo e cerchiamo per entrarvi nelle grazie. Per riuscire a costruire qualcosa. Chi realmente lo combatte il potere è completamente escluso da ogni circolo che conti e men che meno costruisce. Il potere deve e chi lo ha, e qui sono d'accordo,deve essere "educato" all'architettura... e più che all'architettura a ciò che l'architettura può creare successivamente al suo esser stata edificata. Son un giovane architetto, ma vedo sempre più spesso giovani architetti predicare bene, e poi razzolare alquanto male su questo campo, cercando molto spesso contatti e agganci che poco han a che fare con il piacere di fare l'architettura. Sono anche un giovane architetto stanco degli architetti che si riempiono la bocca di parole di altri architetti e che cosi facendo aumentano in maniera esponenziale la spaccatura tra gli architetti e coloro che qualche volta a loro si rivolgono. La committenza appunto. Vede le parole sono spesso buone tra noi ma alla committenza non illuminata non interessano. Per quello mi farei volentieri costruire una casa da un architetto, perchè dialogando con lui potrei sicuramente imparare qualcosa di nuovo e vedere la passione con cui si dedicherebbe alla mia casa. Non per fare un monumento al suo ego, problema di molti dei famosi giovani e meno giovani che, ripeto, predicano bene e razzolano assai male, ma per aiutarlo a "fare" un luogo dove forse potrei vivere meglio, e magari come diceva Leonardo Ricci aiutarlo a non farsi così schifo la sera quandi disteso sul letto guarderà le stelle fuori dalla finestra. Vede Signor D'Agostino, io credo invece che IN CERTI momenti le sfide inizino prima tra noi architetti, non vergognandoci di ammettere di voler fare la nostra casa, e sopratutto non facendo finta, per motivi intellettuali, di non voler essere quello che siamo. Solo così, molti di noi non crederanno più di essere conclusivi e onnipotenti (Loos era un bell'ossimoro da questo punto di vista), accetteranno le vere sfide del mestiere e si potrà cominciare un cammino che porti l'Italia fuori dal limbo in cui si trova.

Cordiali saluti. Guido Incerti

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Pubblicato sulla presS/Tletter n.31-2006


28 settembre 2006

L’ossimoro Purini: “Utopia Reale”

di Salvatore D'Agostino  

   Rick Deckard, nel film Blade Runner, nella Los Angeles del 2019, dopo aver faticato nel condurre a termine la sua missione, si sdoppia in un duplice finale urbano/utopico.

Urbano versione del regista Ridley Scott (1993): 

