5 luglio 2011

0046 [MONDOBLOG] Architettura open source

di Salvatore D'Agostino
 «Il crollo delle maschere e la diffusione transnazionale delle notizie stanno testimoniando che si compie una facile profezia in Italia, al di là di ingiustificati entusiasmi primaverili: la gente si è rotta i coglioni e, se si rompe i coglioni, non è che si confronta con il televisore - va direttamente dall'unico possibile rappresentante che lo Stato di Cose può schierare di fronte ai cittadini oggi, cioè il Poliziotto. Questo atto è testimoniato. Inizia di un totale inizio una lunghissima battaglia, che è in realtà una guerra, anzi: più guerre. Si incendiano zone sovrapposte del vivere civile: le lotte per l'ambiente, per la dignità della vita, per i diritti inalienabili di un'etica universale, per l'uguaglianza, per l'abbattimento dei filtri all'informazione diffusa.
Ogni inizio segna una fine. Oggi terminano in Italia gli anni Ottanta e Novanta e Zero Zero - compiendo quella trasformazione che ha in piazza Alimonda a Genova il cominciamento autentico e sanguinario di questo inizio.» (Giuseppe Genna)
1
Giovanni Mazzocchi fu l’editore che assecondò l’idea di Giò Ponti (1928) di creare una rivista internazionale di architettura finanziandola dal 1929, la rivista era Domus.
Mazzocchi aveva in mente di cambiare direttore ogni tre anni per aumentare la sua autorevolezza transnazionale, Flavio Albanese ricorda:

«C’è una logica in tutto questo: Domus (ndr cambiando spesso direttore) riceve nuove energie mantenendo il suo prestigio internazionale proprio legandosi al nome dei direttori, figure professionali che già tengono la scena ma che diventano più importanti e acquistano peso proprio grazie alla rivista.»2
Nel suo terzo numero (948 - giugno 2011) il neo direttore Joseph Grima nel suo editoriale introduce una voce editata su Wikipedia Open Source Architecture, un concetto3 che rispettando la struttura Wiki non è stato elaborato da un solo autore ed è destinato a mutare.


Grima per stilare il neologismo si è rivolto a Paola Antonelli, Adam Bly, Lucas Dietrich, Dan Hill, John Habraken, Alex Haw, John Maeda, Nicholas Negroponte, Hans Ulrich Obrist, Carlo Ratti, Casey Reas, Marco Santambrogio, Mark Shepard, Chiara Somajni e Bruce Sterling dando un’identità a un'idea che stiamo elaborando e che non avevamo ancora definito. 
L’open source architecture non indica uno stile architettonico, non è manuale da impartire nelle accademiche ma «una sorta di manifesto del ventunesimo secolo»4 che sintetizza i processi ‘condivisi’ e ‘inclusivi’ che incidono concretamente nel risolvere o evidenziare problemi collettivi che siano essi software o brani di città:
«Se gli edifici e le città di domani saranno come dei 'computer in cui vivere' (con le dovute scuse a Le Corbusier), OSArc (ndr acronino di open source architecture) offre una struttura aperta e di collaborazione per la scrittura del loro sistema operativo.»5 
Una voce perfettibile Wiki che può essere migliorata da chiunque. Mi sono permesso di creare (grazie l’aiuto di un anonimo wikipediano) il suo omologo in italiano: Architettura open source. Buona rielaborazione. 

Nella prossima intervista parlerò di riviste Web e di critica con il direttore di archphoto Emanuele Piccardo. 

5 luglio 2011

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Note:

1Giuseppe Genna, #notav: Il giorno che l'Italia venne giù, Carmilla, 4 luglio 2011. Link
2 Nino Sunseri, Intervista a Flavio Albanese (ndr direttore di Domus dal 2007 al 2010). Il nuovo direttore di Domus, Prima comunicazione, n. 372, aprile 2007. Link
3Vorrei sottolineare che anche la rivista Lotus tratta questi temi nel suo ultimo numero 145 dal titolo ‘Activism in Architecutre’: risolvere un problema comune è diventato un tema, paradossalmente, innovativo.
4 Joseph Grima, Editoriale, Domus, n. 948, giugno 2011, p. I.
5 AA. VV., Open Source Architecture, Domus, n. 948, giugno 2011, p. II

L'immagine è una scansione parziale del ritratto collettivo degli autori di open source architecture di Pietro Leoni dello studio Carlo Ratti associati.

1 commento:

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