4 ottobre 2011

0021 [CITTA'] Una città su misura per i disabili di seconda generazione

foto di Mario Ferrara

Caserta dal finestrino

I commercianti casertani, o una buona parte di loro o solo alcuni o i più forti o i più rappresentativi, riuniti in una associazione con un loro portavoce, hanno osservato verificato controllato e alla fine hanno decretato che dai finestrini delle macchine le vetrine si vedono meglio. Quindi, riuniti in una associazione con un loro portavoce, hanno detto al sindaco e a tutta l’amministrazione cittadina che la città andava aggiornata e adeguata a questa importante scoperta.

Ora, dal momento che il sindaco e tutta l’amministrazione stanno cercando la forma da dare alla loro città [tutti i governi lasciano una traccia di sé nella città] allora niente di meglio di quest’occasione per arrivare alla ribalta europea. Caserta la prima città a misura dei disabili di seconda generazione. Quelli di prima generazione [quelli con le carrozzine] da tempo non si vedono in giro [la città li ha debellati] ed ecco quelli nuovi, quelli contemporanei, quelli che non si possono spostare se non con le automobili. Quelli che solo con le automobili possono condurre una vita normale.

4 ottobre 2011

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Note:
* Questa nota è stata pubblicata da Beniamino Servino sulla sua bacheca di Facebook l'1 ottobre 2011.

ciao Beniamino,
perché non ti apri un blog?
Posso pubblicare la tua ultima riflessione su 'Caserta dal finestrino'?


:-)

23 commenti:

  1. La città ideale per le auto esiste già: si chiama Los Angeles.
    Il comune è già fallito due volte, e adesso anche lo stato della California rischia il default. Troppe strade comportano troppe spese di manutenzione. Città troppo estese comportano spese folli per fogne, illuminazione e altri servizi, per non parlare della sicurezza (polizia eccetera).
    Se Caserta vuole seguire questi orrendi esempi, faccia pure. Ma che non vada poi a chiedere i soldi al solito Pantalone...
    Vil (issimo) Geometra.

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  2. Vil Geometra,
    vorrei estendere la riflessione di Beniamino Servino sui ‘disabili di seconda generazione’ a molte città italiane.
    Non le grandi ma quelle medie, piccole e piccolissime dove non esiste, il più delle volte, una ‘logica’ di trasporto urbano.
    Da millenni le città non sono dei castelli o dei borghi, siano essi di piccole o grandi dimensione serve un ‘progetto’ nella sua accezione latina ‘PRO avanti JÀCERE gettare’, una visione di gettare avanti le logiche urbane di una città.
    Quest’ultime spesso progettate senza un’idea del salto in avanti.
    La città dei ‘disabili di seconda generazione’ esiste poiché è progettata da loro stessi, come in questo caso dai ‘commercianti’, il loro immaginario ‘urbano’ e ‘cognitivo’ è filtrato dal finestrino.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    P.S.: lascerei perdere i soliti ‘Pantalone’ :-)

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  3. Ciao Salvatore,
    ho trovato il video con il disabile di 2° generazione (perdona lo spam pubblicitario vedi qui): una città da cui scappare, le spalle protette dallo specchietto retrovisore e una tangenziale chiusa al traffico.
    L'avrai visto anche tu. Interpretarlo alla luce del traffico che tutti vedono ogni giorno mi fa venire la pelle d'oca.
    Se si riuscisse a capire perché si vendono macchine così grosse, anche se nelle nostre strade non è comodo usarle, forse riusciremmo pure a far ragionare la gente sul problema della mobilità urbana e regionale.

    Saluti

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  4. - passo trasversalmente al post di Beniamino Servino -
    Avendo avuto la fortuna di lavorare con disabili, non posso che trovare vomitevole tutto il dibattito di amministrazione ed architetti sul "problema" della disabilità. Proprio ieri discutevo con altre persone circa l'incapacità di qualsiasi governo locale o centrale che sia, di affrontare la questione. Ad ogni modo, non aspetto altro che la nascita della figura professionale del progettista di Barriere Architettoniche...
    http://www.youtube.com/watch?v=mIZS4wifQsE