- incremento del 26,5% del mercato delle costruzioni negli ultimi cinque anni (Annozero del 14-09-2006);
- incremento del 71% del guadagno delle società di costruzione quotate in borsa negli ultimi due anni (Annozero 'Milano e l'immigrazione', 14-09-2006);
- nell’edilizia si concentrano i neo imprenditori con il più basso livello d’istruzione, 60% fino alla licenza media inferiore (ISTAT 2005);
- 40% dei lavoratori stranieri irregolari nell’edilizia si trova a Milano (Annozero 'Milano e l'immigrazione', 14-09-2006);
- 5,5% delle famiglie lamenta le cattive condizione della propria casa (ISTAT 2001);
- 13,1% delle famiglie ha dichiarato di vivere in una casa troppo piccola (ISTAT 2001);
- 33,8% delle famiglie crede che la sporcizia delle strade è un problema rilevante nella zona in cui abita (ISTAT 2001);
- 41,6% delle famiglie ha difficoltà di parcheggio (ISTAT 2001);
- 1.300.000 abitazioni non utilizzate, di cui oltre 80.000 edifici rurali (CENSIS 2003);
- nel 1951 il patrimonio edilizio era costituito da 10,7 milioni di abitazioni divenute 19,7 milioni nel 1991, mentre dal 1991 al 1998 si sono realizzati ulteriori 2 milioni di alloggi (CENSIS 1999);
- 3.500.000 alloggi condonati fra '86 e '87 e costruiti nel decennio precedente. Da un'indagine svolta dal Censis per conto del Ministero dei Lavori pubblici all'epoca del condono edilizio risulta che gli edifici multipiano a rischio per ragioni costruttive o di mancato rispetto delle cautele idro-geologiche potrebbero ammontare a 1.590.000 unità (CENSIS 1999);
- nei primi cinque mesi del 2001, 330.000 famiglie hanno acquistato una abitazione principale, ben 88.000 una residenza secondaria e per vacanze, 242.000 un altro tipo di immobile. Nel solo comparto residenziale per usi primari si stima che il 2001 sarà un anno record con 790.000 abitazioni compravendute e con un incremento del 14,8% rispetto al 2000. Dopo l’11 settembre si conferma un’elevata propensione all’acquisto di abitazioni. La domanda potenziale per il 2002 è di 1,2 milioni di famiglie per uso proprio, 1 milione per investimento e 820.000 per l’una e l’altra ragione (CENSIS 2001);
- 71,3% delle famiglie hanno una casa di proprietà (ISTAT 2001);
- 42% delle famiglie non si fida di bere acqua di rubinetto (ISTAT 2001);
- 30,9% delle famiglie ha difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici (ISTAT 2001);
- 47,6% delle famiglie ha disagio quotidiano a causa del traffico (ISTAT 2001);
- 39,9% delle famiglie dichiara di vivere in un ambiente con aria inquinata (ISTAT 2001);
- 38,5% delle famiglie dichiara di vivere in un ambiente rumoroso (ISTAT 2001);
- 30,8% delle famiglie abita in zone con rischio di criminalità (ISTAT 2001);
- nel 2001 l’11,7% delle persone di 14 anni e più ritiene che la criminalità nella zona di residenza sia aumentata rispetto all’anno precedente, il 58,1% che sia rimasta eguale, il 7% pensa che vi sia stato un miglioramento ed infine il 20,5% non è in grado di giudicare (ISTAT 2001);
- l’11,6% delle persone di 14 anni e più ha osservato spesso atti vandalici nella zona in cui abita, l’8% ha incontrato mendicanti o persone che dormono per strada, il 6,4% ha visto individui che si drogavano o che vendevano droga oppure siringhe per terra, infine il 5,4% dichiara di aver visto prostitute in cerca di clienti (ISTAT 2001);
- tra coloro che indicano di vedere spesso atti vandalici contro i beni pubblici, le percentuali più alte si registrano tra gli abitanti dei comuni del centro dell’area metropolitana (18,1%) e dei comuni della periferia (14,2%), si tratta in misura maggiore di giovani di età compresa tra 18 e 24 anni (13,2%) (ISTAT 2001);
- i luoghi più a rischio per le violenze sessuali sono quelli più familiari per le donne: il 15,8% delle vittime ha subito violenza, tentata o consumata, a casa propria o negli spazi attinenti, l’11,8% al lavoro o negli spazi circostanti, il 9,3% a casa di amici, di parenti o di conoscenti e un ulteriore 6,9% a casa dello stesso aggressore (ISTAT 2004);
- in Italia nel 2004 sono stati denunciati alle Forze dell’ordine 2.415.023 reati (CENSIS 2005);
- la presenza di immigrati in Italia, che attualmente si attesta su 2.000.000 di unità, si concentra nelle grandi città dove iniziano a popolare le periferie e i paesi di cintura alla ricerca di una sistemazione abitativa a basso costo. Da una indagine del Censis risulta che in tali zone risiedono precariamente i due terzi degli immigrati (CENSIS 2001);
- su circa 25.000 prostitute presenti nel nostro Paese, l’85-90% è costituito da straniere, negli ultimi anni provenienti soprattutto dalla Romania e dalle ex Repubbliche Sovietiche (CENSIS 2005);
- nonostante non siano in possesso del diritto di voto, aumenta la presenza degli immigrati all’interno dei partiti politici e dei sindacati. Nell’ultimo anno gli immigrati tesserati nei sindacati sono cresciuti del 31,8%, arrivando a sfiorare la quota dei 440 mila iscritti (CENSIS 2005);
- nel primo semestre 2005 risultano presenti in Italia 189.836 titolari di impresa nati all’estero (CENSIS 2005);
- nell’anno scolastico 2004-2005, gli alunni stranieri iscritti nelle scuole del nostro paese sono stati 361.576 con un’incidenza del 4,2% sul totale della popolazione scolastica (CENSIS 2005);
- tra gli adolescenti 15-19 anni non disapprova: ubriacarsi una volta alla settimana il 25%, fumare cannabis occasionalmente il 34%, fumare cannabis regolarmente il 16%,. Gli stessi hanno dichiarato di aver usato almeno una volta: ecstasy il 2,7%, alcool e pasticche il 2,4%, LSD il 2,3%, cocaina il 5,1% e crack il 1,4% (CENSIS 2003);
- nel 2005 l’ISTAT corregge la notizia diffusa da alcuni organi di stampa sull’analfabetismo in Italia da 6.000.000 a 782.342 (ISTAT 2005);
- l’indice di analfabetismo informatico è inesistente;
- complessivamente, nel 2002 le famiglie italiane hanno dichiarato di avere affrontato una spesa media annuale di 1.009 euro per ogni componente iscritto ad un corso scolastico, dall’asilo nido all’università (ISTAT 2002);
- il livello di istruzione più diffuso fra i nuovi imprenditori è il diploma di scuola media superiore (46,3%), seguono i livelli d’istruzione inferiori (32,2%) e la laurea (21,5%) (ISTAT 2005);
- il Nord-est presenta i livelli di scolarizzazione più bassi: il 37,2% dei neo imprenditori raggiunge soltanto la scuola media inferiore; nel Centro si ritrova la più elevata percentuale di laureati (25,5%) mentre nel Sud e nelle Isole quella di diplomati (49%). Il titolo di studio risulta strettamente correlato con l’attività svolta (ISTAT 2005);
- 6,5% disoccupati (ISTAT II trimestre 2006);
- 20,6% il tasso di disoccupazione giovanile (ISTAT II trimestre 2006);
- 8,8% disoccupati tra gli “stranieri” (ISTAT II trimestre 2006);
- 3,4% il tasso di disoccupazione di lunga durata (ISTAT II trimestre 2006);
- 84,7% delle famiglie ha il telefono fisso (ISTAT 2001);
- 30 miliardi i messaggi di posta elettronica scambiati da persona a persona in un giorno medio nell'ultimo anno in tutto il mondo (CENSIS 2001);
- 750 milioni al giorno di SMS in tutto il mondo (CENSIS 2001);
- 109 milioni di host (snodi di connessione), aumentati del 51,4% solo nell'ultimo anno, e nel mondo si stimano in 171 milioni gli utenti internet (CENSIS 2001). 

