12 agosto 2010

‎0430 (finExTRA) 12 agosto 2010----> IDENTITA’ ITALIANA [28] La Palermo felicissima secondo Ugo Rosa

di Salvatore D'Agostino



Stamattina ho ricevuto un commento da parte di Maurizio Zappalà -
0397 (finExTRA) 6 giugno 2010 ---> DIAFASIE [2] L’architettura non è più necessaria (Italo Rota) -:


«...esilarante ugo...va sempre oltre...piacevolmente oltre!
http://architettura.supereva.com/lanterna/20100805/index.htm».

Maurizio,
qui mi trovi empatico: «Il cialtrone arrogante è, infatti, spesso anche stupido e in questo consiste forse l'apporto autoctono (scrivo con cognizione di causa, da un luogo non lontanissimo da Palermo che per autonoma cialtroneria, arroganza e stupidità non è secondo a nessuno...)».
Meno sul linguaggio critico ammesso solo per Ugo Rosa.

«Sarà bene dirlo subito e con franchezza: detesto Palermo.
È un'antipatia di vecchia data che ho coltivato con diligenza fin dal primo anno di università e che, con il tempo, si è imbrunita acquistando una patina bronzea che, sinceramente, mi dispiacerebbe molto scalfire.
Ho un'età in cui le antipatie vanno coltivate con affetto, visto che invecchiando si tende a scivolare nelle fauci odiose di quel leviatano che viene giornalisticamente definito "ceto medio riflessivo" il quale, accarezzando le mezze tinte e limando indignazioni e antipatie, fagocita intelligenza e caca conformismo.
Oggi non detesto solamente l'ottusa, oleosa, opacità attuale di questa città, che ingoia qualsiasi lucentezza ne venga a contatto, ma ne trovo disprezzabile anche il ricordo.

[...]

Sarà per questo che il panormita presenta caratteristiche ibride mescolando (anche, probabilmente, per questioni genetiche) la cialtroneria levantina all'arroganza normanna.
Il colore dei suoi manufatti, inoltre, è spaventoso, almeno quanto la porosa sporcizia dei suoi vicoli.
Dell'odore preferisco non parlare.
Che i suoi abitanti se ne vadano in giro per panelle e sfincionello incuranti della mondezza che li sommerge e nella quale (a breve) affogheranno, non fa che confermare quanto appena detto.
Il cialtrone arrogante è, infatti, spesso anche stupido e in questo consiste forse l'apporto autoctono (scrivo con cognizione di causa, da un luogo non lontanissimo da Palermo che per autonoma cialtroneria, arroganza e stupidità non è secondo a nessuno...).
Tutte queste cose sono però divenute letteratura e, col tempo, mutate in altrettanti attestati di qualità per cui il turista va matto: gadget, articoli di consumo.
Immondizia, criminalità, traffico e corruzione sono ammennicoli, interessanti, lo ammetto, ma, per quel che mi riguarda, non decisivi; quello che di Palermo mi fa nausea è proprio la glassa: di ciò che c'è sotto s'interessino pure giornalisti, assistenti sociali, esperti di marketing e operatori culturali; a me basta quella.
Allora perché scrivere di un paio di progetti che, in fondo, non fanno altro che attestare il destino di una città e, silenziosamente, riproporne il carattere fatuo e dozzinale con un lezioso travestimento alla moda?
In effetti, i progetti in questione sarebbero, in sé, trascurabili, ma presentano caratteristiche tali da renderli rappresentativi.

Gli autori sono due architetti italiani quasi coetanei e, se non vado errato, discretamente noti: Flavio Albanese e Italo Rota.

[...]

Nella citazione di Laurana, da parte di Rota, e in quella di Carpintieri, da parte di Albanese, c'è, insomma, la stessa furbizia mercantile di chi vende perline ai selvaggi facendole luccicare al sole. Un atteggiamento colonialista che sarebbe il caso, mi pare, di rispedire al mittente: a Milano c/o Formigoni Roberto e Moratti Letizia, oppure, magari, direttamente al padrone della baracca che così "ghe pensa lù"».