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  5. La città delle auto, nello specifico la città americana delle macchine e quindi Los Angeles, trova il fondamento ideologico in “Broadacre City” (1932) di F. L. Wright. Qui, gli spostamenti sono affidati alle automobili e la maggior parte delle interazioni avviene servendosi delle moderne tecnologie di comunicazione. F. L. Wright, immagina una città estesa e rarefatta, dagli ampi spazi servita da un efficace sistema viabilistico. Il sistema di strade definisce una griglia che accoglie al suo interno residenze, fabbriche e attrezzature urbane. Alla base della sua idea compositiva vi è la possibilità pressoché illimitata di mobilità individuale.
    Teorie, poi ampiamente applicate e realizzate. Indice di opulenza e ricchezza. Sfruttamento dei territori e dei luoghi, secondo lo spirito pionieristico che ha rappresentato la storia degli Stati Uniti. La contingenza epocale in corso, che caratterizzerà i prossimi decenni, induce a ridimensionare gli orizzonti della crescita e a pensare in termini di de-crescita. La mobilità fisica legata all’utilizzo delle strade si ridurrà, perché verrà a mancare il combustibile per far muovere le macchine, rendendo obsoleto costruire nuove vie di comunicazione, mentre il trasporto si collettivizzerà, attraverso le alternative rappresentate dal car-shering e car-pooling. Crescerà invece la mobilità virtuale, quella legata alle reti dei dati e ad internet. Aspettiamo, questi nuovi cambiamenti, opponendoci ideologicamente a tutte quelle modifiche e trasformazioni, destinate solo a renderci più poveri.

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  6. "Pro" = avanti; "Jectare" = buttare (lo sguardo).
    Progettare = guardare avanti.
    La nostra Italietta è in vantaggio: con le sue stradine strette, con i suoi centri (storici o non), con le case francobollate, con le sue città quindi più umane e più vivibili, almeno sulla carta (a parte qualche eccezione tipo Latina, Forlì, Mestre...). E' un paradosso, ma il nostro (mancato o incompleto) sviluppo viabilistico ci porrà in condizioni avvantaggiate nel futuro prossimo, in merito alla mobilità alternativa (bicicletta, auto elettriche condivise, mezzi pubblici perfettamente integrati con quelli privati, mobilità virtuale tramite reti tecnologiche e, chissà, anche il futuro teletrasporto!) . La parola, però, spetta agli ARCHITETTI e agli URBANISTI, anche rifiutando clamorosamente di rendersi complici dei futuri inutili scempi, come si vorrebbe a Caserta.
    Vil Geometra.

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  7. Già caro Vil Geometra, hai ragione, l'Italietta è più contenuta, più ..., come è di moda dire "a misura d'uomo"! Comunque conosco altre città, sopratutto al nord, oltre a quelle che tu indichi veramente dis-umane e con strade tutt'altro che "strette" (immagino le città della prima cintura di Torino, che conosco un pò meglio!). Il fatto è, che nel nome dello sviluppo (quale sviluppo ?, io non l'ho ancora capito!), si intraprendono operazioni ed azioni di modifica di luoghi agricoli, per piazzare contenitori per la logistica, depositi - magazzini anonimi che contengono scatolette e derrate per la grande distribuzione globalizzata: chi ha il potere dice che questi "scatoloni", sono necessari per creare occupazione. Io mi chiedo ma quale occupazione: pensate che in un capannone di 40.000 metri quadrati saranno occupati non più di 3-4 addetti, su 2 turni di lavoro. Mi chiedo se ne vale veramente la pena! Sono sicuro, torneremo, ognuno di noi, quanto prima a coltivare il nostro "proprio orto". E' solo questione di tempo.
    ... Tenente Hikaru Sulu, tele-trasportami sull'Enterprise.
    DL

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  8. Emma,
    condivido ciò che dici.
    Qualsiasi architettura dovrebbe essere costruita a misura di uomo potenziale disabile anche per un solo giorno.
    Qualche mese fa, un mio amico mi raccontava la storia di un suo caro amico ‘artista’ che da qualche anno, a causa di una grave malattia, cammina con la sedia a rotelle, il quale gli confessava che l’unico luogo che frequentava, fosse un grosso centro commerciale, poiché lì era trattato da umano sia dall’architettura (non deve chiedere aiuto a nessuno) sia dalla gente.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    P.S.: qualche architetto –bancomat- dei ‘luoghi comuni’ li chiama ancora ‘non luoghi’.