Utopico nella versione imposta dalla produzione (1982): 

nel febbraio del 2006, dopo accurate ricerche il prof. Gabriele Morolli, affermava che il quadro La città ideale è opera di Leon Battista Alberti, per me il primo esempio di surrealismo. Uno scherzo, un paradosso, un gioco, “Ceci n'est pas une pipe” di René Magritte. Una non città, senza gente, un luogo non urbano. È innegabile il fascino dell’architettura archetipo rinascimentale, i colori, l’ordine, la pulizia, ma l’umanista fiorentino potrebbe aver ironizzato sulla possibilità di una città perfetta, conclusa, disciplinata, “Questa non è una città”, sembrerebbe essere il sottotitolo.

   Alla biennale di architettura di Venezia del 1996, Stefano Boeri e Gabriele Basilico, presentarono un viaggio per immagini, individuando sei segmenti (ciascuna disegnava un rettangolo di km 50 per km 12) di territorio italiano dalle caratteristiche urbane molto simili, in luoghi diversi. Quel viaggio a piedi non voleva dimostrare, ma mostrare, evidenziando il complesso rapporto che c’è tra la città e il territorio. Tra il costruito e la politica. Tra la vitalità e l’idealizzazione. Poneva dubbi, invitava a riflettere, non si nascondeva dietro i fasti del passato. Oggi la cultura italiana passa da questo paesaggio di cemento.

   Dieci anni dopo viene presentata VEMA, la città ideale. L’augure è Nonisma, una fondazione di economisti fondata, tra gli altri, da Romano Prodi nel 1981. Il coordinatore è Franco Purini, ispirato dalle città come Sabbioneta, Palmanova e dallo spirito dell’ «esoterica musicalità che informa la Tavola di Urbino». Contro la città espansa, diffusa, speculatrice si contrappone una città ideale e definitiva. 