Ugo Rosa, Palermo felicissima, Arch'it rubrica Lanterna magica, 5 agosto 2010. Link

12 agosto 2010

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6 commenti:

  1. Sai, Salvatore, io non sono più in età per sostenere esami 'accademici'. Ero intollerante e 'ribelle' per tempo, figurati ora!Riconosco in Ugo un talento non comune sulla "medicina della parola". Sull'architettura, discutiamo e non sempre siamo daccordo ma ci lega una amicizia d'intelletto che difenderei difronte persino al Leviatano! A Ugo, per vezzo e intelligenza, piace vedere l'architettura dicendo che l'ha praticata e ormai ha dato. Siccome ha anche il talento della scrittura è bravo anche a descriverla! Ora, non ti ho segnalato l'articolo di Ugo per stigmatizzarlo ma semplicemente per rafforzare la mia opinione su Rota. Tanto per essere chiaro, finchè c'è libertà di parola(sic!) e ospitalità critica senza preconcetti e "unicità'", ne possiamo discutere!Su Albanese mi trovo altrettanto daccordo con Ugo e aggiungerei da architetto\manovale\particolare (nel senso che m'intrigano i dettagli!) che poteva pensare almeno a un piccolo taglio tra la "faccia\ta da fesso" e la facciata illesa di Palazzo "Barone di Montalbano"! Giusto, giusto dove mi sono andati a finire "gli occhi"!Salvatore, era complicato mettere insieme Cibic,Van Duysen e Dordoni e il povero Flavio ha dimenticato...lo stacco!

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  2. Maurizio,
    ---> Maurizio,
    alcune note:

    LINGUAGGIO CRITICO
    Ugo Rosa in un suo articolo pubblicato sempre su ARCH’IT scriveva:«Trascrivere qui le lettere spedite ai giornali locali e che hanno fatto seguito alla costruzione di questa chiesa sarebbe divertente. Non perché quelle lettere abbiano un qualche senso (si tratta per lo più di terrificanti anatemi contro il Concilio Vaticano II, scagliati da cavernose postazioni che il raggio di nessuna aufklärung ha mai portato, né mai potrà sperare di portare, non dico alla luce, ma nemmeno in quella penombra che consente di vedere l'altro) ma proprio perché non hanno alcun senso, se per senso intendiamo ciò che può essere, appunto, portato alla luce.
    La volgare violenza di quei predicozzi si snocciola con piglio inquisitorio, intossicata di misoginia, livore anti-conciliare e dozzinali luoghi comuni ripescati a caso dal cassonetto del giornalismo da crociata Brancaleone (la chiesa che sembra un palasport, il confessionale che sembra lo studio di uno psicoterapeuta ecc. per adesso mancano macellerie e laboratori dentistici ma arriveranno anche quelle).
    Alla fine però si capisce perché questa chiesa, così luminosa e tenera, risulta, per questi Torquemada da salotto intabarrati nelle polverose pergamene dell'ex-Monsignor Lefebvre, letteralmente insopportabile.
    Essa accoglie la luce con grazia e lo fa in senso terreno e letterale: è una chiesa luminosa e lo è all'interno come all'esterno; se quei tenebrosi compilatori di tetre missive avessero avuto gli occhi, non avrebbero potuto non accorgersene ma il fatto è che, a quelle profondità abissali, gli occhi non servono. La luce viene, da costoro, sentita come cosa estranea e lontana».
    Link: http://architettura.supereva.com/architetture/20081019/index.htm
    Parafrasando lo stesso Ugo Rosa tralascerei la “volgare violenza di quei predicozzi con piglio inquisitorio dell’architettura ‘non birillica’”.

    RAFFORZARE LE PROPRIE IDEE
    Io ho pubblicato questo ‘post’, per il mio insano principio, della perdita di equilibrio delle mie idee.