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  9. Luigi Greco,
    non avevo visto il video grazie (nessuno spam pubblicitario) viviamo immersi nei petulanti SPAM
    (qui il video sull’origine del termine spam)

    L’uomo della pubblicità è il signor Dupont augeiano non adatto a capire l’uso/abuso dell’auto italiano.
    Il tuo quesito andrebbe analizzato per bene. Impossibile, almeno per me, trovare una risposta ‘logica’.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  10. DL o se preferisci arkitetturadilusso,
    l’Italia è, per fortuna, complicata ci vorrebbe un’attenzione puntuale e non banale, per ogni borgo, paese, città e area metropolitana.
    Condivido la tua sensazione su una prossima ‘mobilità digitale’ che ridisegnerà i nostri centri urbani meno l’ipotesi dell’orto.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  11. Vil geometra,
    ‘i disabili di seconda generazione’ sono solo italiani.
    Il moderno e la modernizzazione italiana non può essere comparata con le vicende d’oltralpe o con altre aree ‘prevalentemente’ moderne.
    Abbiamo corso ‘senza programmi’ mancando il sorpasso uccidendo le idee savie.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  12. Non fa differenza Salvatore. arkitetturadilusso o Dario Lusso! Sempre io sono.
    Hai ragione, quando parli di Italia “complicata” e di attenzione puntuale (sarebbe forse più giusto puntiforme, cioè a punti! Il termine puntuale è troppo legato al tempo e alle scadenze. La fretta e l’urgenza non sono mai di aiuto e determinano quasi sempre risultati scadenti) e non banale per ogni villaggio, paese e città d’Italia.
    Gli “orti” a cui faccio riferimento, mi derivano dalla lettura e dall’essermi avvicinato – ma solo un po’! – ai movimenti della “Decrescita Felice”.

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  13. Nel 1991 avevo un gioco sul computer che si chiamava SIMCITY. Non era quella odierna e orrenda parodia della vita reale, con protagonista la famiglia Sims, ma un simpatico giochino che avrei piuttosto ribattezzato "il piccolo urbanista".
    Il geometra, però, non è architetto (e per fortuna)! Le mie città ideali fallivano tutte perchè ad un certo punto mi mancavano i fondi per la manutenzione delle strade faraoniche (o, meglio, staliniane) che avevo costruito, ed ero quindi costretto ad alzare le tasse, facendo fuggire gli abitanti.
    Sarebbe ora che questo semplicissimo giochino vintage venisse riscoperto da certi megalomani assessori all'urbanistica...
    Vil Geometra.

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  14. Dario Lusso,
    i movimenti della ‘decrescita urbana’ sono interessanti anche se spesso infarciti di una certa retorica della ‘tradizione’ del com’era dov’era (l’orto urbano non mi convince per me resta un ossimoro), poiché il nostro paesaggio urbano materico e naturale è in continuo movimento.
    A tal proposito ti segnalo questo blog sui luoghi e la sua memoria Dear photograph straordinaria questa.
    Qui non trovi nessuna patetica analogia fotografica del ‘come si stava meglio prima’ ma semplicemente uno scorrere del tempo, ovvero un pezzetto di memoria fotografica.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  15. Vil geometra,
    le tue escursioni trash sono perfette. In questo caso è una piccola gemma.
    E dopo siamo proprio sicuri che SIMCITY sia trash o sottocultura?
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  16. Salvatore,
    leggo solo ora il tuo commento, che mi hai dedicato, sulla “decrescita urbana”. Mi era sfuggito. Come al solito le tue parole mi danno stimoli corroboranti. Condivido la tua posizione sugli orti, infarciti di retorica della “tradizione” e la loro non applicabilità ai paesaggi urbani in continuo cambiamento (ti rammento, però che io avevo fatto riferimento alla “decrescita felice” - quella di Maurizio Pallante – Meno e meglio. Decrescere per Progredire -, nella quale ricade anche la “decrescita urbana”).
    Il blog che mi hai suggerito è molto interessante: mi hai fatto venire voglia di ricostruire fotograficamente la memoria dei miei luoghi: adesso cercherò vecchie fotografie e ritornerò nei punti in cui sono state scattate, le sovrapporrò alle inquadrature e ri-fotograferò il tutto. “Dear photograph”, mi fa venire in mente il film “Smoke” di Waine Wang del 1995, in cui Il tabaccaio protagonista del racconto, ha un'abitudine particolare: fotografare il 'suo angolo di Brooklyn' ogni mattina alle otto in punto e conservare in album tutte le foto. L’unica differenza è l’intervallo temporale fra una foto e l’altra: 24 ore in Smoke, diversi anni nel blog che mi hai indicato. Nulla rende meglio l’idea dello scorrere del tempo e dell’immobilità dei cambiamenti dei luoghi che vi sono rappresentati.