Mi chiedo: 

è possibile parlare ancora oggi di corridoi ferroviari (Berlino-Palermo, Lisbona-Kiev) per la fondazione di un insediamento urbano?
è possibile fondare una città anticipando solo le logiche di mercato?
è possibile costruire una città di forma rettangolare 2,200 km per 3,700 km anche se il rettangolo è aureo?
è possibile parlare di una città “post-post moderna”?
è possibile fissare una data di nascita 2026, solo per ricordare il centenario della formazione del Gruppo 7?
è possibile avere come punti di forza del progetto, le connessioni senza fili di internet o la metropolitana priva di guidatore?
è possibile una città pensata solo da architetti/artisti, senza temere l’autismo?
è possibile aggiungendo alla fine una Y a Ital, diventare internazionali e riferirsi alla sola cultura italiana come paradigma dell’universo o meglio esportare “il modello città all’italiana”?
è possibile costruire una città per la “classe creativa” Floridiana “tolleranza, tecnologia e talento”?
   Dove vivranno le badanti rumene, i gendarmi del sud, le infermiere dell’Est, i muratori egiziani, le colf peruviane, i domestici dello Sri Lanka, i pusher africani, i magnaccia albanesi-italiani, le meretrici dalle ex Repubbliche Sovietiche? Scusate la semplificazione e i luoghi comuni io stesso mi dissocio, ma, ahimè, sono spesso usate dai nostri politici.

   Un indubbio valore è stato aver affidato i progetti a venti gruppi di giovani architetti, che qualcuno ha chiamato “generazione Erasmus”, cioè quelli che sono riusciti dopo anni di stagnazione, ad uscire da quella scuola italiana autoreferenziale, patriarcale, legata alla cultura di un passato ideale senza più contenuti urbani-architettonici reali (vedi: Francesco Dal Co, In Italia ci sono ventritré facoltà di architettura. Prossima tappa i Corsi di laurea di quartiere, Casabella n. 737, ottobre 2005). «In Italia comandano i morti» si dice nel film di Marco Bellocchio, “Il regista di matrimoni” questi morti sono di due categorie: i primi sono gli italioti, i furbetti o i Bertoldi; i secondi sono i retorici della cultura italiana, quelli che, studiando le pietre rimangono di sasso.

   Blimp è il gigantesco dirigibile che sorvola la Los Angeles del 2019 invita gli urbani: «Una nuova vita vi attende nella colonia extra-mondo, l'occasione per ricominciare in un eldorado di buone occasioni e di avventure».

28 settembre 2006 
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9 marzo 2006

Qual è la sfida intellettuale per l'architetto?

di Salvatore D'Agostino 

    Il 19 febbraio 2006, l’architetto Gae Aulenti è stata ospite nel programma televisivo di Fabio Fazio, Parla con me, su rai tre (vedi anche Edoardo Alamaro PresS/Tletter n.8-2006) e ha sostenuto che gli italiani sono poeti, navigatori ma non architetti, opinione che condivido. Ma non è di questo che vorrei parlare, bensì della domanda posta dal Magnifico Rettore dell’Università di Udine, il professore Furio Honsell:
«Qual è la sfida per voi? I giuristi mi dicono l'interpretazione della norma; il filologo mi dice il testo; il medico mi dice scoprire le cause; ed io come matematico posso rispondere: come informatico scoprire l'algoritmo.
Qual è la sfida intellettuale per l'architetto?»
   Gae Aulenti ha risposto:
«Non c'è una sfida che io personalmente possa dichiarare generale, ma ci sono delle sfide di volta in volta, per esempio, adesso sto facendo un termo-utilizzatore [...], per me è una grande sfida».
   Vorrei porre la stessa domanda a tutti i lettori di queste pagine elettroniche e sarei curioso delle risposte: dell’assessore all’urbanistica di qualsiasi comune italiano, del presidente Consiglio Nazionale Geometri (Piero Panunzi), del presidente Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Sergio Polese), del presidente Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (Raffaele Sirica), dei Rettori delle Università di Ingegneria-Architettura e infine di Stefano Boeri, Francesco Dal Co, Pierluigi Nicolin, Franco Purini, Odile Decq, Massimiliano Fuksas, Luigi Prestinenza Pugliesi, Renato Nicolini, Richard Meier, Zaha Hadid, Vittorio Giorgini, Italo Rota, Marco Navarra, Sergio Signorini, Emilio Ambasz, David Chipperfield, Renato De Fusco, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Steven Holl, Hans Hollein, Arata Isozaki, Rem Koolhaas, Vincenzo Latina, Alessandro Mendini, Jean Nouvel, Renzo Piano, Livio Sacchi, Ettore Sottsass, Robert Venturi, Alvaro Siza, Kazuyo Sejima, Kei’ichi Irie e così via.

Intervista a Gae Aulenti di Fabio Fazio a 'Che tempo che fa'
9 marzo 2006


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