    ROTA E IDENTITA’ SICILIANA
    Stranamente il giorno del ‘festino’ l’ex convento che ora ospita l’archivio storico del parlamento siciliano era aperto.
    Per mia abitudine, non mi sono limitato a visitare il luogo dell’intervento rotiano ma ho chiesto, ed ottenuto, la visita dell’intero complesso.
    Sapevo, che come in ogni convento palermitano, c'era un oratorio da visitare.
    Infatti, l’oratorio non era stato soggetto al restauro dell’architetto milanese (tu mi dirai per fortuna) ma meticolosamente restaurato dalla sovrintendenza.
    Nel classico stile inconfondibile ‘filologico’.
    Come sai la filologia è un dramma italiano. Un artificio che evita il ‘progetto di restauro’ per l’idea del ‘com’era dov’era’ senza più gli attori protagonisti dell’epoca.
    Ovviamente lo spazio era stato riadattato a sala per convegni.
    Le panche di legno che costeggivano questo tipo d’oratorio erano state copia-incollate da un rozzo falegname di famiglia, senza arte ne parte.
    L’illuminazione nel rispetto della filologia era stata posta sopra il cornicione in stucco in comode cassette di metallo smaltato.
    Gli arredi erano stati scelti dal catalogo del viaggiatore piazzista.
    Ovviamente il pavimento in maiolica raffigurante una scena sacra (restaurata filologicamente) non era visibile poiché le sedie ‘provvisorie permanenti’ per i convegni impedivano la visuale.
    Evito di raccontarti altro, poiché conosci perfettamente lo ‘Stile sovrintendenza’ misto all’identità siciliana.

    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    P.S.: Ahimé non ho visto ancora l’intervento di Flavio Albanese.

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  3. Con i miei limiti non capisco i confronti che porti ad esempio!
    E comunque Ugo, in quell'articolo, fa sembrare la chiesa di San Cataldo, di Giuseppe Di Vita ancora più interessante di quello che è nella realtà!Reputo l'opera e la sua descrizione critica, un esempio di ciò che rarissimamente leggo e...vedo, dalle nostre parti!
    Un architetto umile e certosino come G.Di Vita e un architetto, altrettanto interessante che mette in campo la sua sensibilità e la sua cultura, senza ribalta di fatui luccichii e senza gimcane birilliche!
    E allora non mi viene in mente altro che possa paragonarsi alla banalità di Rota! Non capisco i termini di paragone che metti in campo! e ribadisco che la cosa che non funziona è il fascino e la seduzione che ti hanno colpito sulla via di...Rota, mentre puta caso ad Ugo e a me viene semplicemente da ridere vedendo il "puffo" Rota all'opera e in opera! Con e senza Soprintendenze...che siamo stanchi di dire meglio questo che niente!a proposito di questo ho assistito la settimana scorsa al premio Ance qui a Catania..glisso su tutto tranne e per fortuna su due architetti premiati GAETANO MANGANELLO e CARMELO TUMINO, se ti va visita http://www.architrend.it/

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  4. ----> Maurizio,
    perdona il mio linguaggio che a volte si annoda.
    Dice Ugo Rosa, nel caso di una chiesa non possiamo usare termini di critica analogica ‘come un palazzettto dello sport’ nello stesso modo non possiamo chiamare dei paracarri ‘birilli’.
    Personalmente reputo ‘Rota’ un buon architetto.
    Inoltre non ho mai detto ‘meglio questo che niente’ un luogo comune che ahimé viene abitato dalla speculazione della politica che vuole la gente.
    Ecco! Condivido cominciamo a parlare di Gaetano Manganello e Carmelo Tumino?
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  5. "Bravi carusi", innanzi tutto!Cari amici.Hanno partecipato a un viaggio a Berlino nel 2001 che ho organizzato e di li ad altri, con goliardia ed estasi di quello che andavamo a visitare. Empatia a primo colpo, per la semplicità e l'umiltà con cui si mostrano. Lavorano come tutti noi, ingaggiando tignosamente la sfida all'inconteporaneità estetica, tutta siciliana, tutta italiana! Certo, non avendo la capacità critica e descrittiva di Ugo, non saprei far "brillare" gli interventi di Gaetano e Carmelo ma rintraccio nelle opere che hanno realizzato, il tetativo di scardinare l'ovvietà e l'immaginario estetico che ci circonda. Gli ho fatto i miei più sinceri complimenti per il premio "conquistato" con l'intervento di restauro della chiesa di S.Maria La Nova a Scicli. Inaspettato e soprattuto pulito...tanto che ha destato il mormorio e l'intolleranza di partecipanti (a loro modo più stars dei nostri!sic!)che minacciosi ringhiavano di ritirare le "tavole presentate" ...cose miserabili ...ma questo è gossip estivo!

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  6. ----> Maurizio,
    andrò a vedere la chiesa di Scicli.
    Grazie,
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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