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  17. arkitetturadilusso,
    non ci avevo pensato inserirò il sito di Maurizio Pallante nella mappa MEDIA CIVICO.
    Smoke è un film importante.
    Il racconto di natale è straordinario.
    Questo video
    di sintesi con la canzone di Tom Waits ancora più bello.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  18. Salvatore
    Si veramente notevole, soprattutto la sintesi con la musica di Tom Waits.
    Rileggendo tutte le righe di “0021 [CITTA'] Una città su misura per i disabili di seconda generazione” sono stato at-tratto dal tuo post del 23 ottobre 2011 ore 16,54 in risposta ad Emma. Il dramma dei disabili, rappresentato dalla riduzione-impossibilità di mobilità a causa della presenza delle barriere architettoniche, trova ri-soluzione nei grandi centri commerciali: qui l’architettura “tratta” in modo umano il disabile. Invece, mi sfugge o per lo meno non capisco, quello che tu ritieni, il risvolto “umano” tras-messo dalla “gente”, che frequenta un mega-iperstore, ad un disabile: mi pare, che trattati di sociologia ed antropologia ci abbiano, sempre detto, come nei grossi agglomerati commerciali, i rapporti tra le persone siano alienati, scostanti e dis-u-mani. Voglio adesso raccontare di un “architettura per disabile”, secondo me molto importante, anche se non l’ho mai visitata – se non in modo virtuale -: la maison a Bordeaux di Rem Koolhaas, terminata nel 1998. La storia del progetto di questa casa, racchiude un dramma: il committente - proprietario, dopo che commissionò il progetto a Koolhaas, ebbe un grave incidente d’auto, restando obbligato a muoversi, per il resto della vita, su una sedia a rotelle. L’architetto ha rivisto il progetto originario, adeguandolo alle nuove esigenze della proprietà. Ne cito le parole, che possono apparire molto lapidarie: “Non voglio una semplice casa. Voglio una casa complessa, perché la casa sarà essa stessa a definire il mio mondo …”. La piattaforma elevatrice che attraversa la sezione della casa a tre livelli, né rappresenta il cuore: “la macchina” della vita per chi la abita. Questa casa per me è espressione di un “estetica” generata dal dramma. Ma, … capovolgendo la frase si può però anche, leggere: “dramma di un estetica”. Non saprei, quale possa essere la più giusta. Comunque potrebbe essere da stimolo, per altre lunghe riflessioni.
    Sentitamente
    Dario Lusso

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  19. Coniamo un neologismo?
    "Handisuvvato", ovvero chi è soggetto a quella malattia (mentale!) per cui è impossibilitato a muoversi senza un SUV sotto al sedere.
    Lo proporrò anche alla Crusca e alla Dante Alighieri...
    Vil Geometra.

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  20. http://www.municipio.re.it/retecivica/urp/manifest.nsf/ManifestazioniWebDataHP/0B3A97DFE1631B56C12579340038F6C2
    Il progetto europeo MMOVE può essere una seria risposta agli sciagurati ed agli handisuvvati.
    Per fortuna che anche in Italia ci sono città che la pensano diversamente.
    Vil Geometra.

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  21. Dario Lusso,
    per ironia della sorta i primi centri commerciali costruiti da Victor Gruen s’ispirarono alle città italiane.
    Victor (un architetto che andrebbe studiato) il quale restò stupefatto dalla gente che si affastellava per le vie e le piazze commerciali italiane e costruì il primo ‘centro commerciale’ avendo in mente questa visione urbana.
    Una strada, con negozi da ambo le parti interrotta da piazze, raggiungibile dagli abitanti delle ‘city gardens’.
    Circa trent’anni fa abbiamo copiato Victor Gruen che aveva copiato noi (perdona la ridondanza).
    Abbiamo copiato un sistema valido negli USA poiché le ‘city gardens’ sono delle gatecomunity a misura di automobile un sistema un po’ meno valido (ahimè) per le nostre città.
    Bisogna prendere atto che le nuove generazioni usano i centri commerciali come punto d’incontro, un po’ come le strade e le piazze di una volta, non ci vanno solo per comprare.
    Queste nuove abitudini ci devono far riflettere su come riabitare le nostre città lasciate spesso vuote dai vecchi negozi.
    Nuovi stimoli progettuali ma soprattutto nuova coscienza ‘abitativa’.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  22. Vil Geometra.
    fammi sapere dell’eventuale risposta.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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  23. Vil Geometra.
    appunto un aspetto (forse l’unico) positivo dei centri commerciali e lo svuotamento di alcuni ex aree commerciali urbane a favore di nuovi spazi pedonali.
    Le città sono (direi come sempre) inclusive e in continuo cambiamento.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